Loading AI tools
regista, sceneggiatore e collezionista d'arte italiano (1927-2022) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Mario Lanfranchi (Parma, 30 giugno 1927 – Langhirano, 3 gennaio 2022) è stato un regista, sceneggiatore e collezionista d'arte italiano[1].
Dopo il diploma all'Accademia dei Filodrammatici di Milano, nei primi anni cinquanta, fu chiamato da Sergio Pugliese alla Rai, agli albori della Tv italiana. Fu il primo a portare l'opera lirica sul piccolo schermo, nel 1956, con Madama Butterfly, di Giacomo Puccini, che rivelò al grande pubblico Anna Moffo, allora giovane sconosciuto soprano statunitense, che divenne l'anno seguente sua moglie e dalla quale divorziò nel 1974. Nel 1967 esordì come regista cinematografico, con il film western Sentenza di morte. Visse nella cinquecentesca villa di famiglia di Santa Maria del Piano, frazione di Lesignano de' Bagni, in provincia di Parma. È stato inoltre proprietario di una delle più importanti collezioni private d'arte italiane.
Fin da bambino respirò in casa aria di teatro e di musica. Giovanissimo, frequentava noti cantanti quali Maria Caniglia, Ebe Stignani, Beniamino Gigli e Gino Bechi.
Il padre Guido (1895-1957), appassionato di lirica, era stato presidente della commissione teatrale e poi sovrintendente del Teatro Regio di Parma[2], successivamente direttore amministrativo de Il Tempo di Milano e di 24 ore, che si unirono poi nella testata Il Sole 24 Ore.
Lanfranchi si laureò in giurisprudenza, frequentando allo stesso tempo i corsi di recitazione e di regia presso l'Accademia dei Filodrammatici di Milano, dove la famiglia lo aveva trasferito presso amici nel 1944.
Durante un saggio dell'Accademia fu notato da Gianni Santuccio, che gli propose la regia al Teatro Manzoni del suo successivo spettacolo per la compagnia appena formata con Lilla Brignone. Andò molto bene e, a questa, seguirono diverse regie d'opera, essendo nel frattempo avvenuto anche il battesimo nella lirica al Teatro Morlacchi di Perugia per incarico dell'impresario bolognese Carlo Alberto Cappelli.
Prima di affidargli una regia lirica teatrale, Cappelli lo aveva messo alla prova consegnandogli la cura e gli aspetti pratici di un progetto concordato coi due impresari Eugene Iskoldoff e Peter Daubeny, cioè la tournée inglese (1952) di una compagnia d'opera italiana appositamente creata per l'occasione, con cantanti del Teatro alla Scala di Milano e grandi nomi come Tito Gobbi e Magda Olivero. "The National Italian Opera Company" debuttò allo Stoll Theatre di Londra, rimase in cartellone per due mesi e per altri due fu portata in giro nelle principali città inglesi.
Il 1º febbraio 2018 è stato presentato al Cinema Edison di Parma il documentario "La ragionevole follia", che tratta della vita e delle opere di Lanfranchi, realizzato da tre studenti del Corso di alta formazione in cinema documentario e sperimentale: Diego Bertolotti, Michela Benvegnù ed Enrico Nanni.
Alla fine del 1952 fu convocato da Sergio Pugliese, giornalista e drammaturgo, già dirigente EIAR e responsabile dal 1937 dei programmi di prosa, varietà e rivista della radio. Complice la convinzione di Pugliese che la televisione fosse una specie di "radio in movimento", dove tutto assumeva la forma di un cosmico teatro casalingo, con precisi doveri e finalità di promozione culturale e pedagogica[3], al giovane regista furono affidati non solo tutte quelle regie liriche per le quali è più spesso ricordato, ma molti dei più disparati e importanti primi eventi nella storia televisiva, da quelli sportivi a quelli canori o di puro spettacolo, dall'Eurovisione al secondo canale Rai (Rai 2), ai battesimi inaugurali dei nuovi studi televisivi di Torino e Napoli.
