Il fisico Leonardo Vetra sentì l'odore di carne bruciata. Era la sua. Terrorizzato alzò gli occhi verso l'ombra scura che incombeva su di lui: «Cosa vuole da me?»
«La password» disse lo sconosciuto con voce aspra: «La parola d'ordine.»
«Ma io non...»
L'uomo gli premette di nuovo sul petto il ferro arroventato, ancora più a fondo. Si udì uno sfrigolio di carne che bruciava.
«Non c'è nessuna password!» gridò Vetra, straziato dal dolore, sentendosi venire meno.
Lo sconosciuto lo guardò torvo. «Proprio come temevo.»
Vetra si sforzava di rimanere cosciente, ma stava per perdere i sensi. L'unica consolazione era sapere che il suo aggressore non avrebbe mai raggiunto il proprio scopo. Un attimo dopo, l'uomo estrasse una lama e gliela avvicinò al viso. La lama oscillò, con precisione chirurgica.
«Per l'amor di Dio!» gridò Vetra. Ma era già troppo tardi.
Citazioni
[...] non c'è nemico più temibile di quello di cui nessuno ha più paura. (Giano: cap. 5; p. 23)
Galileo era un Illuminato. Ed era allo stesso tempo un devoto cattolico. Tentò di ammorbidire la posizione della Chiesa sulla scienza affermando che quest'ultima non metteva in discussione l'esistenza di Dio, ma caso mai la rafforzava. Scrisse che, quando seguiva al telescopio il movimento dei pianeti, riusciva a sentire la voce di Dio nella musica delle sfere celesti. Sosteneva che scienza e religione non erano nemiche, ma alleate, che usavano due linguaggi diversi per raccontare la medesima storia, una storia di simmetria e di equilibrio: paradiso e inferno, giorno e notte, caldo e freddo, Dio e Satana... Tanto la scienza quanto la religione cantavano le lodi della simmetria divina, proclamavano l'eterna lotta tra la luce e le tenebre. (Langdon: cap. 9; p. 43)
A volte per conoscere la verità occorre smuovere le montagne. (Kohler: cap. 15; p. 65)
L'antimateria è fortemente instabile. Da un punto di vista energetico è l'immagine speculare della materia, e dunque se le due dovessero venire a contatto si annullerebbero all'istante a vicenda. Tenere l'antimateria isolata dalla materia è un'impresa, ovviamente, perché al mondo tutto è materia. Per conservare i campioni è indispensabile che non vengano mai a contatto con nulla, neppure con l'aria. (Vittoria: cap. 20; pp. 86-87)
L'antimateria ha caratteristiche stupefacenti, professore, che la rendono estremamente pericolosa. Un campione da dieci milligrammi, dal volume paragonabile a un granello di sabbia, può sprigionare la stessa energia di duecento tonnellate di propellente convenzionale per razzi. (Vittoria: cap. 22; p. 89)
Il rapporto fra costo e rendimento era il problema di tutte le nuove fonti di energia. Costruire una piattaforma petrolifera per ottenere un solo barile di greggio era antieconomico, ma se con un'ulteriore piccola spesa quell'impianto avesse permesso di estrarre milioni di barili, l'affare si sarebbe rivelato redditizio. Con l'antimateria era la stessa cosa: mettere in azione ventisette chilometri di elettromagneti per generare un minuscolo esemplare richiedeva una quantità di energia maggiore di quella che si sarebbe potuta ottenere dal- l'antimateria creata. Per verificarne la convenienza occorreva disporre di campioni di dimensioni maggiori. (cap. 23; p. 95)
