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corpo di polizia della Repubblica Italiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La Polizia di Stato (fino al 1981 Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza) è una forza di polizia ad ordinamento civile a statuto speciale, che fa parte delle forze di polizia italiane direttamente dipendente dal Dipartimento della pubblica sicurezza, del Ministero dell'interno.
Il Ministro dell'Interno è l'autorità nazionale di pubblica sicurezza e vigila sul mantenimento dell'ordine pubblico. Si avvale del Dipartimento della pubblica sicurezza al cui vertice vi è il capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza.
Durante il Regno di Sardegna nacque il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, voluto dal Re Carlo Alberto, con la legge 10 aprile 1852 n. 1404.
Dopo l'unità d'Italia, col regio decreto 9 ottobre 1861, n. 255 venne creata la "Direzione generale della pubblica sicurezza", potenziando quindi temporaneamente la struttura, allora cresciuta sino al rango di divisione; l'anno successivo, tuttavia, con l'istituzione del Segretariato generale del ministero dell'Interno, l'amministrazione fu ricondotta al rango di divisione e posta sotto la responsabilità del segretario generale. La prima norma che dettò disposizioni organiche in tema fu la legge 20 marzo 1865, n. 2248 all'allegato B - cui seguì il Regolamento Esecutivo 18 maggio 1865, n. 2236. Nel 1880 Giovanni Bolis, capo dei servizi di pubblica sicurezza, distinse le attività del Corpo in "polizia amministrativa", "polizia giudiziaria" e "divisione affari riservati". Con il regio decreto 3 luglio 1887, n. 4707, il governo Depretis VIII ripristinò definitivamente la Direzione generale.
Nel dicembre del 1890 dall'unione delle Milizie comunali e del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, nacque il "Corpo delle guardie di città".
Nel 1902, durante il governo Giolitti II, fu fondata la scuola di polizia scientifica[2] per opera principalmente di Salvatore Ottolenghi, primo studioso delle tecniche di investigazioni scientifiche e allievo del criminologo Cesare Lombroso,[3] con a capo lo stesso Ottolenghi. Il testo unico della legge sugli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza emanato durante il governo Giolitti III disciplinò per la prima volta sistematicamente la materia della pubblica sicurezza, stabilendo criteri per l'attribuzione delle funzioni di pubblica sicurezza e indicando coloro ai quali possono essere attribuite; un ruolo centrale fu attribuito al "delegato di pubblica sicurezza", autorità incaricata di garantire l'ordine pubblico. Nel 1917 fu istituito l'UCI (Ufficio centrale investigazioni), che raccoglieva in parte l'eredità della divisione affari riservati politici e che si sarebbe dedicato ad attività di controspionaggio; il comando fu assegnato a Giovanni Gasti. Al termine della prima guerra mondiale il governo Nitti I con il Regio Decreto 14 agosto 1919, n. 1442 stabilì un nuovo ordinamento del personale di pubblica sicurezza e contestualmente dispose la creazione di un corpo di agenti di investigazione.
Il successivo Regio Decreto 2 ottobre 1919, n. 1790 sciolse i corpi delle guardie di città e delle guardie municipali, che cessarono ogni compito di polizia passando definitivamente alle dipendenze del sindaco per espletare la vigilanza sulle materie di competenza municipale.[4] Furono costituiti il Corpo della regia guardia per la pubblica sicurezza (12 divisioni, 40 000 uomini), a ordinamento militare, deputato al mantenimento dell'ordine pubblico e alquanto svincolato da eventuali influenze della politica, e il Corpo degli agenti investigativi (8 000 uomini), specializzato in compiti di polizia giudiziaria.[5]
Il 31 dicembre 1922 Benito Mussolini, capo del neonato governo, sciolse i due corpi che furono poi assorbiti nell'Arma dei Carabinieri Reali. Nell'ambito della stessa manovra, venne creata la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Tra le ragioni che si sono prospettate per questa scelta, molti studiosi propendono per considerare più verosimile l'esigenza del nuovo presidente del consiglio di sottoporre a più facile controllo tutte le strutture dello Stato (ciò che sarebbe stato poi di maggior evidenza quando tutte le amministrazioni fasciste vennero organizzate in forma paramilitare): se la truppa dei due corpi di polizia era certamente militare, la parte alta della catena gerarchica, costituita dai funzionari di Pubblica Sicurezza era invece civile, perciò non sottoposta ai rigori delle regolamentazioni cui soggiacevano gli uomini in divisa, primo fra tutti appunto la rigida concatenazione gerarchica.
La distinzione di un apposito corpo di polizia "specifico" era funzionale al regime fascista, le cariche di diretta emanazione governativa furono perciò mantenute al loro posto, con anzi qualche piccolo intervento che dimostrava un'attenzione costante. Con il regio decreto 11 novembre 1923, n. 2395, la figura del "direttore generale della pubblica sicurezza" fu rinominata (senza peraltro sostanziali modificazioni dal punto di vista funzionale) in "intendente generale della polizia", subito ricorretta dal regio decreto 20 dicembre 1923, n. 2908, che la convertì all'ancora vigente denominazione di "Capo della Polizia".
Nell'aprile del 1925 fu costituito il "Corpo degli agenti di pubblica sicurezza", che assorbì il Ruolo specializzato dell'Arma (ex Corpo degli agenti investigativi), che cessò di dipendere dal Ministero della Guerra per passare sotto il Ministero dell'Interno, formando l'ossatura del neocostituito corpo, che si avvalse così di personale investigativo già specializzato.
Godeva comunque di un ruolo di secondo piano rispetto alla MVSN, con la quale durante il ventennio sorsero numerose interferenze di competenze o di fatto, benché la milizia finisse con l'affiancarsi quasi del tutto alle altre forze armate. Alla ricostituzione del Corpo degli agenti di P.S. si giunse però anche perché i Carabinieri, di più antiche tradizioni, erano rimasti più fedeli alla corona.
