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attrice italiana (1938-) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Claudia Cardinale (Tunisi, 15 aprile 1938) è un'attrice italiana.
È considerata l'attrice italiana più importante emersa negli anni sessanta[1], è stata l'unica a conseguire una notorietà internazionale paragonabile a quella di Sophia Loren[2] e Gina Lollobrigida[3], entrambe facenti parte della precedente generazione di attrici emerse negli anni cinquanta. La stampa internazionale l'ha spesso definita la donna più bella del mondo durante quel decennio.[4]
Durante la sua lunga carriera, iniziata a metà degli anni cinquanta, e durata più di sessant'anni, ha recitato in una vasta gamma di generi cinematografici: dalla commedia all'italiana agli spaghetti western, dalle pellicole drammatiche a quelle storiche sino a quelle di stampo hollywoodiano, lavorando saltuariamente anche nella musica, in teatro e in televisione. Ha partecipato a più di 150 film, alcuni dei quali considerati delle pietre miliari del cinema d'autore.
La sua «bellezza in pari tempo solare e notturna, delicata e incisiva, enigmatica e inquietante»[2] è stata utilizzata e valorizzata dai maggiori autori e cineasti dell'epoca d'oro del cinema italiano del XX secolo. Si ricordano in particolare le sue interpretazioni per: Mario Monicelli (I soliti ignoti), Luchino Visconti (Il Gattopardo, Vaghe stelle dell'Orsa...), Federico Fellini (8½), Mauro Bolognini (Il bell'Antonio, La viaccia, Senilità, Libera, amore mio!), Valerio Zurlini (La ragazza con la valigia), Luigi Comencini (La ragazza di Bube), Sergio Leone (C'era una volta il West), Luigi Zampa (Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata), Luigi Magni (Nell'anno del Signore) e Damiano Damiani (Il giorno della civetta), e sul versante straniero è stata diretta da registi di grande spessore artistico come Blake Edwards, Werner Herzog e Manoel de Oliveira. Nel febbraio del 2011, il quotidiano statunitense Los Angeles Times l'ha nominata tra le 50 donne più belle della storia del cinema di tutti i tempi.[5]
Oltreoceano ha raggiunto un grande successo di pubblico ricevendo numerosi consensi da parte della critica, contribuendo alla diffusione della settima arte e affiancando alcuni degli attori internazionali più acclamati: John Wayne, Sean Connery, William Holden, Henry Fonda, Eli Wallach, Orson Welles, Peter Finch, Anthony Quinn, Jack Palance, David Niven, Laurence Olivier, Burt Lancaster, Jason Robards e molti altri ancora.
Come le altre attrici della sua stessa generazione, ha incarnato un nuovo modello femminile, una donna emancipata, volitiva e battagliera, che vuole essere libera e indipendente,[2] afferma la proprietà di se stessa e aspira a un ruolo paritario nei rapporti affettivi e professionali.[6]
Ha ottenuto molteplici premi e riconoscimenti per le sue interpretazioni: nel 1984 vince il Premio Pasinetti alla miglior attrice alla 42ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia per Claretta, ha inoltre vinto cinque David di Donatello, cinque Nastri d'argento, tre Globi d'oro, e una Grolla d'oro alla migliore attrice.
Nel contesto internazionale le è stato conferito per la sua carriera cinematografica, il Leone d'oro alla carriera al Festival di Venezia, l'Orso d'oro alla carriera al Festival di Berlino, il Premio Lumière e numerosi altri premi (tra competitivi e onorari).
«Quando ride, i suoi occhi diventano due fessure nere, scintillanti con qualche cosa di monellesco, di scatenato, di intenso, di meridionale.»
I suoi genitori, Francesco Cardinale e Yolanda Greco, nati rispettivamente il 18 novembre 1909 e il 25 giugno 1918, erano nati in Tunisia, figli di famiglie emigranti dalla Sicilia da circa tre generazioni. Si erano sposati il 27 aprile 1937, e l'anno successivo dalla loro unione nacque Claudia, in uno dei tre edifici conosciuti come il Foyer du Combattant,[8] nei pressi della Ferrovia Tunisi-La Goletta-La Marsa. Era la primogenita in famiglia, e aveva una sorella di nome Blanche (costumista) e due fratelli di nome Bruno e Adriano, quest'ultimo lavorerà in seguito come operatore cinematografico. Già da piccola rivelò un carattere tenace, ambizioso e determinato, e non incline ai compromessi. Per via della guerra in atto, e per i bombardamenti del 1942, la famiglia Cardinale si trasferì più volte tra Tunisi e La Goulette, cambiando costantemente domicilio.
Sua madre, nata a Tripoli, era originaria di Trapani;[9] con la propria famiglia, la madre, il padre, le sorelle Maria, Dina e Rita, e i due fratelli Saverio e Andrea, si trasferì a La Goletta, dove si era stabilita una numerosa comunità di italiani. I nonni paterni erano invece commercianti marittimi di Isola delle Femmine in provincia di Palermo, trasferitisi poi in Tunisia quando era un protettorato francese. Pur essendo stati entrambi i genitori educati in scuole francesi, il radicamento nella terra d'origine era tale che il padre, ingegnere tecnico delle compagnie ferroviarie (Société Nationale des Chemins de Fer Tunisiens),[10] scelse di mantenere la nazionalità italiana invece di prendere quella francese, che avrebbe facilitato la vita della loro famiglia, soprattutto durante gli anni della seconda guerra mondiale, quando l'alleanza dell'Italia fascista con il Germania nazista fece emergere un certo antitalianismo. Proprio per rispetto della scelta del padre, quando la Cardinale nella maturità si è stabilita in Francia ha preferito rimanere a sua volta italiana.[11] Agli inizi degli anni cinquanta ha vissuto per qualche tempo dai parenti a Trapani.
Le sue lingue native sono l'arabo tunisino, il francese e il siciliano, appreso dai suoi genitori. Fino all'età di sedici anni non parlava bene l'italiano. Cominciò a impararlo meglio quando si avviò la sua carriera di attrice. Claudia Cardinale fu educata insieme alla sorella Blanche, minore di un anno, nella scuola di suore di Saint-Joseph-de-l'Apparition a Cartagine, ma la sua irrequietezza le costò continue punizioni.[12] In seguito studiò alla scuola Paul Cambon, dove ottenne il diploma con la prospettiva di diventare maestra.[13] Era un'adolescente controversa, silenziosa, bizzarra e selvaggia;[14] come tutte le ragazze della sua generazione era affascinata da «BB», Brigitte Bardot, esplosa nel 1956 con E Dio creò la donna di Roger Vadim.
