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insegna simbolica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lo stemma (dal greco στέμμα, ovvero stémma, detto anche blasone) è l'insieme di scudo ed ornamenti esteriori di un'insegna simbolica gentilizia, nazionale o civica. Lo scudo è un elemento necessario dello stemma: si tratta di un elemento grafico che consente, in prima approssimazione, di richiamare alla mente, con immediatezza e precisione, varie organizzazioni o individui come una persona, una famiglia, un gruppo sociale, un territorio.
L'uso dello stemma si diffuse con i tornei e le Crociate[1], mentre le insegne araldiche sono comparse in Europa tra la nobiltà nella seconda metà del XII secolo[2].
L'origine degli stemmi è sicuramente militare, risalente al periodo in cui i combattenti dei vari eserciti non avevano divise che consentissero di distinguere agevolmente un gruppo dall'altro e, soprattutto, erano organizzati in unità strettamente legate ad un signore o capitano, per cui l'individuazione del capo era sufficiente per identificare tutto il gruppo. Questa affermazione può essere suffragata, ad esempio, dal fatto che l'esercito romano, le cui unità erano equipaggiate con uniformi ben riconoscibili, non aveva bisogno di stemmi individuali ma si serviva esclusivamente di insegne di reparto (le principali delle quali erano le aquile legionarie). Anche gli eserciti barbari, pur se privi di equipaggiamenti uniformi, si identificavano con strutture sociali di alto livello e certo non erano articolati in singole entità legate ad un individuo; anch'essi, quindi, utilizzavano talora insegne collettive, ma erano praticamente assenti le insegne personali.
Il feudalesimo portò in questo campo due novità:
Entrambi i fenomeni imposero la necessità di poter distinguere, anche da lontano, un cavaliere del quale non era visibile il volto. La soluzione più semplice, e che prese rapidamente piede, era quella di contrassegnare le parti più visibili e resistenti, lo scudo e la gualdrappa del cavallo, con colori disposti secondo schemi individuali. A mano a mano che si moltiplicavano i simboli personali diveniva sempre più difficile ideare nuovi schemi e quindi ai soli colori cominciarono ad aggiungersi disegni che rappresentavano armi, attrezzi, animali, piante o altri oggetti.
Il nuovo sistema di identificazione era così efficiente che venne adottato in quasi tutta Europa, e comunque in tutti i territori soggetti al sistema feudale, senza sostanziali variazioni. La necessità di riconoscere da lontano un cavaliere era ora soddisfatta, ma solo a patto che ci fosse qualcuno in grado di conoscere, e quindi riconoscere, i vari simboli individuali. I funzionari incaricati del riconoscimento, sia nelle azioni belliche che nei vari tornei, assunsero quindi una veste ufficiale ed un nome ben preciso: araldi. Dalla loro denominazione deriverà poi il nome della disciplina da essi praticata: l'araldica.
Sebbene nel linguaggio comune esista la tendenza a usare i termini "armi" e "stemmi" come sinonimi, tuttavia in araldica questi due termini assumono un significato differente. Una delle prime distinzioni nella terminologia araldica tende a riconoscere due parti costitutive di uno stemma:
Al di fuori della terminologia araldica inglese e scozzese, disciplinata da leggi e registri ancora vigenti, la terminologia araldica tende altrove a distinguere ulteriormente lo stemma dall'arme completo, poiché le "armi dominanti" dello stemma originario di una città o di una nobile casata erano progressivamente arricchite nel tempo dalle armi di padronanza della altre città assoggettate, a memoria dei vinti e a monito dei rivali.
Una terminologia analoga, che pone lo stemma (Wappen) in relazione all'arme (Waffen), è presente anche nell'araldista Otto Hupp, e ripreso nel 1926-1927 dalla scrittrice ebreo-tedesca Gertrud Kolmar[5] ad indicare che il vincitore "arruolava sotto le armi" le città soggiogate, la coscrizione in segno di continuità ideale fra l'antico impero romano e l'impero di Prussia[5].