Nel 1926 venne nominato capo della polizia Arturo Bocchini, al quale si deve nel 1930 la creazione dell'OVRA (Organismo di vigilanza per la repressione dell'antifascismo). Egli, inoltre, introdusse notevoli modifiche organizzative e tecniche nel funzionamento delle questure così da poter allestire agevolmente un'imponente raccolta di dati in tempo reale che a Palazzo Venezia venivano analizzati anche per monitorare il consenso popolare. Fra queste modifiche il cosiddetto "mattinale", rapporto burocratico contenente dati sulla forza presente e consuntivi dei fatti (crimini, incidenti, altri fatti di rilievo) della giornata precedente e che era generalmente consegnato al destinatario (tipicamente il questore, ma anche responsabili di altri comandi) al momento di prendere servizio la mattina, donde il nome.
Negli anni '30 furono istituiti gli "Ispettorati Generali di Pubblica Sicurezza", speciali organismi di polizia, guidati da un Ispettore generale di PS, per combattere principalmente la criminalità organizzata, avvalendosi di strutture a carattere provinciale, e sovraordinate alle singole questure. Il primo fu l'Ispettorato per la Sicilia, poi quello dell'Alta Italia, l’Ispettorato per la repressione dell’abigeato in Sardegna e, dal 1942, l’Ispettorato di polizia per i Servizi di Guerra e quello della Venezia Giulia.
Durante il mandato di Bocchini, sotto l'impulso del colonialismo italiano, venne creato nel 1936 un apposito corpo di polizia per i nuovi territori, il Corpo di Polizia Coloniale, l'anno dopo rinominato Polizia dell'Africa Italiana (PAI) dotato di uniformi ed equipaggiamenti specifici e munito in esclusiva[senza fonte] del Beretta MAB 38. Bocchini riuscì a gestire una importante e nello stesso tempo delicatissima istituzione, un corpo il cui controllo era ovviamente essenziale per la buona tenuta del governo e che pare egli stesso abbia voluto ricreare, dopo il discioglimento del 1922, al fine di costituirne una sorta di armata a disposizione del governo (il quale peraltro già aveva inquadrato nelle camicie nere elementi dello squadrismo). La polizia, dunque, era fedele al governo, i Carabinieri al re. Bocchini fu perciò il vero autore di una duplicazione delle strutture nazionali militari e di polizia (e di intelligence) che rappresentò al meglio la ragione dei sostanziali equilibri fra la corona e il regime.
In questo ruolo Bocchini era uno dei pilastri fondamentali su cui poggiava l'edificio del regime. Bocchini fu incaricato di eseguire le schedature più delicate degli esponenti più in vista della società italiana del periodo, contribuendo alla creazione del famoso "archivio segreto" di Mussolini[6].Si ricorda in proposito, fra i tanti caduti della polizia (attraverso le sue varie denominazioni), il caso di Giovanni Palatucci, funzionario dell'Ufficio stranieri di Fiume, che impedì la deportazione di numerosi ebrei e che per questo fu deportato egli stesso, morì nel campo di concentramento di Dachau.
Alla fine degli anni '30 il Corpo degli agenti di pubblica sicurezza torna a essere forza armata. Alla morte di Bocchini nel novembre 1940, gli successe il suo vice, il prefetto Carmine Senise.
La seconda guerra mondiale condusse le forze di polizia ad aggiornare le proprie finalità d'impiego, per far fronte a situazioni di ordine pubblico ovviamente eccezionali. Inoltre, reparti del Corpo degli agenti di pubblica sicurezza combatterono in Albania e Montenegro, mentre unità del PAI in territorio africano.
Senise fu sostituito nell'aprile del 1943, in occasione di un generale rimpasto delle cariche istituzionali voluto da Benito Mussolini. Questo rimpasto (che privava la corona di un uomo più fidato su una poltrona tanto delicata) è stato considerato da alcuni storici[senza fonte] il vero momento in cui dal Quirinale si decise, avvicinando Dino Grandi, di liberarsi di Mussolini. Dopo la caduta del fascismo Senise fu subito rinominato da Badoglio capo della polizia. Va menzionato che Senise fu una delle pochissime autorità che non seguirono il re e Badoglio nella fuga al Sud dopo l'armistizio di Cassibile e che per questo fu catturato a Roma dai tedeschi e fu deportato prima in un lager e poi in Baviera insieme ad altri prigionieri illustri, e fu liberato dagli alleati alla fine della guerra. Il 6 settembre 1943, quando l'armistizio di Cassibile era già stato firmato in segreto, prima che ne fosse data notizia pubblica era stata sciolta la MVSN, per restituire alla polizia tutte le sue principali funzioni.
Liberata Roma, con il decreto legislativo luogotenenziale 2 novembre 1944, n. 365, emanato durante la luogotenenza di Umberto II di Savoia, venne nuovamente istituito il "Corpo delle guardie di pubblica sicurezza" (già con questa denominazione dal 1852 al 1890), con status di corpo militare, ma alle dirette dipendenze del ministero dell'Interno.
A guidare la polizia fu chiamato un magistrato, Luigi Ferrari, che si avvalse di funzionari come Luigi Pianese (Capo del personale della PS e futuro prefetto di Genova), Francesco Bilancia (direttore della Polizia giudiziaria e futuro prefetto di Bologna e Napoli), Giuseppe Migliore (direttore dell'ordine pubblico, poi prefetto di Venezia e di Torino), Italo de Vito (direttore delle forze armate di polizia, poi prefetto di Firenze).
La fine della guerra fu preceduta e seguita da situazioni di grave disagio dell'amministrazione, non in grado di assolvere ai suoi doveri istituzionali con risultati soddisfacenti. La divisione del paese e la guerra civile in Italia, alimentarono enormemente la confusione e l'insicurezza nella penisola, insieme al diffuso banditismo. In più, la polizia sotto la guida di Bocchini si era legata assai intimamente alle vicende governative, e spesso era lontana dalla fiducia della popolazione.
