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attore italiano (1922-1990) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Ugo Tognazzi, pseudonimo di Ottavio Tognazzi[1] (Cremona, 23 marzo 1922 – Roma, 27 ottobre 1990), è stato un attore, regista cinematografico e scrittore italiano.
È considerato uno dei volti più importanti della commedia all'italiana insieme a Vittorio Gassman, Nino Manfredi,[2][3] Marcello Mastroianni[4][5] e Alberto Sordi.
A causa della professione del padre Gildo, ispettore di una società di assicurazioni, che Ugo fece recitare nel film Il fischio al naso, dove interpretò il padre del suo personaggio, vive gli anni dell'infanzia in varie città per tornare poi, nel 1936, nella natìa Cremona, col padre, la madre Maria e la sorella minore Ines, nata due anni dopo di lui. In seguito trova lavoro come ragioniere nel salumificio Negroni. Nel tempo libero recita in una filodrammatica del dopolavoro aziendale, ma l'esordio teatrale era già avvenuto al Teatro Donizetti di Bergamo, a soli quattro anni. Durante la seconda guerra mondiale viene chiamato alle armi e si dedica a organizzare spettacoli di varietà per i commilitoni.
Dopo l'armistizio dell’8 settembre 1943 ritorna a Cremona dove lavora come archivista, ma subito dopo viene arruolato nella marina della Repubblica sociale prestando servizio nel Ponente ligure. Nel 1945 la passione per lo spettacolo lo induce ad abbandonare il primitivo lavoro e a trasferirsi a Milano dove partecipa a una serata per dilettanti tenuta al Teatro Puccini, grazie alla quale viene scritturato dalla compagnia teatrale di Wanda Osiris.[6] Nel 1950 esordisce al cinema con un film diretto da Mario Mattoli, I cadetti di Guascogna, al fianco di Walter Chiari. Nel 1955 partecipa al film La moglie è uguale per tutti, dove peraltro non recita con la propria voce, ma è doppiato da Carlo Romano.
Nel 1951 conosce Raimondo Vianello con cui forma una coppia comica di grande successo che dal 1954 al 1959 lavora per la Rai nel varietà Un due tre; la comicità più popolare di Tognazzi e quella più raffinata di Vianello si compenetrano a vicenda con ottimi risultati comici.[7] La satira di Un due tre non evitò di toccare presidenti della Repubblica e del Consiglio, provocando interventi censorii, l'ultimo dei quali definitivo: la chiusura del programma avvenne il 25 giugno 1959, quando il duo Tognazzi-Vianello decise di mettere in burla un incidente occorso la sera prima al Teatro alla Scala e ignorato dai principali mezzi di stampa, in cui Giovanni Gronchi, presidente della Repubblica, a causa del tentativo di un gesto galante con una signora, cadde a terra per la sottrazione della sedia accanto al presidente francese Charles de Gaulle. Il duo ripeté la scena in televisione: Vianello tolse la sedia a Tognazzi che cadde a terra con Vianello che commentò «Chi ti credi di essere?», a cui Tognazzi rispose «Beh, presto o tardi, tutti possono cadere»;[8] la sera stessa Ettore Bernabei cancellò la trasmissione dalla programmazione televisiva e il direttore della sede di Milano venne cacciato.[9][10][11]
Dopo tali trascorsi farseschi tra piccolo e grande schermo, Tognazzi negli anni sessanta passa alla commedia all'italiana, dando un apporto molto personale al genere con caratterizzazioni peculiari dei personaggi in film come La voglia matta (1962), Le ore dell'amore (1963), I mostri (1963), Il magnifico cornuto (1964), Straziami ma di baci saziami (1968), Il commissario Pepe (1969), Venga a prendere il caffè... da noi (1970), La supertestimone (1971), In nome del popolo italiano (1971), Vogliamo i colonnelli (1973), Romanzo popolare (1974), L'anatra all'arancia (1975), La stanza del vescovo (1977) e Il gatto (1977).
