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235° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1623 al 1644 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Urbano VIII, nato Maffeo Vincenzo Barberini (Firenze, 5 aprile 1568[1] – Roma, 29 luglio 1644), è stato il 235º papa della Chiesa cattolica dal 1623 alla morte.
Papa Urbano VIII | |
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Ritratto di papa Urbano VIII, opera di Pietro da Cortona del 1627 | |
235º papa della Chiesa cattolica | |
Elezione | 6 agosto 1623 |
Incoronazione | 29 settembre 1623 |
Fine pontificato | 29 luglio 1644 (20 anni e 358 giorni) |
Cardinali creati | vedi Concistori di papa Urbano VIII |
Predecessore | papa Gregorio XV |
Successore | papa Innocenzo X |
Nome | Maffeo Vincenzo Barberini |
Nascita | Firenze, 5 aprile 1568 |
Ordinazione sacerdotale | 24 settembre 1604 |
Nomina ad arcivescovo | 20 ottobre 1604 da papa Clemente VIII |
Consacrazione ad arcivescovo | 28 ottobre 1604 dal patriarca Fabio Biondi |
Creazione a cardinale | 11 settembre 1606 da papa Paolo V |
Morte | Roma, 29 luglio 1644 (76 anni) |
Sepoltura | Basilica di San Pietro in Vaticano |
Maffeo Barberini nacque a Firenze da Antonio, un ricco mercante, e da Camilla Barbadori, quinto di sei figli. Fu battezzato il 5 aprile 1568. Originari di Barberino Val d'Elsa, gli ascendenti del papa avevano cambiato l'originario cognome di Tafani prima in da Barberino (a Firenze) poi in Barberini (a Roma), così come i tre tafani presenti sullo stemma in tre api. Maffeo nacque in una casa signorile in piazza Santa Croce.
All'età di tre anni perse il padre; si occupò pertanto della sua educazione lo zio Francesco Barberini, protonotario apostolico. Studiò a Firenze e a Roma, nel Collegio dei Gesuiti (Collegio Romano), dove si laureò in legge[2]. Fu il secondo futuro pontefice a laurearsi in un collegio gesuita. Nel 1589 ottenne il dottorato in utroque iure all'Università di Pisa. Appena ventenne era entrato nell'Accademia Fiorentina e in seguito fece parte anche dell'Accademia degli Alterati di Firenze, di quella degli Insensati di Perugia, di quella degli Umoristi di Roma e di quella dei Gelati di Bologna.[3]
Tre anni prima del dottorato, il 7 aprile 1586, aveva ricevuto la tonsura (rito che precede il conferimento degli ordini sacri); il 24 giugno 1592 fu ordinato diacono[4]. Fu ordinato sacerdote il 24 settembre 1604.
Morto lo zio che, da giovane, lo aveva ospitato a Roma, ne ereditò il cospicuo patrimonio, con il quale acquistò un prestigioso palazzo, arredandolo in maniera estremamente sfarzosa, sullo stile rinascimentale, lussuoso a tal punto da diventare il personaggio più in vista e importante della città.
La sua carriera nella Curia romana fu rapida: il 20 ottobre 1604 era già arcivescovo. Nel 1606 ottenne la porpora cardinalizia.
