[...] anche la vita (come il dramma) è fondata sull'azione, e lo scopo della vita è un'azione e non una condizione. I caratteri determinano la differenza, ma l'azione la felicità o la sventura.[1]
Si deve dunque filosofare, oppure congedarsi dalla vita e dipartirsi di qui; perché ogni altra cosa appare soltanto chiacchiera insensata e vana diceria.[2]
Chi si accinge a diventare un buon capo deve prima essere stato sotto un capo.[3]
Chiunque può arrabbiarsi, questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile.[4]
Contro chi solleva delle obiezioni a proposito di tutto bisogna schierarsi con ogni mezzo.[5]
Così ogni azione dipende da una o più delle seguenti sette cause: le possibilità, la natura, le costrizioni, l'abitudine, il ragionamento, la rabbia e l'appetito.[6]
Dunque, è meglio, come ben si vede, che la proprietà sia privata, ma si faccia comune nell'uso: abituare i cittadini a tale modo di pensare è compito particolare del legislatore.[7]
E alcuni affermano che l'anima è mescolata proprio nell'universo, per cui – forse – anche Talete ritenne che tutte le cose sono piene di dei.[8]
E sembra che anche Talete – secondo quanto tramandato – abbia supposto che l'anima sia qualcosa di motore, se davvero egli disse che il magnete possiede anima, dato che muove il ferro.[8]
Esercitare liberamente il proprio ingegno, ecco la vera felicità.[9]
Gli inferiori si ribellano per ottenere l'uguaglianza e coloro che hanno ottenuto l'uguaglianza si ribellano per ottenere dei privilegi.[11]
[Sui pitagorici] Hanno visto nei numeri gli attributi e i rapporti delle scale musicali.[12]
Il discorso falso trae le mosse da una falsa premessa.[13]
Ο δέ ψευδής λόγος γίνεται παρά τό πρώτον ψέυδος.
Il proverbio è un avanzo dell'antica filosofia, conservatosi fra molte rovine per la sua brevità ed opportunità.[14]
In tutte le realtà naturali v'è qualcosa di meraviglioso.[15]
La cultura è il miglior viatico per la vecchiaia.[16]
La cultura è un ornamento nella buona sorte ma un rifugio nell'avversa.[17]
La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli.[18]
La sfortuna rivela quelli che non sono effettivamente amici, ma che lo sono stati solo per interesse: il tempo rileva entrambi.[19]
La società politica esiste per perseguire azioni nobili e non per pura compagnia.[20]
Le radici della cultura sono amare, ma i frutti sono dolci.[17]
Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero.[21]
Lo studio è la migliore previdenza per la vecchiaia.[22]
Nel concepire un ideale possiamo presumere quel che vogliamo, ma dovremmo evitare le impossibilità.[23]
Non bisogna dunque porre ad un qualsiasi scienziato ogni possibile domanda, né uno scienziato dovrà rispondere a ogni domanda su qualsiasi argomento.[24]
Non s'ha da cercare se l'anima e il corpo sono uno, come non lo si fa per la cera e la impronta.[25]
Non si deve nutrire un infantile disgusto verso lo studio dei viventi più umili: [...] occorre affrontare senza disgusto l'indagine su ognuno degli animali, giacché in tutti vi è qualche cosa di naturale e di bello.[26]
Non si potrà mai dimostrare una proposizione di una certa scienza mediante un'altra scienza.[5]
Ogni azione prodotta dalla natura, per natura non può essere migliore.[27]
[Sugli assiomi] Proposizioni immediate che occorre necessariamente conoscere per apprendere qualche cosa.[28]
Quale vantaggio hanno i bugiardi? Che quando dicono la verità non sono creduti.[29]
Pensate da uomini saggi, ma parlate come la gente comune.[30]
Prima bisogna vivere, e dopo si può filosofare.[31]
[Sul sillogismo] Ragionamento nel quale, poste alcune premesse, deriva da queste, e in forza di queste, necessariamente qualcosa d'altro.[32]
Sedendo e riposando, l'anima diventa sapiente.[33]
Sedendo et quiescendo anima efficitur sapiens.
Senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se avesse tutti gli altri beni.[34]
Attribuite
Cos'è un amico? Una singola anima che vive in due corpi.
Citato in modo non esplicito in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi: "Interrogato che cosa sia un amico, rispose: «Un'anima sola in due corpi»" (V, 20).
Gli Ateniesi hanno inventato il frumento e le leggi: del frumento hanno poi sempre fatto uso, delle leggi mai.
Citato in modo non esplicito in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi: "Non si stancava di ripetere ad ogni occasione che gli Ateniesi avevano inventato frumento e leggi e che del frumento facevano uso, delle leggi no" (V, 17).
Gli uomini colti sono superiori agli incolti nella stessa misura in cui i vivi sono superiori ai morti.
Citato in modo non esplicito in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi: "Gli fu domandato quanto differiscano gli uomini colti dagli incolti e la sua risposta fu: «Tanto, quanto i vivi dai morti»" (V, 19).
Citato in modo non esplicito in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi: "Aristotele definì la bellezza fisica dono di dio" (V, 19).
La bellezza è la miglior lettera di raccomandazione.
Citato in modo non esplicito in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi: "Era solito dire che la bellezza vale più di qualsiasi lettera di raccomandazione" (V, 18); tuttavia, secondo Laerzio, altri attribuiscono tale definizione a Diogene.
La gratitudine è un sentimento che invecchia presto.
Citato in modo non esplicito in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi: "Interrogato su che cosa invecchi presto, rispondeva: «La gratitudine»" (V, 18).
La speranza è un sogno ad occhi aperti.
Citato in modo non esplicito in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi: "Gli fu chiesto che cosa sia la speranza e la sua risposta fu: «Sogno di uomo sveglio»" (V, 18).
Tra corpo e anima vige un rapporto materia-forma, come se l'anima fosse la vera forma del corpo. Chiedersi se corpo e anima siano la stessa cosa è una domanda priva di senso: è come domandarsi se sono la stessa cosa la cera e la forma della candela.
È in realtà una citazione di Luciano De Crescenzo, Storia della filosofia greca. Da Socrate in poi, Mondadori, 1988. La seconda parte corrisponde a Dell'anima, II, 412b (vedi).
Uno stato è governato meglio da un uomo ottimo che da una ottima legge.
Aristotele non afferma ciò, ma pone piuttosto la questione «se è più conveniente essere governati dall'uomo migliore o dalle leggi migliori» (Politica, III, 15, 1286a). Nella citazione errata in lingua inglese, lo "stato" è sostituito una "città": «It is better for a city to be governed by a good man, than by good laws.»
Ogni arte e ogni indagine, come pure ogni azione e scelta, a quanto si crede, persegue un qualche bene, e per questo il bene è stato definito, in modo appropriato, come ciò cui tutto tende. Ma appare evidente che vi è una certa differenza tra i fini: alcuni sono attività, altri sono opere che stanno al di là di quelle, e, quando si danno dei fini al di là dell'azione, in questo caso le opere sono migliori delle attività.
Platone è mio amico, ma la verità è ancora più mia amica. (I, 6, 1)[35]
Amicus Plato, sed magis amica veritas.
Noi diciamo dunque che è più perfetto il fine che si persegue di per se stesso che non quello che si persegue per un altro motivo e che ciò che non è scelto mai in vista d'altro è più perfetto dei beni scelti contemporaneamente per se stessi e per queste altre cose, e insomma il bene perfetto è ciò che deve esser sempre scelto di per sé e mai per qualcosa d'altro. Tali caratteristiche sembra presentare soprattutto la felicità; infatti noi la desideriamo sempre di per se stessa e mai per qualche altro fine; mentre invece l'onore e il piacere e la ragione e ogni altra virtù li perseguiamo bensì di per se stessi (infatti se anche essi dovessero esser privi di ulteriori effetti, noi desidereremmo ugualmente ciascuno di essi), tuttavia li scegliamo anche in vista della felicità, immaginando di poter esser felici attraverso questi mezzi. (I, 7, 1097a-b)
Come nelle Olimpiadi sono incoronati non i più belli e i più forti, ma quelli che partecipano alla gara (e tra di essi infatti vi sono i vincitori), così nella vita chi agisce giustamente diviene partecipe del bello e del buono. (I, 8, 1099a)
Le virtù noi le acquistiamo se prima ci siamo esercitati, come accade anche nelle arti. Ciò che infatti dobbiamo fare quando le abbiamo imparate, ciò lo impariamo attraverso la pratica. (II, 1, 1103a)[36]
L'errore avviene in molti modi (infatti il male è proprio dell'infinito, come raffigurano i Pitagorici, mentre il bene è proprio del finito), mentre l'esser retti avviene in un sol modo. (II, 6, 1106b)
È cosa propria di ciascuno e facile l'adirarsi, il donar denaro e lo spendere: invece il sapere con chi e quanto e quando e perché e come si deve far ciò, questo non è né proprio di ciascuno, né facile. (II, 9, 1109a)
Nessuno incolpi un uomo di essere brutto. (III, 5).[37]
Sembra che il millantatore sia uno che simuli cose illustri, che in realtà non possiede, o maggiori di quelle che possiede; l'ironico al contrario nega d'avere ciò che ha e cerca di diminuirlo. (IV, 7, 1127a)
Della verecondia non conviene parlare come di una virtù: infatti essa è più simile ad un sentimento che non a una disposizione d'animo. (IV, 9, 1128b)
La giustizia è la virtù più efficace, e né la stella della sera, né quella del mattino sono così meravigliose, e citando il proverbio diciamo: nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola. Ed è una virtù perfetta al più alto grado perché chi la possiede è in grado di usare la virtù anche verso gli altri e non soltanto verso se stesso. (V, I, 1129b)
Sarebbe assurdo [...] se qualcuno credesse che fosse la più eccellente o la politica o la saggezza, a meno che l'uomo non sia l'essere migliore del mondo. [...] Infatti vi sono altre cose molto più divine dell'uomo per natura, come le splendidissime luci di cui si compone il mondo. (VI, 7, 1141a-b)
Non è possibile essere virtuosi senza la saggezza, né essere saggi senza la virtù etica (VI, 13)
Senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se avesse tutti gli altri beni. (VIII, 1)
Facciamo guerra per essere poi in pace. (X, 7, 1177b)
Il non risentirsi delle offese è da uomo vile e schiavo.[38]
La virtù è in nostro potere, al pari del vizio, poiché quando agire è in nostro potere è in nostro potere anche il non agire.[39]
Non è possibile o non è facile mutare col ragionamento ciò che da molto tempo si è impresso nel carattere.
