giornalista statunitense Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
John Gunther (1901 – 1970), scrittore e giornalista statunitense.
Nel 1939 Albert D. Lasker, noto pubblicitario, regalò all'Università di Chicago la sua tenuta che valeva 3.500.000 dollari. Voleva cominciare una vita nuova e, per farlo, doveva tagliare i ponti col passato. Aveva inoltre la sensazione che una proprietà di quell'ampiezza fosse un anacronismo. Erano tempi nuovi: un nuovo mondo lo chiamava ed egli sperava di marciare con esso. Disse, scherzando, a uno dei figli: «Un giorno o l'altro questa fattoria sarà circondata da una folla inferocita che griderà: "Andiamo a far fuori il padrone di questa tenuta!" Quando arriverà quel momento, voglio far parte della folla.» (citato in Selezione dal Reader's Digest, agosto 1965)
L'Etiopia è affare di un sol uomo... Hailé Selassié governa il paese come se fosse un asilo.[1]
Il Continente Nero si illumina L'Africa, sotto certi aspetti, non è affatto un Continente Nero, è sfolgorante di luce. Molte sue parti son luminose, anzi addirittura incandescenti. Una delle ragioni è che essa presenta lo spettacolo di milioni e milioni di persone balzate quasi dall'oggi al domani dai primitivi costumi delle tribù ad un impaziente modernismo. L'Africa è simile a un'esplosiva massa di lievito. Le sue fermentazioni non sono soltanto politiche ed economiche, ma sociali, culturali, religiose. Sta passando d'un tratto dalla magia nera alla civiltà bianca, sebbene moltissimi africani credano tuttora nella prima. I pronipoti dei portatori del dottor Livingstone studiano a Oxford. L'Africa d'oggi non sa forse esattamente dove sta andando, ma si è incamminata, e di buon passo, verso le forme di vita occidentali.
Citazioni
Non v'è africano colto che non sia più o meno nazionalista, in senso buono o no. L'Africa, come pressocché ogni altra regione arretrata del mondo, cerca di liberarsi dal colonialismo di vecchio stile con le sue spogliazioni, i suoi abusi e i suoi anacronismi. (p. 8)
Gli africani mi sono simpatici ma non sono sempre facili da capire e da frequentare. Quanto più benevolo si mostra un bianco occidentale, tanto più diffidente può essere il suo interlocutore africano. Per lui la cordialità può comportare spesso dei rischi. (p. 13)
L'origine dei negri è oscura quanto quella dei cinesi. Alcuni storici pensano che l'Africa, piuttosto che l'Asia centrale, debba essere stato il luogo d'origine dell'intera famiglia umana, poiché è questo il continente dei grandi antropidi. (p. 14)
L'importanza dell'opera dei missionari cristiani, specie per l'educazione, è stata incalcolabile. (p. 15-16)
I benefici che il sistema coloniale recò all'Africa, anche se accompagnati da abusi, sono incontestabili. Anche se agirono per fini egoistici e se saccheggiarono un continente, gli europei lo schiusero alla civiltà. (p. 16)
Se il comunismo dovesse un giorno scatenarsi sulla grande massa di analfabeti neri, tra le popolazioni intollerabilmente povere e oppresse delle regioni arretrate del continente, potrebbe risultare qualcosa di simile a ciò che è avvenuto in Cina. E noi avremmo perduto l'Africa come abbiamo perduto la Cina. (p. 20)
Un'idea sbagliata sul Marocco è che sia sempre torrido. Evidentemente la canicola non vi manca, e in estate a sud di Mogador si può cuocere un uovo esponendolo sulla sabbia. Ma, per quanto caldo possa essere a volte, il clima marocchino non è mai tropicale come quello dell'Africa nera. (p. 35)
Il maresciallo Lyautey, il formidabile ed estroso amministratore coloniale che creò il Marocco moderno, disse un giorno: «Il Marocco è un paese freddo con un sole caldo»: sapiente rilievo che sentii citare almeno cinquanta volte. (p. 35)
Il maresciallo Lyautey, col suo fare sbrigativo, divideva il Marocco in due parti: quello utile, e il resto. (p. 35)
Fu la Francia ad unificare il Marocco, a purificarlo e a dargli sostanza. Parecchi marocchini si considerano ancora abitanti di Fez, Ugida o di Agadir piuttosto che del Marocco. Un tunisino è un tunisino, ma un marocchino può essere una quantità di cose. (p. 35)
Lyautey è naturalmente sepolto a Rabat. Egli morì in Francia nel 1934, ma lasciò istruzioni perché la sua salma fosse trasportata in Marocco. (p. 40)
John Gunther, Africa (Inside Africa), traduzione di Enrico Massa, Garzanti, 1961.