Non vanno tuttavia dimenticati i suoi ruoli drammatici, diretto dai parmensi Alberto Bevilacqua (La Califfa, 1971; Questa specie d'amore, 1972) e Bernardo Bertolucci (La tragedia di un uomo ridicolo, che gli vale il premio come miglior attore protagonista al Festival di Cannes 1981).
Nel corso degli anni sessanta e settanta stabilisce un sodalizio artistico con il regista Marco Ferreri, suo grande amico, la cui vena grottesca e surreale gli permette di offrire interpretazioni sopra le righe e diverse rispetto ai canoni della commedia all'italiana. Con la regia di Ferreri recita nell'episodio Il professore in Controsesso (1964) e nei film Una storia moderna - L'ape regina (1963), La donna scimmia (1964), L'uomo dei cinque palloni (1965), Marcia nuziale (1966), L'harem (1967), L'udienza (1972), La grande abbuffata (1973) e Non toccare la donna bianca (1974).
Compare nelle trilogie di Amici miei (1975, 1982, 1985) e Il vizietto (1978, 1980, 1985), che rappresentano l'apice del suo successo. Si autodirige in cinque film (Il mantenuto, 1961; Il fischio al naso, 1966; Sissignore, 1968; Cattivi pensieri, 1976; I viaggiatori della sera, 1979) e nella serie televisiva FBI - Francesco Bertolazzi investigatore (1970). Negli anni ottanta si dedica soprattutto al teatro, recitando in Sei personaggi in cerca d'autore a Parigi (1986), L'avaro (1988), e - con Arturo Brachetti - in M. Butterfly (1989). Il suo ultimo lavoro, la serie televisiva Famiglia in giallo, rimase incompleto: ne furono ultimati e poi trasmessi in televisione nel 1991 i primi due episodi.
Nel 1979 Tognazzi si prestò a uno dei più clamorosi scherzi mediatici della storia italiana, accettando di essere fotografato in manette tra finti carabinieri per una burla orchestrata dal settimanale satirico Il Male: finte edizioni del Giorno, de La Stampa e di Paese Sera[12] uscirono con titoli che annunciavano l'arresto dell'attore in quanto capo ("grande vecchio") delle Brigate Rosse. Lo scherzo fu organizzato all'indomani della retata del caso 7 aprile. La stampa sosteneva infatti che "capi occulti" delle BR avessero simulato lo scioglimento di Potere Operaio per proseguire nell'attività di fiancheggiamento dell'eversione sotto le insegne di Autonomia Operaia. Il titolo del Male riprese in chiave satirica la notizia, chiosando: «Ricercato Vianello, la coppia finse lo scioglimento dai tempi di Un due tre». Giustificando la goliardata, l'attore a posteriori dichiarò che – in un'epoca segnata da un clima politico cupo e tragico – aveva solo rivendicato «il diritto alla cazzata».
Durante un'intervista concessa a Pippo Baudo per Domenica in, Tognazzi iniziò polemicamente e ironicamente a discutere sulla liberalizzazione della marijuana, sullo scandalo Toni Negri e sulla legalizzazione della prostituzione.
Negli ultimi anni della propria vita l'attore soffrì di depressione. Colpito da emorragia cerebrale nella sua villa di Torvajanica, morì improvvisamente nel sonno il 27 ottobre 1990 presso la casa di cura Villa Nomentana a Roma, dove era ricoverato, all'età di 68 anni.[13] Il funerale fu celebrato il 30 ottobre nella basilica di Santa Maria in Montesanto in piazza del Popolo a Roma.[14] È sepolto nel cimitero di Velletri. Vent'anni dopo, la figlia Maria Sole gli dedicò il documentario Ritratto di mio padre[15] e, in occasione del centenario della nascita, il figlio Ricky diresse La voglia matta di vivere.[16]
Tognazzi ebbe tre compagne e quattro figli. Nel 1954 si fidanzò con una ballerina britannica di origine irlandese della sua rivista, Pat O'Hara, dalla quale ebbe il primogenito Riccardo, detto Ricky; la relazione finì nel 1961, quando conobbe Margarete Robsahm, attrice norvegese sua partner ne Il mantenuto, che sposò nel 1963. L'anno seguente nacque Thomas, chiamato con il cognome materno, che divenne produttore e regista; con Margarete l'attore visse tre anni tra l'Italia e la Norvegia.
