Caorle
comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Caorle (IPA: [ˈkaorle][6]; Càorle in veneto) è un comune italiano di 11 077 abitanti[1] della città metropolitana di Venezia in Veneto, situato tra le foci dei fiumi Livenza e Lemene, che si affaccia sul Mare Adriatico a nord est della laguna di Caorle fra le località turistiche di Eraclea e di Bibione. Nel 2017, Caorle è stata inserita nel novero dei Borghi storici marinari d'Italia[7]. È uno dei comuni italiani insigniti dei riconoscimenti Bandiera Blu e Spighe Verdi della FEE.
Caorle registra ogni anno circa 4,4 milioni di presenze ufficiali, cifre che la collocano al nono posto assoluto in Italia fra le destinazioni turistiche.[8]
Il comune di Caorle si affaccia per 18 chilometri di litorale sul mare Adriatico, ma comprende una serie di frazioni nell'entroterra, confinando a nord con i comuni di Portogruaro, Concordia Sagittaria, San Stino di Livenza e Torre di Mosto; ad est si trova il comune di San Michele al Tagliamento, mentre a sud-ovest il comune di Eraclea. Con i suoi 153,84 chilometri quadrati di superficie, il comune di Caorle è il terzo comune per estensione della città metropolitana, dopo lo stesso capoluogo di Venezia e il comune di Chioggia[9].
«Ebbe ella varj nomi, come rivelasi da' Cronicisti, e Storici, che per incidenza d'essa trattarono. Sylva Caprulana, Capritana, Caprensis. Insula Capriae, Caprulae, Capraia, Capitrana. Ægida. Petronia. Il più adottato al presente è quello di Caorle. Ella è una delle Isole della marittima Veneta Riviera, come ne fa menzione il N. V. Giovan Zuliani citato dal Gallicioli. Il Sagorino la nomina terza fra le dodici Venete Isole delle Lacune, dalle quali la rinomata Repubblica di Venezia trasse la sua origine.»
Come riportano diversi autori, a partire dal Bottani[10], il nome Caorle deriva dalla denominazione Sylva Caprulana. Tal nome viene associato ai boschi presenti nell'antica isola di Caorle, come ne sorgevano di numerosi in tutta la Venezia marittima (documentati da diversi autori), e dalla presenza di capre selvatiche che vi pascolavano (il termine latino Caprulae venne poi volgarizzato in Cavorle e quindi Caorle). Sempre il Bottani, notando come questo animale fosse diffuso nell'Europa più antica, associa la toponomastica di Caorle a quella di diverse altre città sorte in Italia, quali Capri, Caprea, Caprasia, Capraria. Scartando il nome di Ægida, che il Bottani ritiene associato per errore a Caorle, mentre in realtà sarebbe proprio di Capodistria, il nome di Petronia (o in vulgo Bella Petronia) sembra avere un certo fondamento storico: Caorle, infatti, era attraversata dalla via Emilia, dal nome del console Marco Emilio Lepido, alla cui famiglia apparteneva Quinto Petronio Didio Severo, padre di Didio Giuliano, uno dei tre imperatori di Roma nell'anno 193[10].
Recenti rinvenimenti nell'area della frazione di San Gaetano, commissionati dalla Soprintendenza ai beni Archeologici del Veneto nel 1994, hanno portato alla luce i resti di un antico insediamento paleoveneto, risalente alla tarda età del bronzo[11].
«Queste lagune empieronsi di gente venuta dalla vicina Concordia e dal non lontano Opitergio, non che da tutto il Friuli, e parte dal Trevigiano. Sopra uno de' lidi esterni accrebbero que' fuggiaschi le abitazioni che da prima al commercio di Concordia avean servito, e forse anche di quartieri a parte della flotta romana, onde ne sorse una città che Caprila, indi Caorle fu detta. Ella […] ebbe Vescovo prima di ogni altra isola veneziana dal Pontefice S. Gregorio verso il 598. […] Le contese di religione […] accrebbero nel VI secolo Caprula che florida si mantenne per molte età con il commercio marittimo e fluviale.»
Tuttavia le prime fonti storiche riguardo all'abitato di Caorle risalgono al 238 a.C., come sbocco sul mare della vicina città di Julia Concordia, in quello all'epoca chiamato portus Romatinum[10][12], dal nome antico dato al fiume Lemene[13]. Ciò è testimoniato da numerosi ritrovamenti di epoca romana, come ad esempio l'"ara Licovia", altare sacrificale custodito ora nel duomo e numerosi altri ritrovamenti archeologici relativi alla famiglia romana dei Licovi[10][13]. Tuttavia, secondo Plinio il Vecchio, un altro porto era presente nel territorio di Caorle, chiamato portus Liquaentiae, alle foci del Livenza[14]. Una recente ricerca del 2023 posiziona la foce arcaica del fiume Livenza (ovvero del suo ramo "Livenza Morta") e quindi l'accesso al porto presso Porto Santa Margherita [ref. I Segreti di Porto Liquentia, 2023, Youcanprint].
