continente della Terra Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
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Citazione sull'Africa e sugli africani.
A pensarci ora non ho mai chiamato l'Africa con il suo nome, l'ho sempre chiamata "Oltremare". (Antonio Tabucchi)
Africa, il sole, le dune è Africa, | lontana ma legata all'America, | i riti tribali di stregoni cardinali, | di ministri triviali è Africa. (Rino Gaetano)
Africa, Africa, sento i profumi. Sì, sento la magia, la verità di questa grande terra, l'Africa... L'Africa, questa terra di conflitti, questa terra di asprezze ma anche di poesia. Questa terra dove le emozioni hanno un nome. Questa terra dove non si ha paura di pronunciare la parola "amore". Io sento la verità di questi luoghi, la verità di questi volti, la verità di questo sole che mi illumina l'anima. (Boris)
Care signore e cari signori, amici, preferisco parlarvi adesso perché se aspettassi altro tempo sareste troppo ubriachi per sentire le mie parole. Questa è la terra in cui è nata la civiltà. Qui, in Africa. È proprio qui che i Greci hanno rubato la filosofia, che gli Arabi hanno preso la medicina. Noi ugandesi dobbiamo essere molto fieri di questa storia e molto fieri di essere un paese africano indipendente. (L'ultimo re di Scozia)
È inquietante constatare come il continente africano venga considerato dall'opinione pubblica povero, quando è invece immensamente ricco di ogni risorsa, in particolare di una popolazione giovane, cosa sempre più rara sul pianeta. L'Africa ha una superficie grande quasi dieci volte l'India, con una popolazione che presto raggiungerà il miliardo di individui, il che le dà una densità decisamente accettabile in confronto ad altri continenti. (Pierre Rabhi)
E poi gli africani sono africani, appartengono a un etnia molto diversa dalla nostra. Non hanno prodotto grandi geni, basta consultare l'enciclopedia di Topolino. (Mario Borghezio)
Gli africani sono dotati per l'apprendimento delle lingue straniere, infatti impararono più in fretta lo swahili di quanto io appresi lo kinyarwanda. (Dian Fossey)
Il fucile è il vero re dell'Africa, uccidi gli uomini, incatena le donne. (Tippu Tip)
Il tempo è un problema per tutti, non solo per gli africani che paiono vivere in una sorte di «presente continuo». (Alberto Salza)
In Africa Nera non ci sono frontiere, neppure tra la vita e la morte. Il reale acquista il suo spessore, diventa realtà spezzando il rigido involucro della ragione logica, soltanto allargandosi alle dimensioni estensibili del reale. (Léopold Sédar Senghor)
L'Africa è il cuore nevralgico del mondo, e il Congo è il cuore del cuore. Saranno le donne congolesi a curare quel cuore. (Eve Ensler)
L'Africa è un pensiero, un'emozione, quasi una preghiera: lo sono i suoi silenzi infiniti; i suoi tramonti; quel suo cielo che sembra molto più vicino del nostro, perché si vede di più, perché le sue stelle e la sua luna sono più limpide, nitide, pulite: brillano di più. (Claudia Cardinale)
L'Africa è stata una regione molto importante per i prodotti Ogm. Anche se ufficialmente non lo ammetteranno mai, è arduo non sospettare che le immagini a connotazione razziale della fame inveterata, della violenza bestiale e di un'incompetenza atavica che molte persone fuori dal continente associano all'Africa non abbiano giocato un ruolo nella sua scelta come zona del mondo pensata per trarre benefici dalle biotecnologie. (Raj Patel)
L’Africa è un’enorme fonte spirituale. Qui tutti sono credenti, chi più chi meno. Ma per gli africani Dio non è morto, è vivo. Anche al cuore della crisi noi abbiamo continuato a pregare. L’Africa non ha perso la sua identità. Non esiste solo la dimensione materiale, c’è anche quella spirituale. Dio ha un posto importante nel cuore dei giovani africani, che hanno capito che la cosa più importante nella vita è la dimensione spirituale. L’Africa può far riscoprire questa verità all’Europa. (Dieudonné Nzapalainga)
L'Africa mi toccò l'animo già durante il volo: di lassù pareva un antico letto d'umanità. E a 4000 metri di altezza, seduto sulle nubi, mi pareva d'essere un seme portato dal vento. (Saul Bellow)
L'Africa, nonostante la sua povertà, ha più dignità del nostro continente. (Carlo Verdone)
L'Africa oltre i deserti non fu mai, secondo l'intera storiografia occidentale, un continente-meta. Essa fu sempre il continente ostacolo: gli Europei dovevano «circumnavigare» l'Africa. Il continente si chiamò «nero» anche perché non se ne aveva nozione a causa dei deserti, del clima, dell'assenza di documentazione scritta sulle antiche culture africane: e il pensiero tradizionale europeo concedeva un valore esclusivo alla cultura scritta rispetto a quella orale. Nelle illustrazioni sulle «cinque razze dell'uomo», dal bianco di Emerson fino all'africano Bantù, questi rappresentò sempre l'infimo, la condizione «selvaggia». (Alberto Ronchey)
L’Africa può continuare a portare speranza al mondo ma il mondo deve aiutarci a stabilizzarci. Invece siamo sfruttati: non solo vengono razziate le nostre risorse naturali, ma anche quelle intellettuali. Quando un giovane studia e si forma qui, non trova lavoro e quindi decide di andarsene. Se avesse un lavoro, anche piccolo, resterebbe e si stabilizzerebbe. L’Europa non deve aiutare i dittatori africani, che mettono in atto il nepotismo, il tribalismo, aiutano la propria tribù ed escludono tutti gli altri. Perché quando non c’è futuro oltre alla miseria, la gente scappa. L’Europa deve aiutarci a restare qui. (Dieudonné Nzapalainga)
L’Africa un piano l’ha già avuto nel 1884, quando fu divisa, fu separata, fu distrutta, attraverso la Conferenza di Berlino, con la colonizzazione. (Aboubakar Soumahoro)
