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regione italiana a statuto ordinario Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Veneto (Vèneto in veneto /ˈvɛneto/, Veneto in ladino, Venedigen in cimbro, Venit in friulano[5]) è una regione italiana a statuto ordinario di 4 854 049 abitanti[2] situata nell'Italia nord-orientale, con capoluogo la città di Venezia.
Veneto regione a statuto ordinario | |
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Regione del Veneto | |
Palazzo Balbi, a Venezia, sede della giunta regionale | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Amministrazione | |
Capoluogo | Venezia |
Presidente | Luca Zaia (LSP) dal 7-4-2010 (3º mandato dal 15-10-2020) |
Data di istituzione | 1º gennaio 1948 |
Territorio | |
Coordinate del capoluogo | 45°26′23″N 12°19′55″E |
Altitudine | 177[1] m s.l.m. |
Superficie | 18 345,35 km² |
Abitanti | 4 854 049[2] (31-10-2024) |
Densità | 264,59 ab./km² |
Province | Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia (città metropolitana), Verona, Vicenza |
Comuni | 560[3] |
Regioni confinanti | Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Carinzia ( Austria), Tirolo ( Austria) |
Altre informazioni | |
Lingue | italiano, veneto, ladino, cimbro, friulano |
Fuso orario | UTC+1 |
ISO 3166-2 | IT-34 |
Codice ISTAT | 05 |
Nome abitanti | vèneti |
Patrono | san Marco Evangelista |
PIL | (nominale) 162 224 mln €[4] |
PIL procapite | (nominale) 33 100 €[4](2017) (PPA) 33 500 €[4](2017) |
Rappresentanza parlamentare | 32 deputati 24 senatori |
Cartografia | |
Sito istituzionale | |
Quarta regione per popolazione d'Italia, dopo Lombardia, Lazio e Campania, confinante a nord con l'Austria, a nord-ovest con il Trentino-Alto Adige, a sud con l'Emilia-Romagna, a sud-ovest con la Lombardia, a est con il Friuli-Venezia Giulia e a sud-est con il mare Adriatico, insieme con Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia costituisce la macroarea del Triveneto o delle Tre Venezie.
Quinta regione più visitata in Europa e prima in Italia secondo i dati Eurostat,[6] con 19,6 milioni di arrivi e 69,2 milioni di presenze turistiche nel 2018[7], prende il nome dal popolo dei Veneti, popolazione indoeuropea che si insediò nel territorio dopo la metà del II millennio a.C..
La bandiera del Veneto, adottata con la legge regionale n. 56 del 20 maggio 1975,[8] sintetizza nei simboli, colori e foggia diversi secoli di storia veneta.
L'elemento principale della bandiera e dello stemma è il Leone di San Marco, che è stato per diversi secoli simbolo della Repubblica di Venezia. San Marco venne adottato come patrono della città e della Repubblica, sostituendo il greco san Todaro nell'828, in seguito alla traslazione a Venezia da Alessandria d'Egitto del corpo dell'evangelista per opera di due mercanti, Rustego da Torcello e Bon da Malamocco. A partire da questa data si prese a raffigurare il santo in figura umana negli stemmi e nei gonfaloni pubblici.[9]
La prima raffigurazione accertata del Leone alato di san Marco, che fin dai primi secoli dopo Cristo era associato alla figura dell'evangelista, risale al 1261, quando con la caduta dell'Impero latino di Costantinopoli Venezia strinse maggiori rapporti con l'Egitto, terra il cui sultano, Baybars, innalzava un leone andante (cioè visto di fianco) quale stemma. In quest'epoca la raffigurazione preminente era quella del leone in moleca (o moeca, ossia visto di fronte con le ali a fargli corona). A partire dal XV secolo si iniziò poi a esporre gonfaloni nei quali campeggiava il classico leone marciano passante con libro e spada: nella stessa epoca tale iconografia venne in generale adottata quale simbolo della Repubblica. Se il libro era aperto era simbolo di pace, se invece era chiuso di guerra[9]
Il Veneto è una regione che comprende al suo interno molte forme del paesaggio naturale: dalla fascia costiera affacciata sull'Adriatico alla pianura veneto-friulana, che poi si innalza nei dodici rilievi dei Colli Euganei e dei Colli Berici, fino ad arrivare alle Alpi nella parte più settentrionale comprendendo la maggior parte delle Dolomiti. Con una superficie di 18390 km², il Veneto costituisce l'ottava regione italiana per superficie. Il punto più a settentrione è Cima Vanscuro (al confine con l'Austria, ivi denominato Pfannspitze) e il punto più meridionale è costituito dalla Punta di Bacucco. Il suo territorio è morfologicamente molto vario, con una prevalenza di pianura (56,4%).
I confini terrestri vengono individuati da elementi naturali di tipo idrografico (Po, Tagliamento, Livenza), ma anche di tipo orografico (come ad esempio i contrafforti a nord dell'altopiano di Asiago, o il monte Baldo). Un altro elemento geografico caratterizzante il territorio veneto è il bacino idrografico del Piave quasi interamente racchiuso entro i confini della regione, da quando le sorgenti del Piave passarono insieme con Sappada nella vicina regione del Friuli-Venezia Giulia. La vetta più alta della regione è la Marmolada (3343 m) situata in provincia di Belluno al confine con il Trentino-Alto Adige.
Molto numerosi sono i passi dolomitici che attraversano l'area montana regionale: passo di Giau, passo di Valparola, passo Fedaia, passo di Falzarego, passo di Campolongo, passo Duran, Forcella Staulanza, passo della Mauria, passo di Monte Croce di Comelico, passo Tre Croci, passo Xomo, passo Cibiana, passo Buole, passo San Boldo, Forcella Lavardet, passo Croce d'Aune, Forcella Aurine, Cima Sappada, Sella di Rioda.
Dal clima freddo delle Dolomiti a quello mediterraneo della costa adriatica, il Veneto riassume in una superficie di 18390 km² tutte le temperature d'Europa.
Il lago di Garda fa caso a sé: grazie alla sua dimensione, il clima circostante, relativamente mite per tutto l'anno, possiede caratteristiche sub-mediterranee con inverni miti ed estati molto calde.
Il clima del Veneto è di tipo temperato umido con estate calda o molto calda, ma con l'agente mitigante del mare e la catena delle Alpi a proteggerlo dai venti del nord, si presenta complessivamente mite.
Tra le varie zone climatiche principali troviamo: la regione alpina, caratterizzata da estati fresche e temperature rigide in inverno con frequenti nevicate, la fascia collinare e parte di quella pianeggiante dove il clima è più mite, la maggior parte della pianura dove invece il clima è di tipo temperato umido, ossia con inverni relativamente freddi e umidi e con lunghe estati calde e afose.
In Veneto vi sono un parco protetto nazionale e cinque regionali. Essi sono:[10]
Oltre a questi, vi sono anche sei riserve naturali regionali, quattordici riserve naturali statali, due zone umide di importanza internazionale, nove foreste demaniali regionali e diversi parchi e riserve regionali di interesse locale.[10]
Abitato già nella preistoria, dapprima insediamento degli Euganei, fu in epoca protostorica occupato dal popolo dei Veneti, secondo la leggenda classica originari della Troade e della Paflagonia in Anatolia, oggi Turchia. Da insediamenti venetici traggono la loro origine molte importanti città della regione, ad esempio Padova, Concordia, Oderzo (fra gli insediamenti attestati in epoca più antica, IX-VIII secolo a.C.), Este, Treviso, Belluno, Altino, Vicenza e probabilmente Verona e Adria.
La provenienza anatolica dei Veneti adriatici non è accettata da tutti gli autori antichi ed è ancor oggi oggetto di discussione. Le fonti antiche tramandano l'esistenza di popolazioni chiamate Veneti dalla Bretagna alla Spagna, i romani chiamavano il lago di Costanza in Svizzera Lacus Veneticus, all'Epiro in Grecia, all'Anatolia e a questi popoli sarebbero collegati diversi toponimi (ad es. la Vindelicia, regione corrispondente all'attuale Baviera, Vindobona - l'attuale Vienna). Secondo alcuni studiosi[senza fonte] queste popolazioni testimonierebbero l'esistenza di un'unica civiltà indoeuropea che si sarebbe estesa su tutto l'Adriatico nord-occidentale, e sarebbero riconducibili alla cultura dei campi di urne.
Il processo di romanizzazione della Venetia è avvenuto in maniera graduale: Veneti e Romani furono infatti alleati a partire dal III secolo a.C.: nel 225-222 a.C. Veneti e Cenomani strinsero un'alleanza militare con Roma contro gli Insubri, i Boi e i Gesati, fornendo secondo Polibio[senza fonte] un contingente di 20.000 uomini. I Galli vennero sconfitti nella battaglia di Clastidium nel 222. Nel 216 milizie venete combatterono nella battaglia di Canne contro Annibale.[11]
Nel 181 a.C. la dedizione della colonia romana di Aquileia, sorta al limite del territorio dei Veneti, rafforzò ulteriormente i tradizionali rapporti di collaborazione con i Romani e dopo la guerra sociale nell'89 a.C. diverse città venete ottennero lo ius Latii. Nel 49 a.C. le popolazioni del territorio ottennero da Giulio Cesare la piena cittadinanza romana.
In epoca augustea il territorio venne inserito nella Regio X Venetia et Histria, che ebbe come centro principale Aquileia. Sotto Diocleziano divenne provincia Venetiae et Histriae estendendo i propri limiti fino al fiume Adda.
La cristianizzazione della regione ebbe luogo a partire da Aquileia, dove il cristianesimo era giunto probabilmente per mare. Secondo la tradizione fu san Marco evangelista a fondare la chiesa di Aquileia. Egli avrebbe inoltre inviato il greco Prosdocimo a evangelizzare Padova, Asolo, Vicenza, Treviso, Altino ed Este. All'evangelizzazione di Verona avrebbe contribuito una comunità cristiana proveniente dall'Africa romana; africano è anche San Zeno, patrono della città.
Le prime infiltrazioni di tribù germaniche nel territorio della regione ebbero luogo già nel 168-169 d.C. con il saccheggio di Oderzo per opera dei Quadi e dei Marcomanni. Fu tuttavia a partire dal V secolo che le incursioni si fecero ripetute e più devastanti, con gli Unni, gli Eruli, infine con gli Ostrogoti di Teodorico, che stabilirono il loro regno sul Veneto e sull'Italia nel 493.
Ciò nonostante, il quadro regionale restava ancora sostanzialmente unitario; lingua, scrittura, istituzioni, tecniche agricole e manifatturiere, pur indebolite, sopravvissero all'impatto di questa ondata barbarica.
La dominazione gota terminò brutalmente a metà del VI secolo a seguito dell'invasione delle armate bizantine guidate dai generali Narsete e Belisario.