La scienza mi dice che deve esserci un Dio, la mente che non lo comprenderò mai, il cuore che non sono tenuto a farlo. (Vittoria: cap. 31; p. 121)
Si voltò a guardare il celebre affresco di Michelangelo dietro l'altare, ma il Giudizio universale non placò la sua apprensione. L'opera, alta quindici metri, raffigurava Gesù Cristo nell'atto di dividere i virtuosi dai peccatori. Fra i corpi straziati che ardevano tra le fiamme dell'inferno c'era persino uno dei rivali di Michelangelo, rappresentato con orecchie d'asino. Guy de Maupassant aveva scritto in un racconto che quell'affresco sembrava la decorazione di un baraccone da fiera dipinta da un carbonaio ignorante. Il cardinale Mortati era abbastanza d'accordo. (cap. 42; p. 173)
Emozionatissimo, cercò di restare con i piedi per terra: se ben ricordava, quella statua non aveva niente a che vedere con il fuoco. E tantomeno con la scienza. L'Estasi di santa Teresa può essere definita "pornografica", forse, ma certamente non scientifica. Una volta un critico inglese l'aveva stroncata definendola "l'opera d'arte più inadatta a una chiesa cristiana". Langdon ne capiva benissimo il motivo: la statua ritraeva santa Teresa con la testa reclinata all'indietro, in preda a un orgasmo travolgente. Per quanto resa in modo artisticamente ineccepibile, non era certo una scena da esporre in Vaticano. (cap. 84; p. 344)
Voi sostenete che la chiesa è ignorante. Ma chi è più ignorante? Chi non riesce a definire il fulmine o chi non ne rispetta il grandioso potere? (Carlo Ventresca: cap. 94, pp. 385-386)
Dicono che davanti alla morte tutto appare chiaro. Ensei Tankado in quel momento capì che era vero. Mentre cadeva a terra, stringendosi il petto in preda al dolore, comprese l'enormità del proprio errore.
Alcune persone, chine su di lui, cercarono di soccorrerlo; ma Tankado non chiedeva aiuto: era troppo tardi, ormai.
Alzò tremante la mano sinistra e allargò le dita. "Guardate la mia mano!" I volti tutt'intorno si fecero attenti, ma lui si rese conto che non capivano.
Portava un anello d'oro con un'incisione. Per un attimo, le lettere brillarono al sole dell'Andalusia. Ensei Tankado sapeva che quella era l'ultima luce che avrebbe visto.
Citazioni
[...] tutto è possibile; l'impossibile richiede soltanto più tempo. (cap. 4, p. 29)
Doveva trovare solo il modo di farlo fuori senza dare nell'occhio. Il silenziatore, quanto di meglio si potesse trovare sul mercato, non emetteva più di un piccolo colpo di tosse. Sarebbe filato tutto liscio. (cap. 93, p. 325)
Quella non era l'America: nessun cartello di pericolo, nessun mancorrente, nessun riconoscimento di responsabilità per eventuali incidenti. Era la Spagna. Se uno era tanto stupido da cadere, era solo colpa sua, a prescindere da chi avesse costruito le scale. (cap. 100, p. 341)
Il famoso curatore del Louvre, Jacques Saunière, raggiunse a fatica l'ingresso della Grande Galleria e corse verso il quadro più vicino a lui, un Caravaggio. Afferrata la cornice dorata, l'uomo di settantasei anni tirò il capolavoro verso di sé fino a staccarlo dalla parete, poi cadde all'indietro sotto il peso del dipinto. Come da lui previsto, una pesante saracinesca di ferro calò nel punto da cui era passato poco prima, bloccando l'ingresso al corridoio. Il pavimento di parquet tremò. Lontano, un allarme cominciò a suonare.