Il suo primo contatto con il mondo del cinema è stata la partecipazione, insieme alle compagne di scuola, a un cortometraggio del controverso regista francese René Vautier dal titolo Les Anneaux d'or del 1956, sul tema dell'indipendenza economica e sociale del paese, e presentato poi con successo al Festival di Berlino, vincendo il premio dell'Orso d'argento. Fu sufficiente l'unico primo piano di quel film per farla diventare una celebrità locale[15] ed essere richiesta dal regista Jacques Baratier per girare la pellicola I giorni dell'amore, nominata per la Palma d'Oro, con protagonista l'attore egiziano Omar Sharif - che viene considerata la sua prima vera prova d'attrice - una proposta che accettò con riluttanza, recitando in un ruolo di secondo piano (per il ruolo della protagonista la produzione voleva un'attrice di nazionalità tunisina).[16]
Ma la svolta determinante fu nel 1957, durante la Settimana del cinema italiano a Tunisi organizzata dall'Unitalia-Film, quando vinse in modo del tutto involontario e inconsapevole[17] il concorso per la «più bella italiana di Tunisia», tenutosi a Gammarth, che le valse in premio un viaggio a Venezia durante la Mostra del cinema. Sul lido della spiaggia l'affascinante diciottenne non passò inosservata agli occhi dei molti registi e produttori cinematografici presenti.
Accettò da parte di Salvatore Argento e Lidio Bozzini l'offerta di frequentare il Centro sperimentale di cinematografia di Roma (sua maestra di dizione fu Tina Lattanzi), ma fu un'esperienza breve e insoddisfacente, che mise in evidenza una scarsa attitudine al mestiere di attrice (acuita dalle difficoltà con la lingua italiana), malgrado una straordinaria fotogenia.[18] Abbandonò gli studi dopo un solo trimestre e decise di ritornare a casa, guadagnandosi il servizio di copertina del settimanale popolare Epoca per questa sua scelta inaspettata di rifiutare l'avventura del cinema.[19]
Il suo primo film italiano è I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, nel quale interpretava il piccolo ruolo di Carmelina, una ragazza segregata in casa dal fratello: il primo di tanti ruoli di donna siciliana, a cui il suo aspetto mediterraneo (adatto a essere tanto aristocratico, quanto contadino) sembrava destinarla. Il film ebbe successo e la Cardinale diventò immediatamente riconoscibile, addirittura già presentata da alcuni giornali come «la fidanzata d'Italia».[20][21]
La grande risonanza ricavata da questa esperienza, procurò a Claudia, quasi involontariamente, dei piccoli lavori in televisione e pubblicità sui giornali. Seguirono altri due film, 3 straniere a Roma (1958) di Claudio Gora e La prima notte (1959) di Alberto Cavalcanti. Fu poi scritturata per Il magistrato (1959), dove si confrontò anche con attori spagnoli come José Suárez: il film, diretto da Luigi Zampa, tratta temi delicati come corruzione, povertà sociale, omertà e ricatti. Prese parte anche alla commedia di produzione inglese Su e giù per le scale (1959) di Ralph Thomas, con protagonista Michael Craig.
Il primo ruolo importante della sua carriera è in Un maledetto imbroglio (1959) di Pietro Germi.[22] Grazie alla direzione del burbero e laconico regista-attore, con il quale nacque un'immediata affinità tra due caratteri simili,[23] la Cardinale cominciò a imparare veramente cosa fosse la recitazione e a sentirsi a proprio agio davanti alla macchina da presa. Si tratta della sua prima vera prova di attrice,[24] per la quale ricevette una lusinghiera recensione da parte di Federico Fellini («Una Cardinale che io mi ricorderò per un pezzo. Quegli occhi che guardano con gli angoli accanto al naso, quei capelli bruni lunghi e spettinati [...] quel viso di cerva, di gatta, e così passionalmente perduta nella tragedia»).[25] Un'altra recensione fondamentale le venne fatta da Pier Paolo Pasolini, che colpito dalla sua interpretazione drammatica, non fece che accentuare le sue sicurezze ed essere progressivamente incoraggiata nel continuare il suo percorso artistico.
La maternità nascosta le faceva condurre una vita sempre più appartata, impedendole di vivere a pieno la parte pubblica: la sua esistenza si riduceva al solo dovere, a un lavoro serrato e ininterrotto, con un film dietro l'altro (sono cinque le pellicole datate 1960 a cui ha partecipato), Il bell'Antonio di Mauro Bolognini, la faraonica megaproduzione internazionale Napoleone ad Austerlitz di Abel Gance con Vittorio De Sica, Audace colpo dei soliti ignoti diretto da Nanni Loy, continuazione de I soliti ignoti, il primo incontro professionale con Luchino Visconti in Rocco e i suoi fratelli e I delfini di Citto Maselli. La strategia di Cristaldi era quella di farle girare piccoli ruoli, ma con i più grandi autori.[26] Entrambi ottengono un meritato riscontro positivo, ed è proprio il primo, il pluripremiato Rocco e i suoi fratelli, che racconta uno spaccato di vita reale e tagliente, oltre ad essere considerato uno dei maggiori capolavori del Maestro, rientra ad oggi nella celebre lista dei 100 film italiani da salvare.
La successiva tappa professionale è segnata dall'incontro con Mauro Bolognini. È l'inizio di un fortunato rapporto professionale e privato che dette vita a cinque film, fra i quali alcuni tra i preferiti, come Senilità, Libera, amore mio! e soprattutto La viaccia.[27] «Con lui, dietro la macchina, ancora una volta, come con Germi, mi sono sentita sicura di me»,[28] «Considero Mauro Bolognini un grandissimo regista: un uomo di rara sapienza professionale, di grandissimo gusto e cultura. Oltre che, per me personalmente, un amico sensibile e sincero».[29]
Nei film di Bolognini, la Cardinale incarna la figura della donna come perdizione per l'uomo, la mantide religiosa, grazie alla sua grande femminilità.[30]
Durante le riprese de Il bell'Antonio, la star della Dolce vita Marcello Mastroianni si innamorò di lei che, pur attratta dal suo fascino gentile, lo respinse perché non lo prese sul serio[31], considerandolo uno di quegli attori che non possono fare a meno di innamorarsi delle loro compagne di lavoro.[30] Mastroianni, anche a distanza di molti anni, le rinfaccerà di non aver creduto all'autenticità dei suoi sentimenti.[32] Malgrado il dispiacere di Bolognini per la situazione, l'atmosfera di tensione tra i due interpreti si rivelò ideale per trasmettere quella fra i personaggi del film.
