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attore, regista e sceneggiatore francese (1927-2020) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Robert Hossein, pseudonimo di Robert Hosseinhoff (Parigi, 30 dicembre 1927 – Essey-lès-Nancy, 31 dicembre 2020), è stato un attore, regista e sceneggiatore francese.
Robert Hossein nacque il 30 dicembre 1927 nel 12º arrondissement di Parigi (Senna). Suo padre, André Hossein (nato Aminoullah Hosseinoff) era un compositore di origine azera-iraniana, di fede zoroastriana,[1][2][3] nato russo nel 1905 a Samarcanda (o ad Aşgabat[4][5]). Sua madre, Anna Mincovschi era un'attrice ebrea di Soroca (Bessarabia[6][7], città della Moldavia d'oggi). La famiglia viveva in condizioni modeste all'ultimo piano in rue de Vaugirard[8]. Durante l'infanzia venne messo in collegio, ma spesso si ritrovò cacciato quando i suoi genitori non erano in grado di pagare la quota d'iscrizione. Dopo la licenza di scuola elementare interruppe gli studi,[8] pentendosi in seguito di essere solo un "autodidatta".
Alla fine della seconda guerra mondiale visse nel quartiere di Saint-Germain-des-Prés, dove conobbe Jean-Paul Sartre, Jean Genet e Boris Vian. Deciso a intraprendere la professione di attore, prese lezioni di teatro con René Simon e Tania Balachova. Grazie a un ruolo nella commedia Les Voyous che scrisse e diresse al Théâtre du Vieux-Colombier, ottenne il suo primo successo di pubblico a soli 19 anni.
Hossein esordì nel cinema nel 1948 con un piccolo ruolo nel film Les souvenirs ne sont pas à vendre, poi in quello stesso anno recitò, non accreditato, nel film Il diavolo zoppo di Sacha Guitry. Atletico e con un volto affascinante dai tratti slavi[9], nella prima parte della sua carriera interpretò in genere personaggi scomodi di delinquente senza scrupoli, come quello di Rémy Grutter in Rififi (1955)[9], o individui tormentati come René Brunel, il povero studente che uccide una vecchia usuraia ne I peccatori guardano il cielo (1957), ispirato al romanzo Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij. Successivamente raggiunse la notorietà recitando, fra le altre, accanto a celebri dive come Brigitte Bardot ne Il riposo del guerriero (1962) di Roger Vadim, in cui interpretò un inquieto scrittore sull'orlo del suicidio[9], e Sophia Loren in Madame Sans-Gêne (1961) di Christian-Jaque.
Nel 1964 ottenne grande successo internazionale interpretando il ruolo di Joffrey de Peyrac accanto a Michèle Mercier in Angelica, tratto dal romanzo Angelica la Marchesa degli Angeli di Anne e Serge Golon. Tornerà ad interpretare il ruolo in altri tre film della serie, La meravigliosa Angelica (1966), L'indomabile Angelica (1967) e Angelica e il gran sultano (1968). Nello stesso anno recitò nuovamente con la Mercier in L'amante infedele di Christian-Jaque. Durante il decennio partecipò anche al dittico di spionaggio composto da OSS 117 minaccia Bangkok (1964) e Niente rose per OSS 117 (1968).
Tornò a recitare con Brigitte Bardot nel film Una donna come me (1972), nuovamente con la regia di Roger Vadim, in cui interpretò un ironico seduttore[9]. In Prêtres interdits (1973), interpretò uno dei suoi ruoli migliori, il sacerdote cattolico Jean che si innamora di Claude Jade all'epoca della Seconda Guerra Mondiale, viene sospeso e poi si avvicina all'ideologia comunista. Notevoli furono anche le sue interpretazioni nel cinema poliziesco in pellicole di gran successo come Gli scassinatori (1970) di Henri Verneuil e Joss il professionista (1980) di Georges Lautner. Nel corso della sua carriera, collaborò anche col cinema italiano, lavorando con celebri registi. Tra le sue migliori interpretazioni, quella del rivoluzionario Leonida Montanari nella pellicola Nell'anno del Signore (1969), film storico-risorgimentale diretto da Luigi Magni.