Poco prima della liberazione, fu perciò necessario impartire il divieto di appartenenza a partiti politici o sindacati per tutti gli appartenenti al Corpo, onde fugare il sospetto che l'attività di polizia potesse ancora subire "orientamenti". A questo si univa anche il discusso utilizzo della polizia da parte del governo Badoglio, che la impiegò in modo alquanto spiccio nel contrastare sommosse e tafferugli: le animosità venivano sedate con frequente uso delle armi da fuoco, provocando decine di morti che compromisero in parte la reputazione presso l'opinione pubblica. Nonostante la gravità della situazione generale, nel 1945 all'interno del Corpo si diede vita alle specialità della Polizia ferroviaria e della Polizia stradale, il cui primo compartimento fu insediato presso la questura di Milano.
Il dicastero dell'Interno, dopo la Liberazione, fu assunto dal socialdemocratico Giuseppe Romita, che nel 1945 procede all'arruolamento di partigiani negli organici della PS, circa 20 mila.[7] Fu egli a istituire nel 1946 i "reparti mobili"[8] ossia una forza di pronto impiego per l'ordine pubblico, sino ad allora gestito dall'Esercito[9]. Vennero muniti dei primi manganelli di legno[10] e di alcune Jeep avute in dono dall'esercito statunitense.
La nomina a ministro dell'interno di Mario Scelba, nel 1947, che a sua volta nominò Capo della Polizia Giovanni D'Antoni, determinò una rapida riorganizzazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza[11]. Furono dimissionati elementi introdotti alla fine della guerra, come la cosiddetta polizia ausiliaria, di cui fece parte un numero di ex partigiani che alcune stime hanno fissato in circa 20.000 unità (costituivano circa la metà dell'organico complessivo)[12], lasciandone in servizio circa 5.000, in quanto Scelba riteneva che essendo composte da un'alta percentuale di comunisti, per la maggior parte provenienti dalle Brigate Garibaldi, avrebbero potuto agire dall'interno delle forze dell'ordine per attuare la rivoluzione comunista in Italia.[13] Inoltre la polizia ausiliaria evidenziava marcate problematicità di insubordinazione e abbandono di posto.[14][15][16] L'equipaggiamento venne tuttavia ampliato, con la dotazione di mitragliatrici pesanti e addirittura di mortai da 81 mm,[17] allo stesso tempo, l'organizzazione dell'amministrazione veniva rivista e talune specialità venivano distinte in separati servizi direttamente dipendenti dalla direzione generale, come nel caso della Polizia postale, la Polizia stradale, la Polizia ferroviaria e la Polizia di frontiera.
Nel dicembre 1959 nacque il Corpo di polizia femminile, composto evidentemente da personale femminile e dedicato a tematiche delicate e di rilievo morale, come la protezione della donna e la tutela dei minori; il corpo, parallelo alla polizia "tradizionale", aveva anche la funzione pratica di supportare questa per alcuni compiti che non era opportuno affidare agli uomini, come ad esempio la perquisizione corporale delle donne. Le prime ispettrici entrarono in servizio nel 1961.
Gli anni sessanta, caratterizzati dai movimenti giovanili e dai cambiamenti della società, che al rifiorire dell'economia univa la revisione dei rapporti sociali, furono guidati nella polizia dalla figura del prefetto Angelo Vicari, che vi lasciò una traccia di fondamentale importanza. Nominato da Mario Scelba, Vicari era il più giovane prefetto d'Italia.[18]
Con Vicari nacque la polizia criminale ("criminalpol"), inizialmente come una divisione per il coordinamento (concetto ancora una volta mutuato da altri corpi stranieri) dell'Interpol con alcuni servizi investigativi interni. Si ebbe inoltre una revisione dell'organizzazione delle scuole di istruzione, costituite in divisione autonoma, e la trasformazione della Scuola superiore di Polizia nell'Accademia di Polizia. In questa si formavano gli ufficiali militari, poiché l'amministrazione risultava divisa, nelle carriere, nella formazione e nelle mansioni, fra le funzioni militari e quelle più propriamente di polizia.
Gli ufficiali furono addestrati e gestiti in modo affine agli ufficiali dei carabinieri e, come per questi, una scelta aliquota veniva anche inviata presso la Scuola di guerra dell'esercito, per l'esigenza di mantenere aggiornata e coordinata la potenzialità di impiego bellico del Corpo (e soggettivamente per l'accesso ai gradi più elevati).
Nonostante le condizioni del trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate imponessero una pesante limitazione del numero di soldati che l'Italia poteva arruolare – che influì anche sugli organici del corpo – nacquero varie specialità, mentre le questure specializzavano apposite squadre dedicate ad alcune tipologie d'impiego: le squadre volanti, mobili, omicidi e molte altre, distinte per competenze. Ci furono però alcuni esempi che diedero un certo prestigio al corpo, come il caso di Armando Spatafora unico autorizzato alla guida in servizio dell'unica Ferrari (250 GT/E) nera, in dotazione alla Squadra mobile di Roma.
Se fino a metà degli anni sessanta le auto della polizia dovevano sostare in Questura oppure fermarsi alle centrali telefoniche sparse lungo le strade principali delle città, nel 1965 si decise di creare un sistema di radiocomunicazioni veicolare, in contatto radio con la centrale. La prima centrale radio fu insediata alla questura di Milano, dove fu installato un gigantesco apparecchio "Westinghouse 21" di fabbricazione statunitense; l'iniziale della marca Westinghouse ("W") - però - entrò nell'uso comune, e veniva resa nel codice radiofonico come "Doppia Vela" e "Doppia Vela 21". Questo divenne perciò il nome in codice della centrale, mentre le auto desumevano i loro nominativi in codice radio dalla marca degli apparecchi di bordo, "Iris". Nel mercato entrarono presto - con nuove tecnologie di radiocomunicazione - una serie di produttori italiani, fra i quali Prod-El ed OTE. La centrale - che coincideva con la sala operativa - svolgeva quindi la funzione di centro di raccolta e smistamento interattivo delle informazioni necessarie per un pronto intervento nelle aree urbane di competenza, e presto sarebbe diventata il terminale del numero unico di pronto soccorso, il 113, istituito nel 1969.
