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La diocesi di Calahorra e La Calzada-Logroño (in latino: Dioecesis Calaguritana et Calceatensis - Lucroniensis) è una sede della Chiesa cattolica in Spagna suffraganea dell'arcidiocesi di Pamplona. Nel 2021 contava 296.000 battezzati su 320.000 abitanti. È retta dal vescovo Santos Montoya Torres.
Diocesi di Calahorra e La Calzada-Logroño Dioecesis Calaguritana et Calceatensis - Lucroniensis Chiesa latina | |||
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Suffraganea dell' | arcidiocesi di Pamplona | ||
| |||
Vescovo | Santos Montoya Torres | ||
Presbiteri | 243, di cui 170 secolari e 73 regolari 1.218 battezzati per presbitero | ||
Religiosi | 158 uomini, 612 donne | ||
Diaconi | 3 permanenti | ||
Abitanti | 320.000 | ||
Battezzati | 296.000 (92,5% del totale) | ||
Stato | Spagna | ||
Superficie | 5.033 km² | ||
Parrocchie | 257 | ||
Erezione | V secolo | ||
Rito | romano | ||
Indirizzo | Calle Obispo Fidel García 1, 26004 Logroño [La Rioja], España | ||
Sito web | www.iglesiaenlarioja.org | ||
Dati dall'Annuario pontificio 2022 (ch · gc) | |||
Chiesa cattolica in Spagna | |||
La diocesi comprende il territorio della comunità autonoma e provincia spagnola di La Rioja.
Esistono due cattedrali diocesane, la cattedrale di Santa Maria Assunta a Calahorra, e la cattedrale di San Domenico a Santo Domingo de la Calzada. A Logroño sorge invece la concattedrale di Santa Maria de La Redonda. Mentre Calahorra ospita la curia, Logroño ospita gli uffici amministrativi, la maggior parte dei vicariati e la residenza del vescovo.
Il territorio si estende su 5.033 km² ed è suddiviso in 257 parrocchie, raggruppate in 9 arcipresbiterati: Alhama-Linares, Ebro-Cidacos, Iregua-Leza, Logroño est, Logroño centro, Logroño ovest, Najerilla, Oja e Tirón.[1]
Incerte sono le origini della diocesi di Calahorra. Tradizioni leggendarie attribuiscono all'apostolo san Giacomo e al suo discepolo san Torquato l'evangelizzazione del territorio; le stesse tradizioni, senza alcun fondamento storico, elencano una serie di 18 vescovi precedenti al V secolo, epoca in cui sono attestati i primi vescovi storicamente documentati di Calahorra. Questo non esclude l'antichità di questa sede episcopale, forse risalente al III o IV secolo.[2]
Il primo vescovo di cui si abbia notizia è Silvano, le cui prese di posizione furono trattate e discusse durante il concilio romano del 465. Prima di lui, con il beneficio del dubbio, vengono assegnati a Calahorra altri due vescovi: Ianuario, che avrebbe preso parte al concilio di Elvira, agli inizi del IV secolo; e Valeriano, assegnato ai primi anni del V secolo.[2] La diocesi, che faceva parte della provincia ecclesiastica di Tarragona, comprendeva all'incirca gli odierni territori de La Rioja.[3] La maggior parte dei vescovi conosciuti furono quelli che parteciparono ai concili nazionali della Chiesa in epoca visigota, tra la fine del VI secolo e la fine del VII secolo.
