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messia e Figlio di Dio per i Cristiani Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gesù di Nazareth (in aramaico: יֵשׁוּעַ (Yēšūa'); Betlemme, 7 a.C.-1 a.C.[Nota 1] – Gerusalemme, 26-36[Nota 2]) è il fondatore e la figura centrale del cristianesimo,[1] religione che lo riconosce come il Cristo (Messia), figura ancora attesa dalla tradizione ebraica,[2] e come Dio fatto uomo[Nota 3]. Durante gli ultimi anni della sua vita, Gesù svolse l'attività di predicatore, guaritore ed esorcista in Galilea e nella provincia romana della Giudea, nella regione storica della Palestina.[Nota 4][Nota 5]
Gesù è un adattamento del nome aramaico יֵשׁוּעַ (Yeshua in italiano Giosuè), che significa "Yahweh è salvezza" o "Yahweh salva".[3][4] Secondo la tradizione cristiana, le principali fonti testuali relative a Gesù sono i quattro vangeli canonici (Matteo, Marco, Luca e Giovanni). Per quanto concerne le ricerche storiche sulla sua vita le principali fonti si trovano nel Nuovo Testamento, in particolare nelle Lettere di Paolo e nei vangeli sinottici,[Nota 6] fonti che hanno trovato alcuni interessanti riscontri in ritrovamenti e studi archeologici.[5] Gli ultimi secoli hanno visto infatti lo sviluppo di ricerche volte a valutare l'attendibilità storica dei vangeli, inclusi gli elementi soprannaturali e miracolosi,[Nota 7] sia a ricostruire il profilo del Gesù storico.
I vangeli narrano la nascita di Gesù da Maria vergine, la predicazione focalizzata sull'annuncio del Regno dei Cieli e sull'amore al prossimo e realizzata con discorsi e parabole accompagnati da miracoli; narrano infine la sua passione, morte in croce, risurrezione e ascensione al cielo. I vangeli e gli altri scritti del Nuovo Testamento identificano Gesù con il Messia e il Figlio di Dio. Le neotestamentarie Lettere di Paolo esaltano il valore salvifico della sua morte e risurrezione. Per le principali confessioni religiose cristiane è la seconda persona della Trinità, assieme al Padre e allo Spirito Santo e "vero Dio e vero uomo".[Nota 8]
Dai vangeli appare come la predicazione e l'operato di Gesù abbiano riscosso nella società ebraica coeva un successo limitato e circoscritto territorialmente ma che ha, secondo le fonti canoniche, raggiunto vari strati della società soprattutto quelli più bassi Infatti come Gesù stesso diceva lui preferiva rivolgersi ai peccatori piuttosto che ai giusti. Il breve periodo della sua predicazione si concluse con la morte in croce, richiesta, secondo i vangeli, dalle autorità ebraiche del Sinedrio, ma irrogata dall'autorità di Roma (che riservava agli schiavi una tale sorte), su decisione finale del prefetto romano Ponzio Pilato. Dopo la morte, i seguaci di Gesù Cristo ne sostennero la risurrezione e diffusero il messaggio della sua predicazione subendo anche delle persecuzioni infatti Gesù stesso dice nel Vangelo a chi ancora oggi vuole mettersi alla sua sequela "come hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi "i suoi seguaci comunque ne hanno fatto una delle figure che ha esercitato maggiore influenza sulla cultura occidentale.
Secondo il punto di vista ebraico, Gesù è stato un predicatore itinerante, ma non il Messia atteso; non era Figlio di Dio, non ha compiuto miracoli e, dopo la morte in croce, non è risorto né asceso al cielo. La visione islamica della figura di Gesù lo presenta come uno dei maggiori profeti venuti prima di Maometto; nacque verginalmente, compì dei miracoli (per volere divino), non morì, ascese al Cielo, deve tornare alla fine dei tempi quando sconfiggerà l'anticristo,[6] ma non era Dio che, secondo la sūra CXII, "non ha generato né fu generato".
Molti movimenti religiosi contemporanei hanno elaborato una propria interpretazione, eterodossa e anche originale, su Gesù.[Nota 9]
Le fonti testuali relative a Gesù possono essere raggruppate in quattro tipologie:
Uno dei più antichi artefatti archeologici correlabili a Gesù è la cosiddetta Iscrizione di Nazareth. Scavi condotti negli ultimi due secoli hanno inoltre fornito riscontri archeologici relativi a Ponzio Pilato e ad altri personaggi citati nei vangeli (Caifa, Simone di Cirene), nonché a luoghi quali, ad esempio, la Piscina di Siloe e la Piscina di Betzaeta. È inoltre documentata la pratica della crocifissione nella Gerusalemme del I secolo.[Nota 15]
Nei libri del Nuovo Testamento, scritti in greco ellenistico, Gesù è indicato come Ἰησοῦς (Iésous), che è la resa in greco del suo nome in ebraico יְהוֹשׁ֫וּעַ? (Yĕhošūa, contratto in Joshua) a sua volta composto da in ebraico יְהֹוָה? (Yahweh, nome proprio del Dio d'Israele) e in ebraico יָשַׁע? (yasha, salvezza) quindi con il significato di "Dio è la salvezza" oppure "Dio è salvezza".[Nota 16] Era un nome piuttosto comune tra i giudei dell'epoca, reso in italiano anche (in riferimento ad altre persone) come Giosué.[12]
Oltre che col nome proprio, Gesù viene indicato anche con vari epiteti e titoli (l'elenco è in ordine decrescente di frequenza):
Altri titoli sono Messia, Rabbi, Profeta, Sacerdote, Nazoreo, Nazareno, Dio, Verbo, Figlio di Giuseppe, Emmanuele.
Inoltre, soprattutto da Giovanni, vengono applicate a Gesù espressioni allegoriche come: agnello, agnello di Dio, agnello immolato; luce, luce del mondo; pastore, buon pastore, pastore grande; pane della vita, pane vivo, pane di Dio; vita, autore della vita; vite; ultimo Adamo; porta; via; verità.
I quattro vangeli canonici (Matteo, Marco, Luca e Giovanni) rappresentano le uniche fonti testuali antiche che descrivono dettagliatamente la vita di Gesù, soprattutto gli ultimi anni caratterizzati dal ministero pubblico. La nascita del moderno metodo storico-critico ha portato a esaminare criticamente i racconti evangelici, cercando di distinguerne il nucleo storico dagli aspetti leggendari e mitici.[16]
Alcuni approfondimenti, in particolare relativamente a nascita, infanzia e giovinezza di Gesù, sono presenti anche nei vangeli apocrifi. Questi particolari tuttavia non sono riconosciuti dagli studiosi come storicamente fondati.
La narrazione della vita e dell'insegnamento di Gesù procede nei quattro vangeli prevalentemente in modo parallelo, soprattutto tra i primi tre (Matteo, Marco, Luca) — detti per questo "sinottici" —: un certo episodio è narrato da più vangeli, solitamente con alcune variazioni, ma sono presenti anche lacune o racconti propri di un singolo evangelista. In Giovanni mancano numerosi racconti presenti nei sinottici, mentre sono presenti svariate aggiunte proprie.