Senza abbandonare l'attività di attore, dalla metà degli anni cinquanta Hossein si dedicò con alterni risultati anche alla regia, prediligendo storie drammatiche e a forti tinte[9][10], debuttando dietro la macchina da presa nel 1955 con Gli assassini vanno all'inferno, adattamento dell'opera teatrale Les salauds vont en enfer,[11] del suo amico Frédéric Dard, nel quale apparve anche come attore. In seguito diresse Nella notte cade il velo (1958), considerato la sua opera migliore come regista[9], e La belva di Düsseldorf (1965), omaggio al maestro Fritz Lang[9]. Per tutta la sua carriera continuerà su questa strada, alternando la regia alla recitazione, e tentando anche un'incursione nel genere western con Cimitero senza croci (1968), film che diresse e interpretò accanto a Michèle Mercier, ma che ebbe scarso successo[9].
Nel 1981 ritornò al cinema con Bolero di Claude Lelouch[12]. L'anno seguente diresse una versione monumentale del romanzo di Victor Hugo, I miserabili, a cui diede l'impostazione teatrale a lui più congeniale.[9] Nel 1986 recitò accanto alla moglie Candice Patou in Le caviar rouge, adattamento di una sua opera da parte dell'amico Frédéric Dard. Nel 1989 recitò accanto ad Emmanuelle Béart in Les enfants du désordre di Yannick Bellon e nel 1999 accanto a Audrey Tautou in Sciampiste & Co. di Tonie Marshall. Nel 2009 apparve in una scena al fianco di Jean-Paul Belmondo nel film Un uomo e il suo cane, diretto da Francis Huster.
L'interesse di Hossein per la regia teatrale coincise con l'ultimo periodo del genere Grand Guignol, specializzato in spettacoli di tema macabro e violento. In collaborazione con Frédéric Dard, mise in scena titoli come Docteur Jekyll et Mister Hyde, La Chair de l'orchidée (da James Hadley Chase), o ancora L'Homme traqué (da Francis Carco).
Nel 1970 assunse la direzione del teatro popolare di Reims, sperimentando un teatro trattato come un vero spettacolo cinematografico, utilizzando lo slogan il teatro come si vede solo al cinema.[13] Nel 1973 diresse Isabelle Adjani in La casa di Bernarda Alba di Federico García Lorca, che consacrò l'attrice, entrata subito dopo a far parte della Comédie-Française. Hossein l'aveva vista in un caffè vicino al Conservatoire national supérieur d'art dramatique di Parigi ed era riuscito a convincere i genitori della giovane a lasciarla andare a Reims. Oltre alla Adjani, lanciò la carriera di un'intera generazione in ascesa di giovani attori che in seguito sarebbero diventati famosiː Isabelle Huppert (Per chi suona la campana di Ernest Hemingway), Anémone (La Prison di Georges Simenon), Jacques Villeret (Le furberie di Scapino di Molière) e Jacques Weber (Delitto e castigo e Les Bas-Fonds).
Le sue produzioni divennero via via sempre più spettacolari dal punto di vista scenico, tanto da richiedere ingenti risorse e finanziamenti. Quando, nel 1976, le autorità pubbliche locali decisero di non sostenere più tale impegno finanziario, Hossein lasciò Reims e tornò a Parigi, dove creò una propria compagnia e intraprese una serie di quelli che definì "i grandi spettacoli" al Palais des Sports e al Palais des Congrès, con messe in scena grandiose e caratterizzate da un gran numero di attori e comparse, una profusione di risorse in pirotecnica, sistemi audio, proiezioni, per immergere gli spettatori nel cuore dello spettacolo.
La prima delle sue superproduzioni fu, nel 1975, La Prodigieuse Aventure du cuirassé Potemkine, scritto insieme agli storici Alain Decaux e Georges Soria. Fu André Castelot ad affiancare Hossein nelle sue più grandi produzioni: Notre-Dame de Paris (1978), Danton et Robespierre (1978), Les Misérables (1980), che ebbe molto successo e venne poi ripreso nel West End e in seguito a Broadway, Un homme nommé Jésus (1983), La Liberté ou la mort (1988), Je m’appelais Marie-Antoinette (1993) e 1940-1945: de Gaulle, celui qui a dit non (1999).