La città cresce e diventa importante in seguito alle invasioni barbariche, in special modo ad opera dei Goti, dei Tartari e degli Unni[10][13]. Ciò spinse le popolazioni che abitavano gli insediamenti romani di Concordia, Opitergium, parte del Friuli e del trevigiano a rifugiarsi verso la costa. Fu in quel momento che la regione compresa tra le foci del Lemene e del Livenza fu chiamata Caorle, così come gli aquileiesi diedero vita all'abitato di Grado. Fu quello il periodo in cui Caorle che divenne sede vescovile e fu sede di intensi scambi commerciali e marittimi. Una testimonianza di tutto ciò sono i resti di un'antica basilica paleocristiana rinvenuti nei pressi dell'attuale cattedrale, risalente all'XI secolo, conservati tuttora all'interno del duomo, nel museo annesso e nei giardini della canonica.
Il periodo di massimo splendore della città di Caorle è da porsi tra il 452, quando gli Unni distrussero la città di Aquileia e il 1290[10]. Secondo il Bottani, fu in questo periodo di prosperità che gli abitanti caprulani, per il continuo arrivo di popolazioni dall'entroterra che si rifugiavano dalle invasioni dei barbari, si diedero una forma di governo repubblicana, con a capo dei consoli, presto sostituiti con dei tribuni eletti da ciascuna isola. Questa stessa forma fu poi esportata in tutta la Venezia marittima, che in questi anni si stava popolando, arrivando fino all'isola di Rialto, da cui poi nacque la Repubblica di Venezia.
Secondo il Filiasi[13] e in accordo con il Bottani, durante questi anni i terreni di Caorle erano fiorenti e dedicati alla coltura della frutta e specialmente dell'olivo. Oltre che i prodotti della terra, Caorle era in una posizione predominante per i commerci di legna (a testimonianza delle preesistente selve), pelli, selvaggina e sale, nonché del «pesce, che abbonda ed è saporitissimo nelle contigue lagune»[13]. Anche i dogi di Venezia si recavano spesso in visita nelle terre di Caorle in questo periodo, come ricorda il Filiasi nelle sue Memorie storiche: alcuni cittadini erano addetti a preparare delle barche dal fondo piatto e delle altre coperte, delle gondole e delle peote allo scopo di scortare i Dogi nelle pertinenze dell'abitato caprulano o nel viaggio verso le selve tra Caorle e Grado, per le battute di caccia; altri ancora, come servi della gleba, dovevano «coltivare il terreno, provvedere il ducal palazzo di legna e di altre cose […] coll'obbligo di servire il principe alla caccia ec.»[13].
Trino Bottani cita una missiva datata 538 di Cassiodoro Senatore rivolta ai tribuni marittimi, ossia delle città di Caorle e Grado, lodando le abilità navali delle genti della Venezia marittima[10]. Lo stesso storico caorlotto riporta che la città di Caorle era molto popolata in quegli anni, citando Andrea Dandolo; agli oltre tremila rifugiati concordiesi, si aggiunsero molti abitanti della regione del trevigiano.
Nel periodo del suo apice, Caorle era contornata da un fossato e da una doppia cinta muraria, arricchita da diversi torrioni[15]. La città era costituita da numerosi porti, citati anche dall'imperatore Costantino VII Porfirogenito nel suo De administrando imperio, e diverse borgate. Sul fiume Livenza il dominio di Caorle, secondo il Filiasi, si estendeva fino al Porto Settimo, situato verso l'entroterra ed individuato come Porto Buffoleto[13], mentre verso la foce si trovava il Porto Villano, o Porto di S. Croce[10]. In entrambi vi erano dei luogotenenti, o dei Gastaldi, del Doge e del vescovo di Ceneda, per supervisionare i commerci. Dal lato nord della laguna si trovava invece il Porto Romatino, sul fiume Lemene, presente fin dall'epoca romana. In questo porto, nel 1489, fece naufragio la flotta della regina di Cipro Caterina Corner, mentre da Cipro si recava a Venezia[16] (per il salvataggio dei caorlotti in quell'episodio fu donata al duomo la pala d'oro). Nei pressi di questo porto si trovavano le due borgate di Baseleghe e Demortolo, insieme a un castello, citato nella missiva di papa Gregorio Magno del 598[16][17] e probabilmente situato nell'odierna località di Castello di Brussa. Oltre ai suddetti porti, il Filiasi e il Bottani riportano anche i nomi di altri porti minori, detti in genere Lidi di Caorle, ossia il Porto di lido Altanea, il Porto della Madonna dell'Angelo ed il Porto di Santa Margherita. Quest'ultimo, come riporta concordemente anche il Bottani, era chiamato anche il Porto delle donzelle.
Infine, fu sempre in questo periodo di massimo splendore che venne edificata l'attuale cattedrale, secondo il Filiasi e le sue fonti nel 1038[13], ricostruendo l'antica costruzione che doveva accogliere i vescovi precedentemente.