Se l'araldica italiana è storicamente ai francesi con la mediazione del Piemonte[6], è pur vero che fra i Savoia, principale casata piemontese, già dall'XI secolo Amedeo I e Oddone poterono fregiare il proprio stemma araldico con l'aquila nera monocipite raffigurata nello stemma imperiale prussiano[7], tracciando in questo modo un legame storico che derivava dal matrimonio politico di Berta con Enrico IV, piuttosto che da operazioni belliche di conquista. Il passaggio di consegne compiuto in "tempo di pace" fra i due stemmi, riguarda una parte dello scudo piuttosto che i punti dell'arme del carico.[non chiaro]
L'arme identifica l'elemento distintivo di una persona, o di un ente, un'associazione, un'unità militare, e associa allo stemma anche gli ornamenti esteriori indicativi di titolo, qualifiche, funzione, grado e meriti del relativo titolare. Si tratta di un elemento grafico che consente, in prima approssimazione, di richiamare alla mente, con immediatezza e precisione, una persona, un gruppo sociale, un territorio[8]. Coerente con questa definizione di "arme", l'armoriale è una raccolta di stemmi completi di blasonatura (la lettura codificata dello stemma), titoli di spettanza e dimora[9].
Nel tempo, il sistema araldico, che in origine era praticato senza alcuna normativa, passò ad una fase in cui alla pratica quotidiana si associava la formulazione di regole uniformi, l'adozione di un metodo di catalogazione e la creazione di tecniche di comunicazione che fossero applicabili ed efficienti in tempi in cui non esistevano strumenti di riproduzione visiva - salvo disegni e pitture - e gli archivi non potevano sfruttare la potenza dei computer.
Gli elementi da considerare erano:
L'evoluzione accennata portò alla istituzione, da parte di vari sovrani, di collegi araldici che assunsero il compito di catalogare tutti gli stemmi esistenti nella struttura sociale cui appartenevano, di regolarne l'uso, di concederne ed autorizzarne di nuovi, adottando una serie di regole alquanto rigide ma diffuse ed accettate praticamente su tutto il territorio continentale europeo.
Le regole avevano come obiettivi principali:
Si è visto come, in origine, gli stemmi fossero impiegati come simboli distintivi di condottieri militari o cavalieri. Col tempo divennero elemento distintivo di tutti coloro che avessero, o ritenessero di avere, motivi per distinguersi dagli altri. Quando poi l'uso degli stemmi venne regolamentato dal sovrano, questi divennero praticamente coincidenti con i titoli di nobiltà; solo molto più tardi iniziò la pratica di concedere stemmi anche a enti, istituzioni ed individui non appartenenti alla nobiltà locale.
Nel frattempo la codificazione in atto portò alla strutturazione degli elementi pertinenti all'uso degli stemmi. Pur tenendo conto della notevole variabilità tra le interpretazioni dei vari studiosi possiamo distinguere le seguenti voci:
Basandoci sulle definizioni date, possiamo ora distinguere i vari tipi di raccolte araldiche:
Il fatto che la maggior parte degli stemmi fossero riconducibili alla nobiltà, che i collegi araldici fossero istituiti e coordinati dai sovrani, che il linguaggio araldico fosse tendenzialmente aulico e sempre più lontano dal parlare comune, fece sì che nell'opinione pubblica si tendesse a far coincidere l'araldica con la nobiltà, anche quando questo non era più vero. L'evoluzione storica che in molti stati ha condotto alla fine delle monarchie, ha solitamente portato anche alla soppressione dell'istituto nobiliare: la citata coincidenza, percepita dalle popolazioni, tra nobiltà e araldica ha quasi sempre condotto alla convinzione che l'araldica stessa dovesse scomparire o che, comunque, fosse argomento per nostalgici cultori dei tempi andati e non un argomento di studio e conoscenza, di notevole supporto agli studi storici.