Secondo il racconto del vangelo secondo Luca, una vergine di nome Maria, promessa sposa a Giuseppe, discendente del Re Davide, ricevette a Nazaret di Galilea «al tempo di re Erode» una visita dell'Arcangelo Gabriele, che le annunciò il concepimento di Gesù (Lc1,26-38[59]).
Nel vangelo secondo Matteo, invece, il concepimento verginale di Maria è solo fugacemente accennato, mentre il protagonista è Giuseppe, che riceve da un angelo la rivelazione del concepimento soprannaturale di Maria (Mt1,18-25[60]).
Sia Matteo che Luca collocano la nascita di Gesù a Betlemme, in Giudea, «al tempo di re Erode». Mentre Matteo vi dedica un breve accenno (Mt1,25-2,1[61]), Luca sviluppa la narrazione motivando il viaggio di Giuseppe e Maria da Nazaret a Betlemme con un censimento indetto da Augusto[Nota 23] mentre governava Quirinio (Lc2,1-20[62]).
L'accenno a questo "primo censimento" di Quirinio rappresenta un problema di difficile soluzione: l'unico censimento (il "secondo"?) indetto da Quirinio che ci è noto da altre fonti storiche avvenne infatti nel 6 d.C., quando Erode il Grande era già morto (4 a.C.).
Non si conosce con esattezza la data di nascita di Gesù. La data tradizionale del Natale al 25 dicembre è tardiva (IV secolo), e ancor più tarda la datazione all'anno 1 a.C., in quanto risalente al monaco Dionigi il Piccolo (VI secolo).[Nota 24] Secondo la maggior parte degli studiosi contemporanei, la nascita va collocata negli ultimi anni di re Erode, attorno al 7-6 a.C.; verosimilmente l'evento può collocarsi all'epoca della centonovantaquattresima Olimpiade, nell'anno 752 dalla fondazione di Roma e nel quarantaduesimo anno dell'impero di Cesare Ottaviano Augusto.[Nota 25]
Il solo vangelo secondo Luca (2,21-52[63]) racconta l'episodio dell'adorazione dei pastori. La notte in cui nacque Gesù, un angelo apparve ad alcuni pastori che vegliavano all'aperto sorvegliando il gregge e disse loro che a Betlemme era nato un Salvatore e lo avrebbero trovato avvolto in fasce in una mangiatoia. I pastori andarono così a visitare Gesù.
Dopo la nascita di Gesù il solo vangelo secondo Matteo (capitolo 2[64]) racconta la cosiddetta "Epifania" (dal greco epifáneia, "manifestazione"). Alcuni magi (tradizionalmente chiamati "Re Magi" e ritenuti in numero di tre) vennero dall'oriente a Gerusalemme, avendo visto «il suo astro» (tradizionalmente chiamato "stella cometa"), con l'intento di portare al nuovo re annunciato dall'astro oro, incenso e mirra. Seguendo l'astro, trovarono Gesù a Betlemme e gli resero omaggio.
Il re Erode, venuto a sapere di ciò, e temendo l'usurpazione del trono, ordinò l'uccisione di tutti i bambini di Betlemme sotto i due anni (fu la cosiddetta strage degli innocenti). Giuseppe però, avvertito in sogno da un angelo, fuggì in Egitto con Gesù e Maria.
Morto Erode (4 a.C.), i tre ritornarono nella terra d'Israele e si stabilirono a Nazaret.
Il vangelo secondo Luca tralascia il racconto dell'Epifania e della successiva fuga in Egitto e riporta altri episodi non presenti nel Vangelo secondo Matteo. Dopo aver brevemente accennato alla circoncisione di Gesù, si sofferma su due episodi:
I vangeli non narrano esplicitamente la vita di Gesù prima del suo ministero pubblico come pure le altre fonti storiche non cristiane. Alcune informazioni sono però desumibili da accenni sporadici contenuti nei racconti evangelici.
Circa il luogo di residenza, i Vangeli riferiscono che Gesù, durante la sua vita privata pre-ministeriale, viveva con la famiglia a Nazaret, in Galilea (Mt2,23;4,13;Mc1,9;Lc1,26;2,4;2,39.51;Gv1,45-46[66]).
Quanto alla professione, a Nazaret Gesù era conosciuto come «il figlio del carpentiere» Giuseppe (Mt13,55[67]) e «carpentiere» egli stesso (Mc6,3[68]). Il termine greco originario è tekton, ampiamente polisemico, che indica carpentieri, falegnami, artigiani del legno, come anche muratori o tagliatori di pietre.[69] Questa attività artigianale gli ha verosimilmente garantito una relativa agiatezza e autonomia economica, che non lo ha fatto appartenere agli strati poveri della sua società.[69] Non ci è dato conoscere la dimensione della sua impresa artigianale, se cioè si trattasse di una piccola bottega rurale dedita ad aratri e gioghi, o invece di una media o medio-grande impresa costruttrice con apprendisti e garzoni, attiva in opere edilizie — anche magari in città vicine come Zippori (a 6 km da Nazaret) —, che veniva ricostruita e ampliata in quegli anni da Erode Antipa.
Quanto alla famiglia, il totale silenzio circa Giuseppe durante il ministero di Gesù lascia ragionevolmente supporre che questi fosse già morto.[69] La madre Maria, invece, oltre che negli episodi dell'infanzia, compare numerose volte durante la predicazione pubblica di Gesù e anche in occasione della sua crocifissione.
Gesù discendeva per parte di padre dal re Davide di Israele (sebbene non sia mai stata chiarita quale delle due linee di successione indicate nei vangeli sia quella giusta e se i suoi antenati siano a un certo punto fuggiti a Babilonia o meno) e per parte di madre dalla tribù di Levi (attraverso il padre di Sant'Anna). Durante il medioevo e il rinascimento si sviluppò tutta una tradizione di "sacra parentela" attorno alla figura di Gesù, a cui contribuì la cosiddetta Legenda Aurea.