Un curioso avvenimento storico di questo periodo lega la città di Caorle alla nascente Repubblica di Venezia. Questo risale al X-XI secolo, dal quale ebbe origine la cosiddetta Festa delle Marie, che ancora attualmente si rievoca durante il Carnevale di Venezia. L'episodio viene così raccontato dal Bottani nella sua Storia:
«I primi cittadini di Venezia accostumavano di celebrare li matrimonj nella Chiesa Cattedrale di Olivolo ossia di Castello nella Vigilia della Purificazione di Maria, cioè al primo Febbraro di ogn'anno. […] Le spose circondate da' loro genitori venivano presentate, e consegnate agli sposi loro con quella porzione di danaro, e di ricchi effetti, che costituivano la loro dote, e che solevano racchiudere in alcune cassette. I pirati Slavi, e Triestini, che non ignoravano questa cerimonia, sempre pronti a coglier vantaggj da' loro progetti di rapina si diedero a concertare i mezzi di mettersi in possesso con un Ratto strepitoso e delle ricchezze, e delle donzelle. Per riuscire in questo loro rapace divisamento s'appiattarono essi fortemente armati nella notte precedente la vigilia del giorno della Purificazione in Olivolo, e colta l'opportunità, che il favore della circostanza esibiva loro, tolsero con ardito colpo di mano e spose, e bottino, e commettendosi rapidi sulle loro leggiere barchette alle Lacune si diedero a pronta fuga. […] Il Doge, gli sposi, i genitori, i parenti, e giovani tutti insultati, e sdegnosi si diedero alle acque, e seguirono le traccie de' rapitori […]. Col favore di questo pronto energico ripiego i nostri bravi Veneziani colsero que' ladroni nel Porto di S. Margherita, ove occupati a dividere la bella e ricca preda, tenendosi mal a proposito sicuri del loro furto sembravano dimentichi del rischio a cui trovavansi esposti […]. Il Doge mettendo a profitto l'ardore de' suoi, e quello degli abitanti di questa città, affrontò vigorosamente i pirati, e con una compiuta vittoria lavò nel loro sangue l'insulto, e l'orrore di un tentativo, che offendeva in sì dilicato argomento l'onore de' suoi nazionali.»
Marc-Antoine Laugier, nella sua Storia della Repubblica di Venezia, riporta l'incertezza con la quale questo episodio sia stato attribuito al periodo dei dogi Pietro II Candiano, Pietro III Candiano oppure Pietro Polani[18]. Le cronache, in particolare, vedono la morte di quest'ultimo legata al territorio di Caorle: secondo alcuni[19] morì a Caorle nel 1147 mentre stava organizzando una spedizione contro i Normanni; secondo altre fonti storiche[20] fu prima ricondotto da Caorle a Venezia gravemente debilitato.
«Ma le guerre poi insorte co' Longobardi, indi co' Franchi, in seguito cogli Ungari e co' Patriarchi della vecchia Aquileja, non che le scorrerie de' Saracini e degli Slavi-Croati, poi de' Trevigiani nel 1290 e de' Genovesi nel 1380 alla fine la ridussero meschina. […] Per accrescerne il danno l'aria vi si fece grave e morbosa per l'impaludar de' vicini fiumi, e il mare ne corrose e ne sommerse i lidi […], per cui rovinate rimasero e sommerse molte delle fabbriche stesse della città. Non è gran tempo che in mare tranquillo sott'acqua vedeansi rovine di fabbriche. Picciola ora pertanto esiste Caorle da industriosi pescatori quasi solo abitata, molte famiglie de' quali vantano per altro illustri cognomi.»
Sul finire del XIII secolo si aprì per Caorle la stagione più funesta della sua storia. In realtà, come attestano diversi autori[21], già a partire dalla fine del XII secolo molte delle famiglie nobili caprulane cominciarono a trasferirsi a Venezia per poter prendere parte alla vita politica di quella città. Citano Gusso e Gandolfo[17] alcuni contratti, datati 1197 e 1198, in cui si attesta che la famiglia Ziani, che diede alla Serenissima i due dogi Sebastiano e Pietro era originaria di Caorle. Tuttavia, come afferma il Filiasi, il vero declino di Caorle è da legarsi alle guerre che la stessa Repubblica di Venezia aveva intrapreso dapprima con il patriarcato di Aquileia e poi con i genovesi, dal momento che la posizione rispetto alla città di Venezia poneva Caorle ad essere il primo bersaglio (insieme a Grado) delle incursioni nemiche.
Nel 1290, infatti, al termine della guerra tra Venezia ed Aquileia, Caorle subì un violento saccheggio e finì incendiata dai pirati triestini[22]. Tra il 1379 e il 1381 Caorle fu dapprima conquistata dai genovesi capitanati da Luciano, Ambrogio e Pietro Doria e fatta passare, in spregio alla precedente vittoria veneziana, sotto il dominio del patriarcato di Aquileia, quindi rasa al suolo e bruciata nuovamente[23]. Infine, l'ultimo e devastante saccheggio fu subito nel 1387, quando l'arcidiacono Simone de' Gavardi, originario di Capodistria e di stanza a Santo Stem conquistò quel che rimaneva di Caorle facendo molti prigionieri, tanto che, come raccontano le cronache, rimase disabitata per alcuni anni[23]. Per primi Gusso e Gandolfo associarono a questo episodio il graffito presente nel duomo di Caorle (presso il presbiterio dell'abside centrale, parete destra), che principia appunto con la data 1387[17].
In realtà di molte altre incursioni fu oggetto la città di Caorle, specialmente ad opera del patriarcato di Aquileia, fino a circa la metà del XV secolo, quando il doge Tommaso Mocenigo vinse definitivamente la guerra contro le truppe friulane.