E poiché il tempo è misura [...] del movimento e dell'esser mosso, il tempo misura il movimento con il determinare un certo movimento che misurerà l'intero, così come il cubito misura la lunghezza con il determinare una certa grandezza che misurerà l'intero. Per il movimento «essere nel tempo» è essere misurato [...]. (IV, 11, 217-221[40])
È [...] sempre necessario indagare sulla causa suprema di ogni cosa.[41]
Il quarto ragionamento [di Zenone di Elea] è quello delle masse uguali che si muovono in senso contrario, le une dalla fine dello stadio, e le altre dalla metà con uguale velocità. In esso crede che si provi che sono un tempo uguale il tempo metà e il tempo doppio. Il paralogismo consiste in questo, nel ritenere che con la stessa velocità si percorra nello stesso tempo la stessa grandezza presa in un caso lungo un mosso e nell'altro lungo un immobile. Questo invece è falso. Siano ad esempio, ΑΑ le masse uguali fisse di cui si parla, e le altre siano ΒΒ che cominciano dal mezzo delle Α, pari a queste in numero e grandezza, e le altre ancora ΓΓ, che cominciano dall'estremo, pari a queste in numero e grandezza e dotate della stessa velocità delle Β. Avviene che il primo Β e il primo Γ giungano insieme all'estremo, muovendosi gli uni lungo gli altri. Avviene inoltre che Γ abbia trascorso lungo tutti i Β e i Β invece lungo la metà. Di conseguenza il tempo è la metà; infatti ugual tempo sta ciascuno lungo ciascuno. Insieme avviene che i Β sono passati lungo tutti i Γ infatti saranno insieme il primo Γ e il primo Β agli estremi contrari, stando [Γ] lungo ciascuno degli Α, come dice, in quanto gli uni e gli altri sono per un tempo uguale lungo gli Α.
Secondo è l'argomento [di Zenone di Elea] detto Achille. Questo sostiene che il più lento non sarà mai raggiunto nella sua corsa dal più veloce. Infatti è necessario che chi insegue giunga in precedenza là di dove si mosse chi fugge, di modo che necessariamente il più lento avrà sempre un qualche vantaggio. Questo ragionamento è lo stesso della dicotomia, ma ne differisce per il fatto che la grandezza successivamente assunta non viene divisa per due. Dunque il ragionamento ha per conseguenza che il più lento non viene raggiunto ed ha lo stesso fondamento della dicotomia (nell'un ragionamento e nell'altro infatti la conseguenza è che non si arriva al termine, divisa che si sia in qualche modo la grandezza data; ma c'è di più nel secondo che la cosa non può essere realizzata neppure dal più veloce corridore immaginato drammaticamente nell'inseguimento del più lento), di modo che la soluzione sarà, per forza, la stessa.
Terzo è questo argomento [di Zenone di Elea]: che la freccia in moto sta ferma. Esso poggia sull'assunzione che il tempo sia composto di istanti: se infatti non si concede questo il ragionamento non corre.
Sono infatti presenti nella maggior parte degli esseri animati tracce delle disposizioni dell'anima che negli uomini presentano tuttavia differenze più evidenti: in effetti, la mansuetudine e la selvatichezza, la docilità e l'aggressività, l'indole coraggiosa e la codardia, le paure e gli atteggiamenti audaci, gli impulsi e le astuzie e certi tratti di intelligenza applicati alla facoltà di comprendere che si presentano simili a quelli dell'uomo si trovano in molti di essi, in maniera analoga a come è per le parti del corpo. Alcuni animali, infatti, differiscono dagli uomini per il più e il meno, e così avviene per l'uomo se paragonato con molti degli animali (giacché alcune delle dette disposizioni sono presenti in misura superiore nell'uomo, alcune negli altri animali); altri animali invece differiscono in base all'analogia. Come infatti nell'uomo ci sono l'arte, la saggezza e la capacità di comprendere, così in alcuni animali c'è una facoltà diversa ma rapportabile a queste che è insita per natura. (VIII, 1; 2015, p. 15)
Nei bambini, benché si possano vedere peculiari disposizioni che avranno sviluppo in seguito, si nota tuttavia come il loro spirito, in questo periodo [dell'infanzia], non sia praticamente differente da quello degli animali selvatici, da che non è illogico dedurre che alcuni caratteri sono i medesimi in tutti gli animali. (VIII, 1[42])
Ciò che è conforme a natura è dolce. (VIII, 1; 2015, p. 17)
Il delfino, infatti, tende a entrambe le nature [acquatica e terricola]. E infatti immette nel corpo l'acqua marina, che poi espelle dallo sfiatatoio, e, al contempo, immette aria per mezzo dei polmoni. Questi animali, in effetti, posseggono questo organo e respirano. Perciò, quando viene catturato con le reti, il delfino soffoca velocemente perché non riesce più a respirare. E quando si trova fuori dall'acqua rimane in vita per molto tempo gemendo e mugghiando, proprio come fanno gli altri animali che respirano. E ancora, quando dorme, fa emergere il muso al di sopra della superficie dell'acqua per respirare. (VIII, 2; 2015, p. 18)
Le attinie si nutrono di piccoli pesci che corrono loro incontro. Questo animale ha la bocca in mezzo al corpo. La cosa si vede chiaramente soprattutto negli esemplari di grande taglia. Questi esseri hanno, come le conchiglie, un orifizio attraverso cui viene espulso il nutrimento. Questo orifizio si trova nella parte superiore del corpo. Sembra infatti che l'attinia – in maniera analoga alle conchiglie che hanno la parte carnosa all'interno – si serva di una roccia come valva. (VIII, 2; 2015, p. 19)
Fra gli esseri dotati di valve che hanno capacità di movimento, quelli che si cibano di animali si nutrono di piccoli pesciolini, come per esempio il murice (è infatti carnivoro, e per questo viene catturato con esche simili a questi animaletti), gli altri invece si nutrono di piante marine. (VIII, 2; 2015, pp. 19-20)
Le tartarughe di mare si cibano di piccole conchiglie (la loro bocca è infatti la più potente fra quella di tutti gli altri animali: qualsiasi cosa prendano con questa parte del corpo, sia essa una pietra o qualsiasi altra cosa, la mangiano e la fanno a pezzi) e, quando escono dall'acqua, brucano l'erba. Tuttavia, entrano in ambasce e spesso muoiono quando, emerse in superficie, si disseccano sotto i raggi del sole. Il che fa sì che difficilmente riescano a reimmergersi. (VIII, 2; 2015, p. 20)
Le aragoste hanno la meglio anche sui grandi pesci. Eppure anche a loro capitano alcuni rivolgimenti della sorte. I polipi, infatti, hanno la meglio sulle aragoste, al punto che, presi nella stessa rete, quando l'aragosta si dovesse accorgere di avere vicino un polipo, sarebbe capace di morire di paura. Le aragoste, comunque, prevalgono sui gronghi. Dal momento che le prime sono ruvide, i secondi non riescono a sgusciare via. I gronghi, però, si mangiano i polipi. Questi ultimi, infatti, non possono nulla contro di loro, perché la superficie del loro corpo è levigatissima. [...] Fra i molluschi i calamari e le seppie prevalgono sui pesci di grossa taglia. [...] Quanto a quello che alcuni dicono – ovvero che il polipo è capace di mangiare se stesso –, è falso. In realtà, i tentacoli mancanti che si notano in alcuni esemplari sono stati mangiati dai gronghi. (VIII, 2; 2015, p. 20)
Le triglie, oltre che mangiare carne, si nutrono anche di alghe, di conchiglie e di fango. I cefali si nutrono di fango, [...] la salpa di escrementi e di alghe. Quest'ultimo si alimenta comunque anche con il marrobbio, ed è l'unico fra i pesci a essere pescato con una zucca. A eccezione della cestra, tutti [i pesci] si divorano fra loro, soprattutto i gronghi. In generale, solo il cefalo e la cestra non sono carnivori. Una prova, in questo senso, è costituita dal fatto che negli stomaci degli esemplari catturati non si trovano mai pezzi di carne, così come, per catturarli, non si usano esche con carne di animali, bensì pezzi di focaccia. [...] I cefali brucano il limo – per questo motivo sono pesanti e coperti di mucillagine – e in generale non mangiano affatto altri pesci. [...] Altri pesci si nutrono, per lo più, di melma, di alghe, di licheni, del cosiddetto caulio e di piante legnose, come il labro, il ghiozzo e i pesci di scoglio. Il labro non tocca altra carne se non quelle delle squille. (VIII, 2; 2015, p. 21)
Il sarago va a nutrirsi assieme alla triglia, e quando questa esce dal fango dopo averlo smosso (è infatti capace di scavare), il sarago vi piomba addosso per cercare cibo e impedisce ai pesci più deboli di mangiare insieme a lui. (VIII, 2; 2015, p. 22)
Altri uccelli si nutrono degli insetti delle piante, vale a dire che vivono, soprattutto, cacciandoli, come per esempio il picchio, sia quello più grande che quello più piccolo. Alcuni chiamano entrambe queste varietà «beccaquercia». Sono infatti simili l'uno all'altro, ed emettono lo stesso verso, se non che quello che ha dimensioni più grandi è anche più forte. Entrambi comunque si nutrono volando sugli alberi. (VIII, 3; 2015, p. 24)