Nel Nuovo Testamento sono poi presenti diversi accenni a "fratelli" (Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda) e "sorelle" (anonime) di Gesù, che tuttavia non sono mai detti figli di Giuseppe o Maria. Data la sporadicità degli accenni e la polisemia del termine nelle lingue semitiche (i testi neotestamentari sono scritti in un greco caratterizzato da ricorrenti semitismi), non è possibile risalire con certezza alla effettiva parentela di questi con Gesù, e sono state proposte diverse interpretazioni:
I vangeli canonici e le altre opere neotestamentarie non fanno alcuna menzione di una sposa di Gesù o di suoi figli: la tradizione cristiana lo ha pertanto considerato celibe. Questa convinzione trova inoltre riscontro nel suo stile di vita di predicatore itinerante e nell'invito all'«eunuchia per il regno» (Mt19,10-12[71]), con il quale Gesù chiama i suoi discepoli a una scelta ascetica,[72] verosimilmente sul suo modello.[Nota 30] Alcuni studiosi[73] hanno però rilevato come la scelta celibataria di Gesù si ponesse in contrasto con l'ambiente giudaico del tempo, dove erano esaltati matrimonio e fecondità.[Nota 31] In realtà forme di celibato erano praticate nel gruppo degli esseni, concentrati a Qumran, e diffusi in tutta la società israelita,[Nota 32] oltre che nel caso del rabbino coevo Simeon ben Azzai.[74] Particolarmente significativi, in relazione a Gesù e alla religiosità del suo tempo, sono anche i riferimenti biblici al celibato di Elia e di Geremia e quello, documentato nella tradizione ebraica, dell'astinenza praticata da Mosè dopo essere stato chiamato per la sua missione.[Nota 33]
Diverse opere letterarie e cinematografiche, a partire dalla seconda metà del Novecento, si sono comunque ispirate all'idea di una relazione con Maria Maddalena (era una delle tre Marie presenti al momento della crocifissione e fu protagonista della riapparizione di Gesù stesso nell'episodio del Noli me tangere),[75] ipotizzata anche da alcuni studiosi.[76] Lo spunto è offerto dell'apocrifo gnostico Vangelo secondo Filippo (II-III secolo) che, nei capitoli 32 e 55, sembra accennare a un amore tra Gesù e la Maddalena.[Nota 34] Nel testo entrambi sono descritti come l'incarnazione di eoni divini (Soter e Sofia), mentre dalla loro unione sarebbero derivati gli angeli: il senso dei passi viene comunque generalmente interpretato come un'elaborazione successiva dovuta alla teologia gnostica, vista anche la genesi degli angeli.[Nota 35]
Quanto alla cultura, Gesù, come tutti gli ebrei della Terra d'Israele dell'epoca, parlava correntemente aramaico, una lingua semitica, della quale appare traccia in alcuni detti originali riportati dai vangeli (Mc5,41;7,34;15,34[77]). Dai vangeli (Gv7,15[78]) non sembra che avesse studiato presso qualche scuola rabbinica, anche se non si può escludere che possedesse la cultura di base che poteva essere impartita in una scuola di lettura della Torah di una sinagoga.[79] Sicuramente sapeva leggere (e scrivere) in ebraico, lingua all'epoca non più correntemente parlata, ma usata per il culto e le preghiere (Lc4,16-17[80]), e dalla sua predicazione traspare una profonda conoscenza delle Scritture ebraiche. È ignoto se conoscesse il latino, lingua degli occupanti romani,[Nota 36] o il greco, nella versione popolare (koinè) parlata in Medio Oriente.
In epoca moderna, alcuni studiosi hanno sostenuto che Gesù fosse un esseno,[Nota 37] ma tutta la sua predicazione e i suoi atti contro il formalismo e le regole di purità formale sono in totale antitesi con quanto si sa degli Esseni; lo storico delle religioni Hans-Joachim Schoeps a tal proposito fa rilevare che «si è spesso tentato di presentare Gesù come un seguace segreto o un membro della comunità essenica. Ma a tali supposizioni manca ogni base di appoggio, per non dire prove sicure».[81][82]
Secondo il vangelo secondo Luca, Gesù iniziò il suo ministero pubblico di predicazione quando aveva «circa trent'anni» (Lc3,23[84]). La datazione storica dell'inizio della sua attività (come anche la durata)[85] non ci è nota con precisione. Luca colloca l'inizio del ministero di Giovanni Battista, parente di Gesù, nel quindicesimo anno dell'imperatore Tiberio (Lc3,1[86]), ovvero verso il 28 d.C.[Nota 38] L'inizio del ministero di Gesù è presentato come immediatamente successivo a quello del Battista e può pertanto essere ipotizzato per il 28 d.C. La stessa data può essere ipotizzata sulla base di un diverso accenno evangelico: il tempio di Gerusalemme — la cui costruzione fu iniziata da Erode il Grande nel 20-19 a.C.[Nota 39] — all'inizio del ministero di Gesù[Nota 40] è detto «costruito in 46 anni» (Gv2,20[87]): questo dunque daterebbe l'accaduto al 27/28.
Secondo i vangeli, Gesù iniziò il suo ministero pubblico in seguito al battesimo ricevuto da Giovanni Battista in una località imprecisata presso il fiume Giordano (Mt3,13-17;Mc1,9-11;Lc3,21-22[88]). Dopo il battesimo, Gesù si ritirò nel deserto della Giudea, dove stette quaranta giorni digiunando e subendo infine le tentazioni del demonio, che riuscì a contrastare (Mt4,1-11;Mc1,12-13;Lc4,1-13[89]). In seguito all'arresto e alla decapitazione del Battista da parte di Erode Antipa, Gesù ritornò in Galilea e si trasferì da Nazaret a Cafarnao, presso il lago di Tiberiade (Lc4,12-13[90]).
Prima di iniziare la predicazione pubblica, Gesù chiamò a seguirlo alcuni dei dodici apostoli che gli saranno vicini negli anni seguenti.
Il vangelo secondo Giovanni indica come uno dei primi avvenimenti della vita pubblica di Gesù l'episodio della cosiddetta purificazione del tempio di Gerusalemme, durante la quale scacciò i mercanti e i cambiavalute dal recinto del luogo sacro.
La durata del ministero di Gesù non è conoscibile con certezza. Nei vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca) non vengono fornite indicazioni temporali che permettano di scandire il passare del tempo. Il vangelo secondo Giovanni invece accenna a tre Pasque (2,13.23[91]; 5,1;6,4[92]; 11,55;12,1;13,1[93]), l'ultima delle quali fu la Pasqua della sua morte. Questo porta a ipotizzare una durata triennale (o meglio, di due anni interi e qualche mese) del ministero di Gesù. Assumendo come validi il dato circa l'inizio del ministero desumibile da Luca (28 d.C.) e le tre Pasque accennate da Giovanni, si può ipotizzare una datazione per la predicazione pubblica tra il 28 e il 30 d.C.
Le località menzionate dai vangeli durante il ministero itinerante di Gesù sono concentrate soprattutto nella zona del lago di Tiberiade, in Galilea (nord della Palestina). Gesù si recò anche a Gerusalemme e in località limitrofe della Giudea (sud della Palestina), prevalentemente in occasione delle feste di Pasqua – che ogni pio ebreo cercava di trascorrere nella città santa. Le zone della Samaria, abitate da ebrei scismatici (samaritani), furono toccate solo fugacemente dalla sua attività. Gesù fece alcuni viaggi anche in zone non abitate da Ebrei: a Tiro e Sidone in Fenicia, a nord della Palestina, e nei territori della Decapoli, a oriente della Palestina.
Non è possibile ricostruire con certezza la sequenza e le varie tappe dei viaggi compiuti da Gesù in queste località: gli evangelisti, nella loro redazione finale, hanno spesso accorpato le narrazioni (pericopi) senza un preciso ordine cronologico e le descrizioni dei viaggi sono inoltre solitamente generiche.[94]
«Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».»
Il Regno di Dio,[Nota 41] o Regno dei Cieli[Nota 42] (un eufemismo semitico tipico di Matteo, che usa Cieli invece che Dio, diversamente da Luca e Marco), è il centro della predicazione (il cui termine tecnico è "kerigma",[Nota 43] "annuncio") e dell'azione di Gesù.[96] Con questo messaggio, Gesù si pone in continuità con la tradizione messianica propria dell'ebraismo del suo tempo – che aspettava, «secondo le scritture», un Messia regale, "figlio" (ovvero discendente) di Davide, dal quale ci si aspettava la liberazione del popolo ebraico dal secolare dominio straniero e la ricostituzione del regno d'Israele.