«Formatosi alla scuola di quel finissimo umanista latino quale era stato Aurelio Orsi [...] per il quale avrebbe poi sempre nutrito la più affettuosa memoria, Maffeo assimilò il senso e il gusto per la bella forma latina e italiana.»[5] Cultore della letteratura classica, fu autore di versi, in latino e anche in greco. Alcuni di questi carmina, dedicati al suo magister Aurelio Orsi, vennero pubblicati a Brescia nel 1595, altri a Perugia nel 1606, mentre una raccolta più cospicua di circa trenta poesie latine fu data alle stampe a Parigi nel 1620 su iniziativa dell'erudito provenzale Nicolas-Claude Fabri de Peiresc.[3] «Barberini, anche dopo divenuto papa nel 1623 con il nome di Urbano VIII, dedicò particolarissime cure ai Poëmata, di cui tra il 1620 e il 1643 apparvero non meno di quindici edizioni, via via accresciute di nuovi componimenti e tutte (a eccezione forse di quella del 1620, pubblicata dal Peiresc di propria iniziativa) approvate dall'autore, stampate in molti casi addirittura presso la tipografia della Camera Apostolica.»[6] Un'edizione, quella del 1631, fu curata dai Gesuiti e illustrata dal Bernini.[7]
Il cardinale Barberini partecipò a due conclavi: quello del 1621, che elesse il papa Gregorio XV, e quello del 1623, che lo vide eletto.
Maffeo Barberini fu eletto papa il 6 agosto 1623 nel Palazzo Vaticano; fu consacrato il 29 settembre (San Michele) dal cardinale protodiacono Alessandro d'Este. La consacrazione fu rinviata a causa di una malattia.
Al conclave, che si tenne dal 19 luglio al 6 agosto, parteciparono 55 cardinali. Andrea Baroni Peretti Montalto lasciò il conclave il 3 agosto, per cui i cardinali che parteciparono all'elezione furono 54. Urbano VIII fu eletto al 37º scrutinio con cinquanta voti. In precedenza Giovanni Garzia Mellini aveva raggiunto 22 voti.
Il 29 aprile 1624, con la bolla Omnes Gentes plaudite manibus, indisse il XIII Giubileo. Concesse ai religiosi di clausura, agli ammalati e ai carcerati di potere acquistare l'indulgenza senza recarsi a Roma (bolla Pontificia sollicitudo). La porta santa fu aperta nel pomeriggio della vigilia di Natale. Durante l'anno giubilare giunsero a Roma circa mezzo milione di pellegrini. Il pontefice rese più comode le visite alle sette chiese, sostituendo a quelle fuori le mura (San Sebastiano, San Paolo e San Lorenzo) visite cittadine a Santa Maria del Popolo, Santa Maria in Trastevere e San Lorenzo in Lucina. Sempre nella prospettiva di ridurre lo scomodo dei fedeli senza ridurne le offerte per le indulgenze, con questo giubileo venne introdotta la novità, divenuta poi usanza comune, di lucrare l'indulgenza del Giubileo ogni volta che si ripetessero a Roma le opere prescritte.[10]
Urbano VIII indisse poi otto giubilei straordinari, con queste motivazioni:
Il 5 luglio 1634 Urbano VIII emanò la lettera apostolica Coelestis Hierusalem cives. Nacque la distinzione netta tra beatificazione e canonizzazione, inoltre la Sede Apostolica si riservò sia il diritto di canonizzazione sia quello di beatificazione. Il 12 marzo 1642 la Decreta servanda in beatificatione et canonizatione Sanctorum regolò ulteriormente la procedura di entrambi gli atti.
Urbano VIII firmò quattro documenti, di vario contenuto che riguardano gli ebrei:
Il 1º ottobre 1627 Urbano VIII emanò la costituzione apostolica Debitum pastoralis officii con la quale creò la “Congregazione dei confini” (Sacra Congregatio de confinibus Status Ecclesiastici)[29]. Gli scopi del provvedimento erano quattro: provvedere alla difesa dello Stato Ecclesiastico; impedire ogni cessione illegale; risolvere ogni vertenza giurisdizionale interna o con gli stati esteri limitrofi e cercare di riacquisire i territori perduti.
Nel 1630 viene istituita anche nello Stato della Chiesa la tassa sul macinato[30].
Il duca di Urbino Francesco Maria II Della Rovere, non avendo eredi, sottoscrisse la devoluzione di tutti i feudi della famiglia alla Santa Sede. Nel 1631, alla sua morte, la Santa Sede incamerò tutti i suoi possedimenti, tra i quali il Ducato stesso. Nello stesso anno effettuò la nomina del primo Governatore pontificio. Nel 1636 conferì il titolo di città a Urbania (ex Casteldurante), elevandola a sede diocesana.