I serpenti, in particolare, sono i più voraci fra gli animali. Essi bevono molto poco, [...] comunque, non riescono a trattenersi dal bere vino. Per questo motivo alcuni cacciano le vipere versando del vino in piccoli recipienti collocati in fori fatti nelle pareti. In questo modo rendono le vipere ubriache. [...] I serpenti, che sono carnivori, prima privano di tutti gli umori vitali l'animale che catturano e poi lo espellono dall'orifizio posteriore. Fanno una cosa analoga altri animali simili, come per esempio i ragni. Questi ultimi però traggono i liquidi dall'esterno, mentre i serpenti lo fanno all'interno del proprio stomaco. (VIII, 4; 2015, pp. 25-26)
Fra gli animali quadrupedi e vivipari, quelli che sono selvatici e muniti di denti aguzzi sono tutti carnivori. Fa eccezione il lupo che, solo fra questi animali, quando ha molta fame, mangia – almeno così dicono – determinati tipi di terra. [...] A essere antropofagi sono i lupi che vanno a caccia da soli piuttosto che quelli che vanno a caccia in branco. L'animale che alcuni chiamano glano e altri chiamano iena è di dimensioni non inferiori a quelle del lupo, è però munito di una criniera come il cavallo, ma i suoi crini sono più rigidi e più fitti e sono disposti lungo tutta la spina dorsale. Questo animale tende insidie agli uomini e dà loro la caccia. Dà la caccia anche ai cani, imitando il verso di un uomo che vomita. Seguendo il proprio impulso a divorare carne umana, profana anche i sepolcri. (VIII, 5; 2015, p. 26)
[Il leone] Consuma i suoi pasti con voracità e inghiotte molte cose per intero senza farle a pezzi. Poi rimane a digiuno per due o tre giorni, cosa che può fare perché si è rimpinzato oltre misura. [...] I suoi escrementi sono duri e secchi, come quelli del cane. Emette anche una flatulenza molto acre e la sua urina fa molto odore. Per questo motivo annusa gli alberi come fanno i cani. Come i cani, inoltre, urina sollevando la zampa. [...] Morde gli uomini anche la lontra, e non lascia la presa – almeno così dicono – fino a quando non ha sentito il rumore dell'osso che si rompe. (VIII, 5; 2015, pp. 26-27)
[Il maiale] è un animale che si nutre prevalentemente di radici, proprio perché il suo grugno è naturalmente conformato per questo tipo di attività. [...] Vogliono pascolare, del resto, con altri esemplari della stessa età. Il maiale, comunque, si batte anche con il lupo. (VIII, 6; 2015, pp. 27-28)
Il cammello preferisce bere un'acqua torbida e limacciosa. E infatti non beve l'acqua di fiume se prima non è stata sporcata. (VIII, 8; 2015, p. 29)
Le pecore godono di una salute migliore delle capre, ma le capre sono più resistenti delle pecore. (VIII, 10; 2015, p. 30)
[Tra gli animali] alcuni fanno i loro spostamenti da luoghi vicini, altri – per così dire – dai margini del mondo, come ad esempio le gru. Esse migrano dalle pianure della Scizia verso i bassopiani dell'alto Egitto, da dove fluisce il Nilo. Qui si racconta che assalgano i Pigmei. E non è un racconto favoloso: è conforme a verità che si tratta di una stirpe di uomini di piccole dimensioni – così come si dice –, e di piccole dimensioni sono anche i loro cavalli. Quanto al genere di vita, poi, questo popolo passa la propria esistenza nelle caverne. [...] In ogni caso, sono sempre gli animali più deboli che migrano per primi in coincidenza degli eccessi sia di caldo che di freddo. Pertanto gli sgombri migrano prima dei tonni e le quaglie migrano prima delle gru. (VIII, 12; 2015, pp. 30-31)
L'allocco è simile alla civetta [...]. Alcuni comunque lo chiamano «corvo notturno». È un animale astuto e abile nelle imitazioni e, per l'appunto, viene catturato mentre imita i passi di danza di un cacciatore. Nell'atto in cui fa queste cose arriva un altro cacciatore che lo prende da dietro, come avviene per la civetta. (VIII, 12; 2015, p. 32)
Solo le acciughe vengono catturate mentre confluiscono dentro [il Ponto] e non vengono viste uscire. Quando però qualcuna di esse viene pescata nei pressi di Bisanzio, i pescatori compiono un rito per purificare le loro reti, perché non è una cosa usuale che le acciughe escano. La causa di questo fenomeno sta nel fatto che solo questi pesci risalgono l'Istro nuotando controcorrente, e, nel punto in cui il fiume si biforca, si immettono nell'Adriatico. La prova di ciò è che lì accade l'esatto contrario. Le acciughe infatti non sono mai pescate quando confluiscono nelle acque dell'Adriatico, ma quando ne escono. (VIII, 13; 2015, p. 33)
I tonni confluiscono nel Ponto tenendo la riva sulla sinistra, ne escono, invece, tenendola sulla destra. Alcuni dicono che lo fanno perché vedono meglio con l'occhio destro (per natura infatti non hanno una vista acuta). A ogni modo, i banchi si spostano durante il giorno, mentre di notte riposano e si mettono a mangiare, a meno che non ci sia la luna. In quel caso procedono senza riposare. Alcune persone che vivono nei pressi del mare dicono che al momento del solstizio d'inverno smettono di muoversi e stanno a riposo nel luogo dove sono stati colti dal mutamento di stagione. Questo fino all'equinozio. (VIII, 13; 2015, pp. 33-34)
Vanno in letargo anche molti pesci: la cosa è evidentissima, in inverno, per la corifena e il corvo di mare. In effetti, questi pesci sono i soli che non vengono pescati in alcun luogo se non in alcuni periodi dell'anno ben delimitati, mentre per il resto del tempo quasi tutti sono in letargo. (VIII, 15; 2015, p. 35)
Un'orsa incinta non è mai stata catturata da nessuno – o almeno, da pochi. [...] Si dice anche che, poiché non vi è alcun apporto di cibo [durante il letargo], il loro intestino un po' si restringa e che per questo motivo, una volta uscite dal letargo, mangino l'aro per distenderlo e dilatarlo. Ad andare in letargo, negli alberi, c'è anche il ghiro, che diventa grassissimo. (VIII, 17; 2015, p. 37)
I tonni e i pesci spada danno in smanie all'inizio della canicola. In questo periodo, infatti, entrambi i generi hanno tra le pinne una specie di larva, chiamata «estro», che è simile allo scorpione e ha le dimensioni di un ragno. Questo fastidio da cui sono affetti spinge talvolta questi pesci a saltare non meno del delfino. Per questo, spesso, questi animali piombano sulle imbarcazioni. Più di tutti gli altri pesci, i tonni amano il calore. Per trovarlo si dirigono verso la sabbia che sta sulla riva, dove si riscaldano emergendo in superficie. (VIII, 19; 2015, p. 40)
Anche i pesci dei fiumi e delle paludi sono esenti da malattie pestilenziali. Alcuni di loro, però, sono colpiti da malattie specifiche. Per esempio, il siluro, soprattutto nel periodo della canicola, viene colpito da insolazione perché nuota in superficie e rimane paralizzato a seguito di un tuono violento. Soffre della medesima affezione, a volte, anche la carpa, ma in misura minore. Molti siluri, inoltre, se colpiti dal serpente dragone, nelle acque basse, muoiono. (VIII, 20; 2015, p. 41)
Come tutti gli altri esseri animati, il maiale ama cambiare. (VIII, 21; 2015, p. 43)
Quanto agli elefanti, si dice che siano immuni da tutte le altre malattie, ma che siano afflitti dalle flatulenze. (VIII, 22; 2015, p. 43)
I cavalli, poi, riconoscono gli altri cavalli con i quali è capitato loro di combattere anche solo sentendone il verso. A questi animali piacciono i prati e le paludi. E infatti bevono l'acqua fangosa. E se essa è pura, essi stessi la intorbidano con gli zoccoli per poi bagnarsi in essa dopo averla bevuta. E infatti, in generale, questo animale è amico dell'uomo così come lo è dell'acqua. (VIII, 24; 2015, p. 45)
Nel complesso, le bestie feroci sono tutte più feroci in Asia, più audaci in Europa e più varie nell'aspetto in Libia. Esiste anche un proverbio, secondo il quale la Libia produce sempre qualcosa di nuovo. Sembra infatti che, in conseguenza della scarsità delle piogge, gli animali che si imbattono l'uno nell'altro nei pressi dei corsi d'acqua si accoppino anche se non fanno parte dello stesso genere. (VIII, 28; 2015, p. 47)
L'aspide si trova in Libia. Da questo serpente si ricava un veleno a cui, peraltro, non è possibile trovare rimedio. [...] In alcune zone dell'Italia anche i morsi dei gechi sono mortali. (VIII, 29; 2015, p. 48)
I caratteri degli animali più difficili da avvistare e meno longevi sono per noi più oscuri alla percezione, mentre sono maggiormente evidenti quelli degli animali più longevi. Sembra infatti che possiedano una certa facoltà naturale in relazione a ciascuna delle affezioni dell'anima, così come in relazione alla saggezza e alla semplicità di carattere, al coraggio e alla viltà, alla docilità e alla ferocia e ad altre disposizioni simili. Alcuni di loro, poi, partecipano, al contempo, della capacità di apprendere e di insegnare. Alcuni imparano e apprendono tra loro, altri dagli uomini. Si tratta, in particolare, di quanti sono dotati di udito: non solo di quelli che percepiscono le differenze fra le voci, ma anche di quelli che percepiscono le differenze dei segni. (IX, 1; 2015, p. 51)