L'imperialismo inglese e l'imperialismo americano non hanno concesso nessuna libertà ai popoli africani. Siamo tutti testimoni di quello che avviene, ad esempio, nel Sudafrica. Vi dominano i razzisti bianchi, i capitalisti inglesi, gli sfruttatori, i quali opprimono ferocemente le popolazioni di colore di tale Stato in cui regna la legge della giungla. In numerosi altri paesi dell'Africa dominano i consorzi e i capitali degli Stati Uniti d'America, dell'Inghilterra, della Francia, del Belgio e degli altri vecchi colonizzatori e imperialisti, che si sono, fino ad un certo punto, indeboliti, ma che continuano a tenere in pugno le chiavi dell'economia di quei paesi. (Enver Hoxha)
L'occidente ha sfruttato l'Africa, e ora la vuole salvare. Abbiamo vissuto fin troppo con questa ipocrisia. Solo gli africani possono salvare l'Africa. (Joseph Kabila)
L'unità dell'Africa non è un fatto compiuto, né una conquista ormai consolidata, ma piuttosto un processo dinamico e una costante lotta quotidiana che dovrà essere continuata instancabilmente dagli stati membri e fino a quando l'uomo africano esista. (Idi Amin Dada)
La democrazia va bene in Europa. In Africa ci sono altre tradizioni. (Menghistu Hailè Mariàm)
La donna africana sperimenta una triplice servitù, attraverso il matrimonio coatto, attraverso la dote e la poligamia che aumenta il tempo libero degli uomini e al tempo stesso il loro prestigio sociale, e, infine proprio attraverso l'ineguale divisione del lavoro. (René Dumont)
La popolazione africana è rimasta sottosviluppata dal punto di vista culturale ed economico, è andata via via diminuendo a causa delle guerre coloniali, della feroce persecuzione razziale. della vendita dei negri africani e del loro invio nelle metropoli, negli Stati Uniti d'America e in altri paesi, per lavorare come bestie nelle piantagioni di cotone e di altre colture, e come addetti ai lavori più pesanti dell'industria e dell'edilizia. Per questi motivi i popoli africani hanno ancora davanti a sé una grande lotta da condurre. Essa è e sarà una lotta molto complessa, differente da un paese all'altro, in considerazione delle condizioni di sviluppo economico, culturale e di istruzione, del grado di risveglio politico, della grande influenza che le diverse religioni, come la religione cristiana, la mussulmana, le vecchie fedi pagane ecc. esercitano sulle masse di questi popoli. (Enver Hoxha)
La rovina dell'Africa è sempre stato il culto della personalità. (Meles Zenawi)
Molta gente, per molto tempo, rimase ferma al convincimento che il bestiame dell'Africa fosse rappresentato dagli schiavi, tant'è vero che un viaggiatore poteva comprare a sua scelta, persino come provvista da portarsi nei tragitti, carne umana da macello. Tenendo in mente questo punto, oggi non deve preoccupare alcuna meraviglia che gli africani perdano le staffe appena fiutano l'odore di libertà. (Mario Monti)
Nel mio Paese nativo, l'Italia, si sente spesso dire: l'Italia agli italiani... E sarebbe anche giusto, se l'Africa fosse degli africani. (Mario Balotelli)
Nella nostra tradizione africana, non ci sono mai due capi. C'è, a volte, l'erede naturale del capo, ma qualcuno mi può nominare un solo villaggio con due capi? (Mobutu Sese Seko)
Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, non importa che tu sia leone o gazzella, l'importante è che cominci a correre.[1]
Ogni volta che vado in Africa, c'è sempre qualcosa che mi tocca il cuore. Tutti piangono la sua povertà e facciamo finta di ignorare che sono i Paesi ricchi a impedire a questo continente di svilupparsi. L'Africa è uno sporco business. (Angelo Ogbonna)
Per influenzare la politica, il cinema fine a se stesso non è sufficiente da solo; bisogna anche parlare di cosa dà fastidio, ovvero che l'Europa e l'America sminuiscono gli africani dicendo che siamo selvaggi, che non esistiamo e che non abbiamo storia. Per questo, lo sfruttamento dell'Africa è visto da tutti come una cosa normale. Se qualcuno è privato della sua dignità di essere umano e della sua storia, allora, il risultato è questo dislocamento. (Haile Gerima)
Questa è l'Africa. Alla violenza rispondi con la violenza, altrimenti sei morto. (L'ultimo re di Scozia)
Se ci sono dei bimbi al mondo che hanno bisogno di aiuto sono proprio questi poveri bimbi delle nazioni africane. (Maria Montessori)
Se non fossi africana, forse non mi renderei conto che l’Africa non ha bisogno di pesci in regalo, ma di solide canne da pesca e di un equo accesso allo stagno. Forse non capirei che sì, le nazioni africane hanno dei leader disastrosi, ma hanno anche persone dinamiche, capaci di agire e con tante cose da dire. Forse non saprei che quell’Africa ha le sue divisioni di classe e che ci sono africani ricchi che non hanno derubato i loro paesi. Forse non riuscirei a convincermi che i paesi africani corrotti sono anche pieni di persone furiosamente oneste e che i conflitti violenti riguardano il controllo di risorse (a volte per motivi del tutto artificiosi) molto scarse. (Chimamanda Ngozi Adichie)
Se ogni guerra è una sorta di viaggio all'inferno, l'Africa è la sua scorciatoia. (Arturo Pérez-Reverte)
Un dato è chiaro: l'Africa è il continente in cui sono accumulate tutte le sofferenze in modo sproporzionato: povertà estrema, malattie, analfabetismo, violenze, guerre, divisioni tribali, pandemie, corruzione politica… la lista è lunga. (Robert Sarah)
Come sappiamo, gli europei derivarono le loro caratteristiche vincenti dall'agricoltura; questa però fu ritardata in Africa subsahariana dalla relativa scarsità di specie domesticabili, dalla minore estensione delle terre coltivabili e dal suo orientamento lungo l'asse nord-sud, che ostacolò la diffusione delle colture. [...] Per quello che riguarda animali domestici, sappiamo che vennero tutti dall'Eurasia, con la possibile eccezione di alcuni dal Nordafrica, e che riuscirono a diffondersi a sud del Sahara solo dopo molti millenni. [...] Una specie domesticabile deve avere molte caratteristiche particolari: capre, pecore e buoi dell'Eurasia le possedevano, zebre, bufali e rinoceronti dell'Africa no.