La famiglia Barberini, cui apparteneva Urbano VIII, era rivale della famiglia Farnese. Papa Paolo III (Alessandro Farnese) aveva assegnato nel 1537 il Ducato di Castro ai nipoti, unitamente a notevoli privilegi fiscali. Barberini tentò di riportarlo con la forza sotto il governo dello Stato della Chiesa.
Approfittando del fatto che i Farnese in quel momento erano fortemente indebitati presso alcuni banchieri romani il Papa confiscò tutti i loro beni e dichiarò loro guerra. Il Ducato di Castro fu occupato nel mese di ottobre del 1641; successivamente il duca Odoardo I Farnese fu scomunicato e il Pontefice lo dichiarò decaduto da tutti i diritti di proprietà e sovranità, minacciandolo di privarlo anche del ducato di Parma e Piacenza.
Fallito ogni tentativo di giungere a un accordo il Papa dichiarò che il Ducato di Castro era possedimento della Chiesa e la famiglia Farnese ne aveva usurpato il titolo. L'atteggiamento del Papa su questa vicenda, però, indusse gli altri principi italiani a guardare con sospetto la posizione del Pontefice. Costui, infatti, se fosse venuto in possesso anche del Ducato di Parma e Piacenza, avrebbe costituito una potenziale minaccia all'integrità territoriale degli Stati dell'Italia del Nord, soprattutto perché Urbano VIII era notoriamente filo-francese e la Francia aveva mire espansionistiche verso l'Italia.
Odoardo Farnese, presa coscienza di avere l'appoggio di tutte le signorie dell'Italia del Nord, e ottenuta l'alleanza di Firenze e Venezia, armò un piccolo esercito, alla testa del quale marciò verso Roma, dando inizio a una vera e propria guerra. La guerra di Castro andò avanti, con alterne vicende, per ben quattro anni. Le operazioni militari ebbero termine soltanto a causa dell'esaurimento delle finanze da parte di tutti i belligeranti. Nel 1644 si raggiunse un accordo di pace che vide non solo la revoca della scomunica da parte del Papa, ma anche la restituzione del Ducato di Castro ai Farnese.
Urbano VIII svolse il suo pontificato al tempo della Guerra dei Trent'anni (1618-1648). Considerò come sua missione quella di riportare la pace tra i regnanti europei. La sua politica estera fu orientata a sostenere la Francia al fine di evitare che la rivale Austria diventasse troppo potente. Il pontefice riuscì a tenere fuori dal conflitto i territori italiani.[11]
Urbano VIII affidò la gestione dei rapporti con gli Asburgo all'ambasciatore a Vienna del regno di Spagna (nel 1628 fu richiamato a Roma il nunzio Carlo Carafa). Ma l'imperatore decise di non consultare la Santa Sede negli avvenimenti secolari[31]. Ben più incisiva fu l'influenza a corte del confessore dell'imperatore, Guglielmo Lamormaini, gesuita. Quando nel 1629 Ferdinando II d'Asburgo emanò l'Editto di Restituzione (Radix omnium malorum), il testo fu redatto interamente dal Lamormaini. L'Editto sancì la restituzione alla Chiesa cattolica delle sedi ecclesiastiche sottrattele dai protestanti dopo la Pace di Augusta (1555). Il pontefice non poté opporsi però alla decisione di Ferdinando II di nominare personalmente i nuovi vescovi cattolici. Anche re Gustavo II Adolfo di Svezia non ottemperò alle richieste papali, rifiutandosi di consegnare al Pontefice i vescovadi sottratti ai protestanti nella Germania del Nord durante la guerra dei Trent'anni.
Nel 1630 Urbano VIII stipulò con Ferdinando II (che cingeva anche la corona di re di Boemia) un concordato che regolò i rapporti con la nazione mitteleuropea (la Boemia era un possedimento degli Asburgo d'Austria). Rimase l'unico concordato stipulato dalla Santa Sede nel XVII secolo.