Tuttavia, il Regno predicato da Gesù, strettamente legato alla sua persona (Mt12,28;Lc11,20[97]), appare privo di connotazioni propriamente politiche e sociali (Gv18,36[98]). È questo il probabile motivo del cosiddetto "segreto messianico": dai vangeli, soprattutto in quello di Marco, appare come Gesù durante il ministero pubblico tentasse di tenere nascosta la sua identità messianica (Mt16,15-20;Mc8,29-30;Lc9,20-21[99]) per evitare di essere visto dalla folla entusiasta come un messia liberatore trionfale. Solo quando è iniziata la sua passione, quando è abbandonato dalla folla e dai discepoli, si riconosce apertamente come il Cristo-Messia (Mc14,61-62[100]).
Dai discorsi di Gesù,[Nota 44] in particolare dalle cosiddette "parabole del Regno",[Nota 45] il Regno appare principalmente come una realtà teologica, spirituale, morale, caratterizzata da una condotta di vita centrata sul duplice comandamento dell'amore a Dio e al prossimo (Mt22,35-40;Mc12,28-31[101]). Si tratta di una nuova condizione della persona, che si instaura nella vita degli uomini nella misura in cui essi riconoscono la regalità-signoria-paternità (basiléia) di Dio.
La morale del Regno predicata da Gesù, e centrata sull'amore a Dio e sulla carità, è proposta come in continuità con gli insegnamenti della tradizione ebraica dell'Antico Testamento. Tuttavia, in alcuni punti — per esempio, il ritornello «è stato detto […] ma io vi dico» del discorso della Montagna —, la predicazione di Gesù è in contrasto con tali precetti, e con la modalità (da lui giudicata esteriore e formale; Mt23,13-35[102]) con la quale le autorità farisaiche li applicavano e insegnavano ad applicarli.[Nota 46] Gesù propone una nuova giustizia "più grande", che non vuole abolire gli insegnamenti precedenti ma portarli a compimento (Mt5,17-20[103]).
Quanto al carattere storico del Regno, nei testi evangelici si nota un dualismo apparentemente inconciliabile:
La tradizione cristiana[Nota 51] ha ricomposto questa dicotomia individuando nel "già" l'attività di Gesù proseguita nella Chiesa, e nel "non ancora" il mistero della sua morte e risurrezione – che sarà pienamente attualizzata con la sua seconda venuta e la trasfigurazione del mondo.[Nota 52]
Le modalità della predicazione di Gesù, centrata sull'annuncio del Regno e della condotta di vita ad esso relativa, furono diverse dagli insegnamenti rabbinici del tempo. Gesù faceva larghissimo uso di parabole, cioè esempi allegorici tratti dalla vita e dalle comuni attività e situazioni quotidiane, che avevano lo scopo di illustrare concetti teologici o morali non direttamente esperibili. Pur con le debite differenze, per questo metodo didattico Gesù è accostabile a Platone e ai suoi miti.[Nota 53] Queste le principali parabole di Gesù:
La predicazione di Gesù si rivolse principalmente agli ebrei (Mt10,5-6;15,24[107]). Questa preferenza però non è esclusiva: sono accennati alcuni viaggi missionari in città e zone abitate prevalentemente da pagani (Mt8,28;15,21;16,13[108]) e sia prima che dopo la risurrezione Gesù invia esplicitamente i suoi discepoli «a tutte le nazioni» (Mt24,14;28,19[109]).
Nel suo ministero Gesù valorizzò e si rivolse a categorie sociali che erano marginali o disprezzate nella società ebraica del tempo, suscitando in alcuni di questi casi lo sdegno delle autorità religiose farisaiche (Mt9,11;11,19[110] e paralleli): bambini (Mt19,14[111]), donne (Lc8,2-3[112]), samaritani (Gv4,40[113]), prostitute (Mt21,31[114]), «peccatori» (Mt9,10[115]), pubblicani (Lc19,2-5[116]), ovvero ebrei collaborazionisti incaricati dagli occupanti romani per la riscossione delle tasse.
Dai vangeli appare come la predicazione e l'operato di Gesù riscossero nella società ebraica del tempo un limitato successo, conseguito peraltro principalmente tra i ceti più bassi. Sono tuttavia segnalati tra i primi discepoli anche persone ricche e di rango elevato, come per esempio i membri del Sinedrio Nicodemo, Giuseppe di Arimatea e Giovanna «moglie di Cusa, amministratore di Erode».
Secondo i vangeli canonici Gesù operò diversi miracoli durante la sua vita. In totale, ne vengono raccontati ventiquattro di cui: quattordici riguardano la cura di varie malattie; cinque sono esorcismi; tre sono resurrezioni; due sono comandi impartiti alla natura.
In aggiunta, nelle sacre scritture sono presenti diversi passaggi che si riferiscono genericamente a esorcismi di Cristo (Mc 1,32-34;Mc 3,10-12).
Non tutti però apprezzarono questi miracoli. Infatti a quel tempo, degli scribi, insieme ad alcuni farisei e ad altri, accusarono Cristo di aver stretto un patto con Belzebù grazie al quale poteva possedere questi poteri straordinari. Egli rispose in maniera vigorosa ai suoi accusatori e continuò a usare le sue capacità divine per fare del bene.[117] Anzi, prima di morire decise di trasmetterle ai suoi discepoli e ad un altro uomo[118] che non era suo seguace affinché continuassero anche loro la sua opera.[119]
Diversi studiosi atei contemporanei, e alcuni studiosi cristiani, negano valore storico ai miracoli evangelici, considerandoli rappresentazioni simboliche e letterarie distinte dai fatti accaduti e correlate al fine religioso della narrazione.[Nota 55] Tale opinione è respinta dalla maggioranza degli studiosi cristiani, che ritengono che Gesù disponesse effettivamente di capacità miracolose. La questione non può ovviamente essere risolta con l'analisi scientifica, in quanto credere o meno ai miracoli di Gesù è legato alla fede della persona.
I Vangeli sinottici[120] narrano che dopo l'episodio della professione di fede di Pietro Gesù salì sul monte a pregare con Pietro, Giacomo e Giovanni. Gli apostoli erano oppressi dal sonno, ma si ridestarono completamente quando videro che l'aspetto del volto di Gesù, mentre stava pregando, cambiò e che la sua veste divenne candida e sfolgorante. Subito dopo apparvero al suo fianco Mosè ed Elia, con i quali discorreva. Pietro, preso da spavento e non sapendo quello che diceva, suggerì di realizzare tre tende per i tre uomini, ma mentre stava parlando una nube li avvolse e sentirono una voce provenire da essa che disse: «Questo è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo».
Secondo il racconto dei vangeli, dopo alcuni[85] anni di predicazione, Gesù fece il suo ingresso a Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua ebraica. Al suo arrivo in città fu accolto da una folla festante che lo acclamava come Messia ( Mt21,1-11;Mc11,1-10;Lc19,29-44;Gv12,12-15, su laparola.net.) – evento ricordato nella tradizione cristiana la Domenica delle palme. I sinottici collocano dopo l'ingresso a Gerusalemme la "purificazione del Tempio", che Giovanni colloca invece in occasione della prima Pasqua.
