Po
fiume italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il Po (AFI: /ˈpɔ/[2][3]; in italiano letterario Eridano) è un fiume dell'Italia settentrionale.
Po | |
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Il Po a Torino | |
Stato | Italia |
Regioni | Piemonte Lombardia Emilia-Romagna Veneto |
Province | Cuneo Torino Vercelli Alessandria Pavia Lodi Cremona Mantova Piacenza Parma Reggio Emilia Ferrara Rovigo |
Lunghezza | 651,8 km[N 1] |
Portata media | 1 506 m³/s[1] |
Bacino idrografico | 71 000 km² |
Altitudine sorgente | 2 022 m s.l.m. |
Nasce | Monviso, Pian del Re 44°42′04″N 7°05′38″E |
Affluenti | di rilievo: Dora Baltea, Dora Riparia, Tanaro, Trebbia, Panaro, Bormida, Orco, Sesia, Ticino, Secchia, Lambro, Parma, Taro, Mincio, Adda e Oglio. |
Sfocia | Mare Adriatico 44°57′45″N 12°30′04″E |
La sua lunghezza, 652 km[N 1], lo rende il più lungo fiume interamente compreso nel territorio italiano[N 2], quello con il bacino idrografico più esteso (circa 71 000 km²) e anche quello con la massima portata alla foce, sia essa minima (assoluta 270 m³/s), media (1 540 m³/s) o massima (13 000 m³/s), oltre ad essere il quinto fiume europeo (esclusa la Russia) per portata media (dopo Danubio, Reno, Rodano e Dnepr).
Ha origine in Piemonte, sul Monviso, al Pian del Re, bagna direttamente un capoluogo di regione (Torino) e due capoluoghi di provincia (Piacenza e Cremona) e lambisce altri due capoluoghi di provincia (Pavia e Ferrara), segnando inoltre per lunghi tratti il confine tra Lombardia e Emilia-Romagna, nonché tra quest'ultima e il Veneto, prima di sfociare nel mare Adriatico in un vasto delta con sei rami. Attraversa 13 province (Cuneo, Torino, Vercelli, Alessandria, Pavia, Lodi, Cremona, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Ferrara e Rovigo). Per la maggior parte del suo corso il Po scorre su un territorio pianeggiante al quale dà il nome, la Pianura Padana. Per la posizione geografica, la lunghezza, il bacino e gli eventi storici, sociali ed economici che hanno riguardato il fiume sin dall'antichità, il Po è riconosciuto come il più importante tra i fiumi d'Italia.
Il fiume Po era geograficamente conosciuto già ai tempi dell'antica Grecia con il nome di Eridanós (in greco antico: Ἠριδανός?, in latino Eridanus; nell'italiano letterario Eridano); in origine stava ad indicare un fiume mitico, indicato grossolanamente a sud della Scandinavia, che si formò dopo l'ultima glaciazione europea (Würm).
Le prime fonti storiche sono nella Teogonia greca di Esiodo (VII secolo a.C. circa), come nome di uno dei tanti figli del titano Oceano e la ninfa Teti e dai quali derivano vari nomi di fiumi europei. Tale nome fu poi ripreso dallo storico Polibio nel II secolo a.C.[4], dove Eridano era uno dei figli di Fetonte, caduto in un fiume durante una gara di bighe o carri, tanto da attribuirgli anche la porta dell'Ade e, cioè, gli inferi, secondo la mitologia greca, ma anche il titolo di un principe dedito ai culti egizi, figura che compare spesso in antichissime leggende su Torino.
Nell'antica Grecia esisteva un piccolo fiume chiamato Eridano (da molto tempo in secca), che sorgeva dalle alture dell'Attica orientale e si gettava nel Mar Egeo passando per la necropoli di Ceramico, nella parte sud della città di Atene.
Per i celto-liguri, che comparvero soltanto a partire dal IX secolo a.C. circa, il nome del Po era invece Bodinkòs o Bodenkùs, da una radice indoeuropea (*bhedh-/*bhodh-) che indica "scavare" o "render profondo", la stessa radice da cui derivano i termini italiani "fossa" o "fossato", indicando così tutta la depressione geografica della zona fluviale padana.[5] Quindi, l'antico nome latino Padus - da cui l'aggettivo padano - deriverebbe, secondo l'opinione più diffusa, dalla stessa radice di bodinkòs; secondo altri però, deriverebbe da un'altra parola celto-ligure, pades, indicante una resina prodotta da una qualità di pini selvatici particolarmente abbondante presso le sue sorgenti.