Le femmine sono tutte meno impetuose dei maschi. Fanno però eccezione la femmina dell'orso e la femmina della pantera, che sembrano essere più coraggiose dei loro maschi. (IX, 1; 2015, p. 51)
Vengono addomesticati[gli animali] per mezzo dei vantaggi che si concedono loro. Per esempio, il genere dei coccodrilli si abitua a convivere pacificamente, in alcune regioni, con i sacerdoti a seguito delle cure che questi ultimi riservano loro nutrendoli. (IX, 1; 2015, p. 52)
Sono poi in rapporti di ostilità la berta e la civetta. La berta, infatti, nel bel mezzo del giorno (poiché la civetta non ci vede bene quando c'è luce) le sottrae tutte le uova e se le mangia. Al contrario, la civetta, nel pieno della notte, fa lo stesso con le uova della berta: insomma, una è avvantaggiata di giorno, l'altra di notte. (IX, 1; 2015, p. 53)
Il nibbio infatti sottrae al corvo tutto ciò che lui afferra perché vola meglio di lui ed è più forte con gli artigli. (IX, 1; 2015, p. 53)
Ma c'è guerra anche fra il geco e il ragno, poiché il geco si mangia i ragni. Sono nemici, poi, il cavallo e l'airone, perché il cavallo mangia le uova e i piccoli dell'airone. C'è poi guerra anche tra il fanello e l'asino, perché l'asino si gratta le piaghe passando tra i cardi. Così facendo, quando per giunta si mette a ragliare, fa precipitare le uova e i piccoli dell'uccello. Questi, infatti, spaventati, cadono giù, e il fanello, per reagire a questo disastro, piomba in volo sull'asino e gli becca le piaghe. [...] sono nemici la volpe e lo sparviero: essendo quest'ultimo carnivoro, attacca la volpe e, colpendola con il becco, le procura delle piaghe. (IX, 1; 2015, pp. 53-54)
La cutrettola gialla è ostile al cavallo. Il cavallo, in effetti, la scaccia dal pascolo, perché la cutrettola, che è affetta da albugine e non ha vista acuta, si nutre di erba. Questo uccello imita il nitrito del cavallo e lo spaventa avventandosi in volo su di lui. Il cavallo, però, lo scaccia, e, se riesce a prenderlo, lo uccide. La cutrettola gialla vive presso i fiumi e gli stagni. Ha un bel colore e prospera facilmente. (IX, 1; 2015, p. 54)
Lo smeriglio ha rapporti ostili con la volpe. La colpisce e le strappa i peli, e poi uccide i suoi cuccioli (del resto è un uccello con gli artigli ricurvi). Il corvo e la volpe, dal canto loro, sono amici fra loro. Il corvo, infatti, combatte con lo smeriglio, ed è per questo che, quando la volpe viene colpita da questo uccello, corre in suo soccorso. Anche avvoltoio e smeriglio sono in rapporti di ostilità. Entrambi, infatti, sono uccelli con gli artigli ricurvi. (IX, 1; 2015, p. 54)
L'asino e i cardellini sono in guerra fra loro. Questi ultimi trovano il loro nutrimento sugli acanti, mentre il primo si ciba degli acanti quando sono morbidi. Sono in rapporti ostili anche la cutrettola gialla, il cardellino e il fanello. Del resto, si dice che il sangue del fanello e il sangue della cutrettola gialla si mischino fra loro. (IX, 1; 2015, pp. 54-55)
Fra i pesci, alcuni si radunano in banchi e hanno rapporti di amicizia fra loro. Quelli che non si radunano in banchi, invece, sono in rapporti di ostilità. [...] Il branzino e la cestra, che sono fieri nemici, in alcune circostanze procedono insieme in gruppo. Questo perché formano banchi comuni non soltanto i pesci che hanno una discendenza comune, ma anche quelli che, qualora sia illimitata, condividono una pastura identica o simile. (IX, 2; 2015, pp. 55-56)
Fra gli animali selvatici che hanno quattro zampe, il cervo sembra non sia fra i meno intelligenti. Questo animale, infatti, genera nei pressi delle strade (dove le bestie feroci, per via degli uomini, non si avvicinano) e, quando partorisce, la prima cosa che fa è mangiarsi la placenta. [...] Inoltre abbandonano le corna in luoghi impervi e difficili da scovare (da qui viene anche il proverbio «dove i cervi perdono le corna») perché, avendo perduto le armi con cui difendersi, hanno cura di non farsi vedere. (IX, 5; 2015, p. 57)
Sono comunque molti gli animali a quattro zampe che agiscono in modo assennato per soccorrere se stessi. Si dice, infatti, che a Creta le capre selvatiche, quando vengono colpite da una freccia, cerchino il dittamo. Sembra, infatti, che questa pianta abbia la capacità di espellere le frecce che le si sono conficcate nel corpo. (IX, 6; 2015, p. 58)
L'icneumone egiziano, non appena vede il serpente chiamato aspide, non lo attacca prima di avere chiamato in suo aiuto altri icneumoni. Per difendersi dai morsi e dai colpi del nemico, gli icneumoni si coprono di fango. Quindi, dapprima si immergono nell'acqua e poi si rotolano sulla terra. (IX, 6; 2015, p. 59)
La tartaruga, se ha ingoiato una vipera, mangia l'origano (anche questo fatto è stato osservato). È capitato che un tale, vedendo una tartaruga fare più volte questa cosa (ovvero ingoiare l'origano e poi andare di nuovo dalla vipera), estirpasse la pianta di origano. Ebbene, una volta fatto questo, la tartaruga morì. La donnola, quando combatte con un serpente, mangia la ruta. L'odore di questa pianta, infatti, è nocivo per i serpenti. [...] Le cicogne e gli altri uccelli, quando sono feriti in un combattimento, si fanno applicazioni di origano. (IX, 6; 2015, p. 59)
A proposito della capacità dei ricci di percepire certe cose, è capitato di vedere in molti luoghi che, quando mutano i venti del Nord e del Sud, quelli che vivono sottoterra spostano l'imboccatura delle loro tane, mentre quelli che sono allevati a casa si spostano a seconda delle pareti, al punto che si racconta che un tale di Bisanzio si fece una reputazione predicendo il tempo, proprio perché si era accorto che il riccio si comportava in questo modo. (IX, 6; 2015, p. 59)
La martora ha una taglia simile a uno di quei piccoli cagnolini di Melite. Tuttavia è simile a una donnola per il manto, per l'aspetto, perché la sua parte inferiore è di colore bianco e per il suo carattere subdolo. La si può addomesticare molto bene, e tuttavia danneggia le arnie (ama, infatti, il miele). (IX, 6; 2015, p. 60)
Nel complesso, in relazione ai generi di vita, è possibile osservare molti esempi di imitazioni, da parte degli altri animali, dell'animale umano. In particolare negli animali di dimensioni più piccole, più che nei più grandi, è possibile vedere all'opera l'esattezza del ragionamento. Per cominciare, si può prendere a esempio, fra gli uccelli, la capacità della rondine di costruire i nidi. [...] Riguardo al nutrimento dei figli, poi, sia il padre che la madre si danno pena. Offrono il cibo a ognuno, sapendo discernere, sulla base di una certa abitudine, quello che ha già avuto la sua parte, perché non la prenda due volte. (IX, 7; 2015, p. 60)
Sia la femmina della tortora che la femmina del palombo hanno lo stesso maschio, e non ammettono l'accoppiamento con un altro. Inoltre, sia il maschio sia la femmina covano le uova, e non è facile distinguere il maschio dalla femmina [...]. Si sono visti palombi raggiungere l'età di venticinque e di trent'anni. Alcuni arrivano anche a quarant'anni. Quando sono in avanti con l'età, crescono loro gli artigli. Gli allevatori, però, glieli tagliano. A ogni modo, giunta la vecchiaia, non soffrono di alcuna malattia in particolare. (IX, 7; 2015, p. 61)
Quando devono riposarsi, sia le quaglie che le pernici raccolgono intorno a sé i loro piccoli, proprio come fanno i polli. E il luogo dove depongono le uova e quello dove le covano non sono gli stessi. Questo perché nessuno riesca a scovare il posto per il fatto che ci passano troppo tempo. (IX, 8; 2015, p. 62)
[La pernice] è un uccello malizioso e astuto. In primavera ogni esemplare maschio si separa dal gruppo e, dopo canti e combattimenti, si mette a vivere in coppia con la femmina che si è scelto. Poiché sono uccelli estremamente lascivi, poi, i maschi, quando scovano le uova, le rompono facendole rotolare. Questo perché la femmina non se ne stia a covarle. Quest'ultima, però, dal canto suo, escogita uno stratagemma. Infatti depone le uova mentre scappa via. Spesso, se il maschio è presente, presa dalla fretta, le lascia dove le capita. E, perché tutte sfuggano insieme al pericolo, non si reca a trovarle. Se poi viene vista da un uomo, fa come per i piccoli. Si fa cioè notare dall'uomo apparendo davanti ai suoi piedi, fin quando non lo ha allontanato dalle uova. (IX, 8; 2015, p. 62)
A nidificare nei luoghi scoscesi c'è anche lo sparviero. Questo uccello, pur essendo carnivoro, non mangia il cuore degli uccelli che ha ucciso. (IX, 11; 2015, p. 64)