In breve, la colonizzazione europea non fu dovuta alle differenze tra occidentali e africani, come i razzisti vogliono farci credere. Furono gli accidenti della geografia e della biogeografia a determinare l'esito finale: le differenti storie di questi due continenti dipendono in ultima analisi dal valore della loro terra.
Tutte le specie [di coltivazioni] indigene africane sono state domesticate a nord dell'Equatore. Questo può darci un'idea del perché i bantu spazzarono via pigmei e khoisan, entrambi popoli stanziati più a sud che non conoscevano l'agricoltura. E non potevano conoscerla: l'Africa subsahariana non ha praticamente specie domesticabili, tanto che né gli invasori bantu né quelli europei riuscirono ad aggiungere qualche pianta locale al loro cantiere.
All’origine delle sue guerre c’è quasi sempre la spartizione delle risorse (come in Sud Sudan) in economie dove semplicemente non c’è abbastanza ricchezza per tutti. Se l’Africa non troverà il modo di fermare la crescita della sua popolazione, le cose potranno solo peggiorare.
I presidenti africani hanno due gravi difetti. Il primo è che sono convinti di essere insostituibili: nel 2000 quasi due terzi dei paesi africani prevedevano un massimo di due mandati presidenziali nelle loro costituzioni, ma da allora in dieci di questi stati i presidenti hanno cercato di abolire tale limite. [...] Purtroppo l’altro grave difetto dei presidenti africani, è che se appartengano al gruppo dominante (come spesso accade) quando sono in difficoltà la loro soluzione predefinita è rispolverare le alleanze tribali.
Il limite dei due mandati è diventato uno standard per le nuove democrazie che si sono instaurate in Africa negli anni novanta. Dieci anni fa 34 paesi africani hanno inserito questa clausola nelle loro costituzioni. L’obiettivo era mettere fine al fenomeno dell’“uomo forte” nella politica africana e rendere possibile un cambiamento politico pacifico. Ma non ha sempre funzionato.
Il punto non è che l’Africa è cresciuta troppo rispetto alla sua disponibilità di cibo. Nel continente ci sono abbastanza terreni fertili per nutrire più del doppio della popolazione attuale. Il riscaldamento globale danneggerà la produttività dell’agricoltura africana a lungo termine, ma non siamo ancora arrivati a tanto. Negli ultimi cinquant’anni, però, la popolazione dell’Africa è cresciuta alla stessa velocità, o più rapidamente, della sua economia. La maggior parte degli africani è ancora povera e i poveri, soprattutto quelli nelle aree rurali, tendono ad avere tassi di natalità più alti. E siccome non possono permettersi d’investire molto denaro nelle coltivazioni e negli allevamenti, nell’istruzione dei figli o in qualunque altra cosa, i problemi e i conflitti peggiorano e s’inaspriscono.
La caratteristica principale che distingue l’Africa dal resto del mondo è la sua popolazione in rapida crescita: nel continente il tasso medio di fertilità è di 4,6 figli per donna. Era il tasso medio di fertilità dell’intera umanità nel 1960, in pieno boom della popolazione mondiale. Ma da allora il tasso globale si è dimezzato, mentre quello africano è rimasto più o meno uguale.
Dopo la Seconda guerra mondiale era l'Europa che viveva una condizione di depressione. Ora è l'Africa ad aver toccato il fondo. Nel futuro non può che risalire.
L'Africa ha avuto 40-50 anni per guardarsi in faccia. Ma gli africani non hanno avuto fiducia in se stessi. E l'arrivo della democrazia è stato giocato male. Di questo do colpa agli africani, a partire da me stesso.
Nella narrativa africana come in quella ispano-americana i vivi e i morti coabitano convivendo con la memoria.
Per capire l'Africa bisogna immaginare due persone: una può scegliere un menù che va dall'antipasto al caffè, l'altra soltanto un piatto di patate.
Gli africani mi sono simpatici ma non sono sempre facili da capire e da frequentare. Quanto più benevolo si mostra un bianco occidentale, tanto più diffidente può essere il suo interlocutore africano. Per lui la cordialità può comportare spesso dei rischi.