L'ambasciatore di Spagna a Roma puntò a ottenere un privilegio di precedenza rispetto agli altri Stati europei. Sentita questa richiesta, la Santa Sede fece notare che non c'era una sola Spagna: anche il Regno d'Aragona e il Portogallo, a quel tempo, facevano parte del Regno di Spagna. La Santa Sede fissò le precedenze come segue:
Papa Urbano VIII cercò di normalizzare i rapporti con il Regno di Svezia proponendo un concordato a re Gustavo II Adolfo, ma le trattative non giunsero a buon fine.
Nel 1624 il pontefice nominò Richard Smith nuovo vicario apostolico per Inghilterra, Galles e Scozia.[32] Nel 1626 Urbano VIII espresse ancora una volta la sua contrarietà alla decisione del Parlamento inglese di chiedere ai sudditi un giuramento di fedeltà al Paese. Nel 1631 il governo inglese emanò misure persecutorie nei confronti dei cattolici. Smith si rifugiò in Francia; per i successivi cinquant'anni la nomina del vicario apostolico in Inghilterra fu sospesa.
Nel 1626 l'imperatore d'Etiopia Sūsenyōs si convertì al cattolicesimo. Ma il figlio Fāsiladas detronizzò il padre e ripristinò il primato della Chiesa copta (1632).
Urbano VIII ordinò la fortificazione del porto di Civitavecchia, del colle del Quirinale e di Castel Sant'Angelo. Il materiale per fare i cannoni fu ricavato in parte dal Pantheon, dal quale fu asportata la copertura bronzea della travatura lignea del pronao. Fu questa circostanza che ispirò la famosa pasquinata quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini. Inoltre tutti i marmi del Colosseo furono riutilizzati per abbellire i palazzi romani e le pietre furono utilizzate addirittura per costruire nuovi palazzi. In altri termini, il Colosseo fu utilizzato come cava di materiali da costruzione[33].
Durante il pontificato di Urbano VIII Pietro da Cortona fu uno dei principali architetti operanti a Roma, insieme a Gian Lorenzo Bernini;
Il Bernini realizzò anche il progetto della Fontana del Tritone (sita in piazza Barberini) e fu incaricato di progettare il palazzo scelto come sede del Pontificio Collegio Urbano[36]. A dimostrazione della fiducia e della stima riposta sul Bernini, Urbano VIII lo incaricò della costruzione del proprio monumento sepolcrale. Infine, tra il 1629 e il 1633 diresse i lavori di completamento di Palazzo Barberini dopo la morte di Carlo Maderno. Altri artisti chiamati a lavorare a Roma dal pontefice furono: Andrea Sacchi, Gasparo Mola e Francesco Borromini.
Il pontefice ordinò il rifacimento del Duomo di Spoleto (città di cui aveva retto la cattedra arcivescovile dal 1608 al 1617).
Ai confini dello Stato Pontificio con il Ducato di Modena fece realizzare una fortificazione, conosciuta come Forte Urbano.
Ai grandi artisti del Seicento Urbano VIII affidò le commissioni più importanti. Con loro il barocco si affermò come lo stile della teatralità, dello stupore e della meraviglia.[11]
Urbano VIII fu protettore di vari uomini di cultura, tra cui Cassiano dal Pozzo, Vincenzo Giustiniani e Marcello Sacchetti. Palazzo Barberini, il palazzo di famiglia, divenne luogo d'incontro di eruditi e letterati. Si circondò di poeti con cui era entrato in rapporti di amicizia - come per esempio Gabriello Chiabrera (uno dei principali lirici del Seicento), Giovanni Ciampoli o Francesco Bracciolini - intelligente sperimentatore di forme poetiche e inventore, assieme ad Alessandro Tassoni, del poema eroicomico. Il Bracciolini celebrò l'ascesa del Pontefice al soglio con il poema L'elettione di Urbano Papa VIII (1628), in 23 canti. Durante il pontificato di Urbano VIII fu composta la Biblioteca Barberini, nella quale furono raccolti numerosi e preziosissimi manoscritti.