Poco dopo, nel 568 d.C., però ebbe luogo la formidabile e devastante invasione dei Longobardi, che portò alla sottrazione al dominio imperiale di buona parte dell'Italia settentrionale. Fu in quella fase che in Veneto venne a crearsi una separazione tra la zona continentale, sotto il dominio longobardo, e quella costiera, ancora dipendente dall'Impero bizantino. Contemporaneamente, lo scisma tricapitolino provocava un'ulteriore frattura anche in campo religioso, destinata a durare per tutto il secolo successivo.
Le terre venete appartenenti al nuovo regno longobardo vennero divise tra i ducati, di Vicenza, Verona e Ceneda. Il tessuto sociale della Terraferma conobbe un rapido declino; una certa continuità della vita cittadina fu garantita dai vescovi, divenuti riferimenti autorevoli in campo morale, culturale e sociale.
La zona bizantina venne invece dapprima unita nel 580 ai superstiti territori settentrionali nel costituire l'eparchia Annonaria, per essere poi resa nel 584 provincia autonoma dipendente dall'Esarcato d'Italia col nome di Venetia maritima. Dall'entroterra le autorità politiche e religiose romano-venete, assieme a parte delle popolazioni, trovarono rifugio nei principali centri lagunari, in particolare Grado, Caorle, Eraclea, Torcello, Malamocco, Rialto, Olivolo, Chioggia, Cavarzere, oltre alle oggi scomparse Ammiana e Costanziaco. Queste isole, che già da un secolo avevano incominciato a svilupparsi, andarono quindi a costituire, nel 697, durante il regno dell'imperatore Leonzio, il ducato di Venezia.
A definire la separazione anche formale fra i due mondi (seppur una forte osmosi continuò sempre a esistere) occorse la definizione dei confini (terminatio) fra il Ducatus Venetiarum e il Regnum Langobardorum, siglato dal re Liutprando e dal primo doge della Repubblica di Venezia Paoluccio Anafesto. Il territorio lagunare assunse sempre maggiori caratteri di indipendenza dal potere centrale bizantino, fino a che, con la conquista longobarda di Ravenna nel 751, la dipendenza politica da Bisanzio divenne poco più che formale. Nel frattempo la sede del Dux venne trasferita da Eraclea ai margini della Terraferma nella meno accessibile Metamauco/Malamocco.
Alla fine dell'VIII secolo il regno longobardo venne travolto dai Franchi di Carlo Magno, incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nella notte di Natale dell'800. Il figlio di questi, Pipino, tentò anche la conquista dei territori costieri, ma, respinto, dovette riconoscere anche formalmente l'indipendenza del Ducato veneto nel trattato dell'811 con l'Impero Bizantino. All'interno di quella federazione di centri e territori lagunari, da Grado a Loreo, nota come Dogado, si affermò Venezia, imponente organismo urbano sviluppatosi attorno al polo mercantile di Rialto, in cui nell'812 venne trasferita da Malamocco, distrutta da Pipino, la capitale.
Anche dal punto di vista religioso fu sancita nell'827 una divisione fra il mondo del Veneto continentale e della Venezia marittima: i vescovi della terraferma continuarono a essere sottoposti alla sede metropolita di Aquileia, mentre il fitto reticolo di nuove sedi diocesane sorte nella laguna riconobbe come referente il patriarcato di Grado.
I problemi dinastici in seno all'impero franco e le terribili aggressioni degli Ungari nel 900 provocarono un vuoto di poteri e una dilagante conflittualità che afflissero il Veneto continentale fino alla metà del X secolo. L'autorità imperiale venne infine ristabilita da Ottone I: egli aggregò nel 962 un vasto territorio dell'Italia nord-orientale al ducato di Baviera e successivamente, nel 976 al ducato di Carinzia. L'organismo che ne derivò, aventi finalità di cerniera fra Germania e Italia, fu chiamato, dal nome della sua principale città, Marca di Verona. Da questa si staccarono nel 1027 il territorio della diocesi di Trento, che si organizzò in principato ecclesiastico e il Friuli nel 1077, che incominciò una sua autonoma parabola storica sotto l'autorità dei Patriarchi di Aquileia. I legami fra la Marca Veronese e l'Impero vennero rafforzati dalla presenza nel territorio di diverse dinastie feudali di origine germanica: tra le più famose, destinate a giocare un ruolo importante nei secoli successivi, gli Este, gli Ezzelini, i Da Camino, i Da Carrara.
A partire dai primi decenni dopo il 1000, si assistette in tutto il Veneto a un decollo economico e a una ripresa della vita sociale nelle città principali, che incominciarono a esercitare un controllo egemonico sul loro contado.
Dalla fine del X secolo, poi, Venezia incominciò la sua espansione marittima nell'Adriatico, del quale prese a configurarsi come potenza egemone fino a farlo diventare il Golfo di Venezia, e ad accrescere enormemente i propri privilegi e commerci in Oriente.
Contemporaneamente allo sviluppo economico, nella Marca Veronese (che a partire dal 1200 cominciò a essere identificata col nome di Marca Trevisana), si assistette a un indebolimento del sistema feudale, caratterizzato dalla progressiva emersione dei liberi comuni: fra i più importanti Verona (1136), Padova (1138), Treviso e Vicenza.
La Terraferma divenne un territorio sempre meno soggetto all'effettivo controllo degli imperatori tedeschi.
Il milleduecento fu contraddistinto dall'espansione del potere veneziano in tutto il Mediterraneo orientale, culminato con la Quarta crociata e la creazione nel 1205 dell'Impero latino di Costantinopoli, nel quale a Venezia era garantito il dominio sulla quarta parte e mezza dell'impero di Romània. Lo Stato da Mar giunse a includere, oltre ai territori dell'Istria e della Dalmazia, le isole Ionie, Creta, Cipro, e tutta una serie di basi e piazzeforti nel Peloponneso, nell'Egeo e in Anatolia. Nonostante il mare fosse la fonte primaria della propria ricchezza, Venezia non perse mai interesse per l'entroterra: essa mantenne forti legami in particolare con il Trevigiano e il Padovano, appoggiò la Lega Veronese e aderì alla Lega Lombarda poi, assurgendo a un prestigiosissimo ruolo di mediatrice (e al contempo di terza forza) fra papa Alessandro III e l'imperatore Federico Barbarossa, con la riconciliazione celebrata in San Marco nel 1177 (Pace di Venezia).
Nel Duecento si assistette in tutta la terraferma alla trasformazione dei liberi comuni in potenti signorie in lotta tra loro per l'egemonia regionale. La prima a emergere fu la signoria di Ezzelino III da Romano, che riuscì a conquistare gran parte del Veneto centro-settentrionale. Treviso cadde in mano ai da Camino, a Verona si imposero nel 1262 i signori della Scala, divenendo la capitale di un potente stato, che al suo culmine valicò l'Appennino, giungendo fino a Lucca.
Nonostante Venezia avesse nel mare il centro dei propri interessi economici, essa mantenne sempre vivi i legami con il proprio entroterra, esercitando una forte attrazione sulle tormentate città della Marca Trevigiana. Già nel 1291 Motta di Livenza passò alla repubblica, primo territorio di Terraferma a darsi al governo di Venezia. Fu tuttavia a partire dal XIV secolo che la Serenissima incominciò a intervenire in modo sempre più deciso nella politica regionale, soprattutto per impedire che il potente stato Carrarese ne minacciasse le vie di comunicazione terrestri e fluviali. Nel 1318, infatti, Padova aveva perduta la propria libertà comunale, divenendo signoria dei da Carrara, che presto entrarono in conflitto con Venezia e con Verona.
Il potere e l'influenza crescente della repubblica suscitarono le gelosie dei suoi vicini, che costituirono nel 1379 una formidabile coalizione che riuniva i Carraresi, il Duca d'Austria, il Re d'Ungheria, il Patriarcato di Aquileia e Genova, scatenando contro Venezia quella che sarebbe passata alla storia come la Guerra di Chioggia e conclusa nel 1381 con la vittoria sul mare contro Genova e la perdita di Treviso per terra (ottenuta nel 1339), ceduta al Duca d'Austria.
La minaccia incombente dei Carraresi, a cui si era aggiunto lo stato visconteo, impadronitosi fra il 1387 e il 1390 di gran parte del Veneto, non venne comunque meno.
Dapprima la repubblica reagì con decisioni alle mire di Francesco II da Carrara, riprendendosi Treviso nel 1388 e quindi in rapida successione praticamente tutte le terre della marca trevigiana: il 28 aprile 1404, il Senato Veneto accetta la dedizione di Vicenza, pochi giorni dopo fu la volta di Cologna (7 maggio), di Belluno (il 18 maggio), Bassano (10 giugno), Feltre (15 giugno), e quindi dall'Altopiano dei Sette Comuni il 20 febbraio 1405 e di Verona il 22 giugno. Infine il 22 novembre cadde anche Padova e gli ultimi Carraresi finirono la loro esistenza in prigionia.
L'unità del Veneto era praticamente ricomposta. Per queste terre, oltre alla fine dei conflitti e alla instaurazione di un governo stabile e rispettato, le dedizioni alla Serenissima significarono, di solito, la concessione di particolari statuti di autonomia che garantivano, in cambio dell'atto di soggezione a Venezia e dell'accettazione di governatori inviati dal Senato Veneto, il mantenimento di gran parte degli istituti e delle leggi preesistenti: lo Stato da Tera nasceva, di fatto, come sorta di stato federale ante litteram.
Nel corso del Cinquecento, la repubblica di Venezia espanse ulteriormente i propri possedimenti, includendo nel 1420 il Cadore e il Friuli, seguiti nel 1428 da Brescia, Bergamo e Crema e conquistando il Polesine, già occupato nel 1405 e definitivamente strappato al duca di Ferrara nel 1484.
Nella seconda metà del Quattrocento e agli inizi del Cinquecento, Venezia continuò la sua politica espansionistica, portando il Leone di San Marco in Romagna, Trentino meridionale, a Gorizia, Trieste e finanche in Puglia. Alla vigilia della guerra del 1509, la repubblica veneta, fra Stato da Mar e Stato da Tera, costituiva un impero multietnico abitato da veneti, lombardi, friulani, istriani, romagnoli, dalmati, croati, albanesi, pugliesi, greci e ciprioti.
Nel 1508, in seguito alla sconfitta per opera dei veneti dell'imperatore d'Austria che perse Trieste e Gorizia, si formò, sotto l'impulso di Papa Giulio II, cui Venezia aveva tolto le città della Romagna, una coalizione anti-veneziana, nota come Lega di Cambrai, che dichiarò guerra alla repubblica. Venezia reagì mobilitando l'esercito e mettendovi a capo Bartolomeo d'Alviano. Il 14 maggio 1509 ad Agnadello nel cremasco, le truppe venete sono sbaragliate dall'esercito di Luigi XII di Francia: in pochi giorni gran parte dello Stato da Tera è occupato dal nemico.