I benefici che il sistema coloniale recò all'Africa, anche se accompagnati da abusi, sono incontestabili. Anche se agirono per fini egoistici e se saccheggiarono un continente, gli europei lo schiusero alla civiltà.
I pronipoti dei portatori del dottor Livingstone studiano a Oxford. L'Africa d'oggi non sa forse esattamente dove sta andando, ma si è incamminata, e di buon passo, verso le forme di vita occidentali.
Appena uno stato africano comincia a vacillare, possiamo stare certi che ben presto appariranno i warlords. In Angola, in Sudan, in Somalia, nel Ciad: sono ovunque, spadroneggiano ovunque. Che cosa fa un warlord? In teoria combatte contro altri warlords. Ma non è sempre così. Il più delle volte il signore della guerra depreda la popolazione inerme del proprio paese. Il warlord è l'esatto contrario di Robin Hood. Robin Hood toglieva ai ricchi per dare ai poveri. Il warlord toglie ai poveri per arricchirsi e nutrire la sua banda. Ci troviamo in un mondo dove la miseria condanna gli uni a morte e trasforma gli altri in mostri. I primi sono le vittime, i secondi i carnefici. Non ci sono vie di mezzo.
In Africa molte guerre si svolgono senza testimoni, all'insaputa di tutti, in luoghi apparati e irraggiungibili che il mondo non conosce o ha dimenticato.
L'Africa è un continente troppo grande per poterlo descrivere. È un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. È solo per semplificare e per pura comodità che lo chiamiamo Africa. A parte la sua denominazione geografica, in realtà l’Africa non esiste.
L'Africa, ora buffa, ora minacciosa, ora triste, ora incomprensibile, è sempre stata autentica, irripetibile, se stessa. L'Africa ha un suo stile, un suo clima, una sua individualità che attirano, incatenano, affascinano.
L'Europa si è abituata a considerare l'Africa come un oggetto. Un oggetto da scoprire, poi da conquistare, poi da dividere e infine da sfruttare.
La prima cosa che colpisce è la luce. Luce dappertutto, forte, intensa. Sole dappertutto. Solo ieri, la Londra autunnale, inondata di pioggia. L'aereo lucido di pioggia. Il vento freddo, l'oscurità. Qui, di primo mattino, l'aeroporto inondato di sole e noi tutti immersi nel sole. In passato, quando gli uomini giravano il mondo a piedi, a cavallo o per nave, il viaggio dava loro il tempo di abituarsi al cambiamento. Le immagini della terra scorrevano con lentezza, la scena del mondo si spostava un po' alla volta. Un viaggio durava settimane, mesi. L'uomo aveva il tempo di abituarsi al nuovo ambiente, al nuovo paesaggio. Anche il clima mutava gradualmente, a tappe successive. Prima di raggiungere la fornace equatoriale, il viaggiatore proveniente dalla gelida Europa aveva già attraversato il grato tepore di Las Palmas, la canicola di El-Mahara e l'inferno di Capo Verde.
Ora che si è risvegliata, l'Africa ha bisogno di grandi nomi. Come simbolo, come collante, come ricompensa. Per secoli la storia di questo continente è rimasta anonima. Nello spazio di trecento anni i mercanti hanno deportato milioni di schiavi: chi può citare il nome di una sola vittima? Per secoli si è combattuto contro l'invasione bianca: chi può citare il nome di un solo combattente? Quali nomi evocano le sofferenze delle generazioni nere, quali nomi commemorano il coraggio delle tribù massacrate? L'Asia ha avuto Confucio e Buddha, l'Europa Shakespeare e Napoleone. Dal passato africano non emerge un solo nome che il mondo conosce, che l'Africa stessa conosca. Ed ecco che ora, quasi ogni anno, la grande marcia africana, come per rimediare a un irrecuperabile ritardo, scrive nella storia un nuovo nome: 1956, Gamel Nasser; 1957, Kwame Nkrumah; 1958, Sékou Touré; 1960, Patrice Lumumba.
L'Africano è abituato da istituzioni culturali e sociali secolari ad una libertà di cui l'Europa ha un’idea molto limitata, e non è parte della sua natura accettare la servitù perenne. Si rende conto di dover combattere senza tregua per la sua completa emancipazione; senza di essa, infatti, è condannato a rimanere preda di imperialismi rivali, i quali, ogni anno che passa, affonderanno i loro denti sempre più profondamente nella sua vitalità e nella sua forza.
L'Africano nel suo ambiente non conta le ore o il lavoro con l'orologio, ma lavora di buona lena e con entusiasmo per completare il compito che gli sta davanti. In tal modo un Africano è capace di lavorare meglio e più rapidamente nel suo campo, dove è padrone, di quando è impiegato dagli Europei, che lo trattano da servitore.
L'annessione delle terre avite da parte degli Europei ha sottratto agli Africani l'uso del loro patrimonio produttivo, dal quale dipendeva interamente la vita economica. Ha anche interferito con l'intera organizzazione della tribù, la cui genuina cooperazione è basata su una costante comunione con gli spiriti ancestrali, comunione attraverso la quale i costumi e le leggi della tribù, la morale e la religione vengono mantenuti.
Mentre in Europa ed in America le scuole svolgono corsi di istruzione morale o sul come essere buoni cittadini, all'Africano si insegna come comportarsi verso il padre o la madre, i nonni e gli altri membri del gruppo di parentela paterno e materno.