Si sposò quindi nel 1972 con l'attrice Franca Bettoja, conosciuta nel 1965. I due vissero a Velletri in una casa poi aperta al pubblico per iniziative culturali[17] ed ebbero due figli, Gianmarco nel 1967 e Maria Sole nel 1971. I quattro fratelli sono sempre stati in ottimi rapporti tra di loro; Ricky, Gianmarco e Maria Sole sono sempre stati vicini al padre e Thomas, che continuava a vivere con la madre, ha fatto sovente la spola tra Italia e Norvegia per riunirsi con il resto della famiglia. Successivamente si trasferì nella città di Velletri.[18]
Attaccatissimo alla sua terra e alla sua città, si recava spesso allo stadio Zini di Cremona a tifare per la Cremonese del presidente Domenico Luzzara, suo amico e primo compagno di palcoscenico. Tognazzi stesso fa spesso per i suoi personaggi battute in dialetto cremonese: leggendarie sono quelle, numerose, contenute nel film La marcia su Roma (1962) di Dino Risi; nella pellicola che lo lancia nel cinema satirico, Il federale (1961) di Luciano Salce, il suo personaggio è di Azzanello, piccolo paese in provincia di Cremona.
L'attore era un acceso tifoso del Milan. In un'intervista del 1986 disse:
«Sono milanista dalla nascita. Il Milan per me è stato prima la mamma, poi la fidanzata e poi la moglie. La moglie però si tradisce e quindi tradimento c'è stato. Quando la Cremonese è passata in Serie A non potevo non partecipare ai trionfi cittadini, ero innamorato, mi dividevo tra moglie e amante con grande imbarazzo quando giocavano fra loro.[19]»
Fu molto amico dei colleghi Vittorio Gassman, Raimondo Vianello e Paolo Villaggio e dei registi Marco Ferreri, Luciano Salce e Mario Monicelli, che lo diressero in alcuni loro film.
«Nella mia casa di Velletri c'è un enorme frigorifero che sfugge alle regole della società dei consumi. Non è un "philcone", uno spettacolare frigorifero panciuto color bianco polare. È di legno, e occupa una intera parete della grande cucina. Dalle quattro finestrelle si può spiarne l'interno, e bearsi della vista degli insaccati, dei formaggi, dei vitelli, dei quarti di manzo che pendono, maestosi, dai lucidi ganci. Questo frigorifero è la mia cappella di famiglia.»
Tognazzi era notoriamente un grande appassionato di cucina e gastronomia e adorava cucinare e preparare cene per parenti e amici. Egli stesso dichiarò più volte di «avere la cucina nel sangue», dicendo che avrebbe preferito diventare un grande esperto culinario piuttosto che essersi dedicato alla carriera di attore e, ironicamente, che riteneva la recitazione una sorta di hobby rispetto alla cucina:[21]
«Dopo aver preparato una cena, la mia più grande soddisfazione è l'approvazione degli amici-commensali. E in questo, tutto sommato, non faccio che ripetere ciò che mi accadeva a teatro e che ora, col cinema, mi viene a mancare: il contatto diretto col pubblico.»
In egual modo amante di cibi genuini e pietanze raffinate, aveva dell'arte culinaria un concetto romantico e nostalgico, ricercando antichi sapori. Per lui la cucina era vera espressione culturale e, nelle sue idee, accanto agli ingredienti rivestivano grande importanza gli utensili, i piatti, le decorazioni, i nomi dei cibi e naturalmente i commensali a tavola. Fu anche autore di un libro di ricette intitolato Il rigettario. Fatti misfatti e menù disegnati al pennarello, edito dalla Fabbri Editori nel 1978, e di vari altri libri di cucina.
Partecipò inoltre a numerose edizioni della rubrica pubblicitaria televisiva Carosello pubblicizzando:[22]
A Ugo Tognazzi sono state dedicate intitolazioni in varie città italiane:
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