Il successivo lavoro con Bolognini, La viaccia, le fece incontrare Jean-Paul Belmondo, con il quale girò poi l'avventuroso Cartouche (1962) di Philippe de Broca, il film che la rese popolare in Francia e durante il quale ebbe una piccola storia d'amore con Belmondo.[33]
Un vero e proprio «film della vita»[34] è La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini, che mise in scena involontariamente la parte più dolorosa della sua vita reale: il figlio nascosto, e le permise un'identificazione totale con il personaggio della ragazza-madre Aida[35], tanto che dopo il film le servirono un paio di mesi per liberarsi dal coinvolgimento.[36]
Il regista la scelse, contro il parere di tutti, per un personaggio così difficile quando lei non era ancora considerata una «vera» attrice.[37] Come Germi, le si metteva accanto durante la lavorazione: «Zurlini era di quelli che amano molto le donne: aveva una sensibilità quasi femminile. Mi capiva da uno sguardo. Mi ha insegnato tutto, senza impormi niente. [...] Mi ha voluto veramente bene».[38] Con lui nacque una vera amicizia, basata su una profonda comprensione reciproca.[39]
Tanto La viaccia di Bolognini quanto La ragazza con la valigia di Zurlini furono selezionati in concorso per il Festival di Cannes 1961. Alla Croisette l'attrice ventiduenne non era ancora paragonabile alle due dive italiane allora presenti: Sophia Loren (che vinse il premio per la migliore interpretazione femminile con La ciociara) e Gina Lollobrigida. Ma secondo alcuni giornali poteva essere un'antagonista di Brigitte Bardot: la rivista francese Paris Match le dedicò una copertina intitolata «La chiamano già CC. È Claudia Cardinale la giovane rivale di BB».[40]
Nel 1962 la Cardinale realizzò l'intervista con Alberto Moravia nella quale lo scrittore si concentrò esclusivamente sul suo corpo, trattandola come un oggetto; ma lei trovò adeguato che le si chiedesse solo di quello che è lo strumento dell'essere attrice: «Io usavo il mio corpo come una maschera, come rappresentazione di me stessa».[41] L'articolo, pubblicato su Esquire con il titolo The next goddess of love, fu pubblicato in tutto il mondo e poi ampliato in un libro intitolato La dea dell'amore, pubblicato nel 1963.
L'attrice si rese conto, con un certo divertimento, che il suo prorompente aspetto fisico (1,70 cm distribuiti su curve esuberanti) metteva a disagio lo scrittore, il quale la trovò simile ai personaggi femminili dei suoi romanzi.[41] Qualche anno dopo, la Cardinale interpreterà proprio uno di essi nel film Gli indifferenti, tratto dall'omonimo romanzo.
Il rapporto professionale con il produttore Cristaldi, dopo un paio di anni dall'inizio del contratto con la Vides, progressivamente divenne anche personale.[42] La Cardinale era consapevole che questo legame non avrebbe avuto prospettive di ufficializzazione[42] e, almeno per un certo periodo, era dolorosamente consapevole di rappresentare lo stereotipo dell'avventura del produttore con l'attrice. In seguito ha sostenuto di non essersi mai sentita davvero la compagna di Cristaldi, perché era sempre stata in una posizione subordinata rispetto al produttore, «Cenerentola gratificata dalla sua generosità»[43] per l'aiuto da lui dato nel momento critico della gravidanza segreta, ma schiacciata da un rapporto personale per lui impossibile da scindere da quello lavorativo,[43] che gli permetteva di tenerla costantemente sotto controllo attraverso lo staff personale (team formato da responsabile stampa, dalla segretaria americana Carolyn Pfeiffer e dall'autista personale),[44] facendola sentire prigioniera in una torre d'avorio[45] e ricordandole sempre che l'aveva creata e gli apparteneva.[46] Conducevano vite separate, tranne che durante brevi viaggi, e lei non lo chiamò mai Franco, ma solo Cristaldi.[47] Infine la crescente insofferenza di lei portò alla rottura.[48]
Il 1963 rappresentò un anno cruciale per la carriera della Cardinale: ebbe l'irripetibile occasione di lavorare contemporaneamente con due dei maggiori maestri del cinema italiano in film-simbolo della loro carriera. Partecipò a Il Gattopardo di Luchino Visconti e a 8½ di Federico Fellini, sperimentando come due artisti possano essere dei geni in maniera totalmente diversa, seguendo strade, istinti e metodi addirittura opposti.[49] Sul set di Visconti il clima era quasi religioso: si viveva solo per il film, lasciando fuori il mondo esterno. Tanto Visconti aveva bisogno del silenzio per lavorare, quanto Fellini aveva bisogno di essere immerso nella confusione.[50] Con il primo era impossibile cambiare una virgola, con il secondo il clima era di improvvisazione totale, anche se poi non ci si accorgeva di essere trasportati dove lui voleva.[51]
Visconti, che con il ruolo di Angelica le aveva fatto «il più bel regalo della mia vita d'attrice»,[52] aveva il vezzo di parlarle in un ottimo francese, imparato quando era assistente di Jean Renoir.[53] Fellini invece la coinvolgeva in lunghe passeggiate e chiacchierate. Entrambi erano molto teneri con lei e la chiamavano con lo stesso diminutivo affettuoso: Claudina.[54] «Luchino ha fatto e farà parte per sempre della mia vita: è nei miei pensieri, nei ricordi, nei sogni, ma lo ritrovo persino più concretamente, materialmente, nel viso e nello sguardo che ho oggi, nelle mie mani...»;[55] «Con Federico ho girato un solo film. Mi ha fatto sentire il centro del mondo: la più bella, la «più speciale» di tutte, la più importante».[51]
Fellini fece esprimere al proprio alter ego Mastroianni una reverente dichiarazione d'amore all'attrice («Quanto sei bella, mi metti in soggezione, mi fai battere il cuore come un collegiale. Che rispetto vero, profondo, comunichi».)[56] e la trasformò in una sorta di ideale femminile salvifico, l'interprete ideale della "ragazza della fonte": «bellissima, giovane e antica, bambina e già donna, autentica, misteriosa».[56] Fu il primo a volerla non doppiata: per lui, ogni differenza era poesia, compresa quella voce caratteristica che, per merito suo, venne finalmente rivelata sul grande schermo, aggiungendo ulteriore fascino a quello già irresistibile derivato dall'intensità dello sguardo e dalla bellezza dei tratti. Entrambi i film parteciparono con successo al Festival di Cannes: Il Gattopardo conquistò trionfalmente la Palma d'oro, mentre 8½ fu presentato fuori concorso. La Cardinale presenziò sulla Croisette solo il tempo sufficiente per la storica fotografia sulla spiaggia in compagnia dei "tre gattopardi": Luchino Visconti, Burt Lancaster e un vero ghepardo.[57]
Se l'interpretazione di Angelica nel Gattopardo e la breve apparizione nel ruolo di sé stessa in 8½ segnarono la sua definitiva consacrazione come stella di prima grandezza,[1][2] la sua prima vera interpretazione con la propria voce, nel film La ragazza di Bube di Luigi Comencini (che seguì saggiamente l'esempio di Fellini), le valse il primo importante riconoscimento al suo lavoro di attrice: il Nastro d'argento per la migliore attrice.