La storia della città di Caorle successiva al terribile periodo delle incursioni friulane e genovesi è essenzialmente quella di una città povera rispetto ai fasti del passato, abitata per lo più da pescatori. Tuttavia, un iniziale recupero di prestigio sembra attuarsi dalla metà del XVI fino alla metà del XVII secolo, come raccontano sia il Bottani che il Filiasi. Il governo della città non era cambiato rispetto a quello del periodo di più alto splendore. La città era retta da un podestà, che esercitava il potere da parte del doge, e da un consiglio di cittadini diviso in due ceti, il Maggior arengo, cui partecipavano sia i cittadini di famiglia nobile che i più poveri, ed il Minor arengo, ristretto ai soli nobili. Le notizie di uno scontro, avvenuto nel 1578, sono riportate dal Filiasi, le quali narrano del tentativo da parte del ceto più povero di entrare a far parte del Minor arengo. Il numero degli abitanti sembra variare molto nel corso di questi anni. Da una città praticamente disabitata, al termine della guerra dei veneziani contro il patriarcato di Aquileia, si passa ai circa 1 500 abitanti censiti da Leonardo Donato[17] nel 1593, fino ai 4000 censiti dal Coronelli nel 1675[15].
Fino alla metà del 1600, i rapporti commerciali di Caorle con l'Istria via mare e con Portogruaro via fiume, garantirono a Caorle una degna sussistenza[17]. Anche i rapporti di sudditanza con la Repubblica di Venezia si mantennero ottimi, come testimonia l'atto del Privilegio delle Acque firmato dal doge Francesco Foscari, che concedeva il diritto di pesca e di caccia in tutto il territorio della laguna dietro il pagamento di commissioni adeguate alle possibilità della città.
Le cose, tuttavia, cambiarono drasticamente a cominciare dalla metà del XVII secolo, quando, come racconta il Filiasi, fu deciso dal governo della Serenissima di deviare il corso del Piave, per gli ingenti problemi di interrimento provocati presso il porto di San Nicolò che ne riducevano la navigabilità, portandolo a sfociare presso il Porto di Santa Margherita[24]. L'imponente lavoro idraulico prevedeva lo stravolgimento della geografia portuale della laguna di Caorle, con la bonifica di parte dei territori compresi tra Livenza e Lemene. Fu in quell'occasione che il senato decise, il 29 agosto 1642 di confiscare l'intero territorio della laguna alla città di Caorle, dividendolo in venti ampi appezzamenti di terreno (detti «prese») da vendere a nobili famiglie veneziane, interrando i canali di accesso alla città (raggiungibile a quel punto soltanto attraverso il mare) e rendendo praticamente impossibili gli approvvigionamenti per la popolazione[25].
Questa congiunzione politica e ambientale portò ad un nuovo, progressivo spopolamento della città: come attesta il Bottani, la popolazione raggiungeva le 2 576 unità nel 1708, era scesa a 2400 nel 1718, prima di crollare a sole 1 350 unità nel 1742[10]. Questo potrebbe essere legato ad un episodio che le cronache registrano il 31 dicembre 1727, ossia un'imponente inondazione avvenuta nel territorio caprulano in seguito ad intenso sciroccale, episodio particolarmente noto e tramandato da parte dei caorlotti, poiché coinvolge la storia di uno dei miracoli operati dalla Madonna dell'Angelo, come attestano due lapidi ancora oggi affisse presso il portone d'ingresso del Santuario a lei dedicato. Non è un caso che a Lei la popolazione si rivolse, guidata dall'allora vescovo Francesco Trevisan Suarez, il 25 febbraio 1741 per implorare che il doge ed il senato della Serenissima tornassero sui loro passi e riconcedessero gli antichi privilegi soppressi un secolo prima. Proprio in quell'anno la Repubblica, accogliendo la richiesta del Maggiore e del Minore arengo, restituì a Caorle le concessioni tolte precedentemente, sebbene soltanto per la sedicesima delle prese confiscate (ma comunque un territorio di circa 10 000 ettari)[16]. Il 4 febbraio 1742 il vescovo Suarez fissò la festa annuale per sciogliere il voto la domenica nell'ottava della Natività della Beata Vergine Maria, successivamente spostata alla seconda domenica di luglio dal patriarca Giuseppe Luigi Trevisanato il 7 luglio 1864[16]. Ancora oggi si celebra annualmente a Caorle la festa dedicata alla Madonna dell'Angelo, ricordando l'intervento della Santa Vergine a tutela della città. Alcuni interventi ulteriori sui canali lagunari e cittadini furono inoltre stanziati dal senato negli anni successivi[17]. La rinnovata concessione portò anche un nuovo aumento della popolazione cittadina a 3 412 abitanti, come attestato nel 1760[10].
Nel 1797, la vittoria delle truppe di Napoleone Bonaparte determinava la caduta della Repubblica di Venezia. La città di Caorle fu inizialmente resa Municipalità Provvisoria, mentre i soldati francesi razziarono gran parte dei beni materiali posseduti dai nobili residenti in città, comprese alcune suppellettili sacre appartenute al tesoro della cattedrale[16]. Il dominio francese dovette restare particolarmente impresso nelle menti dei caorlotti, a causa della loro efferatezza, tanto che il vescovo dell'epoca, Giuseppe Maria Peruzzi, durante il breve interregno austriaco (1798-1805) si scagliò con particolare veemenza contro Napoleone, schierandosi apertamente con l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe[16][26]. Fu forse questo a spingere il governo francese, tornato a dominare il nord Italia dopo la battaglia di Austerlitz, a sopprimere la diocesi di Caorle e traslare il vescovo Peruzzi alla sede di Chioggia l'11 gennaio 1809. Certo è che, con il ritorno degli austriaci dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, la soppressione della diocesi venne definitivamente rarificata da papa Pio VII con la bolla De salute Dominici gregis, il 1º maggio 1818[16][17], che ne assoggettava il territorio al patriarcato di Venezia.