Anche gli armamenti in dotazione erano alquanto superati; la pistola Beretta M51 sostituì completamente la 34 e la sua versione in 7,65 browning, (la "35") nel giro di alcuni anni, tuttavia vi furono talvolta problemi di approvvigionamento per le cartucce calibro 9 × 19 mm Parabellum.[senza fonte]
I Beretta MAB 38, i cui caricatori restavano spesso vuoti, svolgevano esclusivamente un ruolo di deterrenza visiva, essendo del tutto innocui per mancanza di munizioni.
A partire dal "sessantotto", si ebbero vari scontri con movimenti ed associazioni studentesche; dai primi disordini scoppiati alla facoltà di Architettura dell'Università di Roma – La Sapienza, si passò a violenze stradali di crescente frequenza in tutte le principali città italiane, che vedevano la polizia costretta in pratica a organizzare vere e proprie azioni anti-guerriglia. Fu accelerato lo studio dei proiettili lacrimogeni, una sorta di granate capaci di sprigionare appunto gas lacrimogeno, e per questo i reparti di ordine pubblico furono nuovamente dotati del fucile Carcano Mod. 91, cui venne applicato un piccolo tromboncino per questo tipo di lanci. Furono blindati auto e furgoni (poi chiamati direttamente «blindati»), si trovarono i fondi di bilancio per le pallottole e si introdusse la pistola mitragliatrice Beretta M12. Furono riveduti integralmente i servizi di anti-sabotaggio e scorta, e le schedature politiche furono potenziate. Le uniformi vennero unificate: se prima le forze impiegate in ordine pubblico indossavano il grigioverde, lasciando alle altre la «spezzata» (giubba blu e pantaloni grigio azzurri), tutte ora indossavano quest'ultima e anche i veicoli (prima grigi per l'ordine pubblico e verdi, anzi «verdoni», per il resto) furono tutti riverniciati con una nuova livrea bianco-celeste, e scomparvero le differenze fra le uniformi degli ufficiali e quelle del personale dei ruoli inferiori.
Alla fine degli anni sessanta, segnata dalla contestazione studentesca, da quella operaia e dalla strage di piazza Fontana, gli organi di polizia finirono sotto inchiesta per la morte di Giuseppe Pinelli, avvenuta il 15 dicembre 1969, ferroviere e attivista anarchico morto cadendo da una finestra del quarto piano della Questura di Milano, durante le indagini sulla strage di tre giorni prima. Gli esponenti della sinistra extraparlamentare accusarono le forze dell'ordine di averlo gettato dalla finestra, in particolare il commissario Luigi Calabresi: questa ipotesi fu smentita da due istruttorie[19] (la prima parlò di suicidio, la seconda di malore)[20][21], ma per una parte della popolazione si trattava di omicidio e fu indicato nel commissario un capro espiatorio su cui scagliarsi.
Durante gli anni settanta si ebbero vertiginose espansioni del crimine e l'intensificarsi di episodi di terrorismo, tentativi di colpo di Stato, banditismo (sequestri di persona), contrabbando, traffico di stupefacenti, rapine, estorsioni, fenomeni mafiosi, proliferare del racket delle estorsioni e dell'usura, oltre all'effervescenza politica che per molti anni si tradusse in quotidiani scontri armati fra fazioni politiche e fra queste e il corpo di polizia, il decennio si aprì con l'omicidio di Luigi Calabresi nel 1972 in un agguato sotto casa.[19]. I due omicidi e la tensione politico-sociale attorno ad esse lasciavano prevedere che i rapporti fra una parte della cittadinanza e le istituzioni si sarebbero pesantemente incrinati.
Gli eventi del decennio vennero definiti di "anni di piombo"; durante tale periodo le forze di polizia italiane, registrarono un incremento di perdite (77 agenti di P.S., 27 carabinieri, 5 agenti di custodia e 4 guardie giurate).[20] L'emergenza fu affrontata dai governi in carica con alcune manovre legislative, che conferivano poteri più elastici agli agenti (ad esempio in materia di fermo di indiziato di delitto)[22], arroventandosi la polemica sulla legge Reale e sulla supposta «svolta autoritaria», mentre amministrativamente furono ristrutturate le branche dedicate alla lotta al terrorismo. Nacque l'UCIGOS, operante sul territorio attraverso le DIGOS di ciascuna questura e attraverso i NOCS, corpo d'élite di pronto impiego per operazioni speciali.
La riforma dei servizi segreti italiani - operata ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801 - che da un lato ne centralizzava al governo il controllo politico diretto con la sottomissione al CESIS, ma dall'altro apriva a facilitazioni operative per il coordinamento dell'azione dei servizi e delle forze - aprì la speranza degli operatori alla prospettiva di una riforma anche della polizia. Funzionari e agenti reclamavano dallo Stato, con voce sempre più pressante, una revisione delle condizioni di lavoro, di inquadramento di carriera, di snellimento e facilitazione delle mansioni, oltre a un miglior rispetto della incombenza di sacrificio in cui si trovavano, peraltro per stipendi indecorosi, per ragione di professione.