In prossimità della morte di Gesù sia i sinottici ( Mt26,26-29;Mc14,22-25;Lc22,15-20, su laparola.net.) che Giovanni ( Gv 13,1-11, su laparola.net.) riportano il racconto di una cena, tradizionalmente chiamata "Ultima Cena". Si notano tuttavia alcune divergenze:[121]
Una possibile armonizzazione[122] è che l'Ultima Cena fosse effettivamente una cena pasquale e sia stata tenuta, secondo il calendario esseno, di martedì sera. In tal caso i vangeli, che fanno apparire gli eventi successivi (arresto, processo, crocifissione e morte) concentrati tra il giovedì sera e il venerdì pomeriggio, non rispecchierebbero il reale andamento storico, che li vedrebbe distribuiti lungo più giorni, dal martedì sera al venerdì pomeriggio. Non sarebbe però chiaro perché Gesù avrebbe deciso di attenersi al calendario esseno.
Il racconto degli eventi che portarono alla morte di Gesù è riportato parallelamente dai quattro vangeli, seppure con alcune differenze ed aggiunte proprie. Dopo l'Ultima Cena, tenuta in città, Gesù si recò nel podere chiamato Getsemani — sul monte degli Ulivi, poco fuori Gerusalemme —, dove sostò in preghiera. Qui un gruppo di guardie del tempio (soldati ebrei agli ordini delle autorità sadducee), guidato dall'apostolo traditore Giuda Iscariota, procedette al suo arresto. In seguito, Gesù fu condotto da Anna, ex sommo sacerdote e suocero del sacerdote in carica Caifa, poi da Caifa stesso, quindi al Sinedrio – che ne stabilì la condanna a morte per bestemmia, essendosi equiparato a Dio.
Al mattino presto avvenne un nuovo incontro col Sinedrio, poi Gesù fu condotto dal prefetto romano Ponzio Pilato per richiederne l'esecuzione; questi lo interrogò ma non lo trovò colpevole. Pilato lo inviò dunque a Erode Antipa, re della Galilea — che, dopo averlo schernito, ma non condannato — lo rispedì a Pilato. Questi, nel tentativo di salvarlo, propose al popolo di liberarlo (era infatti uso da parte delle autorità romane rilasciare un prigioniero all'anno, per Pasqua), ma la folla gli preferì il ribelle/assassino Barabba, mentre invocò la crocifissione per Gesù. Per paura di un tumulto Pilato si lavò le mani, dichiarandosi innocente per l'ingiusta condanna, e acconsentì alla richiesta della folla, condannando formalmente a morte Gesù per il reato di lesa maestà, essendosi dichiarato «Re dei Giudei». Quindi Gesù fu flagellato; venne poi schernito dai soldati romani, che lo coronarono di spine e lo condussero, assieme ad altri due condannati (tra cui il "buon ladrone"), verso il luogo della condanna, una piccola collina appena fuori le mura, chiamata Golgota-Calvario. Lungo la salita, Gesù fu aiutato a portare la croce da un certo Simone di Cirene.
Giunti alla meta, Gesù fu crocifisso all'ora terza (nove di mattina); morì all'ora nona (tre del pomeriggio). Secondo i vangeli, la sua morte fu accompagnata da eventi straordinari: venne l'oscurità su tutta la Terra, vi fu un terremoto e la risurrezione di «molti santi». In seguito, Giuseppe di Arimatea chiese a Pilato il corpo di Gesù e, dopo averlo avvolto in un lenzuolo (o in teli, secondo Giovanni), lo depose nel suo sepolcro personale, che si trovava presso il Golgota.
È impossibile stabilire con certezza la data di morte di Gesù. I quattro vangeli sono concordi nel collocarla di venerdì, ma, mentre per i tre sinottici questo giorno coincideva con la Pasqua ebraica (15 nisan), per Giovanni si trattava della vigilia di Pasqua (14 nisan). La cronologia sinottica porta a ipotizzare come data venerdì 27 aprile del 31 d.C. (opzione che non gode di largo consenso, ponendo processo ed esecuzione nel giorno festivo di Pasqua), mentre quella giovannea venerdì 7 aprile del 30 d.C. o venerdì 3 aprile del 33 d.C..[123] La datazione giovannea del 7 aprile 30 è compatibile con la probabile datazione dell'inizio del ministero pubblico nel 28[124] e con l'accenno giovanneo delle tre Pasque.
I vangeli, immediatamente dopo la descrizione della passione e della morte di Gesù, riportano alcuni fatti avvenuti dopo la deposizione del cadavere di Gesù: il rinvenimento della tomba vuota e le apparizioni di Gesù alle discepole (Maria Maddalena, Maria di Giacomo, Salome), interpretati dai cristiani come segni di una sua Resurrezione. La scoperta avvenne all'alba del giorno dopo il sabato (Mc16,2;Lc24,1;Gv20,1[125]), cioè domenica, anche se l'originale greco di Mt28,1[126] può indicare l'inizio della notte tra sabato e domenica.[127] In seguito, sono testimoniate anche delle apparizioni di Gesù agli apostoli e ad altri discepoli (Gv21,1-2;At1,3;At3,15;1Cor15,3-8[128]).
I Vangeli dicono che, quaranta giorni[Nota 57] dopo la risurrezione, Gesù ascese al cielo. In altri testi sacri cristiani, come l'Apocalisse di Giovanni, si parla del ritorno di Gesù, che le chiese cristiane attendono, definito "seconda venuta" o "parusía", ritorno che dovrà coincidere con il Giorno del giudizio e l'inizio di «un nuovo cielo e una nuova terra» (Ap21,1[129]).
La successiva tradizione cristiana ha ritenuto come storico l'evento della risurrezione, riconoscendo questa con professioni di fede e di culto.[Nota 58] Quegli studiosi moderni che negano questa interpretazione ritengono che si tratti di una mistificazione degli apostoli,[Nota 59] o di una convinzione sorta a seguito di allucinazioni,[Nota 60] o della riproposizione nel mondo giudaico di un mito diffuso nella religiosità ellenistica, babilonese e fenicia, relativo ad una divinità che muore e risorge.[Nota 61]
L'importanza della figura di Gesù nella storiografia è tale che tutto il mondo occidentale ed oltre suddivide la storia in anni, secoli e millenni prima e dopo la venuta del Cristo.
A partire dal Settecento, con lo svilupparsi del moderno metodo storico-critico, numerosi studiosi hanno cercato di ricostruire e interpretare la figura storica di Gesù. È possibile distinguere più fasi.