Nel vecchio ordine della società africana, con tutti i mali che si suppongono ad essa connessi, un uomo era un uomo e come tale aveva i diritti di un uomo e la libertà di esercitare la sua volontà e il suo pensiero nella direzione più consona ai propri scopi e a quelli dei suoi concittadini. Oggi, un Africano, qualunque sia la sua posizione nella vita, è come un cavallo che si muove solo nella direzione verso cui il cavaliere tira le redini.
In Africa il contatto e la conversazione scandiscono il ritmo della vita sociale. Ricercare la solitudine è un fatto anomalo, al contrario che in Nord Europa.
L'Africa deve limitare la fuga dei suoi cervelli e favorire anzi il loro ritorno sul continente, perché con le loro competenze e la loro conoscenza delle culture contribuiranno certamente allo sviluppo interno e serviranno da ponte tra l'Europa e l'Africa.
Sento dire spesso che Dio sarebbe stato portato in Africa dai missionari europei, che ci avrebbero imposto una religione diversa dalla nostra. Io rifiuto questa interpretazione della storia e credo invece che quando i missionari sbarcarono con i loro Vangeli e il messaggio di un Dio onnipotente, gli africani lo accolsero perché era un principio a loro familiare. Da tempi antichi era diffusa nel nostro continente l'idea di un Padre protettore e garante di una vita nell'aldilà. Celata dietro nomi e forme diverse, l'idea di Dio era presente nelle credenze popolari della maggior parte delle tribù e dei gruppi etnici.
In Africa, la sessualità è una cosa molto privata, anche per gli eterosessuali.
In tutta l'Africa, ci sono solo quattro gruppi distinti, ma molti non lo sanno. Abbiamo quattro gruppi linguistici: il gruppo niger-kordofaniano che include i dialetti bantu. Ecco perché trovi che la lingua che parlo sia collegata a quella che parlava Mandela. Ci sono tante similitudini e tratti in comune. Poi ci sono le lingue nilo-sahariane, che includono le lingue dell'Etiopia meridionale e il Sudan del Sud. Poi ci sono le lingue afro-asiatiche, che includono l'arabo e le lingue dell'Etiopia settentrionale. E poi, finalmente, c'è un piccolo gruppo linguistico nell'Africa meridionale detto khoisan. Gli africani quindi sono o simili o collegati fra di loro. Ma il problema stava nel fatto che non erano governati sotto un unico impero. Avevano molteplici capi e tanti re, e ciò creò un ulteriore problema. Siccome i loro governi erano divisi, quando i coloni vennero fu facile conquistare sia loro che tutta l'Africa.
L'intera popolazione d'Africa è tuttora più piccola di quelle dell'India o della Cina. Storicamente, la fondazione d'uno stato in Africa non fu facile a causa della geografia. I mongoli riuscirono a conquistare tutta l'Asia centrale fino a Costantinopoli. Questo non fu possibile in Africa, a causa delle foreste, dei fiumi, delle montagne; questo limitava la mobilità.
Quando si parla di insicurezza in Africa, è parzialmente dovuto a una diagnosi errata. Per esempio, se credi nel tribalismo, non puoi creare un esercito. Come si può avere un esercito d'una sola tribù? Se credi nel settarismo religioso, come potrai realizzare istituzioni nazionali stabili?
Questo è il nostro continente, non il vostro. Chi siete voi per ignorare la voce degli africani?
Anche gli africani neri si sono macchiati di razzismo. In Africa orientale quelli di origine asiatica sono stati espropriati dei loro beni e poi espulsi, esclusivamente per motivi razziali. Nella Guinea equatoriale un dittatore [Francisco Macías Nguema] appoggiato da Russia, Cina, Cuba e Corea del Nord ha costretto un terzo della popolazione a fuggire in esilio e molti fra quelli rimasti hanno trovato la morte in campi di lavoro forzato o in prigione. Per molti africani i benefici del "governo di maggioranza" sono stati così esigui che, secondo Amnesty International, otto paesi dell'Africa nera sono inclusi tra i quindici del mondo da considerarsi i peggiori violatori dei diritti umani.
Gli spettri del passato coloniale tormentano i capi di molte nazioni africane. La politica africana precoloniale era tribale; dopo la conquista europea si è avuta una politica imperiale; oggi è una combinazione unica delle due.
I confini di gran parte degli attuali Stati africani hanno poca logica da un punto di vista Stato-nazione. Non corrispondono a linee naturali o tribali; sono rimasti laddove gli eserciti delle potenze coloniali si fermarono o dove i cartografi di Parigi o di Londra li tracciarono casualmente. Spesso i paesi africani consistono di venti o trenta tribù, un guazzabuglio di molte mininazioni, mentre tante tribù sono state divise in due da confini coloniali ereditati. La conseguente mancanza di unità nazionale fa sì che la democrazia sia quasi impossibile, lo sviluppo economico un sogno lontano e la tensione interna una costante realtà. Molti capi di Stato africani desiderano soltanto conservare il potere e impedire che la nazione si disgreghi.
Per moltissimi americani la carta geografica dell'Africa è poco conosciuta come quella dell'Antartide. Tanti non saprebbero distinguere il Mali dal Malawi, né hanno idea di dove sia la Somalia o l'Eritrea, tanto meno capiscono perché i fatti che accadono in quei paesi possono plasmare il futuro del mondo.
Buona parte della grande ricchezza mineraria africana, che sarebbe dovuta restare in Africa per svilupparvi le industrie di base, è stata sistematicamente portata altrove. È un processo tuttora in atto, anche nei paesi indipendenti. C'è chi afferma che le condizioni e le risorse dell'Africa mal si prestano all'industrializzazione. Così facendo, si cerca di giustificare la politica economica delle potenze coloniali e di legittimare l'infiltrazione del neocolonialismo.