Anche quello con Comencini è un incontro importante: «Luigi Comencini è un altro di quelli che mi ha capita subito, senza parole. (...) Ci siamo parlati poco anche mentre giravamo insieme: a me non servono le parole del regista, mi serve sentirmi capita, amata da lui. E lui mi ha sempre amata e capita».[29]
Sempre nel 1963 partecipò al suo primo film americano (seppur girato in Italia): La Pantera Rosa di Blake Edwards, che ottenne un incredibile successo al botteghino, nel quale recitò accanto ad attori affermati come Peter Sellers, Capucine, Robert Wagner e David Niven, dall'eccezionale humour, che coniò per lei il complimento «la più bella invenzione italiana [...] dopo gli spaghetti!».[58] A distanza di trent'anni, ritrovò Blake Edwards ne Il figlio della Pantera Rosa (1993), ultimo capitolo della fortunata serie cinematografica, che tuttavia non ripeté il successo del film originale.
Negli anni sessanta era all'apice della carriera e della fama internazionale, una delle attrici internazionali più richieste in assoluto.
Tra i colleghi di lavoro più assidui figurava Tomas Milian, con il quale lavorò in numerosi film, instaurando un piacevole rapporto di amicizia e di complicità. Per tre anni lavorò negli Stati Uniti, vivendoci sei mesi l'anno, riuscendo a mantenersi equilibrata, senza abbandonarsi all'entusiasmo.[59] «Il mio vantaggio a Hollywood è stato che l'iniziativa non è partita da me, ma da loro. Era il periodo in cui invitavano tutte le attrici europee di un certo successo, non tanto per apertura e generosità, quanto piuttosto perché gli americani volevano avere il monopolio delle star e, se ne intravedevano altrove, cercavano di farle immediatamente proprie. (...) Il più delle volte, in realtà, ti distruggevano: andavi in America, e tornavi che non eri più niente o nessuno. Io mi sono difesa, per esempio rifiutando con decisione l'offerta di un contratto in esclusiva con la Universal. Firmavo di volta in volta, per singoli film. E alla fine me la sono cavata».[60]
Il circo e la sua grande avventura (1964) di Henry Hathaway le permise di lavorare con due star assolute: John Wayne e Rita Hayworth. Mentre instaura un rapporto molto amichevole con "the Duke", deve assistere suo malgrado alla straziante decadenza della Hayworth.[61]
Lavorò per la prima volta con Ugo Tognazzi nel film di Antonio Pietrangeli Il magnifico cornuto (1964), nel quale appare al culmine della propria sensualità. Ma è un'esperienza di cui ha «solo ricordi poco gradevoli: con Pietrangeli, mi dispiace dirlo, non c'è stato un gran feeling. E poi c'era Tognazzi che, all'epoca, mi faceva una corte spietata...».[62]
Lavorò poi con Rock Hudson in L'affare Blindfold (1965) di Philip Dunne, e con Anthony Quinn in Né onore né gloria (1966) di Mark Robson. Proprio il primo, di cui non ignora le segrete preferenze sessuali, è il miglior compagno del suo periodo hollywoodiano:[63] si dimostra molto protettivo, comprendendo il suo disagio di europea in un mondo diverso.[64] Frequentò anche Alfred Hitchcock, Marilyn Monroe, Barbra Streisand, Elliott Gould, Natalie Wood, Charlton Heston, Richard Burton e Liz Taylor, conobbe i Beatles, diventò amica di Steve McQueen,[65] ma continuò a sentirsi estranea a quel mondo.[66]
Nel frattempo in Italia tornò a lavorare con Visconti in Vaghe stelle dell'Orsa... (1965), vincitore di un "riparatorio" Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia ma anche insuccesso commerciale, film nel quale ha espresso al massimo le proprie capacità drammatiche.[2] Tornò a lavorare con Monicelli per un episodio del film collettivo Le fate (1966).
A dimostrazione dello status divistico raggiunto dall'attrice, nel 1966 la casa editrice Longanesi pubblicò l'insolito volume Cara Claudia... Lettere dei fans alla Cardinale.
Una foto della Cardinale fu inserita, a sua insaputa, nella copertina interna dell'album Blonde on Blonde (1966) del cantautore statunitense Bob Dylan, pare per volere dell'artista stesso.[67][68] Gli avvocati dell'attrice minacciarono di intentare causa alla Columbia Records, etichetta discografica di Dylan, e nelle successive ristampe dell'album la fotografia dell'attrice venne eliminata. Le versioni originali comprendenti la foto della Cardinale sono diventate un raro oggetto per i collezionisti.[69]
Sempre nel 1966 si cimentò con il genere western in I professionisti di Richard Brooks, considerato il suo miglior film americano,[70] nel quale ritrovò con piacere Burt Lancaster, con il quale ha condiviso l'indimenticabile esperienza del film di Visconti di tre anni prima. È stata protagonista assoluta della commedia d'ambientazione brasiliana Una rosa per tutti (1966) di Franco Rossi, ove recitò accanto a Nino Manfredi. Ha affiancato Tony Curtis, Robert Webber e Sharon Tate in Piano, piano non t'agitare! (1967) di Alexander Mackendrick, risposta hollywoodiana alla nuova cultura, dove impersonava il ruolo di una pittrice con un forte spirito libero.
Lei e Antonella Lualdi furono le uniche due donne a presentarsi ad una udienza papale indossando minigonne. Il fatto avvenne il 6 maggio 1967, alla presenza di Papa Paolo VI, l'episodio fece molto scalpore tanto da finire sui giornali di cronaca dell'epoca. All'inizio del 1967 la raggiunse negli Stati Uniti Franco Cristaldi, che aveva organizzato a sua insaputa il loro matrimonio, celebrato ad Atlanta ma mai ufficializzato in Italia.[71] Questo «sedicente matrimonio»,[48] come lo definisce Cardinale, e la successiva affiliazione di Patrick sono vissute dall'attrice come un altro modo per tenerla legata, sempre meno libera di decidere della propria vita, piuttosto che il risultato di sentimenti autentici.[48]
Nel 1968 la Cardinale interpretò senza sosta numerose opere cinematografiche, che la resero sempre più nota al pubblico internazionale. Lavorò per la seconda e ultima volta con l'amico Rock Hudson in Ruba al prossimo tuo... di Francesco Maselli, girato in Italia, in Austria e a New York, commedia di leggerezza per la quale ricevette recensioni discretamente positive. Sempre nel 1968 recitò con Rod Taylor nel drammatico I contrabbandieri del cielo di Joseph Sargent.
Questo è l'anno anche de Il giorno della civetta di Damiano Damiani, capostipite dei film di denuncia, per il quale vinse il David di Donatello come miglior attrice protagonista, e soprattutto del capolavoro del western all'italiana C'era una volta il West di Sergio Leone, nel quale interpreta l'ex prostituta americana Jill McBain, l'unico ruolo femminile di rilievo di tutto l'operato cinematografico del regista, insieme a quello di Deborah Gelly in C'era una volta in America[senza fonte], ultimo capitolo della Trilogia del tempo. Rimangono nell'immaginario collettivo le scene dove lei appare, accompagnate dalle emblematiche musiche di Ennio Morricone.