Il pontefice inoltre fu patrono di Giovanni Baglione (pittore e biografo di artisti), dei pittori francesi Nicolas Poussin e Claude Lorrain e di Giovanni Girolamo Kapsberger, musicista e virtuoso della tiorba. Conobbe i più brillanti studiosi del suo tempo, tra cui Athanasius Kircher, filosofo e storico tedesco, Benedetto Castelli (matematico e fisico) e Denis Pétau, filosofo e teologo francese. Nel 1626 riuscì a ottenere la scarcerazione del grande filosofo e teologo Tommaso Campanella, da 27 anni incarcerato a Napoli. Il pontefice intercedette personalmente presso Filippo IV di Spagna.
Infine, con la bolla Quoniam ad agrum del 25 ottobre 1636, Urbano VIII fondò a Roma un seminario, chiamato "Seminario Vaticano", i cui alunni avevano anche il compito del servizio liturgico presso la basilica di San Pietro. Nel 1913 ha assunto la denominazione attuale di Pontificio Seminario Romano Minore.
Urbano VIII fu patrono anche della musica: ammise Gregorio Allegri tra i cantori della cappella pontificia (dalla quale cominciò la sua brillante ascesa) e concesse numerosi privilegi all'Accademia di Santa Cecilia: controllo della professione, della didattica e dell'editoria musicale a Roma.[37][38]
Malgrado la rigida censura fioccarono sul pontefice numerosissime Pasquinate.
Il pontificato di Urbano VIII vide compiersi il processo a Galileo Galilei, quale sostenitore della teoria copernicana sul moto dei corpi celesti, in opposizione alla teoria aristotelico-tolemaica universalmente accettata. La vicenda era nata sotto il pontificato di papa Paolo V (1605-1621).
Maffeo Barberini, quando era cardinale, aveva preso le difese di Galilei allorquando si erano accese, a Firenze, le dispute sulle varie ipotesi dei fenomeni di galleggiamento. Per cui, quando egli fu eletto papa (nel 1623), Galileo fu indotto a sperare in un benevolo atteggiamento del nuovo pontefice verso la sua persona e i suoi studi.
Sul finire del 1623 Galilei diede alle stampe un volume intitolato Il Saggiatore, con dedica al nuovo pontefice. In quest'opera lo scienziato, trattando del moto delle comete e di altri corpi celesti, non prendeva posizione sulla questione della validità o meno della teoria copernicana, benché propugnasse una nuova concezione del metodo scientifico in netta contrapposizione con quella tradizionale. Inoltre sosteneva che la conoscenza progredisse sempre, senza mai assestarsi su posizioni dogmatiche. In altri termini l'uomo ha il diritto-dovere di ampliare le sue conoscenze senza mai avere la pretesa di pervenire alla verità assoluta. Questa posizione, secondo lo scienziato, non era per nulla in contrasto con la fede.
L'opera di Galilei fu valutata positivamente da Urbano VIII. Il Papa ricevette ufficialmente lo scienziato a Roma nel mese di aprile del 1624 e lo incoraggiò a riprendere i suoi studi sul confronto tra i massimi sistemi, purché il confronto avvenisse soltanto su basi matematiche. La qual cosa era da intendersi nel senso che una certezza matematica, ovvero astratta, nulla aveva a che vedere con le certezze del mondo reale. Seppur con questa limitazione, la Chiesa di Roma sembrava avere ammorbidito la sua posizione circa la nuova teoria.