Citazioni
[...] la coincidenza non era una categoria di cui si fidasse molto. Avendo trascorso la vita a esplorare i collegamenti nascosti tra i diversi emblemi e le diverse ideologie, vedeva il mondo come una rete di storie e di eventi profondamente intrecciati tra loro. (p. 26)
Gli studiosi di simboli spesso osservavano come la Francia – paese famoso per il masochismo, l'adulterio e i suoi capi di Stato insicuri e di bassa statura come Napoleone e Pipino il Breve – non avrebbe potuto scegliere un simbolo nazionale più adatto di quello: un fallo eretto, alto trecento metri. [riferito alla Torre Eiffel] (p. 27)
E davanti a lui, attraverso l'arco, Langdon poteva vedere adesso il monolitico palazzo rinascimentale che era divenuto il più famoso museo di belle arti del mondo. Il Musée du Louvre. Langdon provò un familiare senso di meraviglia mentre i suoi occhi si sforzavano inutilmente di cogliere l'intera massa dell'edificio. In fondo a una piazza di dimensioni enormi, l'imponente facciata del Louvre si stagliava come una cittadella nel cielo parigino. Il Louvre aveva la forma di un enorme ferro di cavallo ed era l'edificio più lungo d'Europa, più di tre Torri Eiffel messe l'una in fila all'altra. Neppure i centomila metri quadri di spazio aperto tra le ali del museo riuscivano a intaccare la maestosità dell'immensa facciata. Una volta, Langdon aveva percorso l'intero perimetro del Louvre: una stupefacente escursione di cinque chilometri. Per poter debitamente apprezzare le 65.300 opere d'arte esposte nell'edificio, si calcolava che un visitatore avrebbe impiegato cinque settimane, ma la maggior parte dei turisti sceglieva l'esperienza abbreviata che Langdon chiamava il "Louvre Light": una corsa attraverso il museo per vedere le tre opere d'arte più famose, la Monna Lisa – o, come era chiamata in vari paesi europei, La Gioconda –, la Venere di Milo e la Vittoria alata. L'umorista Art Buchwald si era una volta vantato di avere visto tutt'e tre i capolavori in cinque minuti e cinquantasei secondi. (p. 28)
Ritenuto il più corretto disegno anatomico della sua epoca, l'Uomo vitruviano era diventato una delle moderne icone della cultura e veniva stampato su manifesti, copertine di libri e T-shirt in tutto il mondo. Il famoso disegno era costituito di un cerchio perfetto con inscritto un corpo nudo maschile, le braccia tese lateralmente e le gambe divaricate. (p. 61)
Uno virgola seicentodiciotto. Volete un altro esempio? Misurate la distanza dalla spalla alla punta delle dita e dividetela per la distanza dal gomito alla punta delle dita. Di nuovo phi. Altro esempio? Dal fianco al pavimento diviso per la distanza dal ginocchio al pavimento. Di nuovo phi. Le articolazioni delle dita, le sezioni della colonna vertebrale. Ancora phi. Amici miei, ciascuno di voi è un tributo ambulante alla proporzione divina! (Robert Langdon, p. 115)
«Leonardo era notoriamente devoto alle antiche tradizioni della dea. Domani vi mostrerò il suo affresco L'Ultima Cena, che è uno dei più stupefacenti tributi al femminino sacro che si possa incontrare.» «Scherza?» aveva chiesto qualcuno. «Pensavo che L'Ultima Cena riguardasse Gesù!» Langdon gli aveva strizzato l'occhio. «Ci sono simboli nascosti in luoghi che non riuscireste mai a immaginare.» (p. 116)
Il fatto che la Monna Lisa fosse la più famosa opera d'arte del mondo non aveva niente a che vedere, come Langdon sapeva, con il suo sorriso enigmatico, né era dovuto alle misteriose interpretazioni che le avevano attribuito noti storici dell'arte e seguaci delle teorie del complotto. Semplicemente, la Monna Lisa era famosa perché Leonardo da Vinci la giudicava la sua opera migliore. Portava con sé il dipinto dovunque si recasse e, se gliene chiedevano la ragione, rispondeva che trovava difficile separarsi dalla sua più sublime espressione della bellezza femminile. Tuttavia, molti esperti d'arte sospettavano che la devozione di Leonardo alla Monna Lisa non avesse niente a che fare con il suo valore artistico. In realtà, il quadro era un ritratto in stile "sfumato" abbastanza comune. La venerazione di Leonardo per quell'opera, sostenevano alcuni, derivava da cause più profonde: un messaggio nascosto nelle sue immagini. La Monna Lisa era, come avevano dimostrato esaurientemente gli storici dell'arte, una sorta di linguaggio cifrato per chi era in grado di intenderlo. Gran parte dei libri di storia dell'arte elencavano i doppi sensi e le allusioni contenuti nel quadro ma, anche se la cosa sarebbe parsa incredibile, il pubblico continuava a pensare che fosse il sorriso il suo più grande mistero. (p. 143)