L'esperienza con Leone fu particolarmente positiva sia sul piano umano che professionale: «Ho voluto un gran bene a Sergio. Il nostro era un legame di grande affetto. Con il suo bellissimo film mi ha regalato un personaggio magnifico [...] Tutto il periodo è legato a un'impressione complessiva di grande benessere. Con Sergio mi sono sentita diretta sempre nel modo giusto (...) ho provato la sensazione di essere sempre perfetta, grazie a Sergio. Mai avuto un problema».[62]
Dopo la magistrale interpretazione di Jill McBain, seguirono altre pellicole di rilievo: Certo, certissimo, anzi... probabile (1969) di Marcello Fondato, in coppia con Catherine Spaak, e nel film storico a sfondo risorgimentale Nell'anno del Signore (1969) di Luigi Magni, protagonista insieme a Nino Manfredi, Enrico Maria Salerno, Alberto Sordi e Ugo Tognazzi, mentre a ricoprire i ruoli simbolo di Leonida Montanari e Angelo Targhini erano gli attori francesi Robert Hossein e Renaud Verley. Il film fu un grandissimo successo di pubblico e di critica, risultando campione d'incassi durante quella stagione.
Il decennio si chiuse con la produzione italo-sovietica La tenda rossa (1969) di Michail Kalatozov, in cui recitò accanto a Sean Connery. Di lui ha detto in seguito: «Posso solo dire «stupendo». È affascinante nella vita, esattamente come lo sono i suoi personaggi sullo schermo», e ancora «Sul lavoro non l'ho mai visto lasciarsi andare a capricci o isterismi. Però era serissimo: sempre il primo ad arrivare, e l'ultimo ad andar via».
La partecipazione alla commedia Le avventure di Gerard (1970) di Jerzy Skolimowski, una produzione americana girata a Cinecittà, fu una delle esperienze più divertenti della sua carriera. Il regista polacco al suo primo film straniero si rivelò un «pazzo scatenato»[72] e la Cardinale si dovette impegnare in prima persona per impedire che i produttori lo licenziassero[73][74].
Da menzionare una delle commedie all'italiana più rappresentative: Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata (1971), di Luigi Zampa, in cui recitava con Alberto Sordi, da cui in seguito sarà diretta nel film Il comune senso del pudore (1976).
Anche L'udienza (1972) di Marco Ferreri è una «bella avventura»,[73] grazie allo spirito del regista. «Anche nei momenti drammatici del lavoro, lui ti fa sempre ricordare che "in fondo è solo un film"»[73]. In Venezuela recitò insieme a Stanley Baker in Fuori il malloppo, con la regia di Jean Herman.
Dopo Cartouche per dieci anni non lavora più in Francia, per l'assenza di proposte interessanti. Poi gliene arrivò una impossibile da rifiutare,[75] un incontro-duello con il sex symbol planetario e bandiera francese Brigitte Bardot: il western al femminile Le pistolere (1971) di Christian-Jaque, successo popolare dato dalle straordinarie presenze delle protagoniste, ma stroncato dalla critica, che nonostante ciò diventerà col tempo un cult movie. Sempre in Francia è la protagonista femminile de Il clan dei marsigliesi (1972), il terzo con Jean-Paul Belmondo, scritto e diretto da José Giovanni, tratto da un romanzo dello stesso regista.
Intanto, stava già maturando il distacco da Cristaldi e dalla Vides,[76], che avviene nel 1975 con il mancato rinnovo del contratto.
Nel 1973 tornò a lavorare per un'ultima volta con due dei suoi storici registri, Mauro Bolognini, in Libera, amore mio!, che però venne distribuito due anni più tardi per problemi di censura, e Luchino Visconti, in Gruppo di famiglia in un interno con Burt Lancaster, Helmut Berger e Silvana Mangano, profondamente segnato dalle conseguenze di un ictus («Era costretto a dirigerti solo con lo sguardo, e dietro quella persona curva, immobile, silenziosa, tu rivedevi l'ombra di quel leone ruggente che era stato fino a poco prima»).
Nel 1974 viene ingaggiata per ricoprire la parte della protagonista femminile nel film I guappi, dove lavorò per la prima volta con il regista emergente Pasquale Squitieri, suo coetaneo, protagonista di qui in avanti della sua vita professionale e privata. Il loro primo incontro era stato tempestoso, caratterizzato in apparenza da reciproca diffidenza e antipatia,[76] ma la Cardinale rimase anche fortemente attratta da quell'ombroso regista napoletano, dallo sguardo azzurro e trasparente.[77] È lei, inavvicinabile in quanto compagna di uno degli uomini più potenti dell'ambiente cinematografico italiano, a farsi avanti, malgrado tutte le voci negative sul regista, considerato un uomo imprevedibile, collerico e collezionista di donne.[78] Ma ai suoi occhi Squitieri rappresentava la vitalità, la follia e gli eccessi di cui sentiva un bisogno crescente, dopo anni di «una vita tutta regolata, tutta programmata, tutta razionale e razionalizzata [...] Pasquale era l'opposto, ed è stato l'opposto a sedurmi.»[79] La loro relazione iniziò nel 1973, ma solo due anni dopo la ufficializzarono, pur senza sposarsi.
Due commedie accanto all'altra principale attrice italiana della sua generazione, Monica Vitti, A mezzanotte va la ronda del piacere (1975) di Marcello Fondato e Qui comincia l'avventura (1975) di Carlo Di Palma, segnano la fine del lungo rapporto professionale di Cardinale con la casa di produzione Vides, a cui è ben consapevole di dovere tutto, nel bene, ma anche nel male. «Sono stati loro che mi hanno costruita, lanciata. Mi hanno dato le copertine dei giornali di tutto il mondo, però mi hanno tolto la libertà e la mia vita personale. [...] Per anni mi sono sentita stupida, incapace. C'era sempre qualcuno che parlava al mio posto, che decideva per me quello che dovevo fare, dire e pensare.»[80]
Subito dopo le riprese di Qui comincia l'avventura, che le costano un esaurimento nervoso[76] a causa delle difficoltà di lavorare con la Vitti («Monica, che io frequentavo moltissimo e che mi è sempre stata simpatica sul piano umano, nella vita, sul set era una persona impossibile, e lavorare con lei è stato difficile»).[81], parte per gli Stati Uniti e raggiunge Squitieri, con il quale intraprende un viaggio on the road che segna l'inizio di una nuova fase della sua vita. Per Cardinale si tratta della riconquista di una parte dell'esistenza che le era stata a lungo negata, della riscoperta del piacere di vivere e della libertà personale.[82] «Con Pasquale, ho recuperato una parte della mia vita che non ho vissuto, e cioè tutta la mia adolescenza, la mia spensieratezza, tutto quello che mi è stato impedito o mi sono impedita di vivere».[79]
Cardinale si aspetta che Cristaldi, sempre così distaccato, sia comprensivo e le permetta di rifarsi una vita,[83] invece la sua reazione è vendicativa: le crea attorno il vuoto nell'ambiente cinematografico per mettere fine alla sua carriera, e chiede esplicitamente a Visconti di non chiamarla per L'innocente (1976), impedendole così di partecipare a quello che si rivelerà essere l'ultimo film del regista.[84] Per di più, la Vides la lascia con un debito nei confronti del fisco di cento milioni di lire.[85] Si ritrova quindi a pagare il raggiungimento della felicità privata con l'inattività professionale. Anche Squitieri da uomo di successo si ritrova disoccupato, perché non trova produttori disposti a inimicarsi Cristaldi.[86] L'ultimo contatto con Cristaldi saranno, in seguito, solo le pratiche del divorzio necessarie per consentire al produttore di sposare Zeudi Araya.[76]
Dopo diciassette anni di lavoro ininterrotto, con almeno tre-quattro film all'anno, l'attrice rimane ferma per quasi due anni prima che Franco Zeffirelli la chiami per il ruolo dell'adultera nel suo sceneggiato televisivo Gesù di Nazareth, enorme successo mondiale. Le sembra di uscire da una lunga convalescenza[87] e il fatto che le riprese si svolgano a Monastir, in Tunisia, non fa che accentuare la sensazione di un nuovo inizio. Negli anni seguenti lavora ripetutamente con Squitieri, che l'affianca a Giuliano Gemma in Il prefetto di ferro (1977) e Corleone (1978).