Il nome italiano Po si ottiene quindi dalla contrazione del latino Padus > Pàus > Pàu > Pò. In diverse lingue slave (ceco, slovacco, polacco, sloveno, serbo, croato) ma anche nelle lingue romanze, quali il romeno, spesso si usa ancora chiamare questo fiume Pad o Padus. Parimenti, negli aggettivi di lingua italiana, che solitamente ereditano la vecchia radice latina, esistono ancor oggi le parole paduano, padano, Pianura Padana, fino a Padania, il cui utilizzo si è maggiormente diffuso a partire dagli anni novanta del XX secolo.
Attorno al X secolo a.C. la linea di costa era arretrata dai 10 km ai 35 nella parte centrale, rispetto a quella attuale. Il Po giungeva in mare con due estuari: sfociava a nord vicino all'attuale Chioggia, mentre a sud si gettava in mare in un punto equidistante rispetto alle attuali Ferrara e Ravenna. Il fiume si divideva in due rami all'altezza dell'attuale Ficarolo[N 3].
Nel VI secolo a.C. i greci fondarono sul ramo nord del Po (Po di Adria) l'emporio di Adria e, in poco tempo, presero a denominare Adrias Kolpos tutta la parte settentrionale del mare Adriatico. Successivamente, gli Etruschi fondarono sul ramo meridionale la città di Spina nel ramo del Po detto Spinetico. Intanto, col tempo, si era verificata una modifica del regime delle acque, in seguito alla quale assunse la preminenza l'alveo meridionale[N 4]. Tra la protostoria e l'età romana il ramo di Adria si ridimensionò, mentre si incrementò il ramo meridionale. Lo dimostrano le vicende delle due città: mentre Adria visse un periodo di crisi, Spina conobbe il suo massimo splendore. Il Po ad Adria si interrò nel volgere di alcuni secoli[N 5].
Forse a causa del grosso afflusso di acque, il ramo spinetico raddoppiò: nacquero l'Olana (ora Po di Volano) e il Padoa (da cui potrebbe derivare il nome Po). Della allora linea di costa rimangono antichi dossi fossili: l'Argine Agosta, all'interno delle Valli di Comacchio. L'Olana sfociava più a nord rispetto a Spina ed aveva anche un'ulteriore diramazione verso nord da cui nasceva il tratto detto Gaurus (da cui derivano i nomi Goro e Codigoro) che sfociava nei pressi dell'attuale Mesola; le dune fossili di Massenzatica a sud e dall'altra sponda quelle di San Basilio testimoniano l'antica foce.
In epoca romana i porti più importanti sul Po furono: Cremona, Piacenza, Brescello, Ostiglia, Vicus Varianus (l'attuale Vigarano Mainarda) e Vicus Hobentia (l'attuale Voghenza).
Tre famosi autori romani descrissero il corso del fiume Po:
Ravenna, posta all'estremità meridionale del Delta, fu collegata al ramo spinetico tramite la Fossa Messanicia, un canale artificiale lungo 18 km, mentre Pavia era collegata al Po tramite il Ticino e il suo importante porto permetteva il collegamento tra la via d'acqua padana e il lago Maggiore[6].
Contrariamente alla maggioranza dei percorsi stradali, le vie d'acqua non conobbero decadenza durante l'alto medioevo, tanto che, nel VI secolo, Teodorico organizzò una regolare linea di navigazione che collegava Pavia a Ravenna con scali a: Piacenza, Cremona, Brescello, Ostiglia e Voghenza[7]. Protagonisti della navagazione padana altomedievale erano i mercanti di Comacchio, che nel 715 ottennero da Liutprando un capitolare con cui era loro permesso di trasportare merci (e in particolare il sale e i prodotti d'origine orientale) fino alla capitale del regno, Pavia[8]. Tra il IX e il X secolo i mercanti di Venezia strapparono a Comacchio il controllo dei traffici padani, tanto già in epoca carolingia la loro presenza era dominante nel mercato posto presso il palazzo Reale di Pavia (particolarmente affollato durante le assemblee del regno), dove smerciavano anche prodotti di lusso orientali, come spezie e seta[9]. In epoca medioevale il ramo principale del delta era costituito dall'attuale Po Morto di Primaro, formatosi nell'VIII secolo più a sud del Padoa, che scorre a sud delle Valli di Comacchio e che, dalla metà del XVIII secolo, costituisce la parte terminale del fiume Reno (anch'esso un tempo affluente del Po) nel quale il Reno stesso fu convogliato a seguito della creazione del Cavo Benedettino.