In effetti, come racconta il Bottani, la popolazione della città durante le traverse vicende franco-austriache era andata incontro ad un ulteriore, progressivo deterioramento, che ne aveva portato gli abitanti a sole 1 475 unità (di cui solo 682 nel capoluogo) nel 1811 (anno in cui il Bottani dà alle stampe il suo Saggio di Storia della Città di Caorle), e quei pochi abitanti erano continuamente vessati dalle malattie che infestavano le circostanti paludi[10]. Non deve quindi stupire che la diocesi sia stata soppressa, insieme alla diocesi di Torcello, con il motivo della povertà dei luoghi e dello scarso numero di abitanti.
A partire dalla metà dell'ottocento, Caorle, almeno per quanto riguarda le zone immediatamente attigue all'abitato principale, fu oggetto di un'imponente opera di bonifica ad opera delle Assicurazioni Generali, che avevano acquisito i territori della terza e quarta presa appartenuti alla nobile famiglia veneziana dei Corniani (oggi Ca' Corniani). Fu quella la prima opera di bonifica in Veneto effettuata da privati[27]. Terminata la bonifica, il territorio fu caratterizzato dalla presenza di un'importante azienda agricola, che richiamò numerosi abitanti, anche dal capoluogo, a convertirsi dall'attività della pesca a quella dell'agricoltura. In quel periodo, e fino agli anni cinquanta del XX secolo, il territorio di Ca' Corniani fu oggetto di un denso ripopolamento, che portò la popolazione a circa 1 500 unità.
Il XX secolo è anche per Caorle il secolo delle grandi guerre. In particolare, benché mantenuta complessivamente al riparo dal fronte, la vita lagunare si infiamma dopo la disfatta di Caporetto, diventando territorio strategico per il fronte che combatteva sul Piave, mentre molti degli abitanti furono costretti a rifugiarsi verso il Sud Italia. Durante gli ultimi anni di guerra, quando Caorle conobbe nuovamente l'occupazione straniera, i soldati austriaci requisirono le quattro campane del campanile, il cui metallo fuso risultò utile per l'artiglieria[16], e trasformarono lo stesso campanile in una postazione di tiro, come testimoniano le vecchie fotografie dell'immediato primo dopoguerra[17]. Tuttavia, nell'ultima offensiva del 1918 anche i caorlotti si fecero onore, tanto che il cittadino Giorgio Romiati fondò l'associazione Giovane Italia, insignita della medaglia d'argento al valor militare dopo la vittoria di novembre. Inoltre, non a caso una delle sezioni del Battaglione San Marco si chiamava proprio Battaglione "Caorle", il quale, insieme col Battaglione "Bafile", ebbe un ruolo importante nella battaglia di liberazione sul Piave[16]. Al termine della guerra, nel 1919 i cannoni requisiti agli austriaci vennero nuovamente fusi per ridonare al campanile tre campane, come recitano le iscrizioni presenti sulle attuali campane mezzana e maggiore:
«ASPORTATA DAL NEMICO NEL 1918
RIFUSA COL BOTTINO DELLA VITTORIA NEL 1919»
«ME FREGIT FUROR HOSTIS AT HOSTIS AB AERE REVIXI ITALIAM CLARA VOCE DEUMQUE CANENS»
Durante il ventennio fascista, Caorle subì un primo sostanziale ripopolamento, a seguito di imponenti interventi di ricostruzione degli edifici danneggiati durante il primo conflitto mondiale. Una testimonianza di quell'epoca è la Casa del Fascio, edificata accanto al duomo in piazza Vescovado in stile misto razionalista e classico. Tuttavia, durante il Secondo conflitto mondiale, grave fu il peso dell'occupazione nazista seguita all'armistizio dell'8 settembre, quando i tedeschi arrivarono a minacciare di allagare, per motivi strategici, tutto il litorale per una profondità di 10 chilometri. Mentre il ricollocamento degli abitanti sfollati presso Vicenza era già stato stabilito, il parroco mons. Felice Marchesan ed il futuro vescovo di Trento, il sacerdote veneziano Alessandro Maria Gottardi invano si rivolgevano al comando tedesco, implorando di revocare l'ordine. Allora, con la memoria all'antico affidamento dei caorlotti alla Madonna dell'Angelo che due secoli prima aveva smosso l'irremovibilità del senato veneziano, il popolo ancora si riunì ai piedi della Santa Vergine il 2 gennaio 1944, per impetrare l'insperata grazia. Con sollievo, l'allarme rientrò e, per sciogliere il voto, il Santuario venne completamente rinnovato, dopo l'analogo intervento compiuto per volontà del vescovo Francesco Trevisan Suarez nel 1751. Ancor oggi i caorlotti, a memoria del voto emesso il 2 gennaio, celebrano una particolare ricorrenza, riunendosi presso la statua della Vergine.
Con la fine della seconda guerra mondiale, la popolazione di Caorle, come tutta la popolazione italiana, andò incontro ad un progressivo aumento, fino a raggiungere le 12 000 unità negli anni novanta del novecento, prima di conoscere una lieve flessione negli ultimissimi anni.
Con l'ulteriore bonifica dei tratti di terra compresi tra la foce del Livenza e l'abitato centrale, così come dalla punta della Madonna dell'Angelo al porto di Falconera, la città ha potuto estendersi fino ad assumere le dimensioni attuali.