Ancora una volta dà dimostrazione delle sue capacità recitative in un ruolo drammatico di forte intensità, nel film L'arma (1978) con Stefano Satta Flores; la struggente storia di una donna logorata dal dolore di un uomo estremamente violento, da una figlia ribelle e dai difficili rapporti familiari che si susseguono nella vicenda. A quarant'anni può permettersi una seconda maternità desiderata, per quanto tardiva, vissuta però con grande serenità, come un riscatto della prima.[88] Ma per tutta la durata della gravidanza è perseguitata dai fotografi, una situazione che culmina nel famigerato episodio in cui Squitieri minaccia con la pistola i fotografi che assediano la loro villa fuori Roma (secondo Cardinale, un equivoco generato da un periodo di tensione generale).[89]
Viene diretta dal regista greco George P. Cosmatos nell'avventura bellica Amici e nemici (1979), girato interamente sull'isola di Rodi e ambientato durante la seconda guerra mondiale, con un cast d'eccellenza: Roger Moore, Telly Savalas, Richard Roundtree, Stefanie Powers e ancora una volta David Niven, che segnerà inoltre il termine degli anni settanta.
Gli anni ottanta si aprono per Cardinale con due film importanti, La pelle (1981) di Liliana Cavani, che le vale un secondo Nastro d'argento, e Fitzcarraldo (1982) di Werner Herzog, un'autentica avventura in Amazzonia: «Su quel set è successo veramente di tutto [...] Ci si chiedeva ogni giorno se saremmo riusciti a girare»,[90] «più che un film [...] una specie di lotta per sopravvivere (...) una lotta contro il caldo terrificante, contro le mille difficoltà per girare in un posto fuori dal mondo».[91] Le oggettive difficoltà ambientali sono acuite dal dover fronteggiare tanto il famigerato Klaus Kinski quanto il non meno imprevedibile Herzog.
L'interpretazione del controverso personaggio storico di Claretta Petacci in Claretta (1984), diretta per l'ennesima volta da Squitieri, le fa ottenere il Premio Pasinetti alla Mostra del cinema di Venezia e il suo terzo Nastro d'argento. Di qui in avanti, cominceranno ad arrivare solo premi alla carriera perché, malgrado la sua maturità, il cinema sembra non offrirle più ruoli all'altezza.
Durante tutto il periodo degli anni ottanta e novanta continuerà a girare film di circuito come ad esempio: La donna delle meraviglie di Alberto Bevilacqua, L'estate prossima di Nadine Trintignant e Un uomo innamorato di Diane Kurys, quest'ultimo presentato in concorso al 40º Festival di Cannes.
Recita nell'Enrico IV di Marco Bellocchio (1984), di nuovo a fianco di Mastroianni, e poi in La Storia di Luigi Comencini (1986), uno dei suoi ruoli più drammatici, che le richiede di apparire prematuramente invecchiata, ma ormai la sua attività si è spostata prevalentemente in Francia, dove continua a lavorare ininterrottamente, anche se spesso i suoi film non arrivano in Italia. Fra gli altri, nel kolossal celebrativo La rivoluzione francese (1989) di Robert Enrico e Richard T. Heffron interpreta il ruolo della duchessa di Polignac. Dopo la vita nomade da attrice internazionale, con base a Roma, nel 1989 si trasferisce stabilmente a Parigi (che lascerà nel 2021 per trasferirsi nella campagna francese, lontano dall'affollato centro urbano), che sente come la sua vera città, perché ha bisogno di sentir parlare francese per sentirsi davvero a casa.
Atto di dolore è probabilmente l'opera meglio riuscita durante gli anni novanta per la carriera dell'attrice, ancora una volta con l'indispensabile risorsa di Squitieri: per il ruolo della vedova che tenta disperatamente di riportare suo figlio tossicodipendente sulla retta via, riceve il Globo d'oro come miglior attrice e una nomination come miglior attrice protagonista ai Nastri d'argento. Seguono due film particolarmente rilevanti: Mayrig e Quella strada chiamata paradiso, diretti da Henri Verneuil, entrambi narrano le vicende di una famiglia di origine armena che si rifugia in Francia per sfuggire al terribile massacro degli armeni, meglio conosciuto come Genocidio Armeno, perpetrato dall'Impero ottomano intorno al 1915, che causò circa 1,5 milioni di morti.
Durante il 1993 è membro della giuria in rappresentanza dell'Italia al Festival di Cannes, insieme a lei nella stessa categoria sono presenti tra gli altri anche Louis Malle, Gary Oldman e Judy Davis. Si impegna inoltre in produzioni televisive, come ad esempio Deserto di fuoco (1997), per la regia di Enzo G. Castellari con Anthony Delon, Stéphane Freiss, Virna Lisi, Arielle Dombasle e Vittorio Gassman, ambientato per buona parte nel deserto del Sahara.[92]
Nel 1998 e nel 1999 collabora ancora con Squitieri interpretando Costanza d'Aragona in Stupor mundi e Donna Assunta in Li chiamarono... briganti!, ispirato alle imprese del brigante Carmine Crocco nell'immediato periodo postumo all'unità.[93]
Solo già sessantenne Cardinale esordisce a teatro, accettando la proposta di Squitieri, mentre in passato aveva rifiutato quelle prestigiose di Luchino Visconti e Giorgio Strehler, temendo la propria inadeguatezza:[94] «Per molti anni ho avuto il dubbio di non essere preparata a recitare dal vivo. [...] Finché ho trovato la preziosa guida di Maurizio Scaparro (...) Ho superato lo scrupolo dettato dal mio tipo di voce».[95]
Nel 2000 recita nella commedia La Venexiana, adattata da René de Ceccatty, diretta da Maurizio Scaparro e rappresentata al teatro Rond-Point di Parigi.