Anche il Po di Volano, che scorre a Ferrara, era uno dei due corsi principali: questa situazione si protrasse fino al 1152, anno della Rotta di Ficarolo. A seguito di forti e frequenti precipitazioni, il fiume ruppe la diga del nord presso i giunti delle braccia, a Ficarolo, nell'allora Transpadana Ferrarese; il corso del fiume si modificò e cominciò gradualmente ad assumere la conformazione attuale.
Il nuovo tratto, più breve degli altri, dove l'acqua scorreva quindi più veloce, divenne il corso principale chiamato Po di Tramontana e poi Po di Venezia, deviando dal Po di Volano a Pontelagoscuro, qualche chilometro a nord di Ferrara.
Il Po, insieme ad altri fiumi dell'Italia settentrionale, durante tutto il medioevo fu teatro di numerosissimi episodi militari e tutte le principali città e signorie rivierasche erano dotate di vere e proprie flottiglie fluviali[10]. Particolarmente accesi furono gli scontri le squadre navali dei comuni ghibellini (Cremona e Pavia) e quelli dei comuni della Lega Lombarda nel corso del XIII secolo e tra la flotta veneziana e quella del ducato di Milano nel XV secolo[11].
Tra il 1600 e il 1604 la Repubblica di Venezia, nonostante le rimostranze dello Stato Pontificio, deviò il tratto finale del corso del Po tramite l'opera che fu chiamata "taglio di Porto Viro".
Questa modifica estese in pochi anni il delta verso est, formando nuovi territori compresi nell'attuale Delta del Po, interrando parzialmente la sacca di Goro. Si formarono da nord a sud i rami: del Po di Levante, Po di Maistra, Po di Pila, Po delle Tolle, Po di Gnocca e il Po di Goro (che preesisteva, ma raddoppiò la lunghezza). Inoltre a sud e a nord dell'attuale delta, nelle aree costiere private di apporto di sedimenti, in aggiunta al fenomeno della subsidenza, si acuirono fenomeni di erosione del cordone dunoso litoraneo e delle spiagge.
Una mappa del 1693 chiama Po di Venezia la biforcazione nord del Po di Goro. Proseguendo verso est e giunto nei pressi di Donada lo stesso ramo viene denominato Po delle Fornaci.
Nel 1820 Federico Confalonieri e Luigi Porro Lambertenghi fondarono con altri "progressisti" milanesi una società per la navigazione a vapore lungo il Po tra Venezia e Milano con il piroscafo "Eridano" che già aveva viaggiato dalla Laguna fino a Pavia. In alcuni dipinti della Darsena di Pavia risalenti alla metà del XIX secolo si vede alla fonda il piroscafo "Contessa Clementina" che sempre Francesco Ogliari ci dice allestito nei cantieri milanesi della ditta Perelli e Paradisi nel 1844, attrezzato per il trasporto merci tra Milano, Pavia, Mantova e Venezia. Gli stessi cantieri di Milano realizzarono un secondo piroscafo (il "Pio IX") con le stesse caratteristiche e per lo stesso servizio. Tuttavia, pochi anni dopo, il governo austriaco riportò in mani austriache l'iniziativa, affidando il servizio al Lloyd Austriaco che gestì dal 1854 fino al 1859 una linea regolare nella tratta che da Trieste raggiungeva, dopo aver fatto tappa a: Venezia, Mantova, Cremona, Pavia e, tramite il Ticino, il Navigli e il lago Maggiore, Locarno con i piroscafi “Cantessa Clementina”, “Pio IX” e "Verona".[12][13]
Il Po di Levante, durante le grandi bonifiche operate negli anni trenta del secolo scorso, riguardanti l'idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco, venne staccato dal Po di Venezia, rimanendone collegato tramite la conca di navigazione di Volta Grimana e divenne il ramo terminale del Canalbianco.
Il Po di Volano raggiunge il mare con un piccolo estuario sfociando nella sacca di Goro.
L'opera cartografica fu proseguita con l'instaurazione del Regno Lombardo-Veneto dagli austriaci, che disegnarono il tratto da Ficarolo fino alla confluenza del Ticino (1815).
Due carte di 47 tavole (530×889 mm) furono realizzate nel 1821. Queste mappe furono successivamente aggiornate una da Elia Brambilla (2000) e l'altra da Francesco Brioschi (1872).