Forte dei suoi trascorsi sui palcoscenici, riuscì a convincere il direttore artistico della Rai, il musicologo Ferdinando Ballo, a inserire l'opera lirica nei programmi. Dopo una disastrosa ripresa del 1955 alla Scala (una Norma con Maria Callas: "non si vide quasi nulla, le luci erano insufficienti per le nostre telecamere, e per di più la Callas cantò male"), creò per la Rai il melodramma televisivo, con quella sua già peculiare cifra di regia mista, in questo caso teatrale e cinematografica insieme, che proponeva la musica seria con un linguaggio colto ma all'apparenza facile e alla portata di tutti[4].
La prima delle sue regie liriche contribuì a lanciare un giovane soprano italo-americano che stava perfezionando gli studi di canto a Roma: Anna Moffo. Il debutto sul piccolo schermo nella Madama Butterfly del 1956 la rese celebre e segnò l'inizio di un sodalizio artistico e sentimentale durato molti anni.
Durante gli anni trascorsi a Milano, prima di sposarsi con Anna Moffo, aveva avuto due importanti legami sentimentali con Renata Tebaldi e con Virginia Zeani, tra gli amici più frequentati c'erano Umberto Eco, Furio Colombo, Luciano Berio, Bruno Maderna, ma una solida amicizia personale lo legava anche a noti personaggi della musica leggera. Il nucleo stabile era formato da Johnny Dorelli, Gorni Kramer, Gigi Cichellero, Alberto Rabagliati e dal tenore Giuseppe Di Stefano.
La variegata e complessa matrice culturale di Lanfranchi, la sua sopra citata cifra mista per la quale il critico del Corriere della Sera Giuliano Gramigna coniò poi il termine di "realismo visionario", l'ha portato a esplorare e proporre per primo la formula miscellanea di generi musicali diversi tra loro, dalla lirica ai cantautori genovesi, dal jazz al beat, dai negro spirituals alla poesia, dalla prosa all'operetta, dai concerti misti alla musica leggera.
Per il Teatro La Fenice di Venezia nell'estate del 1955 cura la regia di La traviata, Rigoletto con Isidoro Antonioli e Aldo Protti e di Madama Butterfly nel Campo Sant'Angelo.
Per il Teatro Verdi (Trieste) nel 1958 cura la regia Pagliacci e nel Castello di San Giusto di La duchessa di Chicago con Irene Callaway, Sergio Tedesco, Nuto Navarrini e Anna Campori e di La casta Susanna di Jean Gilbert con Rosy Barsony, Edda Vincenzi, Navarrini ed Elvio Calderoni e nel 1959 La bohème.
Al Teatro La Fenice nel 1959 cura la regia di La bohème con la Moffo e Tullio Serafin e nel 1960 Turandot con Franco Corelli.
All'inizio degli anni sessanta, dopo aver abbandonato la Rai, si era trasferito a Roma. Nel frattempo stava maturando nel regista una crisi di rigetto per l'Opera. Al culmine di questa fase aveva da onorare tre contratti già firmati con la Scala, l'Opera di Roma e il Teatro Verdi di Trieste.
Altri spettacoli a grande effetto, a volte quasi dei kolossal teatrali, ne ha poi inventati e firmati tanti, basti ricordare Il corteo storico matildico (1955) o Lo sbarco di Garibaldi (1955), quel 1915-1918: la guerra e la vittoria col quale nel 1961 si inaugurò la Rete 2 della Rai, e l'apice della Festa italiana (1966) per il Madison Square Garden.
Nel 1961 gli era stato assegnato il Premio Internazionale Luigi Illica, alla sua prima edizione.
Con la Rai continuò a collaborare per la realizzazione di numerosi progetti esterni, dei quali era ideatore e spesso anche produttore e regista. Grazie alle sue case di produzione poteva realizzare in maggiore autonomia i progetti che più gli stavano a cuore. Dapprima continuò la già iniziata serie di regie di prosa, con adattamenti televisivi di titoli italiani scelti fuori dal repertorio più frequentato, e un originale televisivo di Franco Enna, Ritorno dall'abisso (1963). Fu poi la volta degli stranieri, inediti in Italia.