Grazie alla diplomazia, che seppe sfruttare e attizzare le contrapposizioni nel campo dei collegati, e alle vittorie militari dell'esercito riorganizzato (tra queste quella di Marignano, in cui la cavalleria veneta, venuta in soccorso alle fanterie francesi, consentì a Francesco I di conseguire una vittoria sulle truppe svizzere), la repubblica riconquistò gran parte della Terraferma, ritornando sui confini di fine Quattrocento. Fu perduto il territorio dell'Ampezzano, che rimase austriaco fino al 1918. Finito il lungo periodo bellico, nel 1530 incominciò un periodo di sviluppo che si protrasse, senza significative interruzioni, per quasi tre secoli fino a 1797.
Al declino dei commerci e dell'impero marittimo della Serenissima incominciato nel Cinquecento, si accompagnò una crescente attenzione del patriziato per la proprietà fondiaria di terraferma, riducendo progressivamente il dinamismo del ceto dirigente e portando sempre più verso la stagnazione sociale e politica della repubblica.
Se nel Seicento Venezia fu ancora in grado di combattere i Turchi per difendere gli ultimi possedimenti marittimi e di promuovere una parziale riorganizzazione dell'esercito di terra, giungendo a una più definitiva sistemazione dei contesi confini con l'Austria, il Settecento segnò il definitivo tramonto del modello politico che per un millennio aveva retto le sorti dello Stato.
Alla fine del XVIII secolo fermenti rivoluzionari e borghesi percorrevano anche la repubblica veneta, mentre dalle Alpi irrompevano le truppe di Napoleone Bonaparte, disceso nella campagna d'Italia.
Venezia rifiutò di schierarsi, dichiarando la propria neutralità e al contempo rifiutando di mobilitare le truppe a difesa dei propri territori. Il Veneto divenne campo di battaglia tra gli opposti schieramenti. La Terraferma venne infine occupata dalle truppe francesi, cui venne permesso di entrare nelle città.
La situazione esplosiva così creata deflagrò con le Pasque veronesi, una ribellione contro la presenza francese che fornì a Napoleone il pretesto per rovesciare il governo aristocratico. Nell'inutile tentativo di evitare l'inevitabile Venezia smobilitò le truppe, ritirandosi nel Dogado, ma sotto la minaccia d'invasione della stessa Venezia, il 12 maggio 1797 il Maggior Consiglio decretò la fine della repubblica cedendo i poteri alla Municipalità democratica.
Seguirono una serie di saccheggi e di violenze da parte dei francesi, desiderosi di ottenere dalle terre venete il massimo bottino possibile e al contempo di fornire il minor vantaggio possibile all'Austria, cui quelle terre erano destinate sin dal preliminare di pace poi formalizzato col trattato di Campoformio.
Il Veneto rimase dunque sotto amministrazione austriaca dal 1797 al 1805 quando, in seguito alla pace di Presburgo, venne annesso al Regno d'Italia di dominazione francese, nell'ambito del quale rimase per un decennio. Con la caduta di Napoleone il dominio austriaco venne ristabilito con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.
Il sessantennio di dominazione asburgica venne però caratterizzato dai moti risorgimentali, culminati con le ribellioni di Vicenza, Padova, Treviso e la costituzione a Venezia della repubblica di San Marco nel 1848. Mentre Verona diveniva uno dei capisaldi del Quadrilatero austriaco, i moti rivoluzionari nelle città dell'entroterra vennero repressi dall'armata imperiale. Nonostante l'auspicata unione al Regno di Sardegna, i rovesci militari subiti dall'esercito piemontese durante la prima guerra di indipendenza lasciarono isolata la repubblica marciana, che, nonostante la resistenza contro le truppe di Josef Radetzky, dovette infine capitolare il 24 agosto 1849.
Al termine della seconda guerra di indipendenza, nel 1859, gli austriaci tenevano ancora il Veneto: giunto alle porte di Verona, infatti, l'esercito franco-piemontese venne arrestato dalla firma dell'armistizio di Villafranca da parte di Napoleone III.
L'unione del Veneto al Regno d'Italia avvenne nel 1866 dopo la terza guerra di indipendenza. Nonostante l'Italia risultasse sconfitta dall'esercito austro-veneto per terra a Custoza e per mare a Lissa, la vittoria prussiana nella Battaglia di Sadowa portò ad accordi di pace fra le principali potenze europee che prevedevano la cessione del Veneto non all'Italia, paese da cui non si considerava sconfitta, bensì alla Francia, nell'intesa che Napoleone III lo avrebbe consegnato a Vittorio Emanuele II previa organizzazione di un plebiscito.
Il trattato di pace di Vienna firmato il 3 ottobre 1866 disponeva testualmente che la cessione del Veneto (con Mantova e Udine) al Regno d'Italia dovesse aversi sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate.
Napoleone III procedette all'organizzazione del plebiscito delle province venete e di Mantova, in ottemperanza al trattato di pace, secondo il quale: "I cittadini delle Provincie Italiane liberate, convocati nei Comizi il giorno 21 e il 22 ottobre scorso, hanno dichiarata l'unione al Regno d'Italia colla Monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II". Napoleone III tuttavia fu soggetto a forti pressione dei Savoia, affinché cedesse anzitempo le fortezze e il controllo militare della regione in anticipo sull'esito del plebiscito e anche alla stessa organizzazione del plebiscito. Il conte di Gramont, cui fu affidato provvisoriamente il territorio del Veneto attuale, più Mantova e il Friuli escluso Trieste, cercò di rispettare l'impegno. Le pressioni indussero tuttavia Napoleone III a consegnare le fortezze e a lasciar occupare il Veneto alle truppe del Regno prima ancora che si tenesse un plebiscito. Il plebiscito fu organizzato nei giorni 21 e 22 ottobre 1866 a suffragio universale maschile (ovvero solo il 30% della popolazione venne chiamato alle urne). Il risultato fu di 646.789 sì, 69 no, 567 voti nulli.
Il 24 maggio 1915 l'Italia entrò nel primo conflitto mondiale (primo colpo di cannone sparato dal Forte Verena) a fianco delle potenze dell'Intesa con l'obiettivo di sottrarre all'Impero austro-ungarico il Friuli austriaco con la città di Gorizia e la Venezia-Giulia, con Trieste, l'Istria e Fiume. Il Veneto divenne pertanto la retrovia del lunghissimo fronte esteso dalle Piccole Dolomiti alle Dolomiti, alla Carnia e all'altopiano carsico. Treviso divenne sede dell'Intendenza del Regio Esercito, mentre a Padova si stabilirono vari Comandi Superiori, compreso quello della 3ª Armata, numerosi reparti logistici e il principale ospedale militare del fronte.
Il collasso del fronte nella notte del 24 ottobre 1917, durante la battaglia di Caporetto, trasformò di colpo il territorio veneto nel cuore del nuovo fronte. Sotto la minaccia dell'accerchiamento e della sconfitta totale, l'esercito tentò un ripiegamento in breve trasformatosi in rotta. La via che minacciava i capoluoghi veneti si presentava completamente spalancata per l'imperial-regio esercito austro-ungarico. Nel disperato tentativo di difendere Venezia e la sua preziosa base navale, l'esercito italiano tentò di riorganizzarsi prima sulla Livenza, quindi si attestò sul Piave, dove si impegnò in una lunga battaglia di resistenza.
I territori a nord del fronte rimasero quindi in mano austriaca sino al 1918 e alla vittoria finale nella battaglia di Vittorio Veneto.
La prima guerra mondiale lasciò sul territorio gravissimi danni. Interi paesi vennero cancellati lungo la linea del Piave, così come in montagna (Asiago venne completamente rasa al suolo) mentre le campagne risultavano incolte e spopolate.
L'enorme povertà lasciata dalle macerie della guerra favorì una massiccia emigrazione, diretta in massima parte verso i paesi dell'America latina e altre regioni d'Italia.
La seconda guerra mondiale apportò nuove distruzioni. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il territorio venne occupato dalle truppe germaniche. Verona divenne una delle capitali della RSI, con l'insediamento di importanti comandi militari e di alcuni ministeri. In questo periodo enormi distruzioni vennero causate dai bombardamenti aerei (particolarmente feroce quello che colpì e rase al suolo gran parte di Treviso). E altri massicci bombardamenti su Padova e Verona e in particolare Vicenza, anche questa quasi rasa al suolo. Enormi distruzioni patì in particolare poi il polo industriale di Marghera, ripetutamente colpito dai bombardamenti alleati.
Il territorio veneto divenne quindi terreno delle azioni di guerriglia durante la Resistenza partigiana. Con la resa incondizionata dell'occupante tedesco il 29 aprile 1945 il Veneto venne infine liberato dal nazi-fascismo.
Il 2 giugno 1946 massiccia fu la partecipazione della popolazione veneta al referendum che sancì il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Con l'entrata in vigore il 1º gennaio 1948 della Costituzione della Repubblica Italiana, nella nuova organizzazione dello Stato venne prevista la creazione del Veneto come regione a statuto ordinario.
Nel dopoguerra, riprese l'emigrazione che interessò America, Europa e altre regioni del Nord Italia.
Si stima in circa 3 300 000 le persone emigrate negli anni dal 1876 al 1976 dal Veneto, di fatto la regione italiana a maggior emigrazione in tale periodo (seconda è la Campania, con 2 500 000)[12].
Durante gli anni cinquanta l'attività industriale di Porto Marghera incominciò a riprendersi dalle devastazioni portate dal conflitto, riprendendo a crescere, fino a raggiungere la massima espansione negli anni 1960, quando il polo industriale divenne uno dei più importanti d'Europa.
A partire dagli anni sessanta, si è verificata in Veneto una proliferazione di piccole e medie imprese.