Anche se l'uso degli stemmi è stato col tempo confinato in settori marginali della vita quotidiana, l'esigenza del riconoscimento visivo - innegabilmente più immediato e di maggiore impatto rispetto alla lettura di una scritta o di un nome - è attualmente sempre più soddisfatta dall'uso dei loghi (o griffe). Chi indossa un capo di vestiario marcato con il logo del creatore o del produttore, in effetti ha un comportamento simile a quello di coloro che, in passato, aderivano ad un ordine cavalleresco solo per potersi fregiare dello stemma e delle insegne relativi e non per intimo convincimento ed impegno. L'unica differenza è che l'adesione ad un ordine poteva essere rifiutata, mentre nessun creatore di griffe rifiuta l'ostentazione del suo logo, anzi la sollecita.
La vera differenza tra stemmi e loghi è che questi ultimi hanno un aspetto assolutamente immodificabile sia come disegno che come colori, mentre i primi possono assumere un aspetto estremamente variabile, in funzione dell'epoca, delle capacità artistiche del disegnatore o del gusto del committente.
Se si accettano le definizioni date in precedenza, si può dire che gli stemmi hanno con le armi lo stesso rapporto che i cognomi, presi come singole parole, hanno con le generalità di una persona[non chiaro]. Il solo scudo con lo stemma consente infatti di riferirsi a una famiglia[non chiaro], ma occorrono le armi per identificare il singolo individuo dal momento che in esse sono rappresentati anche gli elementi che indicano, ad esempio, gli eventuali titoli di nobiltà della famiglia e della persona[Perché? (Entrambi stemma e arma, stando alle definizioni, sono formati da scudo più ornamenti esteriori)], oppure - come accade con particolare frequenza nell'araldica inglese - la esatta posizione di un titolare di stemma nella sequenza delle nascite degli eredi di un casato (tale indicazione è affidata all'uso di ben precise figure o pezze impiegate come brisure dello stemma originale.
Come un cognome può essere riferito a più famiglie, così uno stemma - o per meglio dire una composizione grafica presente su uno scudo - può essere riferito a più famiglie. A differenza di un cognome, però, il cui uso è regolamentato dall'autorità pubblica e non può essere arbitrario, l'uso di uno stemma, almeno in paesi come l'Italia attuale, non è più soggetto ad alcuna normativa ufficiale, per cui chiunque può assumerne uno di proprio gradimento senza dover richiedere o attendere alcuna autorizzazione o riconoscimento.
Non è chiaro se quando detto vale anche per le armi. In Italia l'autorità statale continua a regolamentare esclusivamente l'araldica ufficiale (civica, militare e di alcune istituzioni pubbliche). La regolamentazione non appare riferirsi alle composizioni grafiche presenti sugli scudi, ancorché le conceda con la relativa blasonatura, in quanto la concessione di una composizione grafica non può impedire a chiunque altro di utilizzarne una identica per creare un proprio stemma personale. Se lo stato concede a un comune uno stemma costituito da un partito d'oro e d'azzurro, tale disposizione è vincolante per il comune che la riceve, ma non può impedire a un privato cittadino di assumere un proprio stemma ugualmente partito d'oro e d'azzurro. È allora evidente che la regolamentazione si riferisce non alla composizione grafica in quanto tale, ma agli ornamenti esteriori che a essa si accompagnano e la rendono in tal modo simbolo identificativo degno di riconoscimento e protezione. Lo stato, quindi, regolamenta e protegge le armi di interesse pubblico.
Gli ornamenti esteriori dell'araldica ufficiale, essendo stabiliti per legge, non sono soggetti a copyright, come tutti i documenti pubblici. La loro riproduzione deve quindi ritenersi libera, in quanto non può essere diversa da come stabilito per legge. In un'arma concessa dallo stato, dunque, non possono essere soggetti a copyright né la blasonatura, in quanto documento ufficiale, né gli ornamenti, anch'essi documento ufficiale, né la composizione grafica corrispondente alla blasonatura, in quanto non riferibile a un solo titolare esclusivo, ma solamente il disegno complessivo inteso come opera artistica realizzata da un disegnatore araldico su committenza del comune o di altra autorità pubblica.
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