C'è chi sostiene che l'Africa non possa unificarsi perché le mancano i tre ingredienti necessari all'unità: una razza, una cultura e una lingua comuni. È vero che per secoli siamo stati divisi. Le barriere territoriali che ci dividono furono innalzate molto tempo fa, spesso in maniera totalmente arbitraria, dalle potenze coloniali. Alcuni di noi sono musulmani, altri cristiani, molti credono nelle tradizionali divinità tribali. Alcuni di noi parlano francese, altri inglese, altri ancora portoghese, per non parlare dei milioni di persone che si esprimono esclusivamente in uno dei cento e più dialetti africani. Abbiamo sviluppato differenze culturali che influenzano il nostro modo di vedere le cose e e condizionano il nostro progresso politico. Tutto ciò è inevitabile, considerato il nostro retroterra storico. Eppure, malgrado tutto, sono convinto che le forze che puntano all'unità superino di gran lunga quelle che ci dividono. Ogni volta che incontro amici africani provenienti da una qualunque parte del continente, mi stupisce riconoscere quante cose abbiamo in comune. Non si tratta solo del nostro passato coloniale, o del fatto che abbiamo obiettivi analoghi, è qualcosa di molto più profondo. Lo descriverei come un senso di unità generato dal nostro essere africani.
Che incentivi poteva avere un lavoratore africano sotto il dominio coloniale, quando tutti i suoi sforzi servivano solo ad arricchire i non africani?
Il commercio degli schiavi ha dominato per trecento anni la storia dell'Africa e, di fatto, la sua influenza si fa sentire ancora oggi, con una popolazione ridotta nel numero con gli effetti di imbarbarimento e ritardo prodotti nel nostro ordine socio-economico. Non serve una mente eccezionalmente perspicace per giudicare le disastrose conseguenze che ha provocato sullo sviluppo africano. In molte occasioni interi villaggi si svuotarono dei loro abitanti, che vennero catturati o si diedero alla fuga. Il numero di abitanti sottratti al continente africano come schiavi è stato alternativamente fissato tra i venti e i cinquanta milioni.
In Africa si scherza spesso sul fatto che quando gli inglesi iniziano ad arrestare, l'indipendenza è dietro l'angolo.
In un mondo diviso tra fronti contrapposti e fazioni in guerra, se l'Africa è disunita non potrà che soccombere.
L'africano, così si diceva, non apprezzerebbe condizioni migliori. Non è in grado di spingersi oltre certi limiti nell'apprendimento, non saprebbe come rispondere agli incentivi di un livello di vita qualitativamente più alto. Si è dimostrato ormai come tutti questi argomenti, riproposti senza sosta nel passato, non siano che menzogne e calunnie.
L'entusiasmo incontenibile che l'istruzione suscita in Africa non finisce mai di impressionare i visitatori.
La battaglia dovrà proseguire fino a quando non ci sarà più neanche un metro di terra africana soggetta a una dominazione straniera.
Mentre qui in Africa, dove l'obbiettivo dell'unità è inderogabile, stiamo facendo del nostro meglio per concentrare i nostri sforzi in questa direzione, i neocolonialisti ricorrono a qualunque mezzo pur di vanificarli, incoraggiando la formazione di comunità basate sull'identità linguistica dei loro ex colonizzatori. Non possiamo permetterci di essere così disorganizzati e divisi. Il fatto che io parli inglese non mi rende cittadino inglese. Allo stesso modo, il fatto che alcuni di noi parlino francese o portoghese non li rende cittadini francesi o portoghesi. Noi siamo africani, punto e basta; e come africani, i nostri più alti interessi possono essere favoriti solo dalla nostra unione in una comunità africana, di cui né il Commonwealth, né una comunità franco-africana possono fare le veci. Per noi, l'Africa e le sue isole costituiscono un tutt'uno. Respingiamo l'idea di qualsiasi suddivisione. Da Tangeri o Il Cairo nel nord, a Città del Capo nel sud, da Capo Guardafui a est, alle isole di Capo Verde nell'ovest, l'Africa è una e indivisibile.
Molti hanno sostenuto che le risorse dell'Africa non portarono alcun beneficio alle popolazioni native sino a quando non vennero sfruttate, e che non avrebbero potuto essere sfruttate senza i capitali e l'esperienza europei. Si è detto anche che «l'investitore europeo, a prescindere dai propri interessi personali, agiva nel bene dell'Africa». Argomenti del genere mi fanno pensare alla storia di quell'uomo che, avendo trovato un tesoro sepolto nel giardino del vicino, lo prese e poi disse al vicino che non gli aveva recato alcun danno, dato che sino a quel momento era stato all'oscuro della sua esistenza. E ad ogni modo, non possedeva una vanga. Se si guarda con obbiettività ai fatti, appare con tutta chiarezza che l'occupazione dell'Africa ad opera degli europei fu portata a compimento nell'interesse degli europei. L'attenzione al benessere dei popoli africani non fu mai al centro della questione.