A causa dell'invasione musulmana nei primi decenni dell'VIII secolo, la sede di Calahorra dovette patire alcune traversie. La prima occupazione araba della regione non impedì tuttavia la sopravvivenza della diocesi; sono infatti noti almeno altri due vescovi di Calahorra nei primi anni del IX secolo, Teodomiro e Recaredo. Per altri vescovi, l'attribuzione a Calahorra è incerta, dubbia o errata.[4]
La progressiva riconquista dei territori sotto dominio musulmano portò alla nascita, nei territori della diocesi di Calahorra, di due sedi vescovili, la diocesi di Álava e, a sud, la diocesi di Nájera.[5] Quest'ultima località fu sede dei re che portarono il nome di re di Navarra o di Nájera,[6] mentre i vescovi che accompagnarono la corte si ritennero successori ed eredi dei vescovi di Calahorra. Il primo vescovo noto storicamente con il titolo di "vescovo di Nájera" è Tudemiro, documentato dal 947 al 952.[7] Nel 1052 il re Sancho re di Navarra concesse ai vescovi come sede vescovile e cattedrale diocesana la chiesa del monastero di Santa Maria la Real.[8]
Nel 1045 fu riconquistata la città di Calahorra. I vescovi tuttavia continuarono a risiedere a Nájera, oppure nel monastero di Albelda, portando indifferentemente i titoli di episcopi Calagurritani, Naiarensis oppure in Albelda. Solo nel 1180 dovettero abbandonare Nájera, quando il re cedette il monastero e la chiesa ai monaci cluniacensi.[9]
Verso la fine dell'XI secolo, il re Alfonso VI ampliò i confini della diocesi includendo l'Álava e la sua diocesi, contestualmente soppressa, la Biscaglia, parte della Navarra, parte di Gipuzkoa, parte di Burgos e di Soria. Queste modifiche furono confermate da papa Pasquale II nel 1109 e da papi successivi fino a papa Celestino III (1192).[10]
Pur portandone il titolo, la sede di Calahorra era molto decentrata rispetto al vasto territorio diocesano e inoltre posta in una zona di continui conflitti e guerre tra potentati locali. Per questo motivo, fin dal 1180 i vescovi concepirono il progetto di fissare la propria residenza a La Calzada, cosa che sollevò le proteste del capitolo dei canonici di Calahorra. Il 27 novembre 1229 papa Gregorio IX approvò il trasferimento della sede episcopale da Calahorra a La Calzada,[11] decisione che lo stesso papa confermò il 14 aprile 1232.[12] Tuttavia, l'opposizione e le prepotenze di feudatari locali, resero vane queste decisioni e nel 1235 i vescovi dovettero porre definitivamente la loro sede a Calahorra. Da questo momento, con due cattedrali e due capitoli di canonici, la diocesi assunse il nome di diocesi di Calahorra e La Calzada.[13]
A metà del XIII secolo, la diocesi comprendeva circa 600 parrocchie, raggruppate in 24 arcipreture, a loro volta riunite in 4 arcidiaconati. A questi dati sono da aggiungere almeno altre 100 parrocchie, che dipendevano dai numerosi monasteri presenti nel territorio diocesano.[14]
Nel 1318 entrò a far parte della provincia ecclesiastica di Saragozza, in cui rimase fino al 1574, quando divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Burgos.[15]
La cronotassi di Calahorra si caratterizza per la presenza di numerosi vescovi, spesso trasferiti ad altre diocesi, o prematuramente deceduti in carica, a volte anche dopo pochi mesi di episcopato.