Sue, fra altro, per ideazione e produzione, le serie TuttoTotò, L'Opera in un'ora, una formula poi adottata in vari programmi didascalici della Rai, come pure l'Anna Moffo Show, in cui la cantante figurava come padrona di casa e mattatrice[5] già nel gennaio 1964, tipo di ruolo che l'anno dopo consacrò Mina regina di Studio Uno, e sue le memorabili regie televisive dei già citati grandi spettacoli trasmessi dalla televisione. Nel 1967 girò, a Cinecittà, la seconda serie di Anna Moffo Show. Nei titoli di testa compaiono come direttore della fotografia il poi regista Massimo Dallamano e, come operatore alla macchina Vittorio Storaro; tra gli ospiti della cantante celebrità internazionali come l'arpista Nicanor Zabaleta, Andrés Segovia, Earl Hines, Ferruccio Tagliavini e molti altri.
Con già alle spalle La serva padrona del 1958, si cimentò con la produzione e regia cinematografica di film-opera (La traviata, 1966, e alcuni anni più avanti Lucia di Lammermoor, 1971).
Per la Rai esplorò anche il campo della pubblicità, ideando e producendo in società con Sandro Bolchi molti dei Caroselli più noti durante quel periodo. Con la B. L. Vision, dove B.L. sta per Bolchi-Lanfranchi, la Intervision e lo Studio 2D, Mario Lanfranchi ha ideato e prodotto molti dei Caroselli più noti trasmessi durante il decennio 1960-70; citandone solo alcuni tra i più famosi[6]: Ferrero ("Il volto amico”, poi modificato in “Il Gigante Amico” col perfido Jo Condor: "Gigante, pensaci tu!" - sempre per Ferrero la serie a minipuntate di "Cuore" dal romanzo di De Amicis per la regia di Sandro Bolchi), Cirio (“Il paese del sole”), Banca Commerciale Italiana (con Massimo Inardi, medico e musicologo, trionfatore nella finalissima dei campioni del “Rischiatutto” con l'esorbitante somma di 5 milioni e 900 000 lire, la più alta vincita mai realizzata fino ad allora nei quiz europei), Mobil (“I futuribili“: “Immaginare un mondo diverso. Pensare oggi alla realtà degli uomini di domani”, per una delle pochissime regie pubblicitarie di Mario Bava, riproposti persino da Enrico Ghezzi nel 2009). “La nostra peculiarità stava nell'offrire tutto il pacchetto già pronto, dall'idea alla regia. Il cliente aveva tutto, faceva a meno anche dell'agenzia pubblicitaria. [...] Come regia credo [di averne fatti] soltanto uno o due, perché dirigerli non mi piaceva. [...] La mia regia mi pare di averla fatta con Franca Valeri. Inventavamo anche gli slogan pubblicitari, per conto nostro. Quella volta ne venne uno di successo:“Tempi duri per i troppo buoni!”, e i troppo buoni erano dei biscotti (N.d.R.: Colussi).”[7]
Il trasferimento a Roma a inizio anni sessanta era stato dettato anche dal desiderio del regista di lavorare nel cinema. Nel 1962 produsse l'esordio nel lungometraggio di Gian Vittorio Baldi: Luciano, una vita bruciata, biografia autentica di un piccolo ladro romano, già soggetto di un precedente corto dello stesso regista (Luciano – via dei Cappellari, 1960). Mentre il film Accattone (1961) di Pasolini, prodotto da Alfredo Bini, beneficiava intanto almeno della distribuzione all'estero, Luciano rimase intrappolato nelle maglie della censura religiosa per oltre cinque anni[8], così si concluse l'avventura del produttore cinematografico Lanfranchi. Fortunatamente quella del produttore televisivo, di Caroselli e altro, prosperava.