Ci sono alcuni uccelli che vivono nei pressi del mare, come per esempio la strolaga. Quanto al carattere, è un uccello astuto e difficile da catturare. Quando però viene catturato è facilissimo da addomesticare. Si dà il caso, comunque, che presenti un difetto. Ha infatti difficoltà a controllare le sue parti posteriori. (IX, 12; 2015, p. 65)
[I cigni] Sono esseri che hanno facilità a prosperare e buon carattere. Si prendono cura dei loro piccoli e invecchiano bene. Quando li attacca, essi sono capaci di difendersi anche dall'aquila, sortendo la vittoria. Non sono mai loro, però, a ingaggiare battaglia per primi. Sono inoltre uccelli canterini e cantano, soprattutto, quando la morte si avvicina. Volano in mare aperto, e in passato è capitato, a chi naviga lungo le coste della Libia, di averne incontrati molti, in mare, che cantavano con voce lamentevole. (IX, 12; 2015, p. 65)
La ghiandaia cambia parecchie volte voce (per così dire, emette un verso diverso ogni giorno). Depone intorno a nove uova e fa il suo nido sugli alberi usando crini e pezzi di lana. Quando cominciano a mancare le ghiande, ne fa una provvista e le nasconde. Quanto alle cicogne, è una voce che gira di bocca in bocca quella secondo la quale si fanno nutrire dai propri piccoli. Alcuni dicono che anche le meropi fanno la stessa cosa. Anzi, di questi uccelli si dice che si facciano nutrire dai propri figli non solo quando sono diventati vecchi, ma anche non appena i piccoli sono divenuti capaci di prendersi cura del padre e della madre, che se ne stanno ad aspettarli dentro il nido. (IX, 13; 2015, p. 66)
Il verdone è chiamato così perché le sue parti inferiori sono verdastre, ed è grande quanto un'allodola. Depone quattro o cinque uova e fabbrica il suo nido estirpando fin dalle radici la pianta della consolida e facendo un letto con crini e lana. Fanno le stesse cose il merlo e la ghiandaia, che utilizzano gli stessi materiali per fabbricare il nido. Anche il cardellino costruisce con arte e perizia il nido. Intreccia, infatti, come una palla di lino nella quale predispone un ingresso stretto. (IX, 13; 2015, p. 66)
Quelli che vivono nei luoghi dove si produce la cannella dicono che esiste anche un uccello della cannella. Affermano che la cannella viene trasportata da questo uccello dai luoghi da dove la prende per costruirsi il nido, che fa su alberi alti e sui loro ramoscelli. Si racconta che gli abitanti del luogo tirino contro questi nidi frecce alle cui punte è stato applicato del piombo. In tal modo li fanno cadere giù e dai trucioli prendono la cannella. (IX, 13; 2015, p. 66)
L'alcione non è più grande di un passero. I suoi colori sono ceruleo, verdolino e porpora chiaro. Tutto il corpo – anche le ali e le parti intorno al collo – presenta mescolati fra loro questi colori, che risulta impossibile distinguere l'uno dall'altro. [...] Vi è una discussione aperta sul materiale con cui è costruito il nido. Sembra comunque sia fatto, soprattutto, con spine di aguglia. L'alcione, del resto, si procura da vivere cibandosi di pesce. Risale anche la corrente dei fiumi. (IX, 14; 2015, pp. 66-67)
L'upupa fabbrica il nido utilizzando escrementi umani. Cambia aspetto in inverno e in estate, come fanno anche la maggior parte degli uccelli selvatici. La cingallegra – a quanto si dice – depone più uova di tutti gli altri uccelli. (IX, 15; 2015, p. 67)
Il rigogolo è ben disposto ad apprendere e industrioso. Ha però difficoltà nel volo e un manto di colore non bello. (IX, 15; 2015, p. 67)
Il rallo ha un carattere combattivo. Quanto alla sua intelligenza, è un uccello che si procura da vivere industriosamente. D'altra parte, però, è anche un uccello che porta male. (IX, 17; 2015, p. 67)
L'uccello chiamato «sitta» ha un carattere combattivo, ma ha un'intelligenza acuta. Ama l'ordine e ha facilità a prosperare. Inoltre si dice sia un uccello incantatore, proprio perché sa molte cose. Depone molte uova e ha un buon rapporto con i figli. Vive beccando gli alberi. Il barbagianni cerca cibo di notte e raramente lo si avvista durante il giorno. Pure questo uccello vive nelle rocce e nelle spelonche. È un animale che ha due tipi di alimentazione e, quanto a intelligenza, è industrioso e ingegnoso. (IX, 17; 2015, p. 68)
Fra gli aironi, quello cinerino [...] ha difficoltà nell'accoppiarsi, ma è industrioso, va a caccia di prede e le trasporta. È attivo durante il giorno. Quanto al suo colorito, ha un pessimo aspetto e ha il ventre sempre umido. [...] Dell'airone stellato, che è anche soprannominato «il riluttante», si favoleggia sia stato generato, anticamente, da schiavi. Conformemente al suo soprannome, infatti, è il meno operoso fra gli aironi. (IX, 18; 2015, p. 68)
L'averla si posa sempre nello stesso posto, dove viene catturata. Quanto al suo aspetto, ha la testa grande e cartilaginosa. Le sue dimensioni sono di poco inferiori a quelle di un tordo. Il becco è forte, piccolo e arrotondato. Il colore è interamente cinerino. La si cattura soprattutto con una civetta. (IX, 22; 2015, p. 69)
[La beccaccia] Quanto a dimensioni, è grande come una gallina, ma il suo becco è lungo e il suo colore è simile a quello del francolino. Corre velocissima, ed è abbastanza amica degli uomini. (IX, 26; 2015, pp. 69-70)
In tutto l'Egitto si trovano gli ibis bianchi, salvo che a Pelusio, dove non ci sono. Quelli neri non si trovano in tutto il resto dell'Egitto, ma ci sono a Pelusio. (IX, 27; 2015, p. 70)
[L'aquila] Vola in alto per potere abbracciare con lo sguardo una visuale più ampia sulle zone sottostanti. Ed è per questo che gli uomini dicono dell'aquila che, fra tutti gli uccelli, è l'unico a essere divino. (IX, 32; 2015, p. 73)
Il cosiddetto «gipeto» è un uccello che si prende cura dei figli, prospera facilmente, trasporta le sue prede, ha buon carattere e alleva sia i propri piccoli sia quelli dell'aquila. Infatti, quando quest'ultima li espelle dal nido, il gipeto li accoglie e li alleva. (IX, 34; 2015, p. 73)
Le cose che si vanno dicendo di continuo sulla rana di mare, chiamata «pescatrice», sono vere, così come sono vere quelle che si dicono sulla torpedine. La rana pescatrice lascia pendere, davanti ai suoi occhi, lunghe appendici che hanno una conformazione simile a quella dei peli, ma che si presentano arrotondate all'estremità. Le dispone su due lati come se fossero esche e, dopo averla smossa, si nasconde sotto una superficie sabbiosa o fangosa. Quindi solleva queste appendici e, quando i pesci le mordicchiano, le ritira fino a portarsele alla bocca. La torpedine, dal canto suo, paralizza i piccoli pesci sui quali si vuole imporre e, prendendoli con il modo tipico in cui muove la bocca, se li mangia. Si nasconde nella sabbia o nel fango e cattura tutti i pesci che le nuotano incontro, che rimangono paralizzati non appena le si avvicinano. [...] Anche la pastinaca si nasconde, solo che lo fa diversamente. Una prova del fatto che le pastinache vivono in questo modo è la seguente: pur essendo lentissime, spesso vengono catturate con alcune cestre nello stomaco. E le cestre sono i pesci più veloci di tutti. (IX, 37; 2015, p. 75)
[...] dove ci sono le lumache non ci sono il maiale e la pernice. Sia il maiale che la pernice, infatti, mangiano le lumache. (IX, 37; 2015, p. 76)
Il serpente marino ha il colore e la conformazione del corpo simili a quelli del grongo. Tuttavia, rispetto al grongo, è più affusolato e con un'indole più impetuosa. Se viene spaventato e lo si lascia andare, si infila sotto la sabbia che perfora con la punta del muso. Il suo muso, infatti, è più appuntito di quello dei serpenti normali. (IX, 37; 2015, p. 76)
Per il resto, fra i pesci, quelli chiamati «pesci volpe», quando si accorgono di avere abboccato all'amo, come le scolopendre, cercano soccorso. Infatti, rosicchiando la lenza, risalgono su per tutta la sua lunghezza, e di molto. (IX, 37; 2015, p. 76)
Per parte loro, anche le amie, si raggruppano quando vedono un pesce feroce. Le più grandi nuotano in circolo e, se questo si avventa su una di loro, lo scacciano. Hanno denti robusti e in passato è già capitato di vedere altri pesci – e persino una lamia – uscire pieni di piaghe dopo essersi imbattuti in esse. (IX, 37; 2015, p. 76)
Fra i pesci di fiume, il siluro maschio si prende molta cura dei figli. (IX, 37; 2015, p. 76)
Fra i molluschi la più astuta di tutti è la seppia. Essa si avvale soltanto dell'inchiostro per nascondersi e non solo quando è spaventata. Il polipo e il calamaro, invece, emettono l'inchiostro perché spaventati. Tutti questi animali non espellono mai l'inchiostro tutto in una volta. Inoltre, dopo che lo hanno espulso, lo secernono nuovamente. (IX, 37; 2015, pp. 77-78)