Noi, che in Africa stiamo lottando per l'unità, siamo profondamente consapevoli della bontà dei nostri propositi. Ci occorre la forza complessiva delle nostre popolazioni e delle nostre risorse per metterci al riparo dal pericolo incombente di un ritorno del colonialismo sotto false spoglie. Ci occorre questa forza per combattere i poteri radicati che dividono il nostro continente e continuano a tenere soggiogati milioni di nostri fratelli. Ci occorre questa forza per decretare la liberazione totale dell'Africa e per portare avanti la costruzione di un sistema socioeconomico che consenta alla grande massa della nostra popolazione, in costante aumento, di raggiunger dei livelli di vita paragonabili a quelli dei paesi più avanzati.
Non mancheranno le differenze tra gli Stati africani indipendenti. Abbiamo contese di confine e una moltitudine di altri problemi interterritoriali che possono trovare soluzione solo nel contesto di un'unità africana.
Qui in Africa abbiamo tutto ciò che serve per diventare un continente forte, moderno e industrializzato. Gli investigatori delle Nazioni Unite hanno messo in luce di recente come l'Africa, lungi dal disporre di risorse inadeguate, ha più di qualsiasi altra regione del mondo tutto ciò che occorre per intraprendere un processo d'industrializzazione. Le nostre potenziali riserve di minerale di ferro, ad esempio, potrebbero durare su per giù duemila anni. Si calcola che i depositi di carbone raggiungano i quattromilacinquecento milioni di tonnellate. Sembra che le riserve di petrolio del Sahara siano pari a quelle della penisola arabica. Il gas naturale abbonda nelle viscere del Sahara. È noto che i depositi di vanadio della Rodesia del Nord sono i secondi al mondo per grandezza. Non ci sono limiti all'energia idroelettrica che si potrebbe produrre. In Ghana abbiamo giacimenti di bauxite da duecento milioni di tonnellate. Ho citato solo alcune delle nostre risorse naturali; si potrebbero aggiungere molti altri dati, non meno impressionanti. Una volta che l'intero continente sarà stato sottoposto a rilevamenti geologici, si scoprirà senz'altro una gran quantità di nuove ricchezze.
Si è sostenuto che gli africani sono poveri perché non producono abbastanza. Ma la loro attitudine al lavoro merita di essere esaminata. Tutti convengono ormai sul fatto che la malnutrizione endemica sia una delle cause principali dell'affaticamento africano.
Abbiamo enormi giacimenti di minerali preziosi per l'industria, di oro, di petrolio. Il problema è che la popolazione non ha mai goduto di tale ricchezza. Il petrolio, oggi, può rappresentare l'abbondanza per il mio Paese, ma anche un pericolo enorme. Ovunque abbiano trovato nuovi giacimenti, in Africa, ci sono stati danni enormi, e la popolazione non ne ha mai tratto alcun beneficio. Tutto dipenderà da come i nostri politici sapranno gestire la faccenda.
Dobbiamo assicurarci che chi ha vissuto e lavorato per liberare l'Africa dalla povertà e dall'analfabetismo, a prezzo della propria vita, non sia morto invano.
In quell'epoca l'Africa aveva molti leader impegnati per l'unione. Poi è arrivata la Guerra fredda. La contrapposizione dei blocchi. E noi ne siamo stati vittime. Negli ultimi dieci anni abbiamo cominciato a lavorare sul concetto di regioni. Cinque per l'Africa. Più quella della “diaspora”: tutti quegli africani che abitano il mondo, ma che ben sanno dove sono le loro origini. Quale sia la loro madre terra. Questa oggi è la nostra strada.
L'Africa ha sempre avuto donne grandi e forti. Ma dobbiamo dare loro l'opportunità di contribuire al nostro futuro. A tutti i livelli. E' il momento delle donne perché abbiamo bisogno della loro freschezza, integrità, passione e sacrificio.
Ci sono molte persone qui che non sono africani e che non conoscono africani, che hanno rifiutato di credere che un africano sia un essere umano.
La principale difficoltà dell'Africa sono i vincoli che continuano a legarla alle potenze coloniali, quelle stesse potenze che hanno distrutto la nostra cultura e sfruttato le nostre ricchezze umane e materiali. Qual è la cosa più urgente? Creare un forte e centralizzato potere panafricano. Gli Stati Indipendenti dell'Africa devono rinunciare a una parte della loro sovranità a favore della creazione di un organo centrale legislativo e di un organo esecutivo dotato di speciali poteri.
La vecchia descrizione dell'Africa come il «continente nero» ora non può bastare. L'Africa deve descriversi nei suoi propri termini, e ciò può essere fatto solo dall'Africa stessa.
Per certe potenze europee, l'Africa è la loro riserva e parco giochi. Per loro, nessun governo africano ha il diritto d'esercitare l'autodeterminazione.
Sarebbe sbagliato per l'Africa chiudere le sue frontiere e svilupparsi nell'isolamento. L'Africa fa parte del mondo, una parte molto importante di esso, e deve mantenere il contatto col resto della Terra. Ma ciò non significa che l'Africa debba fare il pappagallo e scimmiottare in tutto gli altri continenti e paesi senza considerare la loro utilità sul suolo africano.
Certo che l'Africa è un'opportunità. Lo è anche oggi. Lo sarebbe anche se non ci fosse la crescita prospettata. Il problema è che manca una visione politica unitaria.
Il problema in Africa è che solo tre paesi sono molto popolati, Nigeria, Egitto ed Etiopia. Perciò se non si crea un mercato unico e una libera circolazione dei beni, gli investimenti sono difficili.
Troppe persone che intervengono in Africa non capiscono l'Africa. Non capiscono che ci sono tribù e problemi etnici. Chi interviene preferisce sempre semplificare. Ne vede la lotta religiosa o razziale. Non capiscono che ci sono tradizioni, costumi, parentele, diversità di vita, come nomadismo e stanzialità. L'Africa bisogna cercare di capirla e lasciarla stare.