Solo con l'Unità d'Italia si otterrà un'opera cartografica più completa del fiume, quando Francesco Brioschi (1887) realizzò una nuova mappa a stampa da Moncalieri fino al delta. La mappa è in un'unica tavola (730×9000 mm) in scala 1:50.000. Questa mappa è ancora oggi utilizzata per gli aggiornamenti e la rappresentazione del fiume.
Il Po attraversa con il suo corso gran parte dell'Italia settentrionale, da ovest verso est percorrendo tutta la Pianura Padana.
Dalla sorgente alla foce, attraversa tredici province: Cuneo, Torino, Vercelli e Alessandria in Piemonte; Pavia, Lodi, Cremona e Mantova in Lombardia; Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara in Emilia-Romagna e Rovigo in Veneto. I comuni "rivieraschi", cioè che toccano le sponde del fiume, sono 183.
Il bacino idrografico è ampio circa 71.000 km² e copre gran parte del versante meridionale delle Alpi e quello settentrionale degli Appennini ligure e tosco-emiliano; il regime del fiume è perciò di tipo misto: alpino (piene tardo-primaverili/estive e secche invernali) ed appenninico (piene primaverili/autunnali e secche estive): il regime appenninico è prevalente, anche a causa della progressiva riduzione dei ghiacciai alpini che, negli ultimi decenni, ha diminuito l'alimentazione estiva;[14] le portate minime si riscontrano nel corso dell'estate, solitamente in agosto.
Nel suo corso in pianura il fiume si divide spesso in più rami formando varie isole fluviali, la più grande delle quali, escluse quelle alla foce, è l'Isola Serafini situata nei pressi della foce dell'Adda a Castelnuovo Bocca d'Adda, ma estesa circa 10 km² all'interno del comune di Monticelli d'Ongina. Nei pressi di Piacenza, a est del punto di confluenza del fiume Trebbia, è presente l'Isolotto Maggi.
Sulle rive del Po abitano circa sedici milioni di persone e sono concentrate oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana, così come oltre la metà del patrimonio zootecnico. Ciò rende il fiume e il suo bacino una zona nevralgica per l'intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali.
La sorgente del Po si trova sulle Alpi Cozie, in Piemonte, nella provincia di Cuneo e precisamente in località Pian del Re, a 2020 m di quota, nel comune di Crissolo, alle pendici del Monviso (3.841 m); un masso con incisa una scritta segnala il punto esatto in cui la sorgente sgorga. Grazie all'apporto di molte altre sorgenti, il fiume prende a scorrere nella valle che da esso prende il nome di Valle Po e dopo appena una ventina di chilometri, sbocca nella pianura padana lambendo il territorio del comune di Saluzzo. In questo tratto vari affluenti arricchiscono la portata del fiume, il quale entra poi nella provincia di Torino attraversandone il capoluogo. A questa altezza il fiume, nonostante abbia percorso solo un centinaio di chilometri dalla sorgente, è già un corso d'acqua notevole, con un letto ampio 200 metri e una portata media prossima ai 100 m³/s. All'interno della città di Torino vi confluiscono il Sangone, la Dora Riparia e la Stura di Lanzo.
Oltre Torino, il Po con andamento verso est costeggia le estreme propaggini del Monferrato giungendo nella piana Vercellese dove si arricchisce dell'apporto di importanti affluenti come la Dora Baltea e il Sesia. Piegando con corso verso sud, continua poi a lambire in sponda destra il Monferrato in provincia di Alessandria, bagnando le città di Casale Monferrato e Valenza. Qui funge anche da confine regionale tra Piemonte e Lombardia.
Presso Bassignana, il fiume punta definitivamente verso est per merito anche della forte spinta del Tanaro, suo principale tributario di destra. Dopo questa confluenza il Po, ormai possente nella portata (oltre 500 m³/s), entra in territorio lombardo scorrendo in provincia di Pavia. Pochi chilometri a sud del capoluogo pavese il fiume riceve il contributo del Ticino, suo principale tributario per volume d'acque, diventando così navigabile sino alla foce anche da grosse imbarcazioni, grazie ad una portata di oltre 900 m³/s.
Dopo questa confluenza il fiume scorre per parecchi chilometri nella zona di confine tra Lombardia e Emilia-Romagna, bagna Piacenza e Cremona e scorre all'interno della provincia di Mantova, ricevendo contributi notevoli dagli affluenti alpini Adda, Oglio e Mincio e molti altri fiumi minori provenienti dall'Appennino che in questo tratto ne accrescono la portata ad oltre 1.500 m³/s.