«Ehi, signor Langdon» lo aveva chiamato un uomo tutto muscoli. «E vero che la Monna Lisa è un ritratto di Leonardo vestito da donna?» «E del tutto possibile» aveva spiegato Langdon. «Leonardo era un burlone e analizzando al computer la Monna Lisa e i suoi autoritratti, si notano alcune strane coincidenze nelle loro facce. Qualunque fosse l'intenzione di Leonardo» aveva continuato «la sua Monna Lisa non è né maschio né femmina. Contiene un sottile messaggio di androginia. E una fusione dei due sessi.» (pp. 144-145)
Il quadro della Vergine delle rocce era stato originariamente commissionato a Leonardo da un'organizzazione chiamata la Confraternita dell'Immacolata Concezione, che voleva un quadro da esporre al di sopra dell'altare, in una loro chiesa milanese, come parte centrale di un trittico. Le monache avevano fornito a Leonardo le dimensioni e il tema del quadro: la Vergine Maria, Giovanni il Battista bambino, Uriel e il Bambin Gesù che si riparavano in una caverna. Anche se Leonardo fece come gli era stato richiesto, quando consegnò il lavoro le monache rimasero inorridite. Aveva riempito il quadro di particolari poco ortodossi se non allarmanti. Il quadro mostrava una Vergine Maria vestita d'azzurro che sedeva con il braccio attorno a un bambino, presumibilmente Gesù. Davanti a lei c'era Uriel, anch'egli con un bambino piccolo, presumibilmente il Battista. Stranamente, però, invece della scena abituale in cui Gesù dava la benedizione al Battista, era il Giovanni bambino a benedire Gesù, e Gesù si sottometteva alla sua autorità! Inoltre, cosa ancor più preoccupante, Maria levava una mano al di sopra della testa del Battista con un gesto decisamente minaccioso: le dita sembravano gli artigli di un'aquila, come se stringesse una testa invisibile. E infine l'immagine più chiara e allarmante: sotto le dita ripiegate di Maria, Uriel faceva un gesto come per tagliare la gola della testa invisibile tenuta dalla mano-artiglio di Maria. (pp. 165-166)
[...] gli appassionati del mistero del Graal studiavano ancora le opere e i diari di Leonardo da Vinci nella speranza di trovare qualche indizio che rivelasse l'attuale collocazione del Graal. Alcuni dicevano che le montagne che facevano da sfondo alla Vergine delle rocce corrispondevano alla topografia di alcuni monti della Scozia, pieni di caverne. Altri sostenevano che l'irregolare disposizione dei discepoli nell'Ultima Cena fosse una sorta di codice. Altri ancora dicevano che l'esame ai raggi X della Monna Lisa rivelava che in originale il personaggio ritratto portava una collana con l'immagine in lapislazzuli di Iside, un particolare che poi Leonardo aveva coperto. (p. 201)
Seracini aveva rivelato senza possibilità di dubbio che lo schizzo preparatorio dell'Adorazione dei Magi era veramente opera di Leonardo, ma il dipinto era di un'altra mano. Qualche anonimo pittore aveva colorato lo schizzo seguendo le sue indicazioni di colore, anni dopo la morte di Leonardo. Assai più preoccupante, però, era ciò che stava sotto il dipinto dell'impostore. Le fotografie agli infrarossi e ai raggi X suggerivano che l'anonimo pittore, mentre riempiva gli spazi delineati da Leonardo, si era allontanato in modo sospetto dalla traccia, in deroga alle vere intenzioni dell'artista. La natura dello schizzo originale, qualunque essa fosse, non era stata comunicata. (p. 202)
"La Bibbia non ci è arrivata per fax dal Cielo".[2] [...] La Bibbia è un prodotto dell'uomo, mia cara, non di Dio. La Bibbia non è caduta magicamente dalle nuvole. L'uomo l'ha creata come memoria storica di tempi tumultuosi ed è passata attraverso innumerevoli traduzioni, aggiunte e revisioni. Nella storia non c'è mai stata una versione finale del libro. (Leigh Teabing, p. 271)
Nessuno è più indottrinato dell'indottrinatore. (Leigh Teabing, p. 276)