L'economia del paese è andata via via modificandosi, con la diffusione del turismo balneare, passando dall'essere prevalentemente basata sulla pesca e sull'agricoltura ad essere essenzialmente incentrata verso il turismo. Tuttavia il centro cittadino mantiene l'originario impianto tipicamente veneziano, benché gli originali canali cittadini (il rio di mezzo, il rio delle Becarie e il rio di Castello) siano progressivamente stati interrati (formando gli attuali rio terà delle Botteghe, rio terà Riccardo Romiati, rio terà di Castello e via Roma).
Così come afferma lo storico monsignor Antonio Niero[5], il primo patrono in ordine cronologico della città di Caorle è da individuarsi in san Michele arcangelo. È infatti a lui che risale la prima chiesa dell'abitato cittadino di cui si abbia notizia nelle cronache storiche[10][16][17]. Inoltre, sottolinea Niero, la cronotassi dei vescovi di Caorle in Ughelli-Coleti[28] si apre in effetti con l'arcangelo San Michele.
Lo stemma stesso della cittadina veneziana, d'altra parte, riporta come figura principale l'Arcangelo sin dai tempi più antichi. Il Bottani[10], nel suo Saggio di storia della città di Caorle, così lo descrive:
«Lo stemma della Città di Caorle è rappresentato da un Torrione con merlatura Gotica in campo bianco-rosso a fascia. Sopra il Torrione v'è S. Michele alato con corazza, e sciarpa. Ha spada nella mano dritta, e le bilancie nella sinistra.»
Lo stesso stemma appare per altro scolpito sul bordo del fonte battesimale cinquecentesco e dipinto, a destra del rosone centrale, nella controfacciata della cattedrale, in un affresco datato XVI-XVII secolo[16][17] che riporta l'iscrizione «COMMVNITAS CAPRVLARVM». Infine il patrocinio del Santo Arcangelo sulla città di Caorle è testimoniato dalla lapide di consacrazione del Santuario della Madonna dell'Angelo, avvenuta l'8 agosto 1751 ad opera del vescovo Francesco Trevisan Suarez:
«D.O.M.
BEATISSIMÆ VIRGINI MARIÆ
AC DIVO MICHAELI ARCANGELO HVIVS CIVITATIS PAT.NO
TEMPLVM HOC VETVSTATE DIRRVTVM
FRA.SCI EPI.SPI PRÆSIDIO ET FIDELIVM ELEMOSINIS
DENVO A FVNDAMENTIS ERECTVM
ANNO MDCCLII»
Già Niero, riprendendo l'Ughelli-Coleti, cita come patrono, insieme a San Michele, Santo Stefano protomartire, quale patrono della cattedrale, a motivo della conservazione in essa dell'importante reliquia del cranio del santo. Si legge infatti nelle fonti[28]:
«Cathedralis Basilica invicto Protom. Stephano consecrata, […] sunt in ea sacrae reliquiae; caput Sancti Stephani Protomartyris, si vera traditio, brachium S. Margaritae, Giberti Confessoris, cuius festum 4 Februarii est & marmorea hydria, quam unam de iis esse fuerunt, in qua Dominus aquam in vinum convertit.»
Da qui si può anche convenire come gli altri principali compatroni della città fossero santa Margherita di Antiochia e san Gilberto di Sempringham: alla prima è pure dedicato il porto antico dove oggi sorge la frazione di Porto Santa Margherita e un rione dello stesso capoluogo, mentre il secondo è legato alla traslazione del corpo nella Venezia marittima, ed in particolare dalla chiesa di Altino, dove l'ultimo dei monaci dell'ordine da lui fondato si rifugiò[29].
A questi patroni si aggiunge, verso la fine del 1600, il nome di san Rocco, venerato in particolare per invocare la protezione contro una violenta epidemia di peste, come racconta il Bottani:
«Nell'anno 1686 vi fu in Caorle una terribile epidemia, per cui si fece dalla Città un voto solenne al detto Santo, e nello stesso anno si edificò l'Oratorio e Scuola di S. Rocco. Sin da quell'epoca nel giorno 16 agosto si solennizza la festa di S. Rocco, come tuttora la si continua ad onta che l'Oratorio stesso sia quasi demolito.»
Fino agli anni ottanta del secolo scorso si teneva infatti a Caorle il 16 agosto una solenne processione con la statua di San Rocco, proveniente dall'oratorio citato dal Bottani ed oggi custodita nel duomo. Oggi, sebbene ancora la pubblica amministrazione dichiari il giorno di vacanza in occasione della festa del compatrono[30], la festa è stata soppressa dall'autorità ecclesiastica.
Lo stemma e il gonfalone di Caorle sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 31 dicembre 1985.[31] Lo stemma rappresenta su campo d'argento, un castello di pietra, merlato alla guelfa, fondato sulla pianura d'azzurro e munito di tre torri, di cui la centrale, più alta, sostiene un angelo vestito di rosso, posto in maestà. Il gonfalone è un drappo partito di azzurro e di rosso.
Di particolare interesse il duomo del 1038 (già cattedrale e sede vescovile fino al 1807) e il campanile cilindrico e sormontato da cuspide conica, in stile romanico, della stessa epoca. Tra le opere custodite all'interno del tempio particolare interesse suscitano la Pala d'oro (secondo la tradizione donata alla popolazione dalla regina di Cipro, Caterina Corner), L'Ultima Cena attribuita a Gregorio Lazzarini e una particolare Pietà in legno dorato. L'annesso museo parrocchiale custodisce inoltre sei tavole raffiguranti apostoli del XIV secolo, di scuola veneta, una Croce Capitolare astile datata XIV secolo, il reliquiario del cranio di Santo Stefano Protomartire, patrono della città, e il Reliquiario del preziosissimo sangue, contenente, secondo la tradizione, terra sopra la quale passò Gesù sanguinante, oltre ad altre reliquie e arredi sacri.