Giunge infine nella zona di Ferrara. Nella provincia di Ferrara, ed in particolare a Bondeno, dall'inizio del XIX secolo è stato ideato e successivamente realizzato un canale artificiale che collega il Reno con il Po, il Cavo Napoleonico. Il fiume scorre poi "pensile"[N 7] sul confine tra Veneto (provincia di Rovigo) ed Emilia-Romagna, nella regione del Polesine. Qui inizia il suo ampio delta (380 km²) dividendosi in cinque rami principali denominati Po di Maestra, della Pila, delle Tolle, di Gnocca e di Goro e in quattordici bocche (un ulteriore ramo secondario detto Po di Volano o semplicemente Volano, che attraversa la città di Ferrara, fu separato dal corso del fiume nel XVII secolo). Il fiume sfocia infine nel Mare Adriatico, attraversando i territori dei comuni di: Ariano nel Polesine, Goro, Porto Tolle, Taglio di Po e Porto Viro.
Il delta del Po, per la sua grande valenza ambientale, è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
Il Po è alimentato da innumerevoli torrenti e fiumi, per un totale di ben 141 affluenti. I principali sono, dalla sorgente alla foce[N 8]:
da sinistra:
Nella zona del suo delta, il Po ha diversi effluenti.[16] Le diramazioni deltizie del Po, che nel loro complesso costituiscono il delta, sono da settentrione a meridione:
Le piene del fiume, generalmente concentrate in autunno a causa delle piogge, sono abbastanza frequenti e possono essere anche imponenti e devastanti come avvenuto svariate volte nel XX secolo. Determinanti nelle piene sono soprattutto i tributari piemontesi (Dora Baltea, Sesia e Tanaro in particolare) e lombardi (Ticino). Per fare alcuni esempi, durante la piena del novembre 1994 il fiume mostrò già in Piemonte, dopo la confluenza del Tanaro, una portata di colmo di oltre 11.000 m³/s, quasi paragonabile a quella normalmente registrata molto più a valle, nel Polesine.
Lo stesso avvenne anche nell'ottobre 2000, sempre in Piemonte, dove il fiume superò già a partire dal comune di Valenza i 10.000 m³/s di portata massima di piena a causa soprattutto dei contributi pesantissimi di Dora Baltea e Sesia.
I valori massimi assoluti di portata del Po sono stati raggiunti durante gli eventi alluvionali del 1951 e del 2000 con picchi di oltre 13.000 m³/s nel medio-basso corso.
La prima alluvione causata dal Po di cui si ha notizia certa risale al 204 a.C. secondo quanto riportato da Tito Livio. Da allora sono noti 138 eventi (una media di circa una piena straordinaria ogni sedici anni)[17]. Tra le più importanti si ricordano:
Nel XX secolo le piene più importanti furono:
La portata media storica del Po per il mese di giugno è di 1.805 metri cubi al secondo. A fine giugno 2022 la portata misurata a Ferrara si attestava sotto una media di 145 metri cubi al secondo. Il cambiamento climatico ha causato molti eventi di siccità nell'Italia settentrionale ed è prevista una "riduzione delle precipitazioni durante la critica stagione della crescita del grano".[22] A luglio 2022 il governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza in: Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia.[23] La diminuzione del livello dell'acqua ha scoperto ampi tratti di alveo, nei quali sono stati rinvenuti numerosi oggetti e veicoli perduti, tra i quali un carro armato[24] e numerose imbarcazioni risalenti alla seconda guerra mondiale.[25]
Il Po e i suoi affluenti presentano una fauna ittica originaria di interesse biogeografico ed ecologico, con un alto tasso di endemismo. A partire dalla seconda metà del XX secolo sono state introdotte specie ittiche alloctone che hanno inquinato l'originaria biodiversità, conducendo a rarefazione di molte specie endemiche e minacciandone alcune di estinzione.