Sophie esaminò la figura alla destra di Gesù. A mano a mano che studiava la sua faccia e il suo corpo era sempre più stupita. La persona raffigurata aveva lunghi capelli rossi, delicate mani giunte e il seno appena accennato. Era, senza dubbio... femmina. «Ma è una donna!» esclamò. Teabing rideva. «Sorpresa, sorpresa. Mi creda, non si tratta di un errore. Leonardo era abilissimo nel ritrarre le differenze tra i sessi.» Sophie non riusciva a staccare gli occhi dalla donna accanto a Cristo. "L'Ultima Cena dovrebbe raffigurare tredici uomini. Chi è questa donna?" Anche se aveva visto quella classica immagine molte volte, non aveva mai notato l'incongruenza. «Nessuno se ne accorge mai» disse Teabing. «I nostri preconcetti su quella scena sono talmente forti che la nostra mente cancella l'incongruenza e ci fa vedere quello che non è.» «Il fenomeno è noto come "scotoma"» aggiunse Langdon. «Il cervello a volte lo fa, quando i simboli sono molto potenti.» «Un'altra ragione che può averle impedito di capire che è una figura femminile» disse Teabing «è che molte delle foto riprodotte nei libri d'arte sono state scattate prima del 1954, quando i particolari erano ancora nascosti sotto uno strato di sporco e sotto vari restauri male eseguiti nel diciottesimo secolo. Oggi finalmente l'affresco è stato riportato a come in origine l'ha dipinto Leonardo.» Indicò la riproduzione. «Et voilà!» Sophie si avvicinò ancora di più all'immagine. La donna alla destra di Gesù era giovane e aveva l'aspetto pio, un viso dall'espressione piena di discrezione, bellissimi capelli rossi e mani tranquillamente giunte. "Questa è la donna che da sola poteva far crollare la Chiesa?" «Chi è?» chiese. «Quella donna, mia cara» rispose Teabing «è Maria Maddalena.» (pp. 285-286)
[...] la storia è sempre scritta dai vincitori. Quando due culture si scontrano, chi perde viene cancellato e il vincitore scrive i libri di storia, libri che sostengono la sua causa e condannano quella del nemico sconfitto. (Leigh Teabing, p. 299)
[...] gli uomini sono disposti a fare molto di più per eliminare ciò che temono che per ottenere ciò che desiderano. (Leigh Teabing, p. 312)
[...] noi inglesi giudichiamo la civiltà dell'uomo non in base alla sua compassione per gli amici, ma a quella per i nemici. (p. 337)
Citazioni su Il codice da Vinci
Dalla lettura critica, alla luce delle più elementari conoscenze storiche, del romanzo di Dan Brown non si salva neanche una pagina. (Andrea Tornielli)
È un libro idiota, stupido, bugiardo, pornografico e depensato per depensati. La qualità del Vangelo e dei Vangeli è cosa diversa da questa patacchiata immonda, da questa stronzata insopportabile di questo libro. (Vittorio Sgarbi)
Il Codice da Vinci di Dan Brown è stato un tale successo editoriale che tutti i suoi rivali, a quanto si può ricordare, al confronto impallidiscono. Nel momento in cui ho scritto queste pagine (14 giugno 2004) il libro era sulla lista dei best seller del «New York Times» da sessantatré settimane ed è ancora il numero uno. Nel corso di quest'anno ha venduto un numero astronomico di copie: centomila alla settimana, secondo il «Publishers Weekly» del 9 febbraio 2004, e con l'uscita della versione paperback c'è da aspettarsi un'altra valanga di vendite, che si aggiungeranno ai milioni di copie della versione cartonata già stampata. (Bart Ehrman)
Le «fonti» stesse di Dan Brown, i suoi stessi «ispiratori», sono stati costretti dalla grossolanità delle loro affermazioni a fare ammenda pubblica, smentendo le loro teorie: documenti falsi, storie inesistenti, persino il Priorato di Sion ormai esiste soltanto a livello «metafisico». Eppure tutto questo coacervo di bufale e di leggende è stato reimpastato, riabilitato e fornito su un piatto d'argento a milioni di lettori, molti dei quali portati a credere che le dotte disquisizioni propinate dal professor Langdon e dal professor Teabing alla povera Sophie Neveu, discendente della Maddalena, siano vere e che la Chiesa abbia realmente ingannato per duemila anni i suoi fedeli. (Andrea Tornielli)
Sono arrivato a metà, poi l'ho mollato. È una sciocchezza dal punto di vista storico e culturale. (Andrea Camilleri)
Il segreto è come si muore.
