Pietro Citati
scrittore, saggista, critico letterario e biografo italiano (1930-2022) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
scrittore, saggista, critico letterario e biografo italiano (1930-2022) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Pietro Citati (1930 – 2022), scrittore e critico letterario italiano.
Nel giardino di un mio amico, che qualche volta mi ospita per settimane, ho incontrato un vecchio operaio agricolo. Era un pensionato, ma siccome riusciva a vivere senza far nulla, ogni mattina lasciava la propria casa con i diversi strumenti del suo lavoro. Sapeva far tutto.
[Pietro Citati, Elogio del dilettante, (in la Repubblica del 9 febbraio 1997), Selezione dal Reader's Digest, ottobre 1997.]
Tutte le persone che incontrarono Franz Kafka nella giovinezza o nella maturità, ebbero l'impressione che lo circondasse una «parete di vetro». Stava là, dietro il vetro trasparentissimo, camminava con grazia, gestiva, parlava: sorridendo come un angelo meticoloso e leggero; e il suo sorriso era l'ultimo fiore nato da una gentilezza che si donava e si tirava subito indietro, si spendeva e si chiudeva gelosamente in sé stessa. Sembrava dire: «Sono come voi. Sono uno come voi, soffro e gioisco come voi fate». Ma, quanto più partecipava al destino e alle sofferenze degli altri, tanto più si escludeva dal gioco, e quell'ombra sottile di invito e di esclusione sul margine delle labbra assicurava che egli non avrebbe mai potuto essere presente, che abitava lontano, molto lontano, in un mondo che non apparteneva nemmeno a lui.
Si addormentò lentamente, si risvegliò confusamente. Klopstock gli reggeva la testa, e lui pensò che fosse la sorella Elli: «Vai via, Elli, non così vicino, non così vicino...». Poi, con un cenno brusco e inusuale, ordinò che l'infermiera uscisse: si strappò con forza la sonda e la buttò in mezzo alla stanza. «Basta con questa tortura. Perché prolungare?» Quando Klopstock si allontanò dal letto per ripulire la siringa, Kafka gli disse: «Non vada via». «No, vado via» disse Klpostock. Con voce profonda, Kafka ribatté: «Ma vado via io».
Il gatto s'annoia. Non voglio dire il gatto che vive all'aperto, e ha un'esistenza movimentata e interessantissima: caccia topi e farfalle, emigra, viaggia, lotta con gli altri gatti, combatte con i cani, e conserva nel corpo tarchiato e robusto, nell'aria spavalda e determinata, qualcosa del vigore degli antichi felini. Ma il gatto domestico, l'amabile genio che protegge le nostre case, si nasconde sotto i nostri mobili e carezza le nostre mani, si annoia profondissimamente.
Pochi esseri umani hanno desiderato la felicità con la veemenza, la dolcezza, l'ebbrezza febbrile di Marcel Proust adolescente. Forse solo il giovane Tolstoj, il quale gli era legato da singolari affinità e somiglianze, desiderò la felicità con la stessa ansia dolorosa e incontenibile: egli pretendeva che la vita restasse sé stessa, nient'altro che un attimo di tempo, eppure balzasse oltre un limite, diventando un misterioso al di là, un'epifania dell'invisibile e dell'oltretempo. Il giovane Proust fu felice, o almeno lo disse, lo raccontò e lo immaginò con sé stesso. Era felice perché un raggio di sole splendeva, perché odorava il profumo di un fiore, perché amava un ragazzo o una ragazza, perché voleva bene a sua madre, perché leggeva un bel libro, perché scopriva le grandi leggi dell'esistenza, e sopratutto perché «le cose sono così belle nell'essere quello che sono e l'esistenza è una bellezza così calma diffusa intorno a loro».
Un libro su Leopardi non può cominciare che come un'opera buffa: preferibilmente di Gioachino Rossini, che era nato vicino a Recanati, a Pesaro, e poi aveva infiammato Milano, Roma, Parigi e tutto il mondo musicale. Il protagonista di questa opera buffa non è Giacomo, sebbene amasse sino alle lacrime Il barbiere di Siviglia e La donna del lago, ma suo padre Monaldo, nato a Recanati nel 1766 da un'antica famiglia che risaliva, o diceva di risalire, al tredicesimo secolo.
Nell'aprile del 1831, Clementina Sanvitale entrò insieme alle sorelle minori, Paolina e Virginia, nel Collegio Lasagna di Parma. Aveva quattordici anni. [20]
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