Il 21 febbraio del 1632 uscì l'opera di Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (quello tolemaico e quello copernicano), nella quale veniva sostenuta la validità del sistema eliocentrico, sebbene tramite l'espediente del dialogo tra personaggi, che solo in parte erano ispirati a persone realmente esistenti. Nella premessa al volume Galileo elogiava il "salutifero editto" papale del 1616, che aveva determinato la messa all'Indice del De revolutionibus di Copernico. Infine, l'argomentazione filocopernicana di Salviati viene definita «una fantasia ingegnosa».[39] Le reazioni ostili non si fecero attendere. Nell'estate dello stesso anno Urbano VIII esternò tutto il suo risentimento, in quanto una sua tesi era stata trattata, a suo parere, maldestramente e esposta al ridicolo. Discutendo della teoria delle maree, sostenuta dal copernicano Salviati - e che avrebbe dovuto essere la prova definitiva della mobilità della Terra - Simplicio propugna «una saldissima dottrina, che già da persona dottissima ed eminentissima appresi, ed alla quale è forza quietarsi» (chiaro riferimento a Urbano), secondo la quale Dio, grazie alla sua «infinita sapienza e potenza», avrebbe potuto causare le maree in modi diversissimi tra loro, e non si poteva essere sicuri che quello proposto da Salviati fosse l'unico corretto. Ora, a prescindere dal fatto che la teoria galileiana delle maree era errata, sarà parso sicuramente oltraggioso il commento ironico di Salviati, il quale definisce la proposta di Simplicio «una mirabile è veramente angelica dottrina».[39] Oltre a questo, nel testo vi era più di un riferimento al pontefice quale difensore delle posizioni più arretrate. Infine l'opera si chiudeva con l'affermazione che agli uomini si «concede il disputare intorno alla costituzione del mondo» a patto di non «ritrovare l'opera fabbricata» da Dio. Questa conclusione non era altro che un espediente "diplomatico" escogitato per andare in stampa. La qual cosa aveva fatto infuriare il pontefice.
I nemici di Galilei intravidero nel Dialogo un attacco frontale al binomio teologia-filosofia che si riteneva fosse l'unica strada percorribile per l'accertamento della verità, considerando la scienza una via del tutto subordinata, asservita, cioè, alle discipline teoriche[Sostituire con un elenco].
Forse, però, l'aspetto che i censori ritenevano più pericoloso del trattato era rappresentato dal fatto che il testo era stato scritto in italiano e non in latino, lingua tradizionale per le opere destinate agli studiosi. In altri termini, adoperando la lingua italiana, ovvero il volgare, come si diceva a quei tempi, lo scienziato aveva dimostrato l'intenzione di dare la massima diffusione al contenuto della sua opera, anche e soprattutto al di fuori del mondo accademico.
Nel mese di luglio del 1632, l'Inquisizione di Firenze diede ordine di ritirare tutte le copie in commercio del Dialogo. Urbano VIII, spinto dai gesuiti, alcuni dei quali – come il padre Christoph Scheiner – nemici acerrimi dello scienziato, diede ordine di inviare copia del Dialogo al Sant'Uffizio per gli opportuni esami e di convocare Galilei a Roma presso l'Inquisizione.
L'accusa mossa a Galilei era che egli non si era limitato a trattare la teoria copernicana in termini puramente matematici, bensì l'aveva fatta propria, ritenendola vera anche dal punto di vista fisico.
Il 12 aprile del 1633 Galilei si presentò a Roma e fu arrestato. Comprendendo che il tribunale dell'Inquisizione era intenzionato a reprimere, con ogni mezzo, la divulgazione delle idee esposte nel Dialogo, si offrì di apportare delle correzioni che tenessero conto delle esigenze della "Dottrina di Santa Romana Chiesa". Ciò non fu bastevole. Il Papa, benché fosse sempre stato informato, per suo desiderio, degli interrogatori, si era guardato bene dall'intervenire. Ciò aveva fatto sperare in un suo intervento a favore dello scienziato pisano. La qual cosa non avvenne.