Nel 1779 fu istituito il seminario maggiore a Logroño.[16]
L'8 settembre 1861 una porzione del territorio della diocesi fu ceduta a vantaggio dell'erezione della diocesi di Vitoria, con giurisdizione sulla provincia di Álava. Questa decisione era stata presa con il concordato del 1851,[17] ma trovò attuazione solo 10 anni dopo, per l'opposizione dei vescovi di Pamplona.[18]
Lo stesso concordato prevedeva il trasferimento della sede vescovile nella città di Logroño.[17] L'attuazione di questa clausola concordataria trovò enormi difficoltà, in particolare per l'opposizione degli abitanti di Calahorra e di La Calzada, soprattutto alla fine dell'episcopato di Antonio María Cascajares y Azara (1891). Ciò provocò una crisi nei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, che ebbe come conseguenza la vacanza della sede per 35 anni (1892-1927).[16]
Il 2 novembre 1949 cedette l'exclave di Condado de Treviño alla diocesi di Vitoria.[19]
Il 2 settembre[20] e il 22 novembre 1955[21], con due distinti decreti della Congregazione Concistoriale, entrambi denominati Initis inter, furono rivisti i confini della diocesi per farli coincidere con quelli della provincia civile della Rioja, in applicazione del concordato tra la Santa Sede e il governo spagnolo del 1953. La diocesi di Calahorra e La Calzada cedette gli arcipresbiterati di Viana e di Amescoas alla diocesi di Pamplona, quelli di Yanguas e di San Pedro Manrique alla diocesi di Osma e altre 10 parrocchie all'arcidiocesi di Burgos. Contestualmente si ampliò con l'arcipresbiterato di Alfaro, appartenuto alla diocesi di Tarazona, e gli arcipresbiterati di Canales, Ezcaray e Treviana, in precedenza appartenuti all'arcidiocesi di Burgos.
L'11 agosto 1956 la diocesi entrò a far parte della provincia ecclesiastica di Pamplona.
Il 9 marzo 1959 ha assunto la denominazione attuale in forza della bolla Quandoquidem quaelibet Ecclesia di papa Giovanni XXIII.
Il 23 ottobre 1965, con la lettera apostolica Amor dulcissimus, papa Paolo VI ha proclamato la Beata Maria Vergine di Vallevenaria, patrona principale della diocesi.[22]
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
La diocesi nel 2021 su una popolazione di 320.000 persone contava 296.000 battezzati, corrispondenti al 92,5% del totale.
anno | popolazione | presbiteri | diaconi | religiosi | parrocchie | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
battezzati | totale | % | numero | secolari | regolari | battezzati per presbitero | uomini | donne | |||
1949 | 235.000 | 235.000 | 100,0 | 566 | 442 | 124 | 415 | 260 | 850 | 353 | |
1959 | 234.800 | 234.990 | 99,9 | 538 | 400 | 138 | 436 | 851 | 1.070 | 273 | |
1970 | 235.020 | 235.140 | 99,9 | 443 | 336 | 107 | 530 | 197 | 885 | 275 | |
1980 | 250.392 | 252.110 | 99,3 | 442 | 304 | 138 | 566 | 277 | 936 | 263 | |
1990 | 261.725 | 265.414 | 98,6 | 414 | 297 | 117 | 632 | 264 | 855 | 247 | |
1999 | 262.743 | 267.022 | 98,4 | 359 | 249 | 110 | 731 | 222 | 794 | 248 | |
2000 | 263.554 | 271.134 | 97,2 | 354 | 248 | 106 | 744 | 218 | 782 | 248 | |
2001 | 261.744 | 270.875 | 96,6 | 350 | 243 | 107 | 747 | 218 | 769 | 248 | |
2002 | 265.027 | 273.514 | 96,9 | 346 | 239 | 107 | 765 | 1 | 216 | 763 | 248 |
2003 | 266.119 | 296.097 | 89,9 | 338 | 233 | 105 | 787 | 1 | 226 | 759 | 248 |
2004 | 261.715 | 287.000 | 91,2 | 329 | 225 | 104 | 795 | 1 | 209 | 750 | 248 |
2006 | 273.101 | 301.084 | 90,7 | 340 | 236 | 104 | 803 | 178 | 762 | 230 | |
2013 | 291.100 | 323.609 | 90,0 | 280 | 212 | 68 | 1.039 | 175 | 600 | 253 | |
2016 | 302.203 | 315.141 | 95,9 | 273 | 208 | 65 | 1.106 | 1 | 161 | 613 | 253 |
2019 | 287.047 | 316.551 | 90,7 | 266 | 195 | 71 | 1.079 | 4 | 162 | 620 | 253 |
2021 | 296.000 | 320.000 | 92,5 | 243 | 170 | 73 | 1.218 | 3 | 158 | 612 | 257 |
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