All'inizio degli anni ottanta, con la riforma avvenuta con la legge 1º aprile 1981, n. 121[23]– che ebbe tra i promotori il generale Enzo Felsani – venne riorganizzato lo status (da corpo a ordinamento militare a civile) e la struttura della polizia italiana. Fino ad allora infatti, sotto il generico termine «polizia» venivano raggruppati soggetti appartenenti a tre distinte organizzazioni:
Questa riforma era stata preceduta da una campagna rumorosa: mentre stavano nascendo le organizzazioni terroristiche, sfilavano i cortei che chiedevano il disarmo delle forze di polizia[24]. Per giustificare questa presa di posizione gli esponenti politici affermarono che era meglio se la polizia fosse rimasta disarmata durante le manifestazioni sindacali, al fine di evitare incidenti[24]. Riorganizzare lo status e la struttura della polizia italiana era necessario, e anche la smilitarizzazione, finito il periodo dell'emergenza: farlo mentre organizzazioni come le BR e Prima Linea infierivano contro lo Stato fu imprudente e rischioso[24].
Con la riforma le tre diverse componenti furono fuse nel corpo quale «corpo civile militarmente organizzato» per la tutela dello Stato e dei cittadini da reati e turbative dell'ordine pubblico. Veniva ufficializzato l’ingresso delle donne nella Polizia di Stato, non più in un'organizzazione ad hoc. Il Corpo acquisiva un ordinamento civile (le mostrine non avevano più la stella, simbolo dei corpi militari, sostituita dal monogramma «RI»[25] con arruolamento aperto a uomini e donne. Il divieto di far parte e di iscriversi a organizzazioni politiche o sindacali fu in parte mitigato dalla possibilità di costituire sindacati interni.
I gradi militari del Corpo di P.S. furono sostituiti dalle qualifiche: gli appuntati di P.S. e le guardie di P.S. assunsero le denominazioni di assistenti e agenti, i sottufficiali di P.S. furono inquadrati, in base al grado rivestito, nei neo-costituiti ruoli degli ispettori e sovrintendenti mentre gli ufficiali di P.S. furono inglobati tra i funzionari e gli ufficiali superiori tra i dirigenti. La riforma introdusse l'organizzazione del personale in 3 differenti ruoli organizzativi: ruolo di polizia, ruolo tecnico/tecnico-scientifico e ruolo sanitario. Inoltre furono anche rivisti i provvedimenti disciplinari avverso gli appartenenti al Corpo.
A partire dai primi anni 2000, in seguito ad alcuni avvenimenti quali i fatti della scuola Diaz e dei processi e decisioni giudiziarie sul G8 di Genova, ma anche di alcuni episodi di cronaca nera avvenuti tra il 2005 e il 2006 quali il caso Aldrovandi, e la morte di Riccardo Rasman, in Italia è iniziato un dibattito circa la necessità di garantire lo stato di diritto e rendere obbligatorie divise che permettano l'identificazione degli agenti o strumenti di ripresa indossabili dagli stessi.[26]
Nel 2013 e nel 2014 diverse polemiche sorsero in seguito al comportamento di agenti e sigle sindacali di categoria durante alcuni processi giudiziari, come quello relativo ad Aldrovandi ed alla morte di Stefano Cucchi.[27][28][29]
Nel 2018 fu presentata alla stampa YouPol, un'applicazione gratuita per terminali mobili con sistemi iOS e Android, che permette ai cittadini di comunicare con la Sala Operativa della Questura locale e di inoltrare segnalazioni inerenti fatti di spaccio di sostanze stupefacenti, bullismo e violenza commessa all'interno delle mure domestiche. Le segnalazioni vengono automaticamente associate alla posizione del terminale e possono essere effettuate anche in forma anonima, allegando eventualmente immagini o file video.[30][31]
A capo della Polizia di Stato è posto un prefetto, con la qualifica di capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza. Egli è anche Presidente onorario dell'Associazione nazionale Polizia di Stato. L'attuale capo della Polizia è Vittorio Pisani.
Lo affiancano altri tre prefetti con qualifica di vice capo della polizia e il capo di gabinetto:
Come previsto dalle regole dell'ordinamento ministeriale, il Dipartimento della pubblica sicurezza è organizzato in direzioni centrali e in uffici di pari livello, anche a carattere interforze. Dal Dipartimento dipendevano anche le Direzioni interregionali della Polizia di Stato – in tutto sette – soppresse ai sensi del, comma 430, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a decorrere dal 1º dicembre 2007 e le relative funzioni sono ripartite tra le strutture centrali e periferiche della stessa amministrazione, con esse è stata soppressa la qualifica di dirigente generale della pubblica sicurezza di livello B (equivalente al generale di corpo d'armata). Nelle stesse sedi sono stati istituiti i Servizi tecnico logistici e patrimoniali della Polizia di Stato, diretti da dirigenti superiori (qualifica equivalente al generale di brigata).
La riorganizzazione della Polizia di Stato ha consentito il potenziamento e la ulteriore specializzazione di diverse branche operative, distinte in apposite divisioni o reparti di specialità. Questi dipendono dalle apposite direzioni e uffici tutti inquadrati nel Dipartimento della pubblica sicurezza.
In quanto autorità di pubblica sicurezza, oltre a vigilare sull'ordine pubblico e provvedere al mantenimento della sicurezza cittadina, fornisce soccorso a soggetti pubblici e privati in caso di infortuni, e favorisce la risoluzione pacifica dei dissidi tra privati.
Si occupa inoltre di addestrare presso le sue strutture, personale appartenente ad altri Corpi, ovvero la Guardia di Finanza e l'Arma dei Carabinieri, relativamente alla repressione delle infrazioni al Codice della strada presso il Centro Addestramento della Polizia di Stato sito in Cesena.
Tra le altre cose, i compiti precisi variano per ciascun reparto e per ogni specialità del corpo.
È membro dell'Istituto europeo per le norme di telecomunicazione (ETSI).[33]
Dal 2001, la Polizia di Stato è impegnata nel Progetto Icaro, la campagna di educazione stradale rivolta agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e realizzata in collaborazione con il Laboratorio di Psicologia Sperimentale Applicata dell'Università degli studi di Roma La Sapienza, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'istruzione e del merito, il Moige, la Fondazione ANIA per la sicurezza stradale, la Federazione Ciclistica Italiana, la società Autostrada del Brennero, Enel Green Power e il Gruppo ASTM[34].