Fin dal principio dei tempi, il segreto è sempre stato come si muore.
L'iniziato, che aveva trentaquattro anni, guardò il teschio umano che teneva fra le mani come una coppa. Era pieno di vino rosso sangue. Bevilo, si disse. Non c'è nulla di cui aver paura.
Citazioni
Lo spirito dell'uomo anela al controllo sul proprio guscio carnale. (cap. 2; p. 21)
[...] angeli e demoni fossero la stessa cosa, archetipi intercambiabili, una mera questione di polarità: l'angelo custode che ti ha aiutato a vincere la battaglia è visto dal tuo nemico come un demone distruttore. (cap. 2; p. 23)
A volte, quando una leggenda perdura nei secoli, un motivo c'è. (Mal'akh: cap. 5; p. 36)
[...] i segreti più impenetrabili sono nascosti in bella vista. (Langdon: cap. 6; p. 41)
"[...] quali sono i requisiti fondamentali affinché un'ideologia possa essere considerata una religione?" "Assicurare, credere, convertire." aveva risposto una studentessa. "Esatto" aveva replicato Langdon "Le religioni assicurano la salvezza, credono in una determinata teologia e convertono i non credenti." (cap. 6; p. 44)
"Non raccontatelo a nessuno, ma io nel giorno del dio pagano del sole, Ra, mi inginocchio ai piedi di un antico strumento di tortura e ingerisco simboli che stanno per sangue e carne". Gli studenti erano attoniti. Langdon aveva fatto spallucce. "Se volete saperne di più, venite nella cappella dell'università domenica prossima, inginocchiatevi ai piedi del crocifisso e fate la comunione". (cap. 6; p. 46)
Aprite la mente: abbiamo tutti paura di ciò che non comprendiamo. (cap. 6; p. 46)
Le scoperte di ogni generazione vengono confutate dalla tecnologia di quella successiva. (cap. 14; p. 70)
La tortura può essere molto efficace per costringere qualcuno a dire la verità. (Sato: cap. 19; p. 99)
Google non è sinonimo di ricerca. (Langdon: cap. 23; p. 124)
La ricchezza è di molti, la saggezza di pochi. E la ricchezza, senza saggezza, spesso porta alla rovina. (Peter: cap. 61; p. 294)
"L'Apocalisse non è la fine del mondo, ma piuttosto la fine del mondo come noi lo conosciamo. La profezia dell'Apocalisse è solo uno dei meravigliosi messaggi della Bibbia che sono stati travisati." Si avvicinò al fronte del palco. "Credetemi, l'Apocalisse sta arrivando... e non sarà per niente uguale a come ce l'hanno insegnata. (Solomon: cap. 111; p. 488)
I tesori più preziosi sono spesso i più semplici. (cap. 119; p. 527)
C'è un mondo nascosto sotto quello che ciascuno di noi vede. Un mondo per tutti noi. (cap. 125; p. 551)
A volte, è sufficiente un cambiamento di prospettiva per vedere la luce. (Peter: cap. 128; p. 572)
[...] l'unica differenza tra noi e Dio è che noi abbiamo dimenticato di essere divini. (Solomon: cap. 131; p. 584)
Ove è la mente, quivi è il tesoro. (cap. 133; p. 593)
Dio si trova nell'unione dei Molti... non nell'Uno. (cap. 133; p. 599)