Dal 1º gennaio 1948, ex art. 131 della vigente Costituzione italiana, il Veneto è una regione a statuto ordinario della Repubblica Italiana, ma solo con la legge 281 del 1970 furono attuate le sue funzioni. Con 560 comuni sul suo territorio, il Veneto è la terza regione d'Italia per suddivisione comunale. Il Veneto è suddiviso in 7 enti di area vasta (di cui 6 province e 1 città metropolitana)[15][16]:
Stemma | Provincia | Sigla o targa | Abitanti comune capoluogo | Superficie provinciale (km²) | Abitanti provincia | Densità (ab./km²) | Comuni | Mappa | Sito istituzionale |
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Città metropolitana di Venezia | VE | 249.643 | 2.462 | 832.361 | 338,08 | 44 (lista) | Venezia. URL consultato il 22 settembre 2019 (archiviato dall'url originale il 16 aprile 2019). | ||
Provincia di Belluno | BL | 35.475 | 3.610 | 197.525 | 54,71 | 60 (lista) | Belluno. | ||
Provincia di Padova | PD | 206.500 | 2.142 | 928.128 | 433,29 | 101 (lista) | |||
Provincia di Rovigo | RO | 50.006 | 1.789 | 227.046 | 126,91 | 50 (lista) | Rovigo. | ||
Provincia di Treviso | TV | 84.841 | 2.477 | 875.186 | 353,32 | 94 (lista) | Treviso. | ||
Provincia di Verona | VR | 255.019 | 3.121 | 923.712 | 295,73 | 98 (lista) | Verona. URL consultato il 4 dicembre 2014 (archiviato dall'url originale l'8 luglio 2006). | ||
Provincia di Vicenza | VI | 110.921 | 2.723 | 850.667 | 312,40 | 113 (lista) | Vicenza. | ||
Veneto | totale | 990.961 | 18.345 | 4.834.625 | 263,53 | 560 (lista) | Regione Veneto. |
Il presidente della regione è Luca Zaia, eletto per il primo mandato il 30 marzo 2010. I risultati delle elezioni regionali in Veneto del 2020 hanno riconfermato Zaia alla carica di presidente con il 76,79 % dei voti. La sede dei lavori della giunta regionale è a Palazzo Balbi, sul Canal Grande a Venezia.
È l'organo di rappresentanza regionale, determina l'indirizzo politico e amministrativo della Regione e ne controlla l'attuazione; esercita la potestà legislativa, nonché la potestà regolamentare non attribuita da singole leggi regionali della Giunta; adempie alle altre funzioni conferitegli dalla Costituzione, dallo Stato e dalle leggi. (art. 33 - legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n.1). Ha sede presso Palazzo Ferro Fini, Venezia.[17]
Gruppi consiliari | Numero consiglieri |
---|---|
Zaia Presidente | 12 |
Liga Veneta - Lega Nord | 12 |
Partito Democratico | 9 |
Movimento Cinque Stelle | 5 |
Forza Italia | 3 |
Lista Tosi per il Veneto | 3 |
Alessandra Moretti Presidente | 2 |
Indipendenza Noi Veneto | 1 |
Il Veneto del fare - Flavio Tosi | 1 |
Veneto civico - Moretti presidente | 1 |
Area Popolare Veneto | 1 |
Fratelli d'Italia - AN - Movimento per la cultura rurale | 1 |
Totale | 51 |
L'istituzione formale della Regione del Veneto si deve alla Costituzione del 1948, peraltro rimasta inattuata sino al 1970. Lo statuto regionale del 1971 è l'unico statuto regionale, oltre a quello sardo, che definisce «popolo» gli abitanti della regione[18][19].
Tra il 2005 e il 2008 sono stati effettuati vari referendum, con esito positivo, da parte di comuni confinanti con le regioni del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, per ottenere il passaggio dalla regione del Veneto alle due regioni autonome limitrofe. Il procedimento costituzionale richiede che i referendum con esito positivo vengano esaminati per l'approvazione finale dal parlamento nazionale, previo parere obbligatorio dei due consigli regionali interessati.
L'11 gennaio 2012 il Consiglio regionale ha approvato in seconda votazione il nuovo statuto[20]. Il successivo 4 febbraio, tuttavia, il governo Monti annuncia di voler impugnare dinanzi alla Corte costituzionale lo Statuto per contrasto tra il comma IV dell'art. 30 sull'autonomia finanziaria[21] e l'articolo 119 comma II della Costituzione, scatenando, tra l'altro, le vivaci proteste della maggioranza regionale[22], intenzione decaduta dietro promessa da parte della presidenza regionale di modificare il comma specificando l'obbligo del rispetto da parte del bilancio regionale dei vincoli e dei principi di coordinamento della finanza pubblica[23][24].
Il 12 giugno 2014, il Consiglio regionale, a maggioranza,[25] ha votato il progetto di legge per indire un referendum sull'ipotesi di indipendenza del Veneto dall'Italia. Il progetto di legge è stato quindi convertito nella legge regionale numero 16/2014 il 19 giugno 2014,[26] accompagnata dalla legge numero 15/2014, relativa a un referendum per l'autonomia regionale.[27]
Nel giugno 2015 la Corte costituzionale ha sentenziato, a seguito dell'impugnazione da parte del governo, la bocciatura completa del referendum sull'indipendenza e parziale del referendum sull'autonomia,[28] il quale, dopo un nuovo giudizio da parte della Consulta, è stato ammesso. Il referendum si è svolto domenica 22 ottobre 2017, con affluenza del 57,2% e il 98,1% di voti favorevoli. Sempre lo stesso giorno è stato svolto un referendum analogo anche in Lombardia.
La popolazione del Veneto non è omogeneamente distribuita. Se la media pianura vanta le densità maggiori (soprattutto lungo la fascia che va da Verona a Venezia passando per Vicenza, Padova e Treviso), meno popolati sono la bassa Veronese (eccetto nel quadrilatero comprendente Bovolone, Isola della Scala, Nogara, Cerea e Legnago) e il Polesine (specie in seguito all'alluvione del 1951). Ancor meno abitate sono le Prealpi e la montagna (la provincia di Belluno mostra le densità minori), eccetto l'alto Vicentino (con Schio, Valdagno, Thiene, Bassano del Grappa) e la Valbelluna. A partire dagli anni ottanta si è verificato il fenomeno, molto diffuso in tutto il Norditalia, dello spopolamento delle grandi città (Venezia con Mestre in testa) a favore dei piccoli e medi comuni delle "cinture" periurbane. Questo ha portato a un notevole sviluppo urbano e taluni hanno constatato la formazione di una vasta megalopoli che si estende in particolare tra Padova, Mestre e Treviso (la cosiddetta PaTreVe o Triangolo Veneto)[29]. Nel rapporto annuale Censis del 2008 si parla di una grande regione metropolitana (GREM) veneta estesa su 6679,6 km² che conta una popolazione di 3 267 420 abitanti e di una piccola area metropolitana (PAM) veronese estesa su 1426 km² e con una popolazione di 714 724 abitanti.[30]
Abitanti censiti (migliaia)
Il tasso di incremento naturale annuo è stato uno dei più elevati d'Italia, ma dal 1983 è divenuto per la prima volta negativo. Anche se oggi questa tendenza permane (e, anzi, si è rafforzata), il Veneto resta una delle regioni del Nord Italia con il più alto indice di natalità. Il fenomeno, tuttavia, varia notevolmente da provincia a provincia, anche se la popolazione residente continua comunque a crescere per effetto dell'immigrazione dall'estero, divenuta notevole a partire dal 1990.
Dalla fine dell'Ottocento ebbe luogo un'intensa emigrazione di veneti all'estero a causa dell'estrema povertà della regione. Gli abitanti del Veneto si spostarono particolarmente verso Australia, Argentina, Uruguay e Brasile. Infatti il Veneto è stato, sino agli anni settanta, una terra di emigrazione (oltre 3 milioni di partenze tra il 1870 e il 1970) per via della povera economia contadina, non affiancata da impianti industriali di rilievo. Sino al fascismo i flussi si dirigevano specialmente in America Latina (Brasile, Argentina); negli anni trenta le bonifiche promosse da Mussolini portarono gli emigranti nel Lazio (Latina) e in Sardegna (Mussolinia di Sardegna, oggi Arborea) e anche nelle colonie italiane d'Africa; nel secondo dopoguerra, le correnti si spostarono verso le aree industriali della Lombardia, del Piemonte e della Liguria, e verso l'Europa centrale, specie dopo l'alluvione del Polesine nel 1951 (che costrinse decine di migliaia di persone a lasciare la propria terra)[29].
Il notevole sviluppo dell'industria a partire dagli anni settanta trasformò il Veneto da terra di emigrazione a terra di immigrazione. Più che i rientri, molti sono stati gli immigrati dal Meridione e in seguito dall'estero (Nordafrica, Europa orientale), il che ha fatto del Veneto la quinta regione per numero di abitanti (dopo Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia) e una delle prime per numero di stranieri residenti[29].
Di seguito la tabella riporta la popolazione residente nei comuni del Veneto con più di 30 000 abitanti (in grassetto i capoluoghi di provincia):[31]
Posizione | Comune | Popolazione (ab.) |
Superficie (km²) |
Densità (ab./km²) |
Provincia o Città metropolitana |
---|---|---|---|---|---|
1º | Verona | 255 769 | 198,92 | 1 285,79 | Verona |
2º | Venezia | 250 141 | 415,90 | 601,45 | Venezia |
3º | Padova | 207 456 | 93,03 | 2 230,00 | Padova |
4º | Vicenza | 110 921 | 80,57 | 1 376,70 | Vicenza |
5º | Treviso | 85 553 | 55,58 | 1 539,28 | Treviso |
6º | Rovigo | 50 072 | 108,81 | 460,18 | Rovigo |
7º | Chioggia | 47 440 | 187,91 | 252,46 | Venezia |
8º | Bassano del Grappa | 42 401 | 47,06 | 901,00 | Vicenza |
9º | San Donà di Piave | 41 980 | 78,88 | 532,20 | Venezia |
10º | Schio | 38 942 | 66,21 | 588,16 | Vicenza |
11º | Mira | 37 664 | 99,14 | 379,91 | Venezia |
12º | Belluno | 35 447 | 147,22 | 240,78 | Belluno |
13º | Conegliano | 34 449 | 36,38 | 946,92 | Treviso |
14º | Castelfranco Veneto | 33 137 | 51,61 | 642,07 | Treviso |
15º | Villafranca di Verona | 33 052 | 57,34 | 576,42 | Verona |
16º | Montebelluna | 31 224 | 49,01 | 637,09 | Treviso |
Come molte altre regioni italiane, nel XXI secolo il Veneto ha una presenza significativa di cittadini provenienti dall'estero: al 1º gennaio 2023 risiedevano 498 127 stranieri[32] su un totale di 4 849 553 cittadini,[33] rappresentando quindi il 10,3% della popolazione totale. Nella stessa data, le nazionalità maggiormente rappresentate erano quella rumena, con 126 344 residenti, la marocchina, con 45 922 residenti, la cinese, 36 391, la albanese, 31 838, la moldava, 28 553, la bengalese, 19 890, l'indiana, 18 119, l'ucraina, 18 011, la nigeriana, 14 720, e la serba con 10 890 residenti.[32]
Nella Regione sono parlate, oltre all'italiano e al veneto, altre tre lingue autoctone: il cimbro, il ladino e il friulano. Esistono inoltre alcune zone della provincia di Rovigo in cui si parla anche il dialetto ferrarese.