Anche il nautilo è un polipo del tutto straordinario, sia per la sua conformazione naturale sia per le cose che fa. Naviga sulla superficie del mare, dopo essere salito dal basso dei fondali. Sale in superficie con la corazza rovesciata, per potervi montare meglio e per navigare senza imbarcare acqua; quindi, una volta giunto in superficie, la ribalta. La membrana posta in mezzo fra un tentacolo e l'altro si presenta fino a un certo punto come un tessuto continuo [...]. Il nautilo, quando soffiano brezze leggere, si serve di questa parte come di una vela e, al posto del timone, lascia cadere giù in acqua i tentacoli. Se poi viene spaventato da qualcosa, si immerge riempiendo d'acqua il guscio. (IX, 37; 2015, p. 79)
L'operosità delle formiche è facilmente visibile a tutti, così come è evidente il fatto che tutte percorrono sempre un solo sentiero e che sistemano il cibo in dispense costruendo depositi. (IX, 38; 2015, p. 79)
Il ragno si avventa anche sugli animali più grandi e li avviluppa. Infatti attacca anche le lucertole di piccole dimensioni. Lo fa correndo intorno alla loro bocca ed emettendo la ragnatela fino a quando non gliel'ha chiusa intorno. Allora finalmente attacca e morde. (IX, 39; 2015, p. 81)
Alcuni dicono che i fuchi modellano da soli le celle e che lo fanno nella stessa arnia e nello stesso favo e che le condividono con le api. Dicono anche che i fuchi, così come i piccoli, non producono il miele, ma che si nutrono di quello delle api. I fuchi, inoltre, conducono in genere la loro esistenza dentro i favi, ma se prendono il volo si sollevano in cielo molto in alto e in gruppi, facendo giravolte come per esercitarsi. Quando hanno finito questo loro esercizio, ritornano dentro i favi a fare lauti banchetti. Le regine non volano all'esterno – a meno che non lo facciano con tutto quanto lo sciame – né per andare a cibarsi né per altri motivi. Dicono anche che, se la regina lascia il favo senza lo sciame, allora lo sciame, inseguendola, le voli dietro fino a quando non ha ritrovato il suo capo grazie all'odore. Si dice anche che la regina venga trasportata dallo sciame quando non riesce più a volare e che, se muore, muoia anche lo sciame. (IX, 40; 2015, p. 82)
Eccetto che davanti a se stesse, le api non fuggono davanti a nessun altro animale. I combattimenti, poi, li fanno o le une contro le altre o contro le vespe. Fuori dalle arnie non si fanno mai alcun male né attaccano gli altri animali. Nelle vicinanze dell'arnia, invece, uccidono tutti gli esseri sui quali riescono a prevalere. Quelle che pungono, muoiono, perché non riescono a estrarre il pungiglione senza estrarre anche l'intestino. Spesso capita che si salvino nel caso in cui la persona che è stata punta ha cura di spremere fuori il pungiglione. (IX, 40; 2015, p. 86)
A uccidere le api c'è anche il rospo. Si avvicina agli ingressi delle arnie e si mette a soffiare. Quindi sta fermo ad aspettare che le api volino via e se le mangia. Le api non riescono a difendersi contro questo animale; chi si prende cura delle arnie, però, lo uccide. (IX, 40; 2015, p. 86)
Una pianta dove trovare cibo, per le api, è il timo. Quello bianco è migliore di quello rosso. (IX, 40; 2015, p. 87)
I calabroni non vivono, come le api, raccogliendo il succo dei fiori, bensì, per lo più, mangiano carne (anche per questo motivo conducono la propria esistenza intorno agli escrementi. Vanno infatti a caccia di mosche di grandi dimensioni e, quando le hanno afferrate, staccano loro la testa e trasportano il resto del corpo in volo). A ogni modo, vanno ad attingere anche a frutti dal sapore dolce. (IX, 42; 2015, pp. 91-92)
Anche il leone, quando sta consumando il suo pasto, è molto aggressivo, ma se non è morso dalla fame, e se ha già mangiato, è docilissimo. Quanto al carattere, non è affatto sospettoso, né ha timore di alcunché; è perfino molto giocoso e affettuoso nei confronti degli animali che sono stati allevati insieme a lui e che frequenta abitualmente. (IX, 44; 2015, p. 93)
Gli sciacalli sono amici degli uomini, non fanno loro alcun male né li temono particolarmente; combattono con i cani e i leoni, ed è per questo che non si trovano nello stesso luogo. (IX, 44; 2015, p. 94)
Il loro verso [dei bisonti] è simile a quello del bue; le corna sono ricurve, piegate una verso l'altra e dunque inutilizzabili per le azioni di difesa [...]. Il colore nero del corno è bello e splendente. Il ciuffo arriva fino agli occhi, ed è in conseguenza di ciò che l'animale tende a slanciarsi obliquamente [...]. Quando viene colpito, fugge, e continua fino a quando riesce a resistere. Si difende tirando calci ed espellendo escrementi che scaglia anche fino ad arrivare a quattro tese. È con facilità e spesso che si avvale di quest'arma di difesa, che ha il potere di bruciare ciò che tocca, tanto che il pelo dei cani ne viene spazzato via. Gli escrementi, comunque, producono questo effetto quando il bisonte è turbato e spaventato, mentre, se l'animale è tranquillo, non infiammano. (IX, 45; 2015, pp. 94-95)
Il più mansueto e il più docile fra gli animali selvatici è l'elefante. Questo animale, infatti, impara e capisce molte cose e viene perfino addestrato a fare l'inchino al cospetto del re. È dotato di buona sensibilità e si distingue, per il resto, per la sua capacità di comprensione. (IX, 46; 2015, p. 95)
I cammelli non montano le loro madri, e anche se qualcuno tenta di convincerli con la forza, si rifiutano. Qualche tempo fa, poiché non aveva un cammello da monta, un allevatore, dopo avere avvolto una madre dentro un telo, fece portare accanto a lei suo figlio. Mentre i due si accoppiavano, però, il velo che copriva la madre cadde a terra; il cammello allora portò a termine l'unione, ma poco dopo uccise l'allevatore mordendolo. (IX, 46; 2015, p. 95)
[...] sono molti gli indizi della docilità e della mansuetudine del delfino, su cui circolano molti racconti. [...] si racconta che, in seguito alla cattura e al ferimento di un delfino [...] un gran numero di delfini sia entrato nel porto fino a quando il pescatore non lo lasciò andare. Allora i delfini se ne tornarono indietro tutti quanti insieme. Ad accompagnare i delfini piccoli al fine di proteggerli, del resto, c'è sempre uno dei delfini grandi. È capitato, una volta, di vedere un gruppo di delfini grandi e piccoli che nuotavano insieme. Dietro di loro, a poca distanza, ne apparvero due che nuotavano in disparte sotto un piccolo delfino morto, che altrimenti sarebbe precipitato nell'abisso. Lo portavano sul dorso, come se lo stessero compiangendo, per far sì che non fosse divorato da qualche altra bestia. Si raccontano pure cose incredibili sulla velocità di questo animale, che sembra essere il più spedito fra tutti gli esseri animati, sia acquatici che terrestri. (IX, 48; 2015, p. 96)
A tutti gli animali che ruminano giova, e piace, ruminare, e per loro ruminare è come mangiare. [...] Tutti ruminano soprattutto se sdraiati su un fianco. Ruminano soprattutto in inverno [...]. (IX, 48; 2015, p. 98)
Fra gli uccelli, molti mutano, in base alle stagioni, il colore e il verso. È il caso, ad esempio, del merlo, che diventa fulvo anziché nero e che cambia completamente il suo verso. Questo uccello, infatti, in estate canta, invece in inverno strepita ed emette un suono sgradevole e rumoroso. Anche il tordo muta colore. In inverno ha il colore pezzato, mentre in estate assume un colore variopinto intorno al collo. La voce, tuttavia, non la muta. (IX, 49; 2015, p. 99)
Mutano anche i pettirossi e gli uccelli chiamati «codirossi», che si trasformano gli uni negli altri. Il pettirosso fa la sua apparizione in inverno, i codirossi invece sono estivi. Non differiscono in nulla fra loro se non – diciamo così – per il colore. (IX, 49; 2015, p. 99)
Si dà il caso che una peculiarità di certi uccelli sia quella di scoreggiare. È il caso, per esempio, delle tortore. Uccelli simili, nel momento stesso in cui emettono il suono, producono un forte movimento nella zona del sedere. (IX, 49; 2015, p. 100)
Gli uomini, sia nel nostro tempo sia dapprincipio, hanno preso dalla meraviglia lo spunto per filosofare, poiché dapprincipio essi si stupivano dei fenomeni che erano a portata di mano e di cui essi non sapevano rendersi conto, e in un secondo momento, a poco a poco, procedendo in questo stesso modo, si trovarono di fronte a maggiori difficoltà, quali le affezioni[43] della luna e del sole e delle stelle e l'origine dell'universo. (I, 2, 982b)
Chiamiamo libero un uomo che vive per sé e non per un altro. (I, 2, 982b)
Sembra adunque che questi filosofi [pitagorici] nel considerare il numero come principio delle cose esistenti ne facciano una causa materiale come proprietà e come modo. Come elementi del numero fissano il pari e il dispari, il primo infinito, l'altro finito. L'uno partecipa di ambedue questi caratteri (essendo insieme pari e dispari). Ogni numero proviene dall'uno e l'intero universo, come già ho detto, è numeri. Altri fra di loro dicono che i principi sono dieci [...]. (I, 5, 986a[44])