La prima fase (first quest) inizia alla fine del Settecento con Reimarus ed è caratterizzata dall'utilizzo delle metodologie dell'epoca per cercare di distinguere elementi storici ed elementi mitologici. Questa fase termina tradizionalmente all'inizio del Novecento con l'opera di Schweitzer, che evidenzia la frammentarietà dei risultati conseguiti.[Nota 62]
Segue quindi una fase di calo di interesse per la ricerca storica su Gesù, nella quale viene comunque proposto (Bultmann) di filtrare il linguaggio delle fonti antiche, tenendo conto del contesto del tempo e della natura teologica degli scritti.[Nota 63]
La ricerca riprende slancio alla metà del XX secolo (new quest): si cerca di conciliare le diverse nature di Gesù, ma si è ancora concentrati sui vangeli canonici.[Nota 64]
Lo studio sulla figura di Gesù si è quindi ampliato notevolmente negli ultimi decenni, estendendo la base documentale e considerando anche testi quali i vangeli apocrifi e i manoscritti non biblici di Qumran. Questa nuova fase (third quest) si caratterizza inoltre per l'interesse e l'attenzione posti nell'analisi del contesto storico e sociale del tempo.[Nota 65] La terza ricerca «[…] ha seguito vari percorsi, uno dei più controversi dei quali è quello del Jesus Seminar, che studia ciò che sia certo, ovvero possibile, probabile, o infine assolutamente impossibile che il Gesù storico abbia detto o fatto. Materiale per statistici, più che per teologi».[130] Secondo l'accademico Paul Mattei, professore di letteratura latina e patristica all'Université Lumière Lyon-II, «i procedimenti» del Jesus Seminar «[…] hanno spesso suscitato stupore ed ironia (voto a maggioranza, tra i presenti, cooptati alle riunioni di gruppo) […] in rottura con qualunque tipo di dogmatismo confessionale […]».[131]
Non ci sono dubbi sostanziali sul corso della vita di Gesù, quando e dove visse e morì e quale tipo di attività svolse durante la sua vita pubblica.[132] Rimane fitto invece il dibattito sulla storicità di singole azioni o detti a lui attribuiti, così come sulle metodologie che è possibile applicare per la loro analisi. L'insieme di affermazioni su Gesù sulle quali c'è generale consenso tra gli studiosi, indipendentemente dal loro credo, comprendono la sua nascita verso il 4 a.C., la sua infanzia a Nazareth, il battesimo a opera di Giovanni Battista, la costituzione di un gruppo di discepoli, l'insegnamento nei villaggi e nelle campagne della Galilea, la predicazione del Regno di Dio, il viaggio a Gerusalemme culminato con i disordini al tempio, la cena finale con i discepoli, la cattura, l'interrogatorio e la messa a morte da parte di Ponzio Pilato, cui seguono prima una fuga e poi la ricostituzione del gruppo di discepoli, convinti del ritorno di Gesù per fondare il Regno.[Nota 66]
La figura di Gesù, tradizionalmente oggetto di studi teologici e storici, è stata di recente al centro di un nuovo fenomeno culturale, che si è concretizzata in un rinnovato interesse da parte del vasto pubblico e nella diffusione di numerosi contributi saggistici, giornalistici e televisivi, nonché di rielaborazioni cinematografiche e romanzesche. È quindi emerso un forte intento divulgativo, che però è stato spesso accompagnato e condizionato dalla ricerca dell'effetto, a scapito del rigore.[133] Nel panorama editoriale sono quindi prevalentemente diffuse pubblicazioni semplificate, come testi a carattere devozionale, da un lato, e libri scandalistici, dall'altro: i risultati della ricerca storica sono invece ancora poco noti all'opinione comune, e questo scollamento pare in aumento[134]
Fatta questa precisazione, è comunque possibile individuare con larga approssimazione quattro orientamenti principali, qui elencati progressivamente da una maggiore a una minore pretesa di storicità attribuita alle fonti canoniche:
La cristologia è quella parte della teologia cristiana che definisce e studia razionalmente, sulla base della rivelazione, la figura di Gesù. Quattro sono i temi principali, strettamente legati tra loro, sui quali si è soffermata nella tradizione cristiana la riflessione cristologica:
Come accennato, il Nuovo Testamento lascia largo spazio alla libera riflessione cristologia e trinitaria. Durante i primi secoli della cristianità furono elaborate molte teorie teologiche – giudicate eretiche dai primi concili ecumenici. È spesso difficile conoscere il reale contenuto di queste dottrine: le informazioni pervenuteci provengono infatti perlopiù da autori cristiani e dunque la nostra conoscenza è soltanto indiretta.
La Chiesa cattolica, già prima del Grande Scisma, ha elaborato un insieme di dottrine e dogmi definiti come cristologia, durante i primi sette concili ecumenici, in base ai quali altre correnti di pensiero o altre interpretazioni delle scritture sono state definite "eresie".
Al giorno d'oggi, i seguaci del messaggio di Gesù (cristiani) sono circa 2,1 miliardi, cioè poco meno di un terzo degli abitanti del mondo.[158] I cristiani sono suddivisi in molte chiese, confessioni o denominazioni, che possono essere distinte in riferimento all'effettivo riconoscimento dei vari concili ecumenici.
Le decisioni dei primi sette concili ecumenici sono adottate dalle maggiori confessioni cristiane, che condividono dunque la stessa cristologia: cattolici, ortodossi, protestanti, anglicani. Le diversità tra queste chiese riguardano prevalentemente questioni ecclesiologiche.
Alcune chiese di tradizione monofisita riconoscono solo i primi tre concili, rigettando dunque il concilio di Calcedonia e i seguenti: si tratta dei cristiani copti, siriaci e armeni. Secondo queste confessioni, in Gesù è presente la sola natura divina, la quale ha assorbito quella umana.
Alcune chiese di tradizione nestoriana riconoscono solo i primi due concili, rifiutando il concilio di Efeso e i seguenti: si tratta dei cosiddetti cristiani assiri. A loro detta, in Gesù ci sono due nature e due persone, connesse da un'unione puramente morale.
Altre chiese cristiane non si riconoscono nella tradizione storica e teologica propria del Cristianesimo tradizionale, basato sulle decisioni dei primi concili ecumenici. Principalmente esse rigettano le definizioni sull'unicità di Dio e la natura divina di Gesù riportate nel Credo del concilio di Nicea.
Tutta la liturgia cristiana è costruita intorno alla figura di Gesù.
Le varie chiese hanno poi sviluppato riti e preghiere proprie, per esempio, nella tradizione cattolica sono importanti il Rosario (nei cui 20 «misteri» sono ricordati i principali eventi della vita di Gesù e di sua madre) e la Via Crucis (che ripercorre in 14 «stazioni» gli eventi della passione e morte di Cristo).
Secondo le tradizioni cattolica ed ortodossa, non accettate dai protestanti, esistono numerose reliquie attribuibili a Gesù. È probabile che molte di queste siano falsi medievali.
In epoca contemporanea, la più nota, studiata e discussa[Nota 84] reliquia attribuita a Gesù è la Sindone (σινδών, sindón, significa "lenzuolo" in greco), attualmente conservata a Torino e di possesso personale del papa. Secondo la tradizione, è il lenzuolo nel quale è stato avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro. Il tessuto è di lino e misura 442×113 cm. Presenta la doppia immagine (frontale e dorsale) di un uomo con barba, baffi e capelli lunghi, recante sul corpo i segni corrispondenti alla descrizione della passione: flagellazione, coronazione di spine, mani e piedi trapassati da chiodi, ferita di lancia nel costato. L'immagine non è dipinta, ma deriva da un graduale ingiallimento della fibra tessile – come se si trattasse dell'impressione negativa di una pellicola fotografica.[Nota 85] In corrispondenza delle ferite più profonde sono presenti tracce di sangue di tipo AB.