Sulla costa si trova il Santuario della Madonna dell'Angelo, ricostruito nel XVIII secolo su una preesistente chiesa di pianta basilicale, e ristrutturato nel 1944. Da sempre meta di devoti pellegrini, conserva, sotto la volta affrescata, oltre alla stupenda statua lignea della Vergine col Bambino, l'altare maggiore barocco, proveniente dal duomo, e un rilievo dell'Arcangelo S. Michele, opera dello scultore Andrea dell'Aquila.
Ogni due anni si svolge il concorso "Scogliera viva", per il quale scultori di diverse nazionalità sono chiamati a decorare gli scogli del lungomare con sculture di gran pregio, ammirabili tutto l'anno[32].
Abitanti censiti
Al 31 dicembre 2015 gli stranieri residenti nel comune sono 1 039, ovvero l'8,90% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti[33]:
Quello parlato a Caorle è un dialetto molto vicino a quello veneziano, ma già nell'entroterra di alcune frazioni si sentono gli influssi del veneto centrale. Alcune forme, diffuse nei dialetti limitrofi, non sono presenti nel caorlotto: per esempio non compaiono vocali interdentali come la z (si dice xente e non zente); non vi è l'elisione dell'ultima vocale preceduta da consonanti fricative sibilanti (es.: non si pronuncia ades, la parola adesso rimane invariata oppure nella variante deso), né la sostituzione della vocale finale con la e (es. si dice ara che scherso in luogo di ara che scherze - guarda che scherzo), varianti queste molto diffuse nelle vicine Eraclea e San Stino; influssi tipicamente lagunari si sentono nella coniugazione del verbo essere (terza persona: (lu el) xe / (łori i) xe) a differenza di quanto accade appena fuori del territorio cittadino ((lu) l'é / (łori) jé); nelle frasi interrogative si riconosce la fusione tipica del veneziano più antico (es. gastu xà pensà? - Hai già pensato? - anche qui differenziandosi dalla forma prevalente nell'entroterra atu), riconoscibili tra l'altro anche nelle zone di Chioggia. In questo senso Caorle può essere considerata una sorta di enclave del dialetto veneziano, anche se priva della cadenza cantilenante tipica della Laguna. Va tenuto presente che la variante veneziana della lingua veneta era la lingua ufficiale della Serenissima Repubblica, di cui Caorle era la terza isola per grandezza (dopo Chioggia e la stessa Venezia). La stessa denominazione collettiva dei cittadini può essere esaminata dal punto di vista linguistico: sarebbe dovuta ad un influsso bizantino, che distingue le zone costiere da Ravenna (Ravennati) verso Rovigo (Rovigòti), Chioggia (Cioxòti) e Caorle (Caorlòti).
Numerosi sono gli eventi che riguardano la città di Caorle in diversi periodi dell'anno.
Il territorio cittadino è suddiviso in alcuni rioni: il centro storico, cuore della città, ha il suo fulcro nel duomo che, con il caratteristico campanile cilindrico domina la piazza Vescovado. Adiacente all'edificio sacro e alla casa canonica (ex palazzo vescovile), si trova un piccolo chiostro aperto al pubblico, ricavato con i restauri del 1999 ove sorgeva anticamente il posto di polizia locale, dove sono visibili alcuni lacerti di affresco che ornavano le pareti dell'oratorio di San Rocco. Di fronte al duomo sorge il centro civico, ex casa del fascio, dove ancora oggi si tengono le riunioni del consiglio comunale, oltre ad incontri culturali e mostre d'arte.
Dalla piazza del duomo si dirama un gran numero di calli che sfociano ora in campi e campielli secondari, ora nel principale Rio Terà. La calle principale, detta Calle lunga, attraversa lateralmente tutto il centro storico e rappresenta l'antico decumano massimo del vecchio abitato. All'apice estremo del centro storico, affacciato sul mare, si trova il Santuario della Madonna dell'Angelo, che un tempo fungeva anche da porto, come ancora testimonia il faro installato sul campanile di quella chiesa.
Di fronte al centro storico si trova il porto sul rio interno, l'unico rimasto tra i diversi canali che attraversavano anticamente la città. Il porto, usato per gli ormeggi della flotta di pescherecci di Caorle e disponibile anche per i privati, è collegato tramite il Canale saetta alla laguna di Caorle e alla foce del fiume Lemene, e tramite il Canale del Varoggio alla Darsena dell'Orologio e alla foce del fiume Livenza.