Alcune specie endemiche o subendemiche dell'area padana sono qui di seguito riportate:
Ordine | Famiglia | Nome scientifico | Nome comune | Immagine |
---|---|---|---|---|
Acipenseriformes | ||||
Acipenseridae | ||||
Acipenser naccarii | Storione cobice | |||
Acipenseriformes | ||||
Acipenseridae | ||||
Acipenser sturio | Storione comune | |||
Cypriniformes | ||||
Cobitidae | ||||
Sabanejewia larvata | Cobite mascherato | |||
Cyprinidae | ||||
Barbus caninus | Barbo canino | |||
Barbus plebejus | Barbo italico | |||
Chondrostoma genei | Lasca | |||
Chondrostoma soetta | Savetta | |||
Leucos aula | Triotto | |||
Rutilus pigus | Pigo | |||
Telestes muticellus | Vairone | |||
Perciformes | ||||
Gobiidae | ||||
Knipowitschia panizzae | Ghiozzetto di laguna | |||
Orsinigobius punctatissimus | Ghiozzetto striato | |||
Padogobius bonelli | Ghiozzo padano | |||
Ninnigobius canestrinii | Ghiozzetto cenerino | |||
Petromyzontiformes | ||||
Petromyzontidae | ||||
Lampetra zanandreai | Lampreda padana | |||
Salmoniformes | ||||
Salmonidae | ||||
Salmo marmoratus | Trota marmorata |
Di seguito una lista parziale di alcuni dei più diffusi alloctoni:
Il 23 agosto 2006 nel fiume Po in provincia di Ferrara è stata pescata una carettochelide (Carettochelys insculpta) successivamente ospitata all'Acquario di Genova[26]. Poco tempo dopo è stata trovata anche una tartaruga azzannatrice (Chelydra serpentina)[27].
Nell'agosto del 2009 è stato pescato, nelle acque del fiume, un piranha della specie Pygocentrus nattereri.[28]
Numerose specie ittiche autoctone ed endemiche sono minacciate da diversi fattori. Tra le più importanti vi è la presenza di specie alloctone: tra queste specie alcune (prevalentemente il Siluro e secondariamente anche Aspio, Lucioperca e pesci gatto) sono estremamente dannose in quanto predatori mentre altre (ad esempio: Breme, Blicca, Gardon, Rodeo, ecc.) danneggiano la fauna autoctona in quanto competitori. A questi si aggiunge anche il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) anch'esso in grado di avere un impatto notevole sulle popolazioni ittiche, l'ambiente e le opere idrauliche. Altre minacce sono l'inquinamento e la costruzione di dighe prive d'impianti di risalita come quella di Casale Monferrato che impediscono alle specie migratrici come lo storione comune, lo storione cobice e la cheppia di poter risalire il fiume per riprodursi.
Una ricerca del Politecnico di Torino ha stabilito che nel 2001 vi erano 77 ponti (stradali e ferroviari) che attraversavano il Po lungo tutto il suo corso, escludendo alcune strutture minori nei pressi della sorgente.[29]
Fino alla riforma attuata nel 2002, il Po e i suoi affluenti erano soggetti all'autorità del Magistrato per il Po, un organo del Ministero dei lavori pubblici con sede a Parma, istituito nel 1955, dopo la catastrofica alluvione del 1954, per coordinare e, dal 1962, unificare le competenze dei vari organi preposti. Peraltro, già nel 1806 Eugenio di Beauharnais, Viceré d'Italia, aveva istituito un Magistrato civile per lavori generali che riguardano il grande sistema del Po.
In seguito alla riforma del 2002, correlata al decentramento di funzioni dallo Stato alle regioni, l'intero Bacino del Po è stato affidato ad un'agenzia interregionale denominata Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO[30]), anch'essa con sede a Parma, alla quale sono state trasferite le competenze del vecchio Magistrato con in più alcune nuove competenze sulla navigazione interna. L'AIPO è un ente strumentale di quattro delle Regioni che compongono il bacino del Po: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. La Regione Valle d'Aosta e le province Autonome di Trento e Bolzano usufruiscono di speciali uffici locali. La Regione Liguria e la Regione Toscana affidano la gestione dei corsi d'acqua del bacino ricadenti nei loro territori all'AIPO mediante "protocolli d'intesa" e particolari "convenzioni".
L'attività di pianificazione del bacino è curata dall'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po (AdBPo), organismo misto Stato-Regioni. L'AIPO attua la pianificazione redatta dall'AdBPo mediante attività di programmazione degli interventi e gestione dei corsi d'acqua, oltre al "servizio di piena", mediante 12 sedi periferiche che coprono l'intero bacino: da ovest verso est: Torino, Alessandria, Pavia, Lodi, Piacenza, Cremona, Parma, Reggio nell'Emilia, Mantova, Modena, Ferrara e Rovigo.
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