Titiro, tu riposando alla cupola vasta di un faggio,
mediti un canto silvestre sulla sampogna leggera;
noi lasciamo i confini, lasciamo le dolci campagne,
noi fuggiamo la patria.
Citazioni
Un dio ha creato per noi queste possibilità di ozio.[2]
Deus nobis haec otia fecit. (I, 6)
Non affidarti troppo al colore, all'apparenza delle cose.
Nimium ne crede colori. (II, 17)
Ognuno è attratto da ciò che gli piace.
Trahit sua quemque voluptas. (II, 65)
Quale pazzia ti prese? (II, 69)
Quae te dementia cepit?.
Alle Muse piacciono i canti alterni. (III, 59)
Amant alterna Camoenae.
Cominciamo da Giove, o Muse; tutto è pieno di Giove. (III, 60)
Ab Jove principium, Musae; Jovis omnia plena.
Si nasconde una serpe nell'erba.
Latet anguis in herba. (III, 93)
Chiudete i ruscelli, o fanciulli, i prati hanno bevuto abbastanza.
Claudite iam rivos, pueri, sat prata biberunt. (III, 111)
Claudite jam rivos, pueri: sat prata biberunt.
Muse di Sicilia, solleviamo il tono del canto: | non tutti amano gli arbusti, le umili tamerici; | se cantiamo le selve, siano le selve da console.
Sicelides Musae, paulo maiora canamus | non omnes arbusta iuvant humilesque myricae; | si canimus silvas, silvae sint consule dignae. (2012, IV, 1,2,3)
Si rinnova il gran giro dei secoli. (IV, 5)
Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.
Il lupo non si preoccupa di quante siano le pecore.
Lupus ovium non curat numerum. (VII, 51)
Non tutti possiamo ogni cosa.
Non omnia possumus omnes. (VIII, 63)
La divinità si compiace del numero dispari. (VIII, 75)
Numero deus impare gaudet.
Coglieranno le tue frutta i nepoti. (IX, 50)
Carpent tua poma nepotes.
Tutto porta via il tempo, anche l'animo.
Omnia fert aetas, animum quoque. (IX, 51)
Non cantiamo ai sordi.
Non canimus surdis. (X, 8)
L'amore vince tutto: e anche noi cediamo all'amore.[3]
Ciò che più pingui e floride le messi
Renda, e in quale stagion romper la terra,
E a l'olmo giovi maritar la vite;
Qual cura aver de' buoi, qual de la greggia
Debbasi, e quanta esperienza ed arte
Chieggian l'api frugali, augusta Bice,
Io qui prendo a cantar. O voi, del mondo
Astri lucenti, che il volubil anno
Guidate in cielo con alterno giro,
Voi Bacco, ed alma Cerere, per cui
Cangiò la terra le Caonie ghiande
In pingui spiche, e d'Acheloo le tazze
Empì de l'uve il nettare scoperto,
Voi, de' coloni tutelari numi,
Driadi e Fauni or qua volgete il piede,
Ch'io canto i vostri doni.
[Virgilio, Georgiche, traduzione di Clemente Bondi, in "Opere edite e inedite in versi ed in prosa", Venezia, Presso Adolfo Cesare, 1801]
Carlo Saggio
Che cosa faccia ubertose le messi e sotto che stelle,
o Mecenate, convenga voltar la terra, e le viti
congiungere agli olmi, qual cura dei bovi, che impegno
alle bestie, ed alle api frugali quanta esperienza,
questo incomincio a cantare.
[Virgilio, Le Bucoliche. e Le Georgiche, traduzione di Carlo Saggio, Rizzoli, 1954]
Citazioni
Ogni difficoltà è vinta dall'aspro lavoro, e dal bisogno che incalza nelle dure vicende. (I, 145-146).
Labor omnia vincit | Improbus, et duris urgens in rebus egestas.
[In riferimento allo spergiuro Sinone, per il cui inganno il cavallo pieno di armati entrò nelle mura di Troia. Verso citato oggi a proposito dei cattivi]
O Benaco, che gonfi le tue onde e fremi come il mare. (II, 160)
Fluctibuset fremitu adsurgens, Benace, marino.
Salve, terra Saturnia, grande madre di grani e di uomini. (II, 173-174)
Salve, magna parens frugum, Saturnia tellus, | Magna virum.
Loda i grandi poderi, ma coltivane uno piccolo. (II, 412-413)
Laudato ingentia rura, | Exiguum colito.
O troppo fortunati agricoltori se conoscessero la loro felicità! (II, 458-9)
O fortunatos nimium, sua si bona norint | Agricolas!
Felice chi poté conoscere le cagioni delle cose. (II, 490)
Felix qui potuit rerum cognoscere causas.
L'amore per tutti è lo stesso. (III, 244)
Amor omnibus idem.