La Regione Veneto si caratterizza per una forte conservazione del proprio idioma storico, distinto in diversi dialetti. Secondo le statistiche, è compreso da quasi il 70% della popolazione,[34] con un sostanziale bilinguismo Italiano-veneto. La vivacità della lingua veneta è confermata dal fiorire di iniziative culturali ed editoriali che, soprattutto in questi ultimi anni, hanno visto un moltiplicarsi di pubblicazioni. La forte riscoperta delle identità storico-linguistiche è stata recentemente sancita da una legge della Regione Veneto, approvata dal consiglio regionale il 28 marzo 2007, volta alla valorizzazione, alla tutela e alla diffusione della lingua veneta.[35]
Le altre lingue sono diffuse in aree molto limitate e parlate da minoranze che, spesso, antepongono ai loro idiomi l'italiano o il veneto stesso.
Se all'interno della Regione Veneto esistono diverse comunità allofone, specularmente, venetofone sono alcune aree delle regioni confinanti, in particolare il Friuli-Venezia Giulia occidentale e meridionale (nei dintorni di Pordenone e Monfalcone, tutta la zona costiera da Grado fino a Muggia), il Trentino orientale e meridionale, e parte della provincia di Mantova. All'estero è venetofona la comunità italiana della Venezia Giulia in Slovenia (Istria) e in Croazia (Istria, Quarnaro e Dalmazia).
Il veneto parlato nella Regione Veneto si divide essenzialmente in quattro macroaree, ognuna con caratteristiche proprie, pur non perdendo la sostanziale unitarietà linguistica. L'area più vasta è quella centrale, comprendente la provincia di Padova e Vicenza, parte della provincia di Rovigo e parte della provincia di Venezia: tra i fenomeni più interessanti che la caratterizzano, oltre a una marcata conservazione delle vocali atone finali, vi è il fenomeno della metafonesi.[42] Questa è invece assente nell'area veneziana, che si estende su tutta la laguna di Venezia, da Chioggia fino a Caorle e ha storicamente costituito il riferimento su cui si è modellata la koinè linguistica veneta. Da registrare in quest'area una minore conservazione della vocali atone finali. Questo fenomeno diviene ancora più marcato nelle altre due aree, quella settentrionale trevigiano-bellunese, in cui sono ancora vive le interdentali sorde e sonore, e quella veronese, in cui emerge talvolta il sostrato gallo-italico.[43][44]
La presenza religiosa in Veneto ha da sempre dato vita a numerose istituzioni ed edifici di culto, soprattutto nella città lagunare, ma non solo. Antonio di Padova, noto in città con il nome Il Santo, fu prima canonico agostiniano a Coimbra (1210), poi frate francescano (1220). Viaggiò molto vivendo prima in Portogallo quindi in Italia e in Francia. Nel 1221 si recò al Capitolo Generale ad Assisi dove vide di persona Francesco. Professore di teologia e valente predicatore, fu inviato da Francesco d'Assisi a combattere l'eresia catara in Francia. Fu trasferito poi a Bologna e quindi a Padova. Morì all'età di 36 anni. Definito da molti cattolici come Taumaturgo, cioè autore di prodigi, per la notevole mole di eventi miracolosi a lui ascritti sin dai primi tempi dopo la sua morte e fino a oggi.
La figura di Marco evangelista, legata alla città di Venezia, si dipana in una serie di tradizioni orali, spesso in contrasto tra loro. Una tradizione lo vuole evangelizzatore in Egitto e fondatore della chiesa di Alessandria che lo vuole come suo primo vescovo. Altra tradizione vuole che Marco - prima di rientrare in Egitto - fosse stato inviato da Pietro nella metropoli alto-adriatica di Aquileia - capoluogo della X Regio Venetia et Histria - per curare l'evangelizzazione dell'area nord-est. A Marco si deve la scelta dei primi vescovi della Chiesa-madre di Aquileia (Ermagora e Fortunato) dalla quale deriverà, in tempi e per complesse vicende successive, il titolo del patriarca di Grado poi assorbito da Venezia. Dopo la sua morte ad Alessandria, le spoglie del santo vengono trafugate da mercanti veneziani e portate nell'828 a Venezia, dove pochi anni dopo verrà dato inizio alla costruzione della basilica che ancora oggi ospita le sue reliquie.
Il Veneto ospita anche i resti di un altro evangelista, San Luca, che riposano (tranne la testa conservata a Praga) nella basilica di Santa Giustina a Padova, assieme alle reliquie di san Mattia apostolo.
Tra i luoghi di culto, oggetto di pellegrinaggi, vanno ricordati: il santuario della Madonna di Monte Berico a Vicenza; il santuario della Madonna della Corona, nelle montagne veronesi; il santuario della Beata Vergine del Covolo, edificio progettato da Antonio Canova situato sulle pendici del monte Grappa; il santuario, più moderno e all'interno della città di Padova, di San Leopoldo e il santuario del Cristo Alluvionato a Lama Polesine in provincia di Rovigo.
La fede cristiana si fuse in tale maniera con la tradizione popolare e la vita quotidiana dei veneti che proprio a Verona sorse una nuova arte, unica al mondo: la famosa tecnica dei concerti di campane alla veronese.
Il Veneto ha dato i natali ad alcuni pontefici della Chiesa cattolica, tra cui vanno ricordati Papa Pio X (Riese Pio X) e Papa Giovanni Paolo I (Canale d'Agordo). Papa Giovanni Paolo II (Karol Wojtyła) trascorse molte delle sue vacanze nelle montagne venete, soprattutto nel Comelico e a Lorenzago di Cadore. Proprio questi luoghi, ora, sono oggetto di un progetto di valorizzazione grazie al Cammino delle Dolomiti[45], un percorso ad anello che tocca i luoghi più importanti della spiritualità presenti nella montagna bellunese.
Notevoli le presenze di altre confessioni religiose. La confessione protestante, presente in numerose città con chiese luterane, anglicane, valdesi e metodiste, ha trovato nella Serenissima un ambiente che ha permesso la diffusione della cultura evangelica, data anche la presenza di case editrici. Alcune chiese ortodosse si possono trovare a Venezia, oggi rivitalizzate dalla presenza di molte persone provenienti dall'est europeo di tradizione ortodossa. La più importante è la chiesa di San Giorgio dei Greci, sede dell'Arcidiocesi d'Italia e Malta, dipendente dal Patriarcato di Costantinopoli.
Altra presenza storica, e anche ora molto attiva, è quella della comunità ebraica nel ghetto di Venezia, quartiere presente nel sestiere di Cannaregio.
A Venezia tale comunità crebbe godendo inizialmente di un clima di relativa tolleranza, finché il Consiglio dei Pregadi (Senato) dispose il 29 marzo 1516 che tutti gli ebrei dovessero obbligatoriamente risiedere nel “Ghetto nuovo”. Nasce così un'istituzione che verrà poi ampiamente applicata anche nel resto d'Europa. Con la caduta della Repubblica e l'avvento di Napoleone furono eliminate le discriminazioni nei confronti degli ebrei, i quali furono equiparati in tutto agli altri cittadini. Le porte del ghetto furono eliminate così come l'obbligo di residenza. Al giorno d'oggi questo complesso è rimasto abbastanza integro anche se gli ebrei veneziani sono ormai poche centinaia. Due sinagoghe sono tuttora aperte al culto e quasi tutti gli altri edifici della comunità svolgono ancora funzioni istituzionali (museo, casa di riposo ecc.). Altre comunità ebraiche importanti si trovano a Padova e a Verona.
Nel territorio del Veneto, non sono attualmente presenti moschee di dimensioni importanti: esistono, tuttavia, dei luoghi di culto per i fedeli musulmani, e alcuni progetti di realizzazione di moschee.
Prima della cristianizzazione del Veneto, erano presenti culti pagani, in particolare alla dea Reitia.[46].
Di seguito la tabella che riporta il PIL e il PIL procapite[47] prodotto nel Veneto dal 1997 al 2008:
1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | 2007 | 2008 | |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Prodotto Interno Lordo (milioni di €) | 98.907 | 101.463 | 105.334 | 112.719 | 117.096 | 119.886 | 125.729 | 132.481 | 135.911 | 141.000 | 146.986 | 149.385 |
PIL ai prezzi di mercato per abitante (€) | 23.300 | 24.200 | 24.900 | 26.700 | 27.500 | 26.600 | 27.000 | 27.400 | 27.800 | 29.000 | 30.000 | 30.400 |
Di seguito la tabella che riporta il PIL, prodotto in Veneto ai prezzi correnti di mercato nel 2006, espresso in milioni di euro, suddiviso tra le principali macro-attività economiche:
Macro-attività economica | PIL prodotto | % settore su PIL regionale | % settore su PIL italiano |
Agricoltura, silvicoltura, pesca | € 2.303,3 | 1,66% | 1,84% |
Industria in senso stretto | € 34.673,6 | 24,95% | 18,30% |
Costruzioni | € 8.607,7 | 6,19% | 5,41% |
Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni | € 28.865,8 | 20,77% | 20,54% |
Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari e imprenditoriali | € 31.499,4 | 22,66% | 24,17% |
Altre attività di servizi | € 19.517,2 | 14,04% | 18,97% |
Iva, imposte indirette nette sui prodotti e imposte sulle importazioni | € 13.526,4 | 9,73% | 10,76% |
PIL Veneto ai prezzi di mercato | € 138.993,5 | ||
Dal confronto tra il dato regionale e quello nazionale, si evidenzia che rispetto alla media italiana in Veneto è più forte l'incidenza del settore industriale, anche escludendo il settore delle costruzioni. Questa maggiore incidenza dell'industria, si riflette su un minor peso che ha sull'economia veneta tutto quanto ricade sul settore Altri Servizi, dove essenzialmente sono raggruppati i servizi resi dalla pubblica amministrazione, sanità, servizi sociali e istruzione pubblica.
Il Veneto è una delle regioni più ricche d'Italia. Ha conosciuto una fortissima espansione economica, sin dal secondo dopoguerra, e oggi è sede di importanti attività industriali e terziarie. Complessivamente il PIL della regione Veneto registrato nel 2003 è stato di 94 429,6 milioni di Euro nel 1995 che, attualizzati al 2004, corrispondono a 116 148,4 milioni di Euro. Il Veneto apporta, nel 2003, un Valore Aggiunto che costituisce il 67% della ricchezza prodotta dall'intero Nord Est e il 9% di quella nazionale. Attualmente, la crisi economica presente a livello mondiale, incide anche sull'economia veneta. Tuttavia, stando ad analisi recenti, l'export sembra ancora trainare la produzione.[48]
Lo sviluppo dell'industrializzazione sul finire dell'Ottocento, contemporaneamente all'unione del Veneto all'Italia, vede una lunga incubazione protoindustriale, una modernizzazione dell'industria laniera, e lo sviluppo di una classe imprenditoriale, che vede nel territorio vicentino il luogo dove insediare le attività produttive. Il mercato cercava di non rivolgersi più al proprio interno ma di aprirsi al resto d'Italia, rinnovando i processi manifatturieri e trovando delle spinte in una nuova classe dirigente, che vede nuovi protagonisti d'eccezione imporsi. Tra questi vanno ricordati:
Con il 1900 e la rivoluzione dell'energia elettrica, si fanno strada alcune società elettriche, tra cui la Cellina e poi la SADE. Giuseppe Volpi, dopo aver costituito la SADE, fu autore della crescita del capitale di questa società, fino a farla diventare una delle più importanti realtà produttive di energia, costruendo una rete di distribuzione elettrica che coprì buona parte del territorio veneto. Successivamente, proprio per iniziativa di Volpi, nacque il polo industriale chimico di Venezia (Marghera), il quale fungeva da raffineria e da terminal per l'industria del Nord-Ovest. Tale sviluppo industriale di Marghera incominciò nel 1919 per continuare fino al 1932. In questo modo, in Veneto si ha l'introduzione di un'industria ad alta densità di capitale.