Noi reputiamo di sapere, solo quando siamo riusciti a discernere le cause. (II, 2, 994b)
Se, pertanto, Dio è sempre in quello stato di beatitudine in cui noi veniamo a trovarci solo talvolta, un tale stato è meraviglioso; e se la beatitudine di Dio è ancora maggiore, essa è oggetto di meraviglia ancora più grande. Ma Dio è, appunto, in tale stato! Ed è sua proprietà la vita, perché l'atto dell'intelletto è vita, ed egli appunto è quest'atto, e l'atto divino, nella sua essenza, è vita ottima ed eterna. Noi affermiamo, allora, che Dio è un essere vivente, sicché a Dio appartengono vita e durata continua ed eterna: tutto questo, appunto, è Dio! (XII, 7, 1072b)
Se, in effetti, ci fosse un movimento avente per fine un altro movimento, questo dovrebbe avere, a sua volta, qualche altro fine; ma, poiché è impossibile andare all'infinito, il fine di ogni movimento dovrà essere qualcuno dei corpi divini che si muovono nel cielo. (XII 8, 1074 a28-31)
Dei primi filosofi, i più hanno pensato che vi siano solo principi materiali delle cose. Ciò da cui le cose hanno il loro essere e da cui si originano e in cui corrompendosi si risolvono – poiché la sostanza permane pur mutando negli accidenti – dicono sia l'elemento primordiale e, essa sostanza, il principio delle cose; per questo pensano che niente si generi o perisca in assoluto, dato che tale sostanza permane in eterno... Ci dev'essere infatti una qualche sostanza, una o più d'una, da cui si generi il resto pur restando essa immutata. Quanto poi al numero e alla forma di tale principio non hanno tutti la stessa opinione: Talete, l'iniziatore di questa filosofia, dice per parte sua che esso è l'acqua (e per questo sostiene che la terra poggia sull'acqua) e tale opinione gli viene forse dall'aver osservato che il nutrimento di tutte le cose è umido e che perfino il caldo si genera dall'acqua e vive di essa (ma ciò onde tutte le cose si originano è il loro principio); da questo era stato indotto a tale opinione e anche dal fatto che ogni germe ha una natura umida; e anche l'acqua è il principio della natura di ciò che è umido. Vi sono poi alcuni che credono che i primi antichissimi teologi, vissuti molto prima del nostro tempo, abbiano avuto la stessa opinione sulla sostanza primordiale perché chiamavano Oceano e Teti i padri della generazione e perché dicevano che gli dei giurano per l'acqua, che quei poeti chiamavano Stige. Si onora sempre ciò che è più antico e niente è più onorato del giuramento. Non è poi sicuro che quest'opinione sulla sostanza primordiale delle cose sia talmente antica, ma si dice tuttavia, che questo fosse il pensiero di Talete sulla causa prima.
È il valore dell'oggetto proprio della conoscenza quello che determina la superiorità di una scienza, o la sua inferiorità.
Grazie all'esperienza progrediscono la scienza e l'arte.
I cosiddetti pitagorici, che furono i primi a fare matematica, non solo la svilupparono ma vi si immersero completamente, credendo che i principi della matematica fossero i principi di tutte le cose.
I vecchi sono due volte bambini.
Il tutto è maggiore della somma delle sue parti.(VIII,1045 9-10)[45]
Le scienze matematiche in particolare mostrano ordine, simmetria e limite: e queste sono le più grandi istanze del bello.
Non conosciamo il vero se non conosciamo la causa.
Se Dio esiste dobbiamo riconoscerlo nella natura immobile e indipendente.
Tutti gli uomini per natura tendono al sapere.(I, 9800 a 21)
La tragedia è imitazione di un'azione seria e compiuta in se stessa...; la quale mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore ha per effetto di sollevare e purificare l'animo da siffatte passioni. (6)[37]
Lo scopo dell'arte non consiste nel rappresentare l'aspetto esteriore delle cose, ma il loro significato interiore.[46]
Riguardo alle esigenze della poesia, bisogna tener presente che cosa impossibile ma credibile, è sempre da preferire a cosa incredibile anche se possibile. (25, 1461b)
Un tutto è ciò che è ha principio e mezzo e fine.(7, 1450b)
Il motivo per cui tutti dicono che anche gli dèi sono soggetti a un re è questo, che sono soggetti a un re essi stessi, taluni ancora adesso, altri lo furono un tempo, e, come le forme degli dèi le immaginano simili alle loro, così pure la vita. (I, 2, 1252b)
L'uomo per natura è un essere socievole. (I, 2, 1253a)[47]
La natura [...] non fa niente senza scopo. (I, 2, 1253a)
È schiavo per natura chi può appartenere a un altro (per cui è di un altro) e chi in tanto partecipa di ragione in quanto può apprenderla, ma non averla: gli altri animali non sono soggetti alla ragione, ma alle impressioni. Quanto all'utilità, la differenza è minima: entrambi prestano aiuto con le forze fisiche per le necessità della vita, sia gli schiavi, sia gli animali domestici. Perciò la natura vuol segnalare una differenza nel corpo dei liberi e degli schiavi: gli uni l'hanno robusto per i servizi necessari, gli altri eretto e inutile a siffatte attività, ma adatto alla vita politica (e questa si trova distinta tra le occupazioni di guerra e pace): spesso però accade anche il contrario, taluni, cioè, hanno il corpo di liberi, altri l'anima, ché certo, se i liberi avessero un fisico tanto diverso quanto le statue degli dèi, tutti, è evidente, ammetterebbero che gli altri meritano di essere loro schiavi: e se questo è vero nei riguardi del corpo, tanto più giusto sarebbe porlo nei riguardi dell'anima: invece non è ugualmente facile vedere la bellezza dell'anima e quella del corpo. Dunque, è evidente che taluni sono per natura liberi, altri, schiavi, e che per costoro è giusto essere schiavi. (I, 5, 1254b-1255a)
Nessuno si fa tiranno per ripararsi dal freddo. (II, 7, 1267a)
È nella natura del desiderio di non poter essere soddisfatto, e la maggior parte degli uomini vive solo per soddisfarlo. (II, 7, 1267b.4)
Neppure le leggi scritte è bene lasciare inalterate. (II, 8, 1269a)
L'animosità è quella cosa, che genera l'amore, e ella è quella parte dello animo, mediante la quale noi amiamo. (IV, 7; 1905)
La comunità statale migliore è quella fondata sul ceto medio. (IV, 11, 1295b)
Le rivoluzioni dunque non riguardano piccole questioni, ma nascono da piccole questioni e mettono in gioco grandi questioni. (V, 3, 1)
Base della costituzione democratica è la libertà. (VI, 2, 1317a)
La legge è ordine e, di necessità, la buona legge è buon ordine. (VII, 4, 1326a)
[Talete] [...] siccome, povero com'era, gli rinfacciavano l'inutilità della filosofia, avendo previsto in base a calcoli astronomici un'abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno, pur disponendo di poco denaro, si accaparrò tutti i frantoi di Mileto e di Chio per una cifra irrisoria, dal momento che non ve n'era alcuna richiesta; quando giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgentemente tutti i frantoi disponibili, egli li affittò al prezzo che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e dimostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, ma tuttavia non si preoccupano di questo. (A 11, 1259 a)
Chi è incapace di vivere in società, o non ne ha bisogno perché è sufficiente a se stesso, deve essere una bestia o un dio. (I, 2, 1253a)
La Retorica è corrispondente alla Dialettica; perciocché l'una e l'altra si travaglia intorno a certe cose, le quali si può veder che sono in un certo modo comuni a tutti, e non ad alcuna determinata scienza sottoposte. Onde che tutti ancora partecipano in un certo modo d'ambidue; perché non è persona, che fino a un certo che, non si metta dall'un canto a cercar di contraddire alle ragioni altrui, e mantener le sue: e dall'altro ad accusare e difendere.
Citazioni
L'abitudine diventa come qualcosa di innato.[48] (I, 1)
Esiste davvero, come da tutti percepito, qualcosa di giusto per natura e comune a tutti. (1, 13)[49]
È impossibile che una cosa sia o divenga senza una causa o un principio. (I, 7, 1364a)
Fare il peggio sembra la migliore decisione. (II, 24)[37]
Così quello che disse Policrate di Trasibolo, che avesse spenti trenta tiranni, avendo estinta una tirannide sola, che era di trenta. (II, 1401a; traduzione di Annibal Caro)
Trattato dei governi
Perché eʹ si vede, che ogni città è una certa compagnia; e perché ogni compagnia è costituita per fine di conseguir qualche bene, chè in vero ogni cosa, che sʹopera, è operata per cagione di quello che par bene, è però manifesto, che ogni compagnia ha in considerazione, e in fine qualche bene: e che quella, che infra tutte lʹaltre è la principalissima, e che tutte lʹaltre contiene, ha per fine il bene, che è principalissimo; e tale non è altra, che la città, e la compagnia civile.