Abbiamo sostenuto in passato e reiteriamo ora che l'Africa debba essere dichiarata zona denuclearizzata. Insistiamo nuovamente affinché l'impegno per conseguire un progressivo disarmo venga raddoppiato. Il trattato che bandisce i test nucleari, seppur limitato, costituisce un passo in questa direzione, ma dovrebbe essere soltanto il primo di molti. I nostri sforzi unitari devono essere esercitati a questo scopo.
Cosa ricerchiamo per l'Africa? Aspiriamo a consolidare e garantire la nostra preziosa libertà di nazioni indipendenti. Aspiriamo alla libertà per i nostri fratelli ancora assoggettati. Aspiriamo alla crescita e allo sviluppo dell'Africa nel campo economico, al miglioramento dello stile di vita degli Africani e di tutti gli esseri umani. Aspiriamo alla più intima collaborazione con coloro –Asiatici, Europei, Americani del Nord e del Sud- che condividono i nostri desideri e desiderano cooperare con noi. Aspiriamo a quell'autosufficienza che ci consentirà di giocare il nostro legittimo ruolo negli affari internazionali e di vivere in piena armonia con tutti gli uomini. Aspiriamo a fare in modo che alle nostre voci sia prestato ascolto e siano presi in considerazione i nostri punti di vista in merito ai principali problemi che il mondo odierno fronteggia.
La civilizzazione Africana nella sua potenziale grandezza deve essere in grado di incutere coraggio, pazienza, tolleranza e diligenza. Per sostenerci in tutti i nostri compiti contiamo sulle donne dell'Africa. Senza la loro vigilanza incessante nessun aspetto delle nostre responsabilità può essere raggiunto.
Le persone di origine Africana sono emigrate in molte parti del mondo. Alcune di loro sono venute in Giamaica, altre in altre parti del mondo. Ma ovunque esse siano hanno esperienze storiche simili ed i problemi che attendono loro dipendono dalla comprensione, e questa potrà essere usata da tutti Noi come base per la creazione di una maggiore cooperazione che servirà per il nostro beneficio reciproco.
Le risorse culturali e naturali sono i pilastri dell'economia Africana; finché il progresso in questi campi non tiene il passo con lo sviluppo in altre aree, si creerà un serio ostacolo per la crescita accelerata di qualsiasi area.
Stiamo aspettando con ansia il giorno in cui quegli Africani nei territori dipendenti romperanno le catene della tutela straniera e diventeranno padroni del proprio destino.
L'Africa è un paese dal carattere molto drammatico, che sempre mostra i suoi vissuti in modo eclatante.
L'Africa moderna è un aggregato di territori definiti da interessi stranieri, e proprio per questo suscettibili di fallimento.
La storia dell’Africa non può essere separata da quella della sua diaspora, che ha avuto luogo in tutte le parti del mondo, né da quella di tutte le altre dispersioni cui è stata sottoposta l'umanità nel corso dei secoli. Tuttavia, è una storia che presenta un fascino particolare per tutti gli africani, perché è la loro storia, ed è una storia che anno dopo anno si ripresenta al loro cospetto con segni indiscutibili di soppressione e di distorsione massiccia.
Molti africani guardano ormai con sospetto e scetticismo le rivoluzioni. L'Africa è stanca di messia, perché molti messia di queste rivoluzioni si sono rivelati più inetti e sfruttatori persino dei vecchi padroni coloniali.
Sono sicuro che, fra una quindicina d’anni, in Africa sarà raggiunto un livello di sviluppo che molti ritengono impossibile oggi.
Tutti coloro che veramente, e ce ne sono tanti, anelano a tornare in Africa. Anche coloro che fanno parte della nuova ondata migratoria che si è sovrapposta alla prima, che ora vivono altrove, in Europa, in America. Di sicuro potrebbero vedere e toccare con mano ciò che di valido hanno apportato in questi paesi. Credo che questo progetto potrebbe essere di stimolo anche ai leader, ai governanti africani perché si ricordino che quello che devono fare è cercare di creare un ambiente positivo per gli africani a casa, in modo da tenerli a casa, in Africa.
↑ Questo aneddoto, col tempo, è diventato molto famoso nella cultura popolare probabilmente anche grazie ad uno spot della Gatorade del 1998, ad un poster motivazionale dal titolo The Essence of Survival (L'essenza della sopravvivenza) e al libro di Thomas Lauren Friedman, The World Is Flat. A Brief History of the Twenty-First Century (Il mondo è piatto. Breve Storia del Ventunesimo Secolo) del 2005. In Italia l'aneddoto ha raggiunto una certa notorietà anche grazie a due sketch comici del trio Aldo, Giovanni & Giacomo, riproposti nel film Così è la vita (1998) e nello spettacolo teatrale Tel chi el telùn (1999). In molti (Friedman per esempio), citando questo aneddoto, lo riportano come un proverbio africano o comunque come una storia popolare africana. Stando invece ad altre fonti, questa citazione sarebbe tratta da un libro di Abe Gubegna del 1974. QuoteInvestigator invece, senza fare alcun accenno a Gubegna, scrive apertamente che la prima traccia dell'aneddoto risale al 1985, quando l'analista Dan Montano lo riportò nell'articolo Lions or gazelles?, scritto per un magazine di economia. Montano tuttavia non specificò se il proverbio fosse di suo pugno o se lo avesse semplicemente riportato.