Nel 1987 portò in scena lo spettacolo L'Affaire du courrier de Lyon, ricostruzione di un processo in corte d'assise, in cui introdusse l'innovativo espediente di coinvolgere il pubblico, facendolo partecipare allo spettacoloː i primi cento spettatori a rispondere all'invito presero posto sul set per formare una giuria popolare; terminato il processo, avevano solo dieci secondi per esprimersi sulla colpevolezza dell'imputato e il voto veniva visualizzato su uno schermo. Sei anni dopo, nello spettacolo Je m'appelais Marie-Antoinette, l'intero pubblico fu invitato durante l'intervallo a votare sul destino della regina Maria Antonietta al termine del processo. Hossein ripeterà tale formula anche in L'Affaire Seznec, un procès impitoyable nel 2010.
L'apice delle sue fastose produzioni venne raggiunto nel 2004 con Ben-Hur, uno spettacolo con 500 comparse, un budget di 13 milioni di euro e la mitica corsa delle bighe dell'omonimo film ricostruita allo Stade de France da sette carri trainati da ventotto cavalli. Tuttavia, quando i suoi grandi spettacoli pian piano ebbero sempre meno successo, Hossein tornò al repertorio classico. Direttore dal 2000 del Théâtre Marigny, su proposta dell'industriale François Pinault che ne aveva la concessione, Hossein diresse, fra gli altri, un adattamento di La signora delle camelie in cui tornò a lavorare con Isabelle Adjani. Nel 2008 lasciò la direzione del Théâtre Marigny.
I suoi ultimi grandi spettacoli furono influenzati dal suo interesse verso tematiche religiose: N’ayez pas peur! Jean Paul II nel 2007 al Palais des Sports e Una donna di nome Maria, creati per uno spettacolo unico nell'agosto 2011, rappresentato davanti a 25.000 spettatori e 1.500 malati a Lourdes. Dal 2015, con Stéphane Bern ed Ève Ruggieri, si prestò come voce narrante dello spettacolo Le Fabuleux Noël du château de Maintenon, nella scena che ripercorre la visita di Winston Churchill al Castello di Maintenon, quartier generale dell'ammiraglio François Darlan.
Nel 1955 Hossein sposò l'attrice Marina Vlady, dalla quale ebbe due figli, Igor e Pierre. La coppia divorziò nel 1960.
Nel 1962 sposò Caroline Eliacheff, la figlia quindicenne della giornalista e scrittrice Françoise Giroud, dalla quale ebbe un figlio, Nicolas, nato nel 1963 e diventato Aaron Eliacheff, rabbino a Strasburgo, dove tiene lezioni di religione.[14][15] Hossein e la Eliacheff divorziarono nel 1964.
Nel 1973 si legò alla ventiduenne attrice Michèle Watrin (che interpretava la cugina di Claude Jade in Prêtres interdits). L'anno successivo, poco prima del loro matrimonio, la donna morì in un incidente automobilistico nel quale Hossein rimase gravemente ferito.[16] Nel 1976 sposò a Reims Candice Patou.[17], dalla quale ebbe il figlio Julien.
Negli anni settanta fece amicizia con il cappellano del teatro popolare di Reims di cui era responsabile.[18] Figlio di un'ebrea russa e di un azero-iraniano di fede zoroastriana, venne battezzato nella religione cattolica nel 1977, quando aveva quasi 50 anni[19] contemporaneamente a suo figlio Julien.
Particolarmente devoto a Santa Teresa di Lisieux, nel 2007 presentò uno spettacolo dal titolo N'ayez pas peur sulla vita di Giovanni Paolo II[20]. Nel aprile 2016 venne ricevuto da Papa Francesco in Piazza San Pietro a Roma. Dichiarò poi a Radio Vaticana le sue motivazioni per la difesa di un teatro popolare "che permetta ai giovani di trovare prospettive di cultura, significato e fede"[19].
Robert Hossein è morto il 31 dicembre 2020, Il giorno dopo il suo 93º compleanno presso la clinica di Essey-les-Nancy a seguito di un problema respiratorio.[21][22][23][24] La vedova ha negato che il marito sia stato vittima del COVID-19, smentendo dunque le indiscrezioni date inizialmente dalla stampa francese e anche internazionale.[25].
Dopo le esequie celebrate nella chiesa di Saint-Rémy, Hossein venne sepolto il 6 gennaio 2021 a Vittel (Vosgi) alla sola presenza della famiglia. Una messa in sua memoria si è tenuta il 9 febbraio 2021 nella Chiesa di Saint-Sulpice di Parigi, celebrata dall'arcivescovo Michel Aupetit[26][27] e trasmessa in diretta dal canale televisivo KTO, sulla sua antenna e sul suo sito ktotv.com[25].
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