Mentre il sole si alzava su Washington, Langdon rivolse lo sguardo al cielo, dove le ultime stelle andavano sbiadendo. Rifletté sulla scienza, sulla fede e sull'uomo. Rifletté su come tutte le culture, in tutti i paesi del mondo e in tutte le epoche, avessero sempre avuto un punto in comune. Tutti abbiamo avuto il Creatore. Abbiamo usato nomi diversi, effigi diverse e preghiere diverse, ma Dio è sempre stato la costante universale per l'uomo. È il simbolo che tutti noi abbiamo condiviso... il simbolo di tutti i misteri della vita che non potevamo capire. Gli antichi lo pregavano come simbolo del nostro illimitato potenziale umano, ma nel tempo quell'antico simbolo è andato perduto. Fino a quel momento. Fu allora che, sulla sommità del Campidoglio, con il calore del sole che scendeva ad avvolgerlo, Robert Langdon sentì gonfiarsi dentro di sé, nel profondo, una sensazione potente. Era un'emozione che in tutta la sua vita non aveva mai provato in modo così intenso. Speranza
La morte, in quel luogo remoto, poteva arrivare sotto innumerevoli forme. Il geologo Charles Brophy conviveva da anni con il fascino selvaggio di quel territorio, eppure nulla lo aveva preparato al destino barbaro e innaturale che stava per abbattersi su di lui.
I quattro husky che trainavano nella tundra la slitta carica di strumenti per le rilevazioni geologiche all'improvviso rallentarono, con il muso rivolto al cielo.
«Cosa c'è, ragazze?» chiese Brophy, scendendo dalla slitta.
Tra le nubi in rapido addensamento, un elicottero birotore da trasporto si abbassava in ampi cerchi costeggiando i picchi di ghiaccio con militaresca perizia.
"Strano" pensò. "Mai visti elicotteri tanto a nord." Il mezzo atterrò ad una trentina di metri da lui, sollevando spruzzi pungenti di neve granulosa. I cani presero a guaire, irrequieti.
Si aprì il portello e dall'elicottero scesero due uomini in tuta termica bianca, armati di fucile, che puntarono decisi verso di lui.
Citazioni
La Casa Bianca è una delle più piccole residenze presidenziali del mondo, con i suoi cinquanta metri di lunghezza e venticinque di profondità, situata in soli sette ettari di terreno. Il progetto dell'architetto James Hoban, una struttura in pietra a pianta rettangolare con tetto a quattro spioventi e fronte colonnata, per quanto chiaramente poco originale, fu scelto attraverso un concorso aperto dai giudici che ne apprezzarono "l'eleganza, la maestosità e l'adattabilità". (cap. 14; p. 63)
Anche se quel grande ufficio aveva avuto molti soprannomi nel corso degli anni – Cesso, Nido dell'Uccello, Camera da letto di Clinton – quello che Herney preferiva era Nassa da aragoste. Gli sembrava decisamente azzeccato. Ogni volta che qualcuno vi metteva piede per la prima volta, il disorientamento era evidente. La simmetria del locale, la curva dolce delle pareti, le porte nascoste con discrezione contribuivano a dare ai visitatori la sensazione di essere stati bendati e fatti girare in tondo. Spesso, dopo un incontro nello Studio Ovale, un capo di Stato si alzava, stringeva la mano al presidente e poi marciava dritto verso il ripostiglio. A seconda dell'esito della riunione, Herney fermava in tempo l'ospite oppure lo guardava divertito affrontare quella situazione imbarazzante. (cap. 14; p. 65)