Negli studi romani si era nel frattempo affacciato il filone western all'italiana. Nel tentativo di sbloccare l'accesso per altra via, il regista aveva scritto quattro episodi di ambientazione western e, tra un Carosello e l'altro, aveva proposto alla Rai una produzione in appalto. Il progetto western non passò ma subito dopo, nel 1966, la Rai firmò il contratto per la nuova idea dei brevi film di TuttoTotò, e l'anno successivo quello per la produzione e regia della seconda serie di Anna Moffo Show girata a Cinecittà.
Sempre con l'idea fissa del cinema, Lanfranchi aveva nel frattempo rielaborato i quattro episodi western e ne aveva tratto una sceneggiatura. Dopo oltre un lustro di attesa, finalmente riuscì a dirigere il primo film di cui era anche autore.[7]
Realizzò solo quattro film per il cinema, tutti con budget minimi: Sentenza di morte (1967), Il bacio (1974), il poliziesco Genova a mano armata (1976) e La padrona è servita (1976).
Nel mezzo diresse altri due film-opera, La traviata (1968) e Lucia di Lammermoor (1971), entrambi con Anna Moffo.
L'ultimo film, Venezia, carnevale, un amore (1981) con Nureev, Peter Ustinov, Carla Fracci e Charles Aznavour, ha una storia a sé d'origine non strettamente cinematografica, travagliata e sofferta. All'inizio doveva essere un corto, poi un mediometraggio e infine diventò un film per la televisione (trasmesso il 26 dicembre 1981 su Rai 1[9][10])per insistenza della Fondazione Venezia Nostra nel quadro della campagna internazionale dell'UNESCO per la salvaguardia di Venezia.
Scrive lo storico Carlo Montanaro che compare nei titoli di testa come aiuto del regista: "La cosa veramente curiosa è che il film costituisce l'unico tentativo di musical fatto a Venezia, se si escludono 'Topette' [N.d.R.: "Top Hat" (Cappello a cilindro), refuso nel titolo nel libro citato], completamente inventato, e 'Tutti dicono I Love You', dove però non ci sono numeri di ballo a Venezia[11]". Il film in Italia è passato solo in Rai, ma è stato distribuito nei circuiti cinematografici di diversi paesi, tra cui America e Giappone, e il relativo ricavato fu devoluto per interventi conservativi. Per riproporlo nella rassegna cinematografica Venezia e le eroine post-romantiche ottocentesche – Venezia Città delle Donne - da Senso a Sissi curata da Gian Piero Brunetta nell'ambito delle manifestazioni per il Carnevale di Venezia 2011, non riuscendo a rintracciare né un positivo in buone condizioni né i negativi, spariti insieme alla vedova del produttore, è stato appositamente rimontato partendo da una copia di lavoro rimasta in mano al regista.
Nel 1955, all'inizio della sua collaborazione con la Rai, aveva curato la regia e la contemporanea ripresa televisiva del primo dei suoi più noti grandi spettacoli, quello del Corteo storico matildico a Quattro Castella, prima celebrazione dell'incoronazione di Matilde di Canossa. Come suo solito, non ne aveva curato solo la regia, l'aveva ideato di tutto punto, compresi i giochi sul campo (il gioco del ponte, la giostra dell'anello, ecc.). Il successo fu tale che la celebrazione è diventata subito un rituale, giunto quest'anno (2012) alla 47ª edizione. La Regina Matilde era impersonata da Maria Fiore; da allora fu tradizione, fino a poco tempo fa, che il mantello regale poggiasse ogni anno sulle diverse spalle delle più belle e note attrici italiane.
Nel 1959 fu la volta di Lo sbarco di Garibaldi a Sesto Calende, oltre 1000 comparse nelle divise dell'epoca impersonavano la battaglia tra i Cacciatori delle Alpi e le truppe austriache, quella che permise al Generale di entrare vittorioso in Lombardia.
Dopo essere fuggito dalla RAI nel 1960 e il trasferimento a Roma, concomitante la crisi di rigetto per l'opera lirica e affini, si ritemprò nel teatro curando per la televisione, da esterno, una serie di adattamenti e regie di prosa e il primo ciclo di Anna Moffo Show. Purtroppo nelle teche Rai, a meno di altri fortuiti ritrovamenti, sono sopravvissuti soltanto due nastri delle registrazioni teatrali del regista, Arlecchinata e S'egli tornasse, nonché una manciata di secondi dello sceneggiato Ritorno dall'abisso.