Seguono nel 2002-2003 Come tu mi vuoi di Luigi Pirandello, messo in scena da Squitieri, rappresentato in una tournée teatrale in Italia, nel 2005 Doux oiseaux de jeunesse di Tennessee Williams, messo in scena da Philippe Adrien, e nel 2006-2007 Lo zoo di vetro, sempre di Williams, diretto da Andrea Liberovici, spettacolo in cui veste i panni di Amanda Wingfield.
Nonostante il suo impegno a teatro, non perde di vista la grande passione che ha nei riguardi del cinema. Nel 2002 recita in And Now... Ladies & Gentlemen del regista francese Claude Lelouch, mentre l'anno successivo è presidente di giuria alla sessantaquattresima edizione di Miss Italia 2003, tenutasi a Salsomaggiore Terme. Il 5 marzo del 2009 le viene conferito il premio onorario World Tolerance Award durante la cerimonia annuale del Women's World Award, tenutasi a Vienna.
Nel 2011 la sua voce viene scelta per narrare il documentario naturalistico African Cats - Il regno del coraggio, realizzato da Disneynature. Manoel de Oliveira la vuole nel suo lungometraggio Gebo e l'ombra, mentre Fernando Trueba in El artista y la modelo. È una viscontessa nel film in costume Effie Gray - Storia di uno scandalo, con Dakota Fanning e Emma Thompson, mentre è la zia Rosa nella produzione italiana Rudy Valentino - Divo dei divi, con Alessandro Haber, dedicata al divo di Hollywood del cinema muto, Rodolfo Valentino.
Viene diretta dal regista esordiente Antonio Pisu nel sarcastico Nobili Bugie, commedia tragicomica che racconta la storia di una famiglia di nobili ormai decaduti, che per sopravvivere al proprio declino economico aiutano un gruppo di ebrei a rifugiarsi dalla guerra. È una grintosa mamma in Tutte le strade portano a Roma, commedia romantica con protagonisti Sarah Jessica Parker e Raul Bova, e torna in una piccola parentesi televisiva con Il bello delle donne... alcuni anni dopo.
Dopo la scomparsa di Pasquale Squitieri avvenuta nel 2017, torna con successo a teatro portando in scena La strana coppia, rappresentata nei maggiori teatri italiani, con la regia di Antonio Mastellone, un riadattamento al femminile del testo del drammaturgo statunitense Neil Simon, fortemente desiderato dallo stesso Squitieri.
Nella primavera del 2020 va in onda sulle reti televisive italiane e francesi la serie televisiva francofona Bulle che la vede protagonista insieme ad un cast corale, mentre nell'ottobre dello stesso anno viene distribuito sulla piattaforma Netflix il film Rogue City per la regia di Olivier Marchal. Nel 2022 e tra i protagonisti del film tunisino L'isola del perdono[96] di Ridha Behi, storia di accettazione e integrazione ambientata negli anni cinquanta, presentato in concorso al Cairo International Film Festival. Il 29 maggio dello stesso anno viene inaugurata a Tunisi, presso il quartiere della Piccola Sicilia a La Goletta, sua zona d'origine, una strada intitolata a suo nome[97].
Dal 3 al 21 febbraio 2023 il Museum of Modern Art di New York le rende omaggio allestendo una retrospettiva con il restauro da parte di Cinecittà di alcune sue pellicole[98], e ritorna a recitare nel cortometraggio biografico Un Cardinale Donna, per la regia di Manuel Perrone.[99] Viene inoltre presentato il libro Claudia Cardinale. L'indomabile-The indomitable che la racconta, edito da Cinecittà ed Electa, e curato personalmente dalla figlia[100].
Appena ventenne dà alla luce il suo primo figlio di nome Patrick, che nasce a Londra il 19 ottobre 1958, il quale ha lavorato come designer di gioielli per oltre 15 anni a New York. Patrick nasce da uno stupro compiuto da un uomo che l'aveva rapita, forzandola a salire sulla sua auto[101][102]; fu cresciuto con la famiglia, che si trasferì definitivamente a Roma quando la Cardinale iniziò la sua carriera d'attrice. Il padre naturale del bambino le avrebbe inviato molte lettere, tutte stracciate da Cristaldi a sua insaputa, e avrebbe voluto anni dopo riconoscerlo, ma Patrick rifiutò[103].
È stata sposata con il produttore cinematografico italiano Franco Cristaldi dal 28 dicembre 1966 con una cerimonia da lui stesso organizzata ad Atlanta negli Stati Uniti, ma la loro convivenza era iniziata molti anni prima, sebbene tenuta segreta a causa delle leggi italiane che non permettevano il divorzio, dal momento che Cristaldi era precedentemente sposato; i due si lasciarono definitivamente nel 1975.
Nel 1974 durante le riprese di un film, incontra il regista napoletano Pasquale Squitieri,[102] noto per i suoi film di critica sociale, con cui successivamente ha iniziato un lungo sodalizio artistico. Ha vissuto con lui dal 1975 al 1999: sua figlia Claudia è nata da questo legame.[104] Nel 1979 diventa nonna per la prima volta di Lucilla, figlia di Patrick, e diventa nonna una seconda volta nel 2013 di Milo, figlio di Claudia.