«Signori» continuò Sexton, fermandosi davanti al fuoco «è giunto il momento che gli americani comprendano la verità perché tutti abbiano un futuro migliore. L'America deve sapere che la NASA non ci sta portando nei cieli, anzi, di fatto impedisce l'esplorazione dello spazio. Lo spazio non è diverso dalle altre industrie e bloccare il settore privato rasenta un atto criminale. Pensiamo all'industria dei computer, ai suoi costanti progressi così sensazionali che è quasi impossibile tenere il passo da una settimana all'altra! Come mai? Per la semplice ragione che opera in un sistema di libero mercato, premia l'efficienza e la creatività con il profitto. Immaginiamo che cosa accadrebbe se fosse gestita dal governo. Saremmo ancora al Medioevo. Nello spazio regna la stagnazione. Dobbiamo mettere l'esplorazione spaziale nelle mani del settore privato, com'è giusto. Gli americani resteranno stupefatti dai progressi, dalla creazione di nuovi posti di lavoro e dalla realizzazione di tanti sogni. Dobbiamo lasciare che il libero mercato ci spinga sempre più in alto nello spazio. Se verrò eletto, mi impegno personalmente ad aprire le porte di quell'ultima frontiera e lasciarle ben spalancate.» (cap. 57; p. 244)
Sono la passione e la curiosità a guidare l'innovazione, non la promessa della superiorità militare. (Ekstrom: cap. 95; p. 386)
Gli occhi di lui erano come lame. «Io ti ho creato, Gabrielle; e adesso ti ho distrutto.» (cap. 126; p. 500)
Io sono l'Ombra. Attraverso la città dolente, io fuggo. Attraverso l'eterno dolore, io prendo il volo.
Lungo la riva dell'Arno, corro arrancando senza fiato... volto a sinistra, in via dei Castellani, e mi dirigo verso nord, rannicchiandomi nell'ombra degli Uffizi.
E loro continuano a inseguirmi.
Il suono dei passi alle mie spalle si fa sempre più forte, mi danno la caccia con determinazione implacabile.
Mi inseguono da anni, ormai. Un'ostinazione che mi ha costretto alla clandestinità, a vivere in purgatorio, a lavorare sottoterra come un mostro ctonio. Io sono l'Ombra.
Apprezzo Dan Brown perché, come molti colleghi americani, ha un pregio: non ha pose intellettualistiche, non scrive «complessi drammi psicologici» solo per far felici critici decrepiti che poi li celebrano su Repubblica in attesa di dimenticarli e passare al prossimo «libro che fa grande la nostra narrativa». (Tommaso Labranca)
Attacca la Chiesa e scrivi un best-seller: questa è la formula di autori come Dan Brown, David Yallop, Donna Cross o John Cornwell. (Michael Hesemann)
Dan Brown, Angeli e demoni, traduzione di Annamaria Biavasco e Valentina Guani, Mondadori, Milano, 2004. ISBN 88-04-53167-3
Dan Brown, Crypto (Digital Fortress, 1998), traduzione di Paola Frezza Pavese, Mondadori, Milano, 2006. ISBN 978-88-04-57191-9
Dan Brown, Il codice da Vinci, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, Milano, 2003. ISBN 88-04-52341-7
Dan Brown, Il simbolo perduto, traduzione di Annamaria Biavasco, Valentina Guani, Nicoletta Lamberti, Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli, Mondadori, Milano, 2009. ISBN 978-88-04-59674-5
Dan Brown, Inferno, traduzione di Nicoletta Lamberti, Annamaria Raffo, Roberta Scarabelli, Mondadori, Milano, 2013. ISBN 978-88-04-63144-6
Dan Brown, La verità del ghiaccio (Deception Point), traduzione di Paola Frezza Pavese e Leonardo Pavese, Mondadori, Milano, 2005. ISBN 978-88-04-56385-3