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attore e pilota di moto e auto statunitense (1930-1980) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Terence Stephen McQueen (Beech Grove, 24 marzo 1930 – Ciudad Juárez, 7 novembre 1980) è stato un attore statunitense.
Allievo dell'Actors Studio di New York, è stato uno dei più celebri attori tra gli anni '60 e gli anni '70. Fu famoso per il suo atteggiamento spericolato e da anti-eroe, uno dei precursori del cinema d'azione moderno (insieme a Clint Eastwood) e, nonostante sia sempre stato un attore piuttosto problematico per registi e produttori, riuscì sempre a ottenere ruoli di grande rilievo e ingenti compensi.
Soprannominato "King of cool", rappresenta un punto di riferimento nel mondo della moda maschile, per i capi e gli accessori indossati sul set e in vita, poi diventati iconici.
Figlio di un pilota di biplano prestato al circo, William McQueen, che abbandonò la moglie, Julia Ann Crawford[1], il piccolo Steve fu mandato a vivere a Slater, nel Missouri, presso uno zio. All'età di 12 anni tornò a vivere con la madre, che nel frattempo si era trasferita a Los Angeles, in California. A 14 anni era già membro di una gang di strada e la madre si vide costretta a mandare il ragazzo presso una scuola di correzione californiana, la California Junior Boys Republic presso Chino Hills.
Abbandonato l'istituto, McQueen entrò nel corpo dei Marines dove prestò servizio dal 1947 al 1950. Nel 1952, grazie a un prestito fornito agli ex soldati, incominciò a frequentare i corsi di recitazione presso l'Actors Studio di Lee Strasberg a New York. Dei 2000 candidati presentatisi alle selezioni, solo lui e Martin Landau riuscirono a entrare nella scuola. Nel 1955 esordì a Broadway.
McQueen esordì nel mondo del cinema con un piccolo ruolo nel film Lassù qualcuno mi ama (1956) di Robert Wise, ma il suo primo film da protagonista fu Fluido mortale (1958) di Irvin Yeaworth. La sua prima grande interpretazione può essere considerata quella del cowboy Vin nel western I magnifici sette (1960) di John Sturges, regista che lo aveva precedentemente diretto in un altro suo film, Sacro e profano (1959), in un ruolo minore. L'anno successivo fu la volta del film bellico L'inferno è per gli eroi (1961) di Don Siegel, in cui ritrovò James Coburn, con il quale aveva già lavorato ne I magnifici sette, e in cui interpretò il difficile ruolo di John Reese, un ex sergente che viene degradato per insubordinazione e per ubriachezza.
La definitiva consacrazione per McQueen giunse grazie al kolossal La grande fuga (1963), sempre diretto da John Sturges, in cui interpretò il ruolo dell'audace e spericolato capitano Virgil Hilts, uno dei personaggi che lo resero maggiormente celebre nel mondo del cinema. Nel 1965 il regista Norman Jewison lo scritturò per Cincinnati Kid (1965), dove McQueen interpretò il ruolo del giocatore di poker Eric Stoner, in un'intensa e carismatica interpretazione. Nel 1966, diretto da Robert Wise nel film Quelli della San Pablo, McQueen ottenne la sua prima e unica candidatura all'Oscar come miglior attore protagonista, senza riuscire a vincerlo.[2] Norman Jewison tornerà a dirigere McQueen nell'elegante Il caso Thomas Crown (1968), affiancandolo a Faye Dunaway. Nello stesso anno l'attore venne diretto da Peter Yates nel poliziesco Bullitt (1968).
Nella prima metà degli anni settanta McQueen consolidò la propria fama quando Sam Peckinpah gli propose un ruolo da protagonista nel western moderno L'ultimo buscadero (1972), in cui l'attore riuscì in modo sorprendente a farsi apprezzare dal regista, tanto da proseguire la collaborazione con lui in un altro ruolo da protagonista, questa volta nel poliziesco Getaway! (1972). L'anno successivo fu la volta di Papillon (1973), pellicola avventurosa di ambiente carcerario, diretta dal regista Franklin J. Schaffner. Il personaggio di Henri Charrière, un galeotto realmente esistito, nonché autore dell'omonimo romanzo da cui è tratto il film, viene considerata da molti l'interpretazione fisicamente ed esteticamente migliore e più impegnativa di McQueen.
L'anno dopo John Guillermin lo diresse in un ambizioso progetto di genere catastrofico, il kolossal L'inferno di cristallo (1974), accanto a Paul Newman e a William Holden. Nella seconda metà degli anni settanta la carriera dell'attore entrò in una fase di declino. Nel 1980 interpretò Tom Horn nell'omonimo film diretto da William Wiard. La sua ultima apparizione sul grande schermo, prima della sua prematura scomparsa, fu nel film Il cacciatore di taglie (1980), un poliziesco con sfumature comiche, diretto da Buzz Kulik.
Nel 1979 gli venne diagnosticato un mesotelioma pleurico, un tumore associato all'esposizione all'amianto, materiale spesso impiegato negli ambienti frequentati da McQueen durante la sua vita (navi, studi cinematografici, ambienti motoristici). Morì in una clinica messicana in seguito a due consecutivi attacchi cardiaci, alle 15:45 del 7 novembre 1980, accanto all'ultima moglie e all'istruttore di volo e amico Sammy Mason. Ventiquattro ore prima gli era stata rimossa chirurgicamente una grossa massa metastatica all'addome. Fu cremato e le ceneri furono disperse nell'oceano Pacifico.