Aristotele, come tutti gli antichi, era politeista, cioè ammetteva una pluralità di dèi, e "praticava" la sua religione, cioè pregava gli dèi e faceva voti, come risulta dal suo testamento. Tuttavia egli criticò gli aspetti antropomorfici del politeismo, interpretando gli dèi come intelligenze motrici dei cieli, e riconobbe tra essi un "primo", aprendo così la strada, ripresa poi dagli Stoici, verso il monoteismo. (Enrico Berti)
Aristotele era talmente bravo nel suo mestiere che ancorò il pensiero umano per duemila anni. (Ezra Pound)
Aristotile con molto senno incomincia dall'insegnar quello che spetta al buono stato della famiglia, perché della comunanza umana l'individuo compiuto non è lo scapolo, ma l'ammogliato con prole o vogliam dire la famiglia, rimossa la quale, come fu scritto nell'aforismo XIV, non rimane intermezzo alcuno che tempri l'amor proprio e la fiera e violenta natura nostra. (Terenzio Mamiani)
Aristotile, doppo haver ne gli otto libri della sua Fisica trattato di principij cagioni, & affetti communi delle cose naturali, intende ne i quattro del Cielo venire à trattar delle parti principali dell'Universo, cioè del Cielo e de gli elementi: di quello (per quanto è concesso all'intelletto humano), pienamente; di questi, solo in quanto sono parti del Mondo, & appartengono all'ordine, & integrità di esso, riserbandosi di ragionarne esattamente ne i libri della Generatione, e Corruttione. (Antonio Rocco)
Benché il suo debito verso Platone sia evidente in tutta la sua opera, Aristotele rifiutò le Forme del maestro per un empirismo radicale: ciò che si deve comprendere è il mondo dell'esperienza, e perciò bisogna partire da esso: da tutta l'esperienza; egli infatti aveva un'energia e una curiosità intellettuale che non sono mai state superate e alle quali poco si sono avvicinati. (Moses Israel Finley)
Ci si immagina Platone e Aristotele tutti paludati nei loro abiti da pedanti. Erano uomini di mondo come gli altri, che ridevano coi loro amici. E quando si sono divertiti a fare le loro leggi e la loro politica, è stato per gioco. Era l'aspetto meno filosofico e meno serio della loro vita; l'aspetto più filosofico consisteva nel vivere in modo semplice e sereno. Quando hanno scritto di politica, l'hanno fatto come per porre delle regole in un ricovero di pazzi. E se hanno mostrato di parlarne come fosse una gran cosa, è stato perché essi sapevano che i pazzi a cui parlavano credevano di essere re e imperatori. Essi entrano nei loro princìpi per moderare la loro follia e renderla più innocua che possono. (Blaise Pascal)
Ho provato a leggere a mia sorella qualcosa dell'opera filosofica di Aristotele. In tutta franchezza: una delusione completa. Non fosse stata così oscura, così astrusa, questa pseudofilosofia non sarebbe durata così a lungo. Ma la maggior parte delle persone, per le parole che non riesce a comprendere, prova un sacro rispetto, e taccia invece di superficialità chi ha il torto di parlar chiaro. Quale toccante segno di modestia. (Albert Einstein)
I due filosofi sono immortali, e ciascuno dei due ha i suoi pregi. Preferiamo sceglierci Aristotele come guida nella vita, e Platone come ispiratore dei nostri sogni. Ma sarebbe una triste vita quella in cui fossimo costretti a rinunciare all'uno o all'altro. (Henry Furst)
Il sistema aristotelico è variamente giudicato e denominato. Lo si qualifica per dinamismo, per energismo, per dualismo, da alcuni financo per materialismo superiore. Sarebbe assai più esatto denominarlo uno spiritualismo superiore. In poche dottrine, per certo, il pensiero quale attività suprema dell'esistenza celebra i suoi trionfi come nell'aristotelica. (Cesare Ranzoli)
La nebbia era una nube infeconda, così la pensava Aristotele, non fidatevi del suo carattere avvolgente, pervadente, quell'acqua è solo umidità, non è pregnanza di pioggia che feconda i campi e gonfia il corso dei fiumi. La nebbia è arredamento, la nebbia si appoggia: sui campi, nello spazio tra terra e cielo, buona per i delitti. E inconsapevoli, ad essa indifferenti. Ma sono delitti quelli che commette. (Daniele Del Giudice)
Linneo e Cuvier sono stati in modo diverso le mie due divinità, ma essi non sono che scolaretti in confronto al vecchio Aristotele. (Charles Darwin)
Nell'era dell'informazione, non si insegna filosofia allo stesso modo in cui si faceva dopo il feudalesimo. La si recita. Se Aristotele fosse vivo oggi, avrebbe un talk show. (Timothy Leary)
O Dio, che crudeltà, che non compose | un'operetta sopra la cucina, | fra l'infinite sue miracolose! (Francesco Berni)
Per vivere soli bisogna essere o un animale o un dio, dice Aristotele. Manca il terzo caso: bisogna essere l'uno e l'altro, un filosofo. (Friedrich Nietzsche)
Poi ch'innalzai un poco più le ciglia, | vidi 'l maestro di color che sanno | seder tra filosofica famiglia. (Dante Alighieri, Divina Commedia)
Prevaleva l'opinione di Aristotele secondo cui le comete non erano altre che vapori sublunari, al punto che questa parte sublime dell'astronomia rimaneva del tutto trascurata. (Edmond Halley)
Quando nella sua Poetica, Aristotele scrive che il fine della tragedia (cioè del teatro) è la catarsi, egli afferma soprattutto questo, che la tragedia ha un fine pratico, la purificazione del corpo sociale, ossia la conoscenza e quindi la difesa dai mali che lo turbano, attraverso la loro rappresentazione in pubblico. (Luciano Lucignani)
Venga dunque alla sbarra Aristotele, il peggiore dei Sofisti, stordito da un'inutile sottigliezza, spregevole ludibrio delle parole. Ha osato persino, se la mente umana si fermasse per caso e quasi spinta da un buon vento sulla spiaggia di qualche verità, stringerle attorno durissimi ceppi, e mettere insieme una specie di arte fatta di pazzia per asservirci alle parole. [...] pur essendosi rivolto alle libere ricerche della storia, ha conservato intatti gli idoli più oscuri di qualche caverna sotterranea, e ha costruito sopra la sua storia delle cose particolari una specie di tela di ragno, che vuol far apparire come la trama delle cause, mentre è affatto priva di forza e di pregio. (Francesco Bacone)
↑ Citato in Giulio Franceschi, Proverbi e modi proverbiali italiani.
↑ Da Le parti degli animali, I, 645a, in Opere biologiche, a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti, UTET, 1971.
↑ Citato in Diogene Laerzio, Vite dei filosofiAristotele, V, 21; citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
↑ Da Parti degli animali, I, 5, 15, Bari, 1973; citato in Gino Ditadi, Introduzione: L'animale buono da pensare, in I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 36. ISBN 88-85944-12-4
↑ Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 59. ISBN 9788858014165
↑ Da Anal. Post., I, 2 (9); citato in Federico Enriques, Assioma, in Enciclopedia italiana, Istituto dell'enciclopedia italiana, Roma, 1930.
↑ Citato in Mario Grasso, Punti di vista. Raccolta di pensieri profondi, gemme di saggezza, paradossi.
↑ Citato in Luciano Verdone, Un brindisi con Socrate.
↑ Citato in Giovanni Chimirri, Trattato filosofico sulla libertà. Etica della persona e teoria dell'agire.
↑ Da Analitici primi, I, 24 b, 18; citato in Guido Calogero, Sillogistica, in Enciclopedia Italiana, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1936.
↑ Citato in Come funziona la filosofia, a cura di Marcus Weeks, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2020, p. 45. ISBN 9788858025598
↑ Da Vita, attività e carattere degli animali: historia animalium, a cura di A.L. Carbone, Duepunti edizioni, Palermo, 2008, p. 37; citato in Aa. Vv., Emotività animali: ricerche e discipline a confronto, LED, Milano, 2013, p. 31.
↑ Citato in Pier Michele Giordano, I presocratici, Edizioni ARS G. L., Vercelli, 1996, pp. 103-104.
↑ Il testo completo di Aristotele: "Di tutte le cose infatti che hanno più parti e il cui insieme non è come un mucchio, ma è qualcosa di intero oltre le parti, c'è una qualche causa" Aristotele, Metafisica, con testo greco a fronte. Traduzione, introduzione e note di Enrico Berti, Bari-Roma, Laterza, 2017, p. 359.
↑ Citato in Come funziona la filosofia, a cura di Marcus Weeks, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2020, p. 41. ISBN 9788858025598
↑ Si veda anche «Per natura l'uomo è un essere politico» (Etica Nicomachea, I, 1097b) e «L'uomo infatti è un essere politico e portato naturalmente alla vita in società» (Etica Nicomachea, IX, 1169).
↑ Citato in Paola Mastellaro, Il libro delle citazioni latine e greche, Mondadori, Milano, 2012, p. 9. ISBN 978-88-04-47133-2.
↑ Citato in AA.VV., Il libro della legge, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2021, p. 33. ISBN 9788858029596
Aristotele, Dell'anima, Metafisica, in Aristotele. Volume primo, traduzione di Renato Laurenti, Antonio Russo, I Classici del pensiero, Mondadori, 2008.
Aristotele, Etica Nicomachea, Etica Eudemia, Politica, Retorica, Poetica, in Aristotele. Volume secondo, traduzione di Armando Plebe, Renato Laurenti, Manara Valgimigli, I Classici del pensiero, Mondadori, 2008.
Aristotele, Historia animalium [libri VIII e IX], traduzione di Pietro Li Causi, in Aristotele, frammenti stoici, Plutarco, Porfirio, L'anima degli animali, a cura di Pietro Li Causi e Roberto Pomelli, Einaudi, Torino, 2015. ISBN 978-88-06-21101-1
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di Marcello Gigante, Laterza, 1983³.