Un giorno, pur che mi basti la vita, io tornerò nella mia patria, traendo meco le Muse: e le palme del mio trionfo poetico io renderò a te, Mantova: e un tempio di marmo inalzerò sulla verde prateria presso l’acqua, là dove il Mincio scorre con lenti avvolgimenti e copre tutt’intorno le ripe di flessibili canne.[5] (III, 10-15)
Ma fugge intanto, fugge irrecuperabile il tempo. (III, 284)
Sed fugit interea, fugit inreparabile tempus.
Il lavoro è tenue, ma darà non tenue gloria. (IV, 6)
In tenui labor, at tenuis non gloria.
Ben io qui canterei, qual sia de gli orti | la cultura miglior, come di Pesto | due volte rifioriscano i rosai. (IV, 118-119; 1801, 177-179)
Se si può confrontare con sì grandi cose queste così piccole. (IV, 176)
Si parva licet componere magnis.
Finché il re è sano e salvo, tutte[le api]la pensano in egual maniera, | ma, perduto il re, il patto è infranto. (IV, 212-213)
Rege incolumi mens omnibus una est; | amisso rupere fidem.
A questi indizii, e prodigiosi esempi | riflettendo talun pensò, che l'api | abbian celeste origine, ed un raggio | chiudano in sen de la divina mente: | poiché diffuso per le terre e i mari, | e pe i campi del ciel vuolsi che immenso | spirito il mondo informi, e da lui vita | traggan uomini, armenti, augelli e fiere; | e in lui di nuovo poi da i corpi sciolte, | non soggette a perir, tornino l'alme | a rïunirsi, e redivive il volo | spieghino al cielo ad abitar le stelle. (IV, 219-227; 1801, 338-349)
Per la morte non c'è spazio, ma le vite volano e si aggiungono alle stelle nell'alto cielo. (IV, 226-7)
Nec morti esse locum, sed viva volare sideris in numerum atque alto succedere caelo.
Facesti come quei che va di notte, | che porta il lume dietro e sé non giova, | ma dopo sé fa le persone dotte. (Dante Alighieri, Divina Commedia)
Fra tutti i poeti che la forza de' secoli e della barbarie ha rispettato, quasi ossequio ad un'aura veramente divina, noi dobbiamo principalmente consolarci di aver Virgilio: il maggior maestro della grand'arte di dare immagine ad ogni pensiero, e di non dire se non con maniera nobilissima ed elegantissima, e con le sole parole necessarie, ciò che si conviene alla poetica dignità del discorso: Non ut minus, come sente Quintiliano, sed ne plus dicatur quam oporteat. Poeta veramente maraviglioso, nella cui mente non cadde mai cosa che non fosse tutta verità, tutt'armonia, tutta serenità e nobiltà. Laonde Virgilio, è il vero gran padre della bella poesia de' popoli d'occidente: i quali, quante volte se ne allontaneranno (e si lascino cianciar gli stolti), tante dovranno vergognarsene, e tornare in dietro, e sentirsi gridare: mala via tieni. (Salvatore Betti)
Il sommo poeta latino fu considerato tôcco dalla grazia divina, circonfuso di luce, dotato di poteri soprannaturali, così da vivere, da apparire come un fantasma benefico dopo la morte. (Olga Visentini)
La lampada accesa è il simbolo di Roma eterna, Virgilio ne è l'anima vigile e operante. (Olga Visentini)
Vergilio è la più larga fonte di espressioni proverbiali o quasi proverbiali, di origine letteraria, vale a dire di quelle espressioni, che si fissarono nella memoria del popolo o degli scrittori di ogni età per effetto appunto dei versi suoi, studiati e imparati a memoria. (Carlo Pascal)
↑ Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, Milano, 1921, p. 163, § 542. La storia di questo verso ci è stata conservata in quella Vita di Virgilio, che va, a torto, sotto il nome di Tib. Claudio Donato (il giovane), cap. XVII. Virgilio scrive una notte sulla porta del palazzo dell'Imperatore Augusto il seguente distico senza apporvi il suo nome: Nocte pluit tota, redeunt spectacula mane: | Divisum imperium cum Jove Cæsar habet. Batillo, meschino poetucolo, se ne fa credere l'autore, e ne riceve in contraccambio da Augusto lodi e danari. Allora Virgilio torna a scrivere sulla porta per quattro volte di seguito le parole Sic vos non vobis. Augusto vuol sapere che cosa significhi ciò: nessuno sa spiegare l'enigma, e finalmente quando la curiosità di tutti è eccitata, Virgilio stesso dà la chiave dell'indovinello ripetendo dapprima il distico rubatogli, seguito dal verso: Hos ego versiculos feci, tulit alter honores, quindi completa i quattro emistichi in questa forma: Sic vos non vobis nidificatis aves. | Sic vos non vobis vellera fertis oves. | Sic vos non vobis mellificatis apes. | Sic vos non vobis fertis aratra boves.
↑ Citato in Paola Mastellaro, Il Libro delle Citazioni Latine e Greche, Mondadori, Milano, 1994. ISBN 978-88-04-47133-2