Verso sud-ovest, dalla via dedicata a sant'Andrea prende forma l'omonimo rione, una serie di strade con il nome di pesci, prodotti tipici del pescato locale. Sull'altra sponda del rio centrale, si ha invece il moderno rione Sansonessa, che ospita la zona industriale di Caorle. Ancora più a sud si estende il rione Santa Margherita, attraversato dal lungo viale Santa Margherita, un tempo coperto da dune e da una folta vegetazione, e termina sulla riva sinistra del fiume Livenza. Sempre costeggiando il Rio centrale, a sud del rione Sant'Andrea, si trova il recente rione dell'Orologio (tradizionalmente incorporato nel rione Santa Margherita), che prende il nome dall'omonimo canale e comprende la vicina Darsena dell'Orologio, che si articola in una sorta di quadrante di meridiana con una serie di vie che hanno il nome dei segni dello zodiaco; a nord-est del centro storico si estendono invece i rioni San Giuseppe, più interno, e Falconera, che arriva fino alla foce del Lemene, nella zona dell'antico Porto Romatino e dei territori lagunari, dove si trovano i tipici Casoni di Caorle.
Secondo lo Statuto Comunale le frazioni del comune di Caorle sono Brussa e San Giorgio di Livenza[2].
Oltre alle due frazioni, il comune di Caorle comprende le località di Cà Corniani, Cà Cottoni, Ottava Presa, San Gaetano, Marango, Castello di Brussa, Porto Santa Margherita e Duna Verde[2].
L'economia di Caorle è da sempre basata in modo particolare sulla pesca. Già al tempo del Privilegio delle Acque (XV secolo) si hanno notizie del primo consorzio peschereccio, sebbene la costituzione legale risalga soltanto al 1858[43]. Dopo un periodo fiorente negli anni trenta, grazie all'interessamento importante del cavalier Eugenio Bellotto, il consorzio entrò in una profonda crisi economica, che portò al fallimento negli anni novanta. Oggi sopravvive il mercato ittico, sotto il controllo del comune, che sorge vicino al porticciolo interno, nel centro città.
Con la bonifica del XIX secolo della zona di Ca' Corniani e con la vendita dei diritti di pesca nelle zone della laguna di Caorle verso la fine del novecento, una grossa fetta dell'economia di Caorle passò all'agricoltura. Grazie anche alla ricerca impiegata in questo campo, Caorle ha potuto fregiarsi più volte del riconoscimento Spighe Verdi della FEE, che premia i comuni rurali che intendono valorizzare uno sviluppo sostenibile del territorio, la cura dell'ambiente e la difesa del paesaggio[44].
Specialmente a partire dagli anni ottanta, Caorle ha potuto anche estendere la sua economia nel settore secondario, con lo sviluppo di un'importante zona industriale all'ingresso del centro storico, nel rione Sansonessa, e la costruzione di un'area PIP presso la frazione di Ottava Presa.
L'ambito, però, in cui l'economia di Caorle è attualmente fortemente incentrata rimane il turismo. La cittadina veneta offre ai turisti amanti del mare oltre 250 strutture alberghiere, numerosi appartamenti per vacanza, villaggi turistici e campeggi. Inoltre, un migliaio di posti barca sono distribuiti nelle due darsene cittadine, la Darsena dell'Orologio nel centro del capoluogo, Bandiera Blu per gli approdi turistici ininterrottamente dal 1992, e Marina 4 a Porto Santa Margherita, dove attraccano unità da diporto anche di grandi dimensioni.
La città di Caorle, con le sue spiagge di Levante e di Ponente (separate dalla scogliera e dalla diga foranea), Duna Verde, Lido Altanea, Porto Santa Margherita e Brussa, si affaccia sul mare Adriatico per 18 chilometri di arenile, più volte premiato con la Bandiera Blu della FEE.
A nord si trova la Laguna di Caorle, che offre la possibilità di escursioni in barca in mezzo alla natura incontaminata, che tanto piaceva allo scrittore Ernest Hemingway, il quale la descrisse nel suo libro Di là dal fiume e tra gli alberi. Tra le valli e le barene si trovano i Casoni, tipiche costruzioni usate in passato dai pescatori durante il periodo della pesca.
Ma Caorle, unica sull'Adriatico, è capace di conciliare stagione balneare e un pregevole centro storico, con le sue casette variopinte distribuite fra calli, campi e campielli. D'inverno la città non si svuota, ma continua ad offrire opportunità per i turisti, con alberghi e appartamenti per vacanza aperti tutto l'anno e, nel centro storico, i mercatini di Natale e una pista di pattinaggio sul ghiaccio all'aperto da dicembre ai primi giorni di febbraio (iniziativa avviata con successo dal 2015).
A Caorle si può arrivare:
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
9 settembre 1985 | 7 agosto 1990 | Giovanni Marson | Democrazia Cristiana | Sindaco | |
7 agosto 1990 | 11 maggio 1992 | Giovanni Padovese | Democrazia Cristiana | Sindaco | |
10 luglio 1992 | 2 giugno 1993 | Luigino Moro | Partito Democratico della Sinistra | Sindaco | |
3 agosto 1993 | 22 novembre 1993 | Cosimo Zagordo | - | Commissario prefettizio | |
22 novembre 1993 | 28 maggio 2002 | Luigino Moro | centro-sinistra | Sindaco | |
28 maggio 2002 | 8 maggio 2012 | Marco Sarto | lista civica | Sindaco | |
8 maggio 2012 | 17 aprile 2015 | Luciano Striuli | lista civica Per il bene della nostra città | Sindaco | |
17 aprile 2015 | 5 giugno 2016 | Piera Bumma | - | Commissario prefettizio | |
6 giugno 2016 | 4 ottobre 2021 | Luciano Striuli | lista civica Luciano Striuli sindaco | Sindaco | |
4 ottobre 2021 | in carica | Marco Sarto | lista civica Sarto - Caorle di tutti | Sindaco |
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