La validità del progetto Icaro è stata confermata dagli studi di efficacia prodotti dal Laboratorio di Psicologia Sperimentale Applicata, diretto dalla professoressa Anna Maria Giannini. Nel corso degli anni, il progetto ha raggiunto circa 200.000 studenti nel contesto scolastico, mentre altre centinaia di migliaia sono entrati in contatto con il progetto per il tramite degli eventi collaterali, compresi quelli offerti per il tramite del Pullman Azzurro, l'aula multimediale mobile della Polizia di Stato[35][36].
Grazie ad un cofinanziamento della Commissione Europea, che ha adottato il progetto della Polizia di Stato italiana, è stato sviluppato il progetto Icarus, che coinvolge 16 Paesi europei ed ha permesso la realizzazione del film Young Europe, diretto da Matteo Vicino e prodotto dalla Polizia di Stato. Il tema trattato è quello della sicurezza stradale attraverso il racconto di storie parallele di giovani europei, ambientate in Italia, Francia, Spagna e Slovenia. Al progetto Icaro è associato un concorso nazionale rivolto a tutti gli studenti italiani sui temi della sicurezza stradale, i cui vincitori sono premiati nel corso di una cerimonia ufficiale[34][37][38].
Si diviene agente della polizia di stato tramite concorso pubblico per titoli ed esami attraverso apposito bando, che a seconda della qualifica può avere delle aliquote riservate a personale già in servizio o ai figli delle "vittime del dovere". Dal 1º gennaio 2005, con la legge 23 agosto 2004, n. 226 al 31 dicembre 2015, i posti messi a concorso per allievo agente furono interamente riservati a coloro che stavano svolgendo o avevano svolto un periodo di ferma nelle forze armate italiane come volontari in ferma annuale (VFP1) o quadriennale (VFP4).[39] Per i nati entro il 1985 incluso (salvi i rinvii per studio) era inoltre necessario essere in regola con gli obblighi di leva (il che vuol dire aver prestato il servizio militare in Italia). Dal 1º gennaio 2016 i concorsi per le forze dell'ordine sono stati aperti ai civili, purché siano in possesso dei requisiti richiesti e di condotta incensurabile e rispettino i limiti di età, rimane comunque una riserva di posti per i VFP1 e VFP4.
Nello specifico, le modalità di accesso al corpo sono tuttora regolate da alcuni decreti del Ministero dell'interno: il d.m. 6 aprile 1999 n. 115, il d.m. 2 dicembre 2002 n. 276. I requisiti di idoneità psico-fisica sono stabiliti dal d.m. 30 giugno 2003 n. 198 mentre le materie oggetto della prova d'esame dal d.m. 28 aprile 2005 n. 129. Sono inoltre previsti limiti di età per essere nominato allievo agente di polizia: massimo 26 anni.[40] Dopo aver vinto il concorso, a seconda del ruolo, i vincitori vengono inviati nelle varie strutture dedicate all'addestramento (ad esempio la scuola allievi agenti o la scuola superiore di polizia) con durata variabile a seconda della qualifica. Una disciplina generale è oggi anche contenuta nel d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 che prevede anche riserva in posti nei casi tassativamente indicati dalla legge.[41]
Il personale del corpo, dopo la riforma del 1981, ha la possibilità di iscriversi a sindacati purché siano costituiti da soggetti appartenenti al corpo stesso. Sono tuttavia esclusi il diritto di sciopero e le azioni sostitutive dello stesso, limitatamente però al periodo di servizio, e che comunque possano pregiudicare esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica o le attività di polizia giudiziaria.[42]
Tra i sindacati interni del personale della Polizia di Stato vi sono:
L'ordinamento dei ruoli del personale è disciplinato dal DPR 24 aprile 1982, n. 335.[43] In particolare l'art. 1 prevede i seguenti ruoli:
Il DPR 24 aprile 1982, n. 337.[44] (modificato dal D.M. del 03 agosto 2017) disciplina invece il ruolo che espleta servizio tecnico – scientifico. L'art. 1 prevede i seguenti ruoli equiparabili:
I ruoli del personale direttivo e dirigente sono invece disciplinati dal D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 334, modificato dal D.Lgs. 28 dicembre 2001, n. 477.
I materiali in dotazione al personale sono stoccati e raccolti nei magazzini V.E.C.A. (acronimo di "Vestiario, Equipaggiamento, Casermaggio, Armamento"), dipendenti dalla Direzione centrale dei servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale del Dipartimento della pubblica sicurezza.
Il sistema di comunicazione radio a partire dalla fine degli anni ’70 e inizio ’80 fu rivoluzionato tecnologicamente con l'introduzione di tecnologie affidate all’azienda toscana O.T.E. di Firenze, "Officine Toscane Elettromeccaniche", creata da un gruppo di radioamatori, fu scelta per le tecnologie che era in grado di produrre dato che aveva già progettato apparecchiature per uso militare. Attraverso l'introduzione di selettive radio con tecnologia ZVEI, si poteva identificare la pattuglia che chiamava la centrale e molte altre funzioni. A causa del terrorismo ci fu inoltre l'esigenza di aumentare la segretezza delle comunicazioni e l'azienda TELSY di Torino, specializzata in sistemi di sicurezza in campo delle telecomunicazioni, venne scelta per creare delle schede in grado di criptare le comunicazioni radio. Ogni apparato radio venne dotato di questa tecnologia. Attualmente in molte città si sta lentamente abbandonando tale sistema radio per utilizzare la più moderna tecnologia digitale TETRA o DMR, che oltre alla sicurezza e segretezza delle comunicazioni permette una interconnessione con altre centrali radio, di linee telefoniche e di sistemi internet per l'accesso a banche dati, il tutto in piena mobilità.