La storia della Sindone è documentata con certezza solo a partire dal 1353, anno in cui il cavaliere francese Goffredo di Charny, che aveva combattuto in Medio Oriente, ne dichiarò il possesso. La Chiesa non si è mai ufficialmente pronunciata circa l'autenticità della Sindone, ma ne permette comunque la venerazione. In epoca contemporanea è stata oggetto di numerosissimi studi scientifici. Ha destato grande eco l'esame del carbonio 14 realizzato nel 1988 – secondo il quale andrebbe datata, con certezza al 95%, tra il 1260 e 1390[172] e si tratterebbe quindi di un falso medievale. I sostenitori dell'autenticità della Sindone fanno però notare come il reperto sia stato sicuramente contaminato in vario modo lungo i secoli (funghi, batteri, manipolazione non protetta, incendio; fu anche bollita nell'olio), lasciando ipotizzare una possibile alterazione del risultato dell'esame. Inoltre, sostengono, anche che se si trattasse di un falso medievale, non sarebbe comunque chiaro il metodo usato dal falsario per "impressionare" il tessuto.[173]
Un'altra reliquia attribuita a Gesù, meno nota e studiata della Sindone, è il sudario di Oviedo – un panno di lino che sarebbe stato usato per pulire il volto di Gesù durante la deposizione, prima che venisse avvolto dalla Sindone. Contiene macchie indistinte di sangue di tipo AB. L'esame al carbonio 14 lo ha datato al VII secolo.
Le altre reliquie attribuite a Gesù sono i presunti resti del corpo di Gesù (tra cui varie tracce di sangue, una costola, i resti della circoncisione del prepuzio) e oggetti con cui egli sarebbe entrato a contatto, come strumenti della Passione (la croce, i chiodi, la corona di spine, la lancia, il titulus crucis, o nella tradizione medievale il Santo graal).
L'Ebraismo non riconosce Gesù come il Messia atteso, né tanto meno gli attribuisce natura divina, caratteristiche che sono considerate estranee alla tradizione ed alla religione monoteistica ebraica.[Nota 86] Mosè Maimonide, rabbino del XII secolo e fondamentale teologo ebraico, lo chiama «Gesù il Nazareno», e lo considera alla stregua di un rabbì itinerante, al quale la successiva tradizione cristiana, mentendo, ha attribuito miracoli e di cui ha falsamente proclamato la resurrezione.[174]
Circa il processo di Gesù che ne decretò la morte, secondo la Jewish Encyclopedia[175] la responsabilità fu della "arrogante" gerarchia sadducea. Questa ne decretò la morte consegnandolo a Pilato, ma non istituì un vero e proprio processo sinedrita (che avrebbe coinvolto anche l'ebraismo farisaico, da cui deriva l'ebraismo rabbinico). Il principale motivo della condanna non derivò da questioni teologiche relative alla divinità o messianicità di Gesù ma dalla reazione all'episodio della cosiddetta purificazione del Tempio da lui compiuto.
Sulla base del Corano, i seguaci dell'Islam onorano la figura di Gesù (عيسى, ʿĪsā in arabo) e lo considerano un profeta e il Messia. L'Islam crede nel suo concepimento verginale da Maria, definita appunto al-Batūl, "la Vergine" (III,47; XIX,20; XXI,91; LXVI,12). Gesù è un grande profeta di Dio (ﺭﺴﻮﻝ الله, rasūl Allāh, IV,157; LXI,6; VI,85), ma di natura umana, e non divina (IV,171; V,75). Ha compiuto miracoli «col permesso di Allah» (V,110): cosa che non fu concessa neanche a Maometto, se si eccettua la sua perfetta fedeltà alla lettera del Messaggio divino, nel momento in cui egli lo riproponeva agli uomini. Non fu Gesù a essere crocifisso e morire in croce («qualcuno fu reso ai loro occhi simile a Lui», IV,157). Ascese al Cielo (III,55), senza dunque risorgere («Iddio lo innalzò a Sé», IV,158). In base al versetto «Egli non è che un Presagio per l'Ora» (XLIII,61), Gesù sarebbe destinato a tornare nel mondo, come Mahdi, prima del giorno del Giudizio, apparendo all'altezza del minareto cosiddetto "di ʿĪsā" nella Grande Moschea degli Omayyadi di Damasco. Il suo fine di combattere e sconfiggere il Dajjāl sarà coronato da successo ed egli potrà avviare quindi un quarantennio di perfetta vita islamica sulla Terra, prima di morire, infine, di morte naturale ed essere sepolto a Medina, risorgendo subito dopo, nell'apocalittico Yawm al-dīn per il definitivo giudizio divino.[Nota 87] La necessità della sua morte sembra d'altronde coerente con l'assioma per cui a nessun uomo è concessa l'immortalità, tanto che anche Maometto dovette morire nel 632.
Alcuni commentatori del Corano (tra cui Zamakhsharī e Baydāwī)[176] sostengono che uno degli apostoli (magari Pietro) si sia offerto come "sostituto" per il maestro, nella speranza di ottenere il paradiso come ricompensa. Tra le altre ipotesi avanzate circa l'identità del sostituto: Simone di Cirene,[148] Giuda Iscariota,[177] Satana, un soldato romano di nome Titanus, o un altro sconosciuto.
Il movimento della Ahmadiyya di Qādyān e di Lahore, in India — di origine islamica, ma considerato dai sunniti e dagli sciiti come eretico — afferma che Gesù non sarebbe morto in croce: a loro detta, rimase sulla croce per quattro ore poi venne rimosso e curato dalle sue ferite con un unguento speciale chiamato marham-i Īsā (unguento di Gesù);[178] dalla Palestina fuggì poi in India, dove visse ancora per molti anni, fino a morire di vecchiaia a Srinagar, nel Kashmir: qui, in effetti, si trova un monumento tradizionalmente indicato come «la tomba di ʿĪsā» e secondo gli Ahmadiyya il fondatore del loro movimento religioso Mirza Ghulam Ahmad è il ritorno spirituale di Gesù.
La fede Bahá'í considera Gesù come una manifestazione dell'unico Dio, al pari di Muhammad, Buddha, Krishna, Zoroastro e dei messaggeri delle altre grandi religioni.[179] Gesù come tutte le manifestazioni di Dio ha una doppia natura, umana e divina; tuttavia, non è possibile che sia presente nella sua persona la pienezza di Dio, in quanto egli è assolutamente trascendente. Gesù è il Messia preannunciato dall'Antico Testamento. Come i cristiani e i musulmani, anche i bahá'í credono nel concepimento verginale di Gesù, tuttavia ritengono che Egli è Figlio di Dio in senso spirituale, ma non biologico.[180] Bahá'u'lláh, il fondatore della Fede Bahà'i, rappresenta il ritorno di Gesù in senso spirituale e non fisico.
La figura di Gesù e il suo insegnamento vengono investigati dai teologi e filosofi del cosiddetto «paganesimo» solo a partire dal III secolo. Al riguardo, tuttavia, disponiamo di poche fonti, per lo più mediate dalle opere dei Padri della Chiesa del IV secolo.
Il principale testo di riferimento è certamente la Filosofia desunta dagli oracoli, opera perduta del filosofo «pagano» Porfirio (203-305). In quest'opera, Porfirio, come riporta Sant'Agostino, afferma:
«Certamente al di là di ogni aspettativa può sembrare quel che sto per dire. Gli dèi hanno considerato il Cristo molto devoto e hanno ricordato che è stato reso immortale anche per la sua predicazione. Gli dèi dicono che i cristiani al contrario sono corrotti, depravati, avviluppati nell'errore e proferiscono molti oltraggi contro di loro.»