Dal 1937 al 1940 il Veneto diventa la terza regione industrializzata d'Italia. L'incremento della potenza installata documentava del progresso tecnico e dei miglioramenti produttivi raggiunti dal Veneto nonostante la pesante congiuntura degli anni trenta. Esso si concentrava nelle province di Vicenza e di Venezia, che detenevano così più del 50% della potenza complessivamente disponibile, contro il 43,7% di dieci anni prima. Il progresso era comunque andato in direzioni opposte: a rafforzare i comparti delle industrie di base e di quelle produttrici di beni strumentali nel comprensorio veneziano; a razionalizzare il settore produttivo tessile, in particolar modo il comparto laniero.
Si accentuava così la frattura tra localizzazione della manifattura leggera e localizzazione dei settori trainanti, come quello chimico ad esempio, che nel 1937-1940 presentava dei valori superiori ai dati nazionali: il 4,3% dell'intera occupazione industriale regionale (3,9% il valore nazionale), 32,9 addetti per unità produttiva (16,9), una potenza disponibile pari al 12,7% della regione (9,2% la media nazionale) e al 10,2% della forza motrice complessiva dell'intera industria chimica italiana (era il 3,4% solo dieci anni prima).[49] Un altro elemento cardine della storia economica del Veneto è l'impresa Marzotto di Valdagno, la quale rappresenta una svolta nella cultura economica veneta: Gaetano Marzotto Jr concepisce l'attività produttiva come continua spinta al cambiamento, all'innovazione, al reinvestimento di capitali e alla realizzazione di economie di scala.
Nel secondo dopoguerra il Veneto conosce un periodo di crisi, diventando una zona povera e senza un'economia trainante. Tuttavia, il Veneto ha saputo uscire da questa crisi grazie al suo essere un aggregato di sistemi, al suo saper coniugare tradizione e innovazione, al suo saper essere internazionale e locale allo stesso tempo, al suo essere formato da uno sviluppo multilineare che ha permesso la nascita di molti distretti, differenziando la produzione in maniera accentuata.
Le attività agricole (frumento, mais, frutta, ortaggi) e zootecniche (bovini, suini) sono ancora di rilievo, e sono molto meccanizzate. L'industria è presente soprattutto nelle province occidentali e sulle coste adriatiche; prevalgono piccole aziende, specializzate nei settori alimentare, tessile, calzaturiero e del mobile.
A Marghera, nella terraferma veneziana, è ancora attivo il polo chimico industriale di Porto Marghera. Molti sono i segnali che fanno pensare a una sua chiusura, auspicata da molte associazioni di residenti e ambientalisti, tuttavia, il problema occupazionale vivacizza il dibattito, poiché secondo molte associazioni di lavoratori una sua chiusura creerebbe un problema sociale ben peggiore dei danni causati dalla chimica. Molte sono state le morti tra i lavoratori, la cui responsabilità una sentenza ha attribuito ai vertici del Petrolchimico. Treviso e provincia sono anche la prima area d'Italia per l'abbigliamento giovanile, con il gruppo Benetton.
Importanti sono anche le attività bancarie, il commercio e il turismo, nelle località balneari di Jesolo, Caorle, Bibione, Eracleamare, Cavallino-Treporti, Sottomarina, Rosolina, nelle località montane di Cortina d'Ampezzo, Arabba, Falcade, Val di Zoldo, Alleghe, Pieve di Cadore, Asiago, nelle città d'arte e sul lago di Garda.
Con la crisi globale di inizio XXI secolo si assiste a una forte delocalizzazione dei settori produttivi delle aziende venete principalmente nei paesi in via di sviluppo; di contro la regione segnala forti progressi e investimenti nelle nuove tecnologie, in particolare nella nanotecnologia.
Il Veneto attualmente fa parte sia della Euroregione Adriatico Ionica sia della Comunità di lavoro Alpe Adria.
Secondo l'Osservatorio suicidi per motivazioni economiche della Link Campus University, nel periodo 2008-2018 che è seguito alla Grande Recessione, il Veneto è stata la regione italiana che per il maggior numero di anni ha conseguito il primato dei suicidi causati dalla crisi economica e bancaria.[50][51][52][53]
L'anno col maggior incremento relativo a livello nazionale è stato il 2016, che ha registrato un +20% del numero di decessi rispetto ai dodici mesi precedenti[52], mentre l'anno con il più elevato numero di suicidi in assoluto è stato il 2014, con 201 casi accertati.[54] Contestualmente, la regione resta tra le prime in Italia per diffusione dell'evasione fiscale.[55][56][57]
La vocazione turistica del Veneto, che detiene il primato di regione più visitata d'Italia[58], sesta in Europa[59], è confermata dai quasi 20 milioni di arrivi nel 2019 e dagli oltre 70 milioni di presenze[60].
I settori turistici possono essere suddivisi nei seguenti ambiti: Città d'arte, Mare, Montagna, Terme, Lago[61]. Le città d'arte hanno registrato, relativamente all'anno 2010, 7,2 milioni di arrivi e 16,2 milioni di presenze[62], mentre il comprensorio balneare ha registrato 3,6 milioni di arrivi e 25,8 milioni di presenze[62]. Gli arrivi turistici totali nel 2010 sono stati di 5.609.809 italiani e 8.973.933 stranieri[60]. Grazie al suo patrimonio paesaggistico, storico, artistico e architettonico il Veneto è stato, con oltre 16,2 milioni di visitatori e 61,8 milioni di presenze turistiche, la regione più visitata d'Italia nel 2014.[63][64]
Alcuni tipi di condotte e l'esigenza di garantire un turismo di qualità hanno indotto le amministrazioni locali a dotarsi di regole più circostanziate e severe. Il Comune di Venezia ha modificato il proprio Regolamento di Polizia Urbana nel 2018[65] e nel 2019[66] per garantire pulizia e decoro nei centri abitati, e la tutela dell'incolumità e della fruibilità urbana. Ha introdotto una lista aree di particolare decoro, il divieto di assunzione di alcolici in orario notturno al di fuori dei locali autorizzati e di circolare in tenuta balneare o a torso nudo, e, per gli esercenti, il limite di occupazione del suolo pubblico di due giorni al mese e l'obbligo di raccolta differenziata obbligatoria.[67] Oltre alle multe, le sanzioni possono arrivare al Daspo, e alla sospensione/revoca della licenza per i pubblici esercenti.
Le presenze turistiche nel comprensorio montano hanno conosciuto un calo sia come presenze sia come arrivi, dal 1997 al 2010[68]. I mesi più frequentati sono quelli estivi con cifre che superano 1.500.000 presenze durante il mese di agosto negli anni dal 2007 al 2010[69].
Elenco delle autostrade passanti per il Veneto:
Elenco delle strade statali passanti per il Veneto:
Oggigiorno gran parte delle strade statali del Veneto è passato, dall'ANAS, sotto il controllo di Veneto Strade, divenendo così Strade Regionali.
Di seguito vengono riportate le linee ferroviarie che percorrono la regione:
Tutte le linee sopracitate sono gestite da Rete Ferroviaria Italiana tranne la ferrovia Adria-Mestre, di proprietà regionale, la cui gestione è stata affidata a Sistemi Territoriali.
È in corso il potenziamento di alcune linee ferroviarie per ottenere un servizio suburbano con orari cadenzati. Questo progetto è conosciuto come Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR).
Un tempo la regione era dotata delle seguenti linee ferroviarie:
Sono in progettazione tre linee ad alta velocità:
Di seguito vengono riportati i principali aeroporti veneti:
Vengono riportati gli altri aeroporti minori presenti in Regione:
Fino al 2008 era presente anche l'Aeroporto di Vicenza.
Oltre alle consuete linee di autotrasporto urbano, due città venete hanno deciso di dotarsi di un nuovo modello di tram, l'NTL Translohr, caratterizzato da una guida vincolata per mezzo di una sola rotaia, mentre il movimento è permesso per mezzo di ruote su gomma. A Padova tale mezzo è in funzione dal 2007, mentre a Mestre dal 2010.
Il Veneto vanta una tradizione prestigiosa nell'ambito della formazione musicale, è una terra rinomata per la qualità dei suoi cori polifonici e le sue orchestre. In regione vi sono sette conservatori statali di musica:
A seguito della riforma regionale sanitaria del 2016, nella Regione furono individuate nove aziende sanitarie locali:[73][74]
Dalla stessa riforma furono inoltre confermate alcune eccellenze della Regione: l'Azienda Ospedaliera di Padova, l'Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e l'Istituto Oncologico Veneto.[73]
In Veneto sono presenti otto beni inseriti nella lista dei siti patrimonio dell'umanità redatta dall'agenzia UNESCO, in quanto rappresentano delle particolarità di eccezionale importanza da un punto di vista culturale o naturale:[75]
La letteratura in lingua veneta affonda le sue radici nella produzione di testi poetici e in prosa in lingua volgare, che si sviluppa nell'area corrispondente all'incirca all'odierna Regione Veneto a partire dal XII secolo. La letteratura veneta, dopo un primo periodo di splendore nel Cinquecento con il successo di artisti come il Ruzante, giunge al suo massimo apogeo nel Settecento, grazie all'opera del suo massimo esponente, il drammaturgo Carlo Goldoni. Successivamente la produzione letteraria in lingua veneta subisce un periodo di declino a seguito della caduta della repubblica di Venezia, riuscendo comunque nel corso del Novecento a raggiungere vette liriche mirabili con poeti come Giacomo Noventa, Biagio Marin di Grado, Virgilio Giotti di Trieste, Andrea Zanzotto, fino ad arrivare, nei tempi più recenti, ad autori come Ernesto Calzavara, Eugenio Tomiolo, Claudio Grisancich, Luciano Cecchinel, Gianmario Villalta e Ivan Crico.