Il personale ha in dotazione individuale una pistola d'ordinanza Beretta 92FS (cal. 9 × 19 mm Parabellum) e, come dotazione di reparto, una pistola mitragliatrice Beretta PMX, che dal 2018 ha sostituito la Beretta M12[45] (entrambe camerate in 9 × 19 mm Parabellum), mentre altri reparti specialistici (es. squadra mobile, UOPI, NOCS, reparti mobili, tiratori scelti) hanno accesso a vari tipi di armi o artifizi. Dopo un periodo di sperimentazione durato tre anni dal 2017 gli operatori della Polizia di Stato sono stati dotati dello spray al peperoncino.[46] Dal 2018 in 12 città italiane è iniziata la sperimentazione del taser.[47] Dal 14 marzo 2022 gli operatori della Polizia di Stato, insieme a quelli dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, hanno ricevuto in dotazione il taser, inizialmente è stato fornito in 18 città italiane, da maggio dello stesso anno l'uso è stato poi esteso in modo graduale a tutti i reparti di tutto il territorio nazionale.[48]
La Polizia di Stato impiega oggigiorno diverse autovetture sia italiane, dalle versatili e meno tradizionali Fiat Punto e Panda (usate prevalentemente per ricognizione) alle Alfa Romeo Giulietta e Giulia[49], marchio storico della flotta, che estere. Le auto utilizzate attualmente sono:
Squadra Volante:
Polizia Stradale:
Altri reparti: Autovetture:
Fuoristrada e SUV:
Furgoni:
Nel maggio 2004 sono state cedute dalla Lamborghini, in comodato d'uso, due Gallardo[50] e, oltre a quelle, vengono utilizzate le Huracán, dotate di motore 10 cilindri a V e 520 CV, con la classica livrea bianco/blu e vari accessori opzionali (tra cui un contenitore per il trasporto di organi e un defibrillatore semiautomatico).[51] Le vetture vengono utilizzate sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e sulla A14 Bologna-Taranto. Nel 2008 le vetture consegnate nel 2004 sono state sostituite con versioni aggiornate (LP 560-4), sempre fornite dalla casa automobilistica italiana.[52] Una delle due vetture è stata distrutta in un incidente il 30 novembre 2009.[53]
Dal 2015 le Alfa Romeo 159 utilizzate come pantere vengono sostituite dalle SEAT León di terza generazione[54], dotate della nuova livrea della polizia. Da fine 2022 le León vengono dismesse in favore delle nuove Alfa Romeo Giulia.
Nel passato sono state utilizzate dalle questure le famose Alfa Romeo Giulia, Alfetta, Alfasud, Giulietta, Alfa Romeo 33, Fiat Marea, Fiat Bravo (nuovo modello), Alfa Romeo 155, Alfa Romeo 159[55][56]. Svariate le auto "civetta" (con colori civili e targhe di copertura), anche grazie alla possibilità di utilizzare, a tale scopo, vetture confiscate. Fra queste erano state annoverate anche delle "supercar", poi restituite dalla polizia a causa degli eccessivi costi di gestione, che rendevano più opportuno impiegare le scarse risorse a disposizione per la protezione dei cittadini sul territorio e le indagini[57]. Le auto acquistate nuove appaiono in livrea (o in servizio) in genere dopo un lasso di tempo di circa un biennio rispetto al lancio sul mercato della versione civile. Ciò a causa della procedura burocratica di scelta prima, e di gara in tempi più recenti. Le società autostradali hanno nel passato acquistato e dato in comodato alla polizia Alfa Romeo Giulia, Alfetta, Alfa Romeo 90, Alfa Romeo 75, Alfa Romeo 156. Oltre a queste, la polizia ha utilizzato direttamente anche l'Alfa 155, di cui si trovano tuttora alcuni esemplari – versione 16 valvole del 1996 – operativi, utilizzati ormai per compiti non di pronto intervento.
I Reparti mobili della Polizia di Stato hanno in dotazione mezzi specifici per le loro esigenze. Sono dotati, in particolare di furgonati, e fuoristrada blindati oltre alle normali vetture di pattuglia come:
Le auto della polizia operante nei tratti autostradali appartengono alle società che ne hanno la gestione, le quali dispongono quindi liberamente delle vetture a fine carriera. Il corpo di polizia – dal canto suo – metteva all'asta i propri veicoli (dichiarati dismessi e permanentemente inidonei al servizio, dopo una procedura burocratica ad hoc) allorquando le riparazioni necessarie fossero valutate non più convenienti. Spesso, prima di arrivare alla vendita, i veicoli venivano "spostati" e impiegati in compiti sempre meno "stressanti", così da ottimizzare le risorse: molte volanti, quindi, terminavano la propria carriera dedicandosi a servizi minori (quali consegna posta, trasporti vari, ecc.).
L'alienazione di auto civetta e di vetture coi colori d'istituto[58] veniva usualmente destinata a commercianti; alcuni mezzi venivano poi re-immatricolati con targhe civili e rivendute a privati. Dei mezzi ex polizia, però, da qualche anno non è più possibile la re-immatricolazione su strada. Pratica che – del resto – era comunque sempre meno in uso, complice la mutazione del mercato dell'auto in generale, dotato di offerte sempre maggiori e modelli nuovi lanciati con sempre maggiore frequenza.
La Polizia ha iniziato a interessarsi della preservazione del proprio patrimonio automobilistico grazie all'interessamento di alcuni dipendenti (che dettero luogo ad alcune realtà locali, quali la Scuderia delle Pantere Storiche, istituita a Firenze nel 1989)[59]. Oggi, le auto della polizia ritenute maggiormente interessanti sono comunque custodite – quasi un esemplare restaurato per ogni modello utilizzato (manca a oggi, ad esempio, la 155) – e visitabili, presso una realtà istituzionale dedicata: il Museo delle Auto della polizia, fondato a Roma nel 2004[60].
Oggi la Polizia di Stato può contare sull'appoggio di svariati velivoli, sia ad ala fissa che mobile, i quali, a seconda delle loro specifiche, vengono usati con diversi compiti e in diversi ruoli.