Aggiunge poi altri brani come responsi degli dèi che oltraggiano i cristiani; quindi afferma:
«A coloro che chiedevano se Cristo è Dio, Ecate rispose: "Tu sai come l'anima umana dopo il corpo si perfeziona, ma separata dalla sapienza è sempre in errore. Quell'anima è di un uomo insigne; essi lo adorano perché la verità non è in loro".»
Dunque Ecate ha detto che era un uomo molto devoto e che la sua anima, come quella degli altri uomini devoti dopo la morte, fu stimata degna dell'immortalità e perciò i cristiani, che sono insipienti, lo adorano. E aggiunge:
«A coloro che interrogavano: "Ma perché dunque è stato condannato?", la dea diede questo responso: "Il corpo è sempre soggetto a tormenti che lo spossano; invece l'anima degli uomini devoti ha la propria dimora nella casa del cielo. Però quell'anima diede per fatalità ad altre anime d'impigliarsi nell'errore e ad esse il destino non concesse di ottenere i doni degli dèi né di avere il riconoscimento di Giove l'immortale. Sono perciò detestati dagli dèi perché, sebbene ad essi per destino non fu dato di conoscere il Dio né di ricevere doni dagli dèi, Cristo è stato l'occasione fatale di d'impigliarsi nell'errore. Egli, essendo devoto, come tutti i devoti, ebbe dimora in cielo. Quindi non lo oltraggerai ma avrai pietà della pazzia degli uomini, per i quali egli è facilmente un pericolo estremo".»
Quindi, secondo questa testimonianza «pagana», Gesù era un uomo saggio e pio, degno dell'immortalità insieme a Pitagora ed Eracle, ma i suoi seguaci, i cristiani, ebbero il grave torto di trasformarlo in un dio e quindi di adorarlo, rinnegando così l'essenza di Dio. I cristiani dovrebbero dunque limitarsi ad adorare Dio senza credere in Gesù come Dio.[181]
La posizione di queste opere «pagane» – il rifiuto di Cristo come Dio ma il rispetto di Cristo come maestro e santo, verrà poi ripresa da alcune correnti cristiane del IV secolo dette «adozioniste», giudicate eretiche dalle Chiese cristiane conciliari.
Data la precedenza cronologica, sia nell'insegnamento di Buddha (VI-V secolo a.C.), sia nei testi sacri buddhisti, i Tripitaka (la cui prima redazione scritta risale al I secolo a.C.) non vi possono essere riferimenti alla figura di Gesù. Tuttavia, nella sezione Wàijiàobù (外教部, T.D. 2139) del Canone buddhista cinese sono raccolti dei testi, databili ai primi secoli della nostra era, della Chiesa nestoriana.[Nota 88] Non è ancora dato di sapere il loro contenuto in quanto questi scritti non sono mai stati tradotti in lingua occidentale, né in un'edizione critica in lingua cinese o giapponese. L'incontro tra buddhisti e cristiani, quindi l'incontro dei buddhisti con la figura di Gesù, avvenne certamente già nel IV secolo quando è attestata la compresenza pacifica di monasteri buddhisti e cristiani nell'area di Merv (nell'attuale Turkmenistan).[Nota 89] Coesistenza finita drammaticamente nel VI secolo al sopraggiungere di truppe persiane di fede mazdeista che distrussero i conventi di ambedue le religioni.
Oggi, alcuni buddhisti — tra i quali l'attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso[182] — considerano Gesù come un bodhisattva (= "illuminato") che ha dedicato la sua vita al bene dell'umanità, caratterizzando la sua predicazione con valori tipici del Buddhismo, quali pazienza, tolleranza e compassione. Tuttavia, Gesù non viene considerato manifestazione di un dio creatore, fonte unica e ultima di salvezza.
Non esistendo nell'Induismo una struttura unitaria e centralizzata, i movimenti religiosi di tale matrice hanno posizioni variegate riguardo alla figura di Gesù. Il guru Ramakrishna (1836-1886) credeva che Gesù fosse un'incarnazione di Dio, come anche Buddha e Krishna.[183] Il guru Paramahansa Yogananda (1893-1952) riteneva Gesù la reincarnazione di Eliseo e sosteneva fosse discepolo di Giovanni Battista, il quale era una reincarnazione di Elia.[184]
Del Mahatma Gandhi è celebre l'aforisma:
«I like your Christ, I do not like your Christians. Your Christians are so unlike your Christ.[185]»
«Mi piace il vostro Cristo, non mi piacciono i vostri cristiani. I vostri cristiani sono così diversi dal vostro Cristo.»
Nel Rastafarianesimo, fede religiosa discendente dal Cristianesimo, Gesù si è reincarnato per la seconda volta nell'imperatore d'Etiopia Hailé Selassié. In tale fede religiosa il Leone di Giuda e la bandiera etiope imperiale sono i simboli più importanti.
Secondo Rudolf Steiner il Cristo è il più elevato degli Elohim, ma non farebbe parte di loro perché parte della Trinità.[186]
La persona di Gesù e gli eventi a lui relativi narrati nel Nuovo Testamento hanno ispirato innumerevoli opere artistiche e culturali nei successivi due millenni. Si tratta soprattutto di pitture, mosaici, statue, melodie e canti ad uso della devozione cristiana; in epoca contemporanea, si sono aggiunti anche romanzi, film, opere teatrali.
Le raffigurazioni pittoriche di Gesù e dei santi, attestate sin dai primi secoli dell'era cristiana, marcano un deciso distacco dalla religiosità ebraica, che avversava profondamente qualunque riproduzione di esseri viventi, e vietava categoricamente la raffigurazione di Dio.
I vangeli non forniscono una descrizione fisica di Gesù. Nei primi secoli del Cristianesimo non si hanno sue rappresentazioni dirette, ma piuttosto simboli o immagini allegoriche – come il pesce, il Buon Pastore, il Crismon-Labarum, il Sator. Non sono attestate rappresentazioni antiche della crocifissione – che per la cultura greco-romana rappresentava la pena più ignominiosa (fa eccezione il cosiddetto graffito di Alessameno, probabile "vignetta" anticristiana).
Nel periodo tardo antico, con la secolarizzazione del culto cristiano e il distacco definitivo dalla tradizione ebraica, si diffondono rappresentazioni dirette di Gesù. Il suo volto viene inizialmente raffigurato come quello di un giovane imberbe e con i capelli corti, tale modello rimarrà in uso fino al VI secolo, con una successiva ripresa in età carolingia. Dal IV secolo appare il Gesù barbuto, con i capelli lunghi, che è diventato la raffigurazione tradizionale del Cristo. Il cambiamento fu probabilmente influenzato in Oriente dal Mandylion e in Occidente, successivamente, dalla Sindone, che peraltro i sindonologi ipotizzano coincidente con lo stesso Mandylion.
Per secoli l'iconografia ha privilegiato l'aspetto maestoso e glorioso di Gesù risorto, rappresentato dal modello del Pantocratore (= "onnipotente"). A partire dal Medioevo, in concomitanza con la predicazione di Francesco d'Assisi, si afferma definitivamente in Occidente la raffigurazione della crocifissione, che si affianca a quella di Gesù risorto.
Nel Rinascimento la figura di Gesù si laicizza e diventa il prototipo dell'uomo perfetto. Tale visione avrà il suo massimo esponente in Michelangelo, che nel Giudizio universale recupera l'immagine paleocristiana del Cristo imberbe.[187]
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