Tra gli scrittori del Novecento che hanno lasciato un'importante traccia nel panorama culturale italiano, vanno sicuramente citati alcuni importanti scrittori veneti. Tra questi occorre citare sicuramente il moglianese Giuseppe Berto (1914-1978), autore di Anonimo Veneziano, Il Male oscuro e Il cielo è rosso.
Inoltre, va ricordato Mario Rigoni Stern (1921-2008), il quale, nato, cresciuto e morto ad Asiago, ha saputo raccontare i personaggi, i colori, i suoni e i silenzi dell'Altopiano dei Sette Comuni, autentico appartenente alla cultura dei Cimbri a cui si è sempre sentito legato. In tal senso, una delle opere più rappresentative è il Bosco degli urogalli, o Uomini, boschi, api. Ma l'esperienza della campagna di Russia ha segnato la sua vita e ha ispirato dei veri e propri capolavori come Il sergente nella neve.
Il trevigiano Giovanni Comisso (1895-1969) è stato senza dubbio uno dei più estrosi e dei più attivi giornalisti e scrittori. Tra le sue opere meritano di essere ricordate La mia casa di campagna e Un gatto attraversa a strada.
Luigi Meneghello (1922-2007), vicentino di Malo, è l'autore di numerosi romanzi tra cui Libera nos a Malo e Pomo Pero, libri nei quali l'elemento ispiratore è l'ambiente paesano di Malo. Meneghello utilizza uno stile originale, basato su un registro colto e raffinato, nel quale inserisce neologismi o espressioni venete italianizzate.
Tra gli altri scrittori vanno segnalati:
Per quanto concerne la letteratura contemporanea, Giuliano Scabia ha saputo conquistare un posto nell'ambito del panorama veneto e nazionale, grazie soprattutto al romanzo "Nane Oca", nei quali l'atmosfera delle storie popolari si mescola alla creatività linguistica e narrativa creando una storia raffinata, fatta di vicende che si rimandano, di personaggi che si moltiplicano, per creare quell'atmosfera tipica del racconto orale veneto.
Alberto Ongaro è autore di numerosi romanzi, quali "La partita", "La taverna del doge Loredan", e "L'ombra abitata", che, insieme con l'amico veneziano Hugo Pratt, tradurrà in fumetti.
Romolo Bugaro, padovano di nascita, nel romanzo "La buona e brava gente della nazione" (premio Campiello nel 1998) scrive e racconta della vita di trentenni di provincia che scoprono la disillusione di tutto ciò che la giovinezza aveva portato a sognare. Lo stile denso, che prende forma in una scrittura barocca che, però, accompagna dialoghi serrati ma linguisticamente poveri, accentua questo conflitto tra un atteggiamento pomposo e una dissoluzione linguistica e sociale.
Tiziano Scarpa, autore di numerosissimi romanzi, è anche molto attivo sul piano teatrale, con attività pubbliche di letture in piazze e teatri; importanti sono anche le sue collaborazioni con musicisti e scrittori. Ha scritto i romanzi Occhi sulla graticola (Einaudi, 1996), Kamikaze d'occidente (Rizzoli, 2003) e Stabat Mater (Einaudi, 2008); le raccolte di racconti Amore® (Einaudi, 1998), Cosa voglio da te (Einaudi, 2003) e Amami, in cui accompagna con sessanta microstorie altrettante immagini di Massimo Giacon (Mondadori, 2007); la raccolta di aforismi Corpo (Einaudi, 2004); il libro di interventi critici Cos'è questo fracasso? (Einaudi, 2000), il poema Groppi d'amore nella scuraglia (Einaudi, 2005). Nel 2006 esce per Fanucci il libro Batticuore fuorilegge, raccolta di interventi, saggi, racconti e poesie uscite su giornali e siti web. Comuni mortali, contiene tre testi teatrali: Comuni mortali, Gli straccioni e Il professor Manganelli e l'ingegner Gadda (Effigie, 2007). Nel 2008, oltre a Stabat Mater, sono usciti la raccolta di poesie Discorso di una guida turistica di fronte al tramonto (Amos edizioni, 2008) e il testo teatrale L'inseguitore (Feltrinelli, 2008). Nel 2000 ha pubblicato per Feltrinelli la guida Venezia è un pesce, opera che nel 2002 ha letto ad alta voce e pubblicato per il Narratore audiolibri editrice.
Marco Paolini è autore teatrale e interprete di un repertorio che appartiene al cosiddetto teatro civile. La sua attività si distingue per il gusto dello studio dei testi e della ricerca delle fonti e per l'accostamento continuo dei fatti a trovate teatrali spesso dissacranti e ironiche. I suoi spettacoli sono per la gran parte sviluppati in monologhi spesso recitati in lingua veneta. Fino al 1994 Paolini ha lavorato in vari gruppi teatrali: Teatro degli Stracci, Studio 900 di Treviso, Tag Teatro di Mestre e Laboratorio Teatro Settimo. Con quest'ultimo ha realizzato Adriatico (1987), il primo della serie degli Album, e ha partecipato all'allestimento di diversi spettacoli teatrali, rivedendo fra gli altri Shakespeare e Goldoni. Negli anni novanta incomincia a collaborare con la Cooperativa Moby Dick - Teatri della Riviera con cui ha realizzato spettacoli come Il racconto del Vajont, Appunti foresti, Il milione - Quaderno veneziano di Marco Paolini e i Bestiari (raccolta di spettacoli dedicati al recupero della cultura locale, in particolare veneta). Proprio grazie a Il racconto del Vajont Paolini arriva al grande pubblico; lo spettacolo vince nel 1995 il Premio Speciale Ubu per il Teatro Politico, nel 1996 il Premio Idi per la migliore novità italiana e nel 1997 l'Oscar della televisione come miglior programma dell'anno, per la trasmissione televisiva su Rai 2 dello spettacolo (in diretta dalla diga del Vajont il 9 ottobre 1997, anniversario del disastro del Vajont).[84]
Ivan Crico, poeta, si esprime in lingua e impiegando il dialetto bisiacco un'antica varietà della lingua veneta. Discende, per via paterna, da una nobile famiglia veneta di Feltre. Nel 1999 ha ideato e fondato, assieme al poeta Pierluigi Cappello, La barca di Babele, una collana di poesia, che accoglie autori noti dell'area veneta, friulana e triestina. È impegnato in un'intensa attività artistica e di diffusione della cultura veneta anche nelle scuole e in campo istituzionale all'interno di un progetto legislativo di valorizzazione delle varietà venete del Friuli-Venezia Giulia. Varie e significative sono le iniziative culturali sviluppate nel Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Austria, Slovenia e Croazia che fanno capo a questo poeta, legate alla poesia, alla saggistica, a convegni per la valorizzazione dei dialetti e delle lingue minoritarie europee, alla reciproca conoscenza fra i vari popoli, anche in collaborazione con studiosi e poeti veneti, sloveni, austriaci, sardi, siciliani, francesi e catalani. Con recensioni e interviste a noti esponenti del mondo artistico nazionale (da Marco Paolini a Toti Scialoja fino alla cantante Elisa) collabora da una ventina d'anni con diverse riviste nazionali. Nel 2009 ha ricevuto il premio nazionale di poesia Biagio Marin, il massimo riconoscimento in Italia per la poesia in dialetto e nelle lingue delle minoranze linguistiche storiche.
Fra i più importanti poeti veneti o di lingua veneta si ricordano (in ordine alfabetico):
Il Medioevo ha permesso la creazione di opere monumentali quali il complesso di chiese dell'isola di Torcello, nella laguna veneziana, con la cattedrale di Santa Maria Assunta fondata nel 639, il campanile eretto nell'XI secolo e la chiesa di Santa Fosca realizzata intorno al 1100, edifici importanti per la presenza di mosaici. A Verona il Medioevo ha visto la costruzione della basilica di San Zeno Maggiore, opera nella quale più che altrove si scorge la mescolanza di stili che in quel periodo fecero di Verona un importante crocevia per il Nord Europa.
Tra gli esempi di arte gotica, oltre alle chiese veneziane di Santa Maria Gloriosa dei Frari e a quella di Santi Giovanni e Paolo, troviamo le Arche scaligere nel centro storico di Verona.
Mentre nelle città venete l'impostazione rimaneva quella bizantina, un elemento di innovazione viene portato a Padova da Giotto, portatore di una nuova tradizione pittorica: quella toscana. Verso il 1302 riceve l'incarico dal banchiere Enrico Scrovegni di affrescare la cappella di famiglia, oggi nota appunto con il nome di Cappella degli Scrovegni, uno dei monumenti artistici più importanti di Padova e del Veneto. Le influenze del contributo di Giotto si sono fatte sentire subito, e si ritrovano negli affreschi di Giusto de' Menabuoi nel battistero del Duomo di Padova e in quelli di Altichiero nella Basilica di Sant'Antonio.
Dopo una fase di sviluppo dell'arte gotica, con la creazione di opere importanti tra cui il palazzo della Ca' d'Oro, il Palazzo Ducale e le basiliche di Santa Maria Gloriosa dei Frari e dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, l'influsso rinascimentale inaugurò una nuova stagione. Oltre a Donatello, un importante artista rinascimentale fu il veneto Andrea Mantegna (1431-1506), la cui opera più importante presente in Veneto è forse la Pala di San Zeno a Verona. Con l'espandersi in terraferma della Serenissima e il consolidarsi delle sue istituzioni si ebbe anche uno sviluppo artistico di eccezionale levatura: Mantegna, Vittore Carpaccio, Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, il Pordenone gettarono le basi di quella che sarebbe stata la stagione della pittura veneta.
Il Rinascimento troverà in Padova la sua culla veneta dove crescere e svilupparsi. Tra gli artisti rinascimentali che operarono troviamo Donatello, il quale lavorò soprattutto a Padova e in particolare nell'altare della basilica di Sant'Antonio, il Pisanello, le cui opere sono presenti soprattutto a Verona e in particolare nella chiesa di Sant'Anastasia (suo è l'affresco di San Giorgio).
La fase successiva vide come protagonisti Giorgione, Tiziano, Sebastiano del Piombo e Lorenzo Lotto. Se nella prima fase, con Carpaccio e Bellini, le influenze della pittura internazionale furono ancora evidenti e i riferimenti all'arte fiamminga numerosi, con Giorgione e Tiziano incominciò un nuovo modo di fare pittura, originale e innovativo, che caratterizzò i pittori della scuola veneta rispetto ad altre tradizioni. Giorgione, artista enigmatico per le sue opere piene di allegorie, creò le sue opere senza partire da un disegno preparatorio ma utilizzando il colore a macchie per trasmettere la sensazione dell'immagine. Questa innovazione cercava l'imitazione dei fenomeni naturali creando delle atmosfere con i colori e mettendo in secondo piano la ricerca della perfezione figurativa. Una delle sue opere più celebri, la Tempesta (1506-1508), oggi nelle Gallerie dell'Accademia a Venezia, è un esempio di questo uso del colore, in cui l'impasto cromatico indefinito e la trama continua della pittura priva di disegno preparatorio conferiscono all'opera un'atmosfera particolare. Tiziano, bellunese nato a Pieve di Cadore, portò avanti l'uso di questa tecnica pittorica senza disegno, creando capolavori come l'Assunta (1516-1518), pala d'altare dalle dimensioni imponenti visibile sull'altare principale della basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia; un'opera la cui suggestione è dovuta all'uso del colore in cui predominano toni accesi.
Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1518-1594) riprende il manierismo romano ma lo rielabora in uso tipicamente veneto del colore, accentuando il luminismo e dando alle proprie opere delle prospettive insolite, a volte vere e proprie deformazioni prospettiche, con lo scopo di accrescere il senso di tensione che permea l'opera. Palazzi e chiese di Venezia sono pieni di capolavori firmati da Tintoretto, ma vanno citati senza dubbio i 66 dipinti presenti nella Scuola Grande di San Rocco e l'Ultima Cena nella chiesa di San Giorgio. Paolo Caliari detto il Veronese (1528-1588), con opere che celebravano la vita di Venezia, si dedica a opere civili come palazzi e case di nobili veneziani. Sue furono parte della decorazione di Palazzo Ducale e la decorazione di numerose ville palladiane, tra cui Villa Barbaro. Jacopo da Ponte detto Bassano (1517-1592) rinnovò l'arte figurativa lagunare pur essendo un artista dell'entroterra, grazie all'introduzione di immagini prese dalla vita reale, arricchiti da un tocco drammatico e intenso.
Andrea Palladio, divenuto il proto (architetto capo) della Repubblica di Venezia, è l'architetto più famoso nel mondo e una delle figure più influenti nella storia dell'architettura. Nato nel 1508 a Padova e morto nel 1580, si trasferì in gioventù a Vicenza, dove visse e operò. Tra le sue architetture si ricordano anzitutto le numerose ville, dislocate nella campagna tra le province di Vicenza, Padova e Treviso e le chiese veneziane di San Giorgio, quella del Redentore, e delle Zitelle, nell'isola della Giudecca. I suoi palazzi sono situati quasi esclusivamente a Vicenza, dove ha lasciato i suoi capolavori assoluti.
L'architettura palladiana riprende i motivi dell'architettura classica romana, nelle ville che richiamano le forme del tempio, creando capolavori quali Villa Emo, Villa Barbaro, Villa Almerico Capra, Villa Foscari detta la Malcontenta. A questa estetica, anticipatrice del neoclassico, corrisponde una rigorosa ricerca della funzionalità che doveva avere una villa di campagna, nella quale il corpo centrale, abitazione del proprietario, deve consentire il controllo sulle attività produttive della campagna circostante, strutturando le parti funzionali, come le barchesse, a ridosso del corpo centrale. Nel caso di villa Badoer, la barchessa, formata da un ampio colonnato circolare, racchiude l'aia antistante la facciata della villa, permettendo così di creare uno spazio che richiama l'idea antica del foro romano, e portando tutte le attività della campagna a gravitare davanti alla villa stessa.
La ricerca stilistica di Palladio ha dato vita a un movimento architettonico, il palladianesimo, che ha avuto grande seguito nei tre secoli successivi, ispirando altri architetti, alcuni dei quali suoi allievi diretti, tra cui Vincenzo Scamozzi, che dopo la morte del maestro ne completò alcune opere, tra cui anzitutto il Teatro Olimpico a Vicenza.
Nel Settecento la scuola veneziana può contare su numerosissimi artisti: i pittori Giambattista Tiepolo, suo figlio Giandomenico, Giovanni Battista Piazzetta, Pietro Longhi, Marco e Sebastiano Ricci, Nicolò Bambini, Sebastiano Bombelli, Giovanni Antonio Fumiani, Gaspare Diziani, il pittore d'architetture Girolamo Mengozzi Colonna, la pittrice Rosalba Carriera; gli scultori Morlaiter, Filippo Parodi, Bernardi Torretti e suo nipote Giuseppe Torretto; gli architetti Gerolamo Frigimelica, Giorgio Massari, Giovanni Scalfarotto, Tommaso Temanza; il vedutista Gianantonio Canal più noto come Canaletto, l'intagliatore Andrea Brustolon, i commediografi Carlo Goldoni e Gasparo Gozzi, i poeti Alessandro Labia e Giorgio Baffo, i compositori Benedetto Marcello e Antonio Vivaldi. In seguito, sul finire della repubblica, emerge Antonio Canova.
Con Giambattista Tiepolo (1696-1770) la prospettiva assume un ruolo centrale nella rappresentazione, non per dare enfasi alla tensione dell'immagine, ma solo per dare un impatto teatrale alle figure. Con Tiepolo, infatti, la prospettiva viene forzata fin oltre i limiti usuali, dipingendo sui soffitti figure riprese dal basso in un movimento che le rende spettacolari.
Altro elemento caratteristico dell'arte veneta è il vedutismo, che vede in Canaletto (1697-1768) e in Francesco Guardi (1712-1793) le due figure di spicco. Il Canaletto ricorre a studi prospettici rigorosi cercando di rendere quasi “fotograficamente” la realtà, modellando i colori per accentuare la vitalità dell'immagine. Francesco Guardi cerca invece un taglio più soggettivo e meno preciso, cercando di comunicare un'emozione.
Antonio Canova è il maggiore scultore del suo tempo in Europa. Nato a Possagno, elabora l'arte classica diventando il riferimento del neoclassicismo. Il tempio di Possagno, da lui stesso progettato, è l'emblema dell'architettura neoclassica, mentre nella gipsoteca, un tempo casa del Canova, si conservano i calchi delle opere più famose che si trovano nei vari musei del mondo, data la sua fama che si impose a livello internazionale. Tra le opere più importanti Amore e Psiche giacenti e il Monumento funerario per Maria Cristina d'Austria.
Venendo a mancare un centro principale dopo la caduta della Serenissima, ogni città ha declinato l'arte secondo varianti proprie e modelli specifici. Importante fu, tuttavia, il ruolo dell'Accademia di belle arti di Venezia, che seppe attrarre numerosi artisti giovani dal territorio circostante.
Tra i numerosi artisti Guglielmo Ciardi, che riprende l'esperienza dei macchiaioli unendola al colorismo tipico della scuola classica veneta, facendo emergere dai suoi quadri una essenzialità cromatica; Giacomo Favretto: anch'egli, come Ciardi, valorizza il colorismo, talvolta in modo molto accentuato; Federico Zandomeneghi, pittore che si discosta dalla tradizione del colorismo veneto, per avventurarsi in uno stile di stampo impressionista tipicamente francese; Luigi Nono, che nelle sue opere giunge a esiti veristi, anche se, oltre alla pittura di scene di genere, si impone per ritratti di raffinata descrizione psicologica.
Molti gli eventi che animano la vita culturale della regione, alcuni dei quali anche di richiamo internazionale. Fra tutti, vanno segnalati i seguenti:
Diverse città organizzano il palio, tra cui vale la pena citare:
Si svolgono numerosi festival o eventi legati al cinema, tra cui:
Veneto Film Festival, rete di festival cinematografici che hanno luogo nella regione, tra cui:
La presenza di zone umide molto importanti, quali il Delta del Po, e la presenza di numerosi fiumi e corsi d'acqua hanno permesso la coltivazione di moltissime specie vegetali. Inoltre, la varietà di terreni e di altitudini, hanno reso possibile la diversificazione delle colture.
Alcune delle produzioni tradizionali regionali:
Il contributo delle culture con le quali, storicamente, la Repubblica di Venezia entrò in contatto, è evidente anche nella tradizione culinaria della regione. Infatti, la presenza di elementi provenienti da culture del Medio e dell'Estremo Oriente si può riscontrare sia nei piatti veneziani sia in quelli regionali. Tuttavia, va evidenziata la differenza tra zone montane, zone di pianura e zone costiere, dove la diversità di prodotti offerti dall'agricoltura o dalla pesca ha determinato una diversità anche culinaria, prediligendo piatti a base di carne e formaggi nelle zone montane, ortaggi, carni suine e ovine in pianura, piatti di pesce nelle zone costiere e dei laghi, o nelle campagne ricche di canali e risaie.
I piatti tipici più apprezzati:
Tra i liquori veneti più caratteristici ci sono:
Tra i vini veneti più famosi vanno ricordati i seguenti:
Nel calcio a rappresentare il Veneto nei campionati di vertice vi sono l'Hellas Verona e il Venezia FC in quello maschile e Verona Women in quello femminile.
Degne di nota sono anche le formazioni maschili del Cittadella nella serie cadetta e Virtus Verona, L.R. Vicenza (vincitore di 1 Coppa Italia), Padova e Arzignano in serie C e quelle femminili di Padova e Vittorio Veneto che militano nella Serie C. Il Chievo ha disputato per 17 anni il campionato di massima serie qualificandosi anche alla Champions League tuttavia, a seguito del fallimento del 2021, adesso partecipa alla Serie D.
Nella pallacanestro a rappresentare il Veneto nei campionati di vertice ci sono la Reyer Venezia Treviso e Verona nella massima serie maschile e Schio, San Martino di Lupari e Reyer Venezia Femminile nella massima serie femminile.
Di nota è anche la formazione di Padova (oggi attiva solo a livello giovanile), Vicenza che in passato hanno militato in massima serie e Verona che ha vinto la Coppa Korac nel 1998
Nella pallavolo a rappresentare il Veneto nei campionati di vertice ci sono Padova e Verona nel campionato maschile e Conegliano in quello femminile.
Nel rugby a rappresentare il Veneto nei campionati di vertice ci sono Treviso, Padova, Rovigo, Mogliano e Vicenza.
Nel calcio a 5 sono dieci gli scudetti conquistati da compagini venete: sei dalla Luparense (San Martino di Lupari), due ciascuno dall'Arzignano e dalla Marca Futsal (Castelfranco Veneto).
Anche il football americano con le squadre di Padova e Verona il baseball con Padova e l'hockey su ghiaccio con Cortina, Asiago e Alleghe, sono presenti in Veneto.
Il Veneto è stata inoltre la prima regione italiana ad aver ospitato le Olimpiadi, in quanto nel 1956 vi sono stati realizzati i VII Giochi olimpici invernali a Cortina d'Ampezzo.
Diffuso è lo sci alpino su tutte le Dolomiti Bellunesi e oltre con importanti stazioni sciistiche tra le quali Cortina d'Ampezzo, Alleghe, Altopiano dei Sette Comuni, Monte Baldo, Nevegal, Arabba, Malga Ciapela.
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