Aereo | Immagine | Origine | Tipo | Versione | Quantità | Note |
---|---|---|---|---|---|---|
Agusta Bell 206 | Stati Uniti Italia |
Elicottero da trasporto leggero, Addestramento | AB.206 | 28 | ||
Agusta Bell 212 | Stati Uniti Italia |
Elicottero da trasporto multiruolo medio | AB.212 | 23 | ||
AgustaWestland AW109 | Italia Regno Unito |
Elicottero da trasporto multiruolo leggero, Trasporto VIP | A109A A109A Mk II A109N NEXUS |
12 (1) |
L'unico modello NEXUS, il PS107, risulta danneggiato a seguito di un incidente[senza fonte] | |
AgustaWestland AW139 | Italia Regno Unito |
Elicottero da trasporto multiruolo medio, Trasporto VIP | AW139 | 11[61] | ||
Partenavia P.68 | Italia | Controllo territoriale | P.68 Observer | 18 | ||
Piaggio P180 Avanti | Italia | Controllo territoriale, Trasporto VIP | P.180 Avanti II | 3 |
Negli ultimi anni, a seguito della nuova legge Antiterrorismo del 2015[62] e del relativo decreto attuativo[63][64][65], sia l'Arma dei Carabinieri che la Polizia di Stato[66] hanno avviato progetti di sperimentazione per dotarsi di droni a pilotaggio remoto come mezzi ausiliari per il controllo del territorio. Questi droni devono essere prodotti da aziende in possesso di uno specifico Certificato di progetto per le forze di polizia e di autorizzazioni rilasciate dall'Enac[65] (che nell’ottica di garantire il contenimento dell’emergenza epidemiologica “coronavirus” e al fine di consentire le operazioni di monitoraggio degli spostamenti dei cittadini sul territorio comunale, prevista dai D.P.C.M. del 9 marzo 2020, ha dotato anche le Forze dell’Ordine di molti centri urbani[67] della possibilità di dotarsi di droni)[68] al momento in possesso di poche aziende come FlyTop[69], I.D.S. (Ingegneria Dei Sistemi)[69] e Nimbus[66][69]. Le forze dell'ordine hanno inoltre la facoltà di affidarsi a mezzi e personali privati per l'impiego di APR.[70]
La Polizia di Stato è rappresentata da:
Lo stemma è partito: la prima sezione è d'oro, alla fascia di azzurro, simbolo delle decorazioni concesse alla bandiera della Polizia, accompagnata in capo da un libro chiuso, il cui titolo LEX ("Legge") indica il compito della Polizia di far rispettare le leggi, e in punta da due fiaccole accese, passate in decusse, con riferimento alla fondamentale attività di soccorso e assistenza della popolazione in caso di calamità; la seconda sezione è di porpora, al leone rampante d'oro, tenente nella branca anteriore destra un gladio romano, a sottolineare forza, coraggio, onestà nella difesa della legge. Sotto lo scudo, su lista bifida svolazzante, il motto Sub Lege Libertas.
Il primo stemma della Polizia è del 1957: lo scudo era sormontato da un'aquila, emblema tradizionale della Polizia; lo scudo e il motto erano circondati da due rami, uno di quercia e uno di alloro. Nel 1991 l'aquila venne sostituita dalla corona muraria degli enti militari che reca sotto la torre centrale uno scudetto di colore cremisi, caricato delle lettere R.I. (Repubblica Italiana) intrecciate. La composizione venne semplificata nel 2007 con l'eliminazione dei rami che ornavano lo scudo, decorazione utilizzata principalmente nell'araldica di comuni e province. Nel 2018 sono state apportate leggere modifiche che non hanno variato molto l'aspetto generale.[71]
La Polizia di Stato dispone di diverse divise:
Aquila eretta dorata, con scudo cremisi e monogramma "RI",[83] sormontata da torre trimerlata.
Mostrine con fiamma dorata su campo cremisi alla base della quale vi è il monogramma "RI"[83]; lunghe e ricamate per i funzionari, corte e ricamate per gli ispettori superiori sostituti commissari e di metallo per il restante personale di Polizia.
Nel 2005 la Polizia di Stato contava un totale di 105 324 agenti (di cui oltre 15 000 donne) così ripartiti:[84][85][86][87]
L'organico previsto ammontava a 115 000 uomini (di cui 105 000 agenti del ruolo operativo e 10 000 appartenenti al ruolo tecnico-scientifico e sanitario), ma a causa delle carenze di quest'ultimo il personale complessivo annoverava circa 105 000 unità. Il 15% era costituito da donne.
Poco meno di 6 000 operatori erano distaccati in funzioni tecniche, destinate a fornire supporto logistico e di assistenza tecnica al restante personale. Circa 2 000 agenti risultavano invece assegnati al servizio di polizia di prossimità.
La festa della Polizia di Stato italiana ricorre il 10 aprile e celebra il Giorno della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della normativa di riforma, la legge 1º aprile 1981, n. 121[23], che diede una nuova riorganizzazione alla struttura della Polizia italiana.
Dal 5 giugno 1990 - attuale[89]:
Medaglia al merito di servizio della Polizia di Stato
Croce di anzianità di servizio della Polizia di Stato
Medaglia al merito di lunga navigazione aerea della Polizia di Stato
Medaglia al merito di lunga navigazione della Polizia di Stato
Medaglia di commiato della Polizia di Stato
Medaglie commemorative
Medaglia d'oro ai familiari e ai grandi invalidi "Vittime del Dovere" della Polizia di Stato
dal 7 luglio 2006 - attuale:
Nastrino di lungo impiego nei servizi di ordine pubblico
dal 10 ottobre 2011 - attuale:
La Bandiera del Corpo della Polizia di Stato è decorata delle seguenti onorificenze (aggiornamento a gennaio 2024):
3 Medaglia d'argento al valor civile
1 Medaglia di bronzo al merito civile
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