Il 2 novembre 1956 sposò l'attrice Neile Adams, dalla quale ebbe due figli: Terry (1959-1998, che morirà a soli 38 anni per emocromatosi) e Chad (1960-2024). Nel 1972 McQueen e Adams divorziarono.
Il 31 agosto 1973 McQueen sposò l'attrice Ali MacGraw, che recitò con lui nel film Getaway! La loro relazione, cominciata dopo che lei aveva abbandonato il marito, il produttore Robert Evans, per sposare McQueen, fu piuttosto tumultuosa e terminò con il divorzio nel 1978.
Il 16 gennaio 1980, dieci mesi prima di morire, McQueen sposò la modella Barbara Minty.
Negli anni sessanta ebbe una relazione con l'attrice Lauren Hutton e agli inizi degli anni settanta con l'attrice Barbara Leigh.
L'8 agosto 1969 avrebbe dovuto trovarsi nella villa al 10050 Cielo Drive, invitato dall'amico Jay Sebring, a trovare la comune amica Sharon Tate, la notte in cui furono uccisi dalla Famiglia Manson. Tuttavia, per un impegno dell'ultimo minuto, McQueen non si presentò all'appuntamento. L'attore fu talmente scosso dall'accaduto che, da quel momento, portò sempre con sé una pistola.
McQueen è ricordato, oltre che per il talento recitativo, anche per la sua passione per le corse, motociclistiche e automobilistiche. Quando ne aveva la possibilità, amava fare a meno di controfigure e appariva egli stesso nelle scene che solitamente venivano affidate agli stuntman.
Le più famose scene motoristiche vennero girate per il film Bullitt e nella sequenza della cattura finale di Hilts ne La grande fuga, quando McQueen cerca di raggiungere la Svizzera a bordo di una motocicletta Triumph TR6 Trophy mascherata come se fosse una BMW bellica. Soltanto la scena dell'ultimo salto sul filo spinato fu eseguita dallo stuntman Bud Ekins. McQueen aveva voluto provare la scena una prima volta, ma finì con una caduta e la produzione, per non rischiare un infortunio, impose alla star di punta di non riprovarci. In tutte le altre scene di inseguimento non vi fu mai il bisogno effettivo di uno stuntman.
Durante la sua carriera cinematografica McQueen si cimentò in parecchie gare e considerò più volte l'ipotesi di abbandonare il cinema per dedicarsi completamente alle corse.
Nel 1970 partecipò alle 12 ore di Sebring insieme a Peter Revson con una Porsche 908 (guidandola con un piede fasciato a causa di un precedente incidente motociclistico), arrivando primo nella sua categoria e secondo assoluto a soli 23" dai vincitori Ignazio Giunti, Nino Vaccarella e Mario Andretti su Ferrari 512 S.
Nel 1971 un'altra Porsche, la 917K, fu usata come camera car per girare il film Le 24 Ore di Le Mans. Il film fu un flop al botteghino e costituì un grosso fiasco nella carriera di McQueen, ma a distanza di anni viene ricordato come una realistica testimonianza su uno dei più famosi periodi della storia motoristica e come uno tra i migliori film di corse automobilistiche mai girato. McQueen comunque non partecipò alla 24 Ore del 1970 poiché la produzione del film negò il supporto all'attore nel caso in cui egli avesse gareggiato.
L'attore partecipò anche a parecchie gare motociclistiche durante gli anni sessanta e i settanta, a bordo perlopiù di una Triumph Bonneville e di una Triumph 500cc acquistata da Bud Ekins. Tra le altre competizioni prese parte anche alla Baja 1000, alla Mint 400, al Gran Prix di Elsinore e nel 1964 venne scelto per rappresentare gli USA alla Sei Giorni Internazionale di Enduro.
Alla sua morte, la sua collezione di moto comprendeva oltre 100 modelli per un valore di vari milioni di dollari.
Steve McQueen aveva posseduto alcune tra le più famose auto sportive dell'epoca come ad esempio:
Con suo grande dispiacere invece McQueen non riuscì mai a venire in possesso della Ford Mustang GT utilizzata nel film Bullitt. Secondo il regista del film, infatti, nessuna delle due auto (ancora oggi esistenti), utilizzate per le riprese, è mai stata posseduta dall'attore. Negli anni novanta, all'uscita in commercio della Ford Puma, un suggestivo fotomontaggio fece sì che McQueen la guidasse nello spot pubblicitario: nella sequenza si vede l'attore guidare la Puma per le strade californiane, e poi deporla in una autorimessa insieme con una replica della moto utilizzata ne La grande fuga e alla Ford Mustang GT del 1968. Un attimo dopo tutto sparisce e resta solo la Puma.
Nel marzo 2015 viene annunciata la realizzazione di un film biografico, grazie a un accordo tra la Lake Forerst Entertainment e la The Exchange. Il titolo provvisorio sembra essere, semplicemente, McQueen, e sarà in parte basato su una biografia del 2010 scritta da Marshall Terrill e intitolata “Steve McQueen: The Life and Legend of a Hollywood Icon”.
Premi Oscar 1967 – Candidatura all'Oscar al miglior attore per Quelli della San Pablo
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