Parla fluentemente cinque lingue: italiano, francese, inglese, spagnolo e arabo tunisino. Claudia Cardinale risiede stabilmente in Francia. Negli anni sessanta ebbe, per sua stessa ammissione, un breve flirt con Marlon Brando.[105]
«Io non mi sono mai considerata un'attrice. Sono solo una donna con una certa sensibilità: è con quella che ho sempre lavorato. Mi sono accostata ai personaggi con grande umiltà: cercando di viverli dal di dentro, usando me stessa, e senza far ricorso a nessun tipo di tecnica.[106]»
Dedicatasi alla recitazione in maniera piuttosto casuale, senza coltivare particolari ambizioni,[107] Cardinale ha mantenuto per tutta la carriera un atteggiamento piuttosto naif verso il proprio lavoro, convinta di non averlo né conquistato né meritato.[108] Ha frequentato alcune scuole, fra cui il Centro Sperimentale, ma senza crederci davvero, facendo affidamento piuttosto sulle proprie esperienze di vita. «Io amo calarmi nei personaggi con l'esperienza che ho della vita, della mia vita. Mi piace recitare, per la possibilità che mi dà di vivere, oltre la mia, altre vite, altre storie. Parto da me, e cerco di inventarmi nuovi modi di essere donna».[106]
Nei suoi primi film recitava letteralmente terrorizzata, salvata dalla propria fotogenia, finché con il suo primo vero ruolo importante, drammatico, in Un maledetto imbroglio, grazie a Pietro Germi, uomo chiuso, scontroso, di poche parole, piuttosto simile a lei, con il quale c'è stata un'immediata affinità,[38] cominciò a capire veramente e apprezzare il mestiere dell'attore. «Pietro Germi è stato il primo che mi ha insegnato che cos'era veramente la recitazione»,[109] «mi si è messo vicino, durante la lavorazione del film, e mi ha spiegato, scena per scena, cosa significava, cosa dovevo esprimere [...] Per la prima volta, con Pietro Germi, mi sono sentita a mio agio davanti alla macchina da presa, ho cominciato a capire che potevo fare tutt'uno con quell'occhio fisso su di me (...) Ho cominciato a vivere la cinepresa nel ruolo di un'amica, la mia complice».[24] Soprattutto cominciò a capire quale fosse il proprio "metodo". «Mi sono resa conto [...] che per recitare usavo molto la mia vita interiore, che il mio modo di essere attrice era di mettere me stessa dentro i miei personaggi. Il mestiere del cinema, non per scappare dalla vita, ma per viverla meglio di come ho vissuto la vita vera, se non altro con più sincerità e consapevolezza».[110]
Se Un maledetto imbroglio di Germi segnò l'inizio della sua evoluzione come attrice, l'esperienza del Gattopardo con Luchino Visconti ne segnò invece la maturazione. Visconti le insegnò, soprattutto, ad avere una piena consapevolezza del proprio corpo: «Mi ha insegnato a guidare, e a non farmi guidare ciecamente dal corpo. Mi ha restituito, se così posso dire, uno sguardo, il sorriso».[55]
I molti, proficui rapporti professionali e anche personali instaurati nel corso della sua carriera con diversi registi, da Germi a Zurlini, da Bolognini a Visconti, l'hanno convinta che il rapporto stabilito sul set con il regista sia determinante per la riuscita del film.[109] «Considero che la cosa più importante, per fare bene il lavoro di attore o di attrice, sia l'atteggiamento verso il regista. Con lui penso che debba esistere una specie di transfert: l'attore deve capire quello che il regista si aspetta e a questo punto gli basterà seguire quella prima intuizione, una specie di impulso. Il segreto è nel lasciarsi andare».[106]
Il suo atteggiamento distaccato verso il proprio lavoro è stato certamente influenzato dall'immagine non idilliaca ottenuta dalla frequentazione dei colleghi, «Tanta gente cupa, silenziosa, pochissimo comunicativa.»[111]
«Le donne che fanno il mio mestiere spesso sono disperate. Gli uomini, solitari, quasi sempre e quasi tutti: aspettano di esprimersi solo davanti alla macchina da presa. Che Dio conservi tra noi gli ironici, quelli che amano la vita più del loro lavoro. E soprattutto i pazzi.[112]»
Considerata per antonomasia una delle sex symbol per eccellenza degli anni sessanta, tra le maggiori bellezze nazionali del suo tempo, per il suo inconfondibile e avvenente stile glamour e per le sue doti recitative, spesso accostata alla figura della femme fatale, è stata tra le maggiori figure femminili ad indossare abiti per alcuni tra i più grandi stilisti al mondo, tra cui: Mary Quant, Yves Saint Laurent, Rocco Barocco, Renato Balestra, Roberto Capucci, Nina Ricci, Irene Galitzine, Paco Rabanne, Emilio Schuberth, mentre negli anni più recenti predilige stoffe e tessuti di Giorgio Armani. Lo stilista dedicherà all'attrice una serie di collezioni durante gli anni ottanta.
Nell'estate del 2019, con la collaborazione della famosa casa d'aste internazionale Sotheby's, ha messo all'asta una parte della sua collezione privata di vestiti, di diverse tipologie, forme e colori, utilizzati sul set ma anche in importanti eventi pubblici, alle première e a festival cinematografici. Tra i capi più significativi della collezione, il celebre abito indossato durante la cerimonia dei Premi Oscar 1965. In contemporanea con l'asta, è stata allestita a Parigi una mostra per l'esposizione al grande pubblico. Per diversi anni ha anche rappresentato la Van Cleef & Arpels[113].
Convinta che gli artisti, in quanto punto di riferimento e voce di chi non può parlare, abbiano il dovere di essere generosi con gli altri come la vita lo è stata con loro.[114] Claudia Cardinale ha sempre adottato posizioni politiche improntate a idee progressiste e innovative, e ha speso il suo impegno pubblico per promuovere e sostenere il rispetto dei diritti umani con il sostegno di Amnesty International, sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani. In particolar modo ha concentrato le sue attività per la causa umanitaria dei diritti delle donne, per la loro emancipazione, per il diritto all'indipendenza e all'istruzione, ed è madrina di un'associazione per la lotta contro l'AIDS, mentre nel marzo del 2000 è stata nominata ambasciatrice di buona volontà (Goodwill Ambassador) dell'UNESCO.[115]
Inoltre nel 2006 sostiene la causa per la Giornata mondiale dell'acqua, che mette l'attenzione delle persone sulla difficile situazione presente nel mondo; la disuguaglianza di cui un miliardo di persone sono impossibilitati ad ottenere l'accesso all'acqua pulita e potabile, e la sostenibilità degli habitat acquatici.
È stata membro ufficiale del comitato di sostegno alla candidatura della socialista Anne Hidalgo alle elezioni municipali di Parigi.[116]
Nel 2023 viene istituita la fondazione Claudia Cardinale che ha come scopo primario aiutare i giovani artisti provenienti da tutto il mondo ad emergere e farsi strada nel mondo dello spettacolo, contribuendo in maniera attiva e diretta al dialogo tra l'espressione artistica contemporanea e il sapere scientifico.
È impegnata alla sensibilizzazione di temi caldi come la violenza sulle donne e l'ecologia,[100] attività già svolta in precedenza insieme a Green Cross Italia, di cui è vicepresidente dal 2007, facendo anche parte del comitato per il Green Drop Award, un premio che viene assegnato annualmente alla Mostra internazionale d'arte cinematografica, destinato a film che meglio raccontano i valori dell'ecologia, della sostenibilità e della cooperazione fra i popoli.
Nel 1997 il coltivatore di rose francese Dominique Massad dei Guillot le dedica un ibrido commerciale di rosa a suo nome, dai petali profumati e di una tonalità di giallo ambra profondo.[senza fonte]
In occasione della 77ª edizione del Festival di Cannes, l'attrice viene omaggiata dalla kermesse, che sceglie appositamente per lei una sua immagine scattata a Roma agli esordi della sua carriera, come manifesto ufficiale dell'evento.
Claudia Cardinale è apparsa in diversi documentari, per raccontare se stessa e la propria carriera, o per rendere la propria testimonianza sulle personalità cinematografiche incontrate e conosciute nel corso degli anni.
Claudia Cardinale era solita doppiare se stessa in molteplici film di nazionalità italiana ma anche di quella straniera, trascurando tuttavia di farlo in alcuni film americani una volta tornata in patria. Per le sue singolari caratteristiche vocali, agli albori della sua carriera, con una certa regolarità fino al termine degli anni sessanta, più raramente fino al 1979, è stata doppiata in lingua italiana da diverse attrici:[119]
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