Allo scienziato fu imposto un pubblico atto di abiura. Diversamente avrebbe dovuto subire tutte le pene riservate agli eretici. Galilei dovette piegarsi. Con l'atto di abiura si impegnava, altresì, a non divulgare più, in avvenire, le idee copernicane e a denunciare al Sant'Uffizio chiunque, in futuro, ne avesse tentato di riprendere la divulgazione. Ciò accadeva nell'estate del 1633.
Galilei fu trasferito prima a Siena, presso l'arcivescovo Ascanio Piccolomini, e poi nella sua casa di Arcetri, ove gli fu concesso di espiare il carcere tra le mura domestiche, in considerazione della sua anzianità.
Il 5 aprile 1634 Giacinto Centini di Ascoli Piceno, con la complicità di due frati, compì un rito di magia nera per causare la morte del pontefice attraverso la negromanzia. Tutti e tre furono condannati a morte. La sentenza fu eseguita il 23 aprile 1635 in Campo de' Fiori.
Papa Urbano VIII morì il 29 luglio 1644 a Roma e fu sepolto all'interno della Basilica Vaticana nel monumento funebre realizzato da Bernini in bronzo e marmo.
Regnò per 20 anni, 11 mesi e 23 giorni. L'ultimo papa prima di lui ad avere regnato più a lungo fu il Alessandro III (settembre 1159 – agosto 1181).
Durante il suo pontificato Urbano VIII convocò otto concistori, nel corso dei quali procedette alla nomina di ben 74 cardinali, secondo nella storia solo a Pasquale II (1099-1118), che ne creò 92.
Il 6 ottobre 1627 istituì il nuovo titolo cardinalizio di San Carlo al Corso in sostituzione del titolo di San Carlo ai Catinari, ma il 5 settembre 1639 ripristinò il precedente titolo.
Urbano VIII aveva un fratello maggiore, Carlo Barberini, che aveva intrapreso la carriera militare. Fu nominato Gonfaloniere della Chiesa e luogotenente generale dell'Esercito pontificio. Carlo ebbe due figli maschi, Francesco e Antonio. Urbano VIII li fece entrambi cardinali.
Il pontefice creò cardinale anche il cognato Lorenzo Magalotti.
Urbano VIII celebrò quattro canonizzazioni; proclamò inoltre 35 beati, tra cui i ventisei martiri del Giappone.
Nel 1630 il pontefice stabilì che San Giacomo Apostolo è il solo e unico patrono di Spagna[44].
Inoltre inserì nel Martirologio romano Santa Rosalia e riconobbe le eroiche virtù di Roberto Bellarmino (1542-1621).
Urbano VIII viene citato nei Promessi sposi: è indicato come Pontefice regnante durante i fatti narrati.
Inoltre è protagonista del romanzo La Strega Innamorata (1985), di Pasquale Festa Campanile, in cui l'eroina, la strega Isidora, si innamora, ricambiata, del pontefice e hanno una storia d'amore platonica.
La genealogia episcopale è:
La successione apostolica è:
Genitori | Nonni | Bisnonni | Trisnonni | ||||||||||
Francesco Barberini | Antonio Barberini | ||||||||||||
Filippa Covoni | |||||||||||||
Carlo Barberini | |||||||||||||
Marietta Miniati | Antonio Miniati | ||||||||||||
Maddalena Cini | |||||||||||||
Antonio Barberini | |||||||||||||
Bernardo Rustici | |||||||||||||
Marietta Rustici | |||||||||||||
Urbano VIII | |||||||||||||
Alessandro Barbadori | Gian Donato Barbadori | ||||||||||||
Costanza Cappelli | |||||||||||||
Gian Donato Barbadori | |||||||||||||
Piera Acciaiuoli | Onofrio Acciaiuoli | ||||||||||||
Alessandra Spinelli | |||||||||||||
Camilla Barbadori | |||||||||||||
Lorenzo Cambi | |||||||||||||
Nannina Cambi | |||||||||||||
Caterina Capponi | |||||||||||||
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