Tuttavia già a metà degli anni sessanta si era disamorato. Così, mentre con una mano continuava a ideare e produrre Caroselli, con l'altra inventava quella Festa Italiana che batté nel 1966 il record degli incassi del Madison Square Garden. Sempre nel 1966 tornò al palcoscenico per produrre e dirigere spettacoli di autori di lingua inglese, alcuni testi in prima assoluta, con le compagnie Tieri-Lojodice (Uscirò dalla tua vita in taxi), quindi un nuovo allestimento di Vita col padre (1968) con Rina Morelli e Paolo Stoppa, già interpreti della stessa commedia per Luchino Visconti.
Fra questi due eventi, aveva trovato il tempo per realizzare la seconda serie di Anna Moffo Show (1967).
Nel 1973, quando già era passato da tempo alle regie cinematografiche, diresse Alberto Lionello e Valeria Valeri in L'anatra all'arancia.
In Italia, da ricordare anche l'esperienza a inizio anni '90 con una propria compagnia di giovani, la Compagnia Teatro Proposta di Mario Lanfranchi, con la quale mise in scena tre autori moderni di commedie ironiche o grottesche sul tema dell'eros: Esperienze erotiche a basso livello di Clare McIntyre, già attrice di teatro, cinema e tv, poi rivelatasi scrittrice di vaglia per il teatro; Perversioni sessuali a Chicago (Sexual Perversity in Chicago), un corrosivo testo del regista David Mamet preso come soggetto da Edward Zwick nel 1986 per il film A proposito della notte scorsa... con protagonisti Rob Lowe e Demi Moore; e, infine, due 'commedie nere' del prematuramente scomparso Joe Orton (1933-1967), Delizie funerarie (Funeral Games) e Un criminale alla porta. È una delle esperienze di teatro che il regista ricorda con maggior piacere, non solo per il successo riscosso, ma per l'entusiasmo che animava il lavoro della compagnia.
In quel periodo, tuttavia, già soggiornava a Londra (dal 1980), per creare e seguire le produzioni di grandi musical come Lust e Chitty Chitty Bang Bang o di testi teatrali come 900 Oneonta all'Old Vic di Londra e September Tide al Comedy Theatre con Susannah York, che hanno sbancato per anni consecutivi i botteghini del West End e di Broadway. Il solo Chitty Chitty Bang Bang ha tenuto il cartellone per ben sei anni a Londra e poi ancora a New York.
Rientrato definitivamente in Italia nel 2005, andò a vivere nella sua villa a Lesignano de' Bagni, dove diede vita a un primo evento Villa Lanfranchi apre i cancelli, a ingresso gratuito, divenuto poi, per alcuni anni, Spettacoli in villa, spettacoli misti, come piacevano a lui, di teatro, musica, concerti jazz e rock, ai quali presero parte tanti artisti amici. In queste occasioni e per altre manifestazioni a scopo culturale, rispolverò occasionalmente anche il suo passato di attore o di autore.
Tornò poi con una certa regolarità in tv, non più dietro la camera ma come ospite fisso de "Il salotto di Gianni", trasmissione settimanale di musica e intrattenimento di TeleReggio e Mantova TV (condotta da Gian Matteo Sidoli, fuori dai confini regionali più noto come ex tecnico di basket), come anche su altre reti per commemorare eventi di cui era stato protagonista o testimone. Per TV Parma registrò tre cicli di trasmissioni, uscite anche in DVD, in cui interpretava le fiabe moderne di Andreina Chiari Branchi. E occasionalmente ripropose al suo pubblico testi e poesie nell'amato dialetto parmigiano.
(elenco parziale[13])
(elenco parziale)
(elenco parziale)
(elenco parziale)
(elenco parziale)
(elenco parziale)
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.