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ciclista su strada e pistard italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Francesco Moser (Palù di Giovo, 19 giugno 1951) è un ex ciclista su strada e pistard italiano.
Francesco Moser | |||||||||||||||||||||||||||||||
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Moser nel 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||
Nazionalità | Italia | ||||||||||||||||||||||||||||||
Altezza | 180 cm | ||||||||||||||||||||||||||||||
Peso | 79 kg | ||||||||||||||||||||||||||||||
Ciclismo | |||||||||||||||||||||||||||||||
Specialità | Strada, pista | ||||||||||||||||||||||||||||||
Termine carriera | 1988 | ||||||||||||||||||||||||||||||
Carriera | |||||||||||||||||||||||||||||||
Squadre di club | |||||||||||||||||||||||||||||||
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Nazionale | |||||||||||||||||||||||||||||||
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Palmarès | |||||||||||||||||||||||||||||||
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Statistiche aggiornate al 28 settembre 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||
Professionista dal 1973 al 1988, è stato soprannominato Lo Sceriffo per la capacità di gestire il gruppo durante la corsa[1]; in carriera ha vinto un Giro d'Italia e diverse classiche, tra cui tre Parigi-Roubaix, due Giri di Lombardia, una Freccia Vallone, una Gand-Wevelgem e una Milano-Sanremo, oltre ad un campionato del mondo su strada ed uno su pista nell'inseguimento individuale.
Con 273 vittorie su strada da professionista risulta a tutt'oggi il ciclista italiano con il maggior numero di successi, precedendo Giuseppe Saronni (193) e Mario Cipollini (189); è inoltre terzo assoluto a livello mondiale alle spalle di Eddy Merckx (426) e Rik Van Looy (379) e davanti a Rik Van Steenbergen (270) e Roger De Vlaeminck (255).[2]
Famosa fu la sua rivalità con Giuseppe Saronni, simile a quella di quasi trent'anni prima tra Bartali e Coppi.
Nato da Cecilia Simoni e Ignazio Moser in frazione Palù del comune trentino di Giovo, e cresciuto in una famiglia di ciclisti – tre dei suoi dodici fratelli, Enzo, Aldo e Diego, gareggiarono nel professionismo – iniziò l'attività ciclistica solo a 18 anni e da dilettante corse nella squadra toscana della Bottegone. Con la selezione italiana partecipò ai Giochi del Mediterraneo a Smirne nel 1971, vincendo la medaglia d'argento in linea, e ai Giochi olimpici di Monaco di Baviera del 1972, concludendo ottavo nella prova in linea e nono nella cronometro a squadre.
Passò al professionismo nel 1973 con la Filotex di Waldemaro Bartolozzi (affiancato da Aldo Moser), e subito si aggiudicò una tappa al Giro d'Italia, a Firenze, prima vittoria da pro. L'anno dopo si mise in evidenza con diversi successi nelle classiche del calendario italiano, tra cui Giro del Piemonte e Giro dell'Emilia, imponendosi anche alla Parigi-Tours. I primi risultati ai massimi livelli risalgono al 1975, quando vinse il Giro di Lombardia e si laureò campione italiano a Pescara, vincendo il Trofeo Matteotti. Partecipò una sola volta al Tour de France, proprio nel 1975, piazzandosi al settimo posto nella classifica generale con due vittorie di tappa: il prologo di Charleroi e la tappa di Angoulême. In quel Tour Moser si aggiudicò la classifica riservata ai giovani e indossò la maglia gialla per sette giorni.
Nel 1976 esordì con la prima di sei vittorie in nove anni alla Sei giorni di Milano (in carriera ottenne quindici affermazioni nelle Sei giorni). Con la nuova maglia Sanson, sempre diretto da Bartolozzi, si presentò al Giro d'Italia 1976: in quella "Corsa rosa" vinse tre tappe, vestì la maglia rosa per un giorno, dopo la cronometro di Ostuni, fece sua la prima di tre maglie ciclamino consecutive e concluse quarto nella graduatoria generale. Ai seguenti campionati del mondo su strada di quell'anno, ancora a Ostuni, giunse secondo dietro al belga Freddy Maertens, riuscendo comunque a vincere la maglia iridata nella gara di inseguimento su pista disputata nel velodromo di Monteroni di Lecce.
Nel 1977, dopo aver vinto la Freccia Vallone, vestì la maglia rosa al Giro d'Italia per tredici giorni, ma dovette accontentarsi della seconda piazza finale alle spalle di Michel Pollentier, capace di superarlo nella tappa di Cortina d'Ampezzo. In settembre a San Cristóbal, in Venezuela, diventò campione del mondo su strada battendo in uno sprint a due il tedesco occidentale Dietrich Thurau. Con la maglia iridata sulle spalle nel 1978 ottenne la prima delle sue tre vittorie consecutive alla Parigi-Roubaix, lasciando alle spalle gli specialisti Roger De Vlaeminck, Jan Raas e Freddy Maertens. Dopo aver vinto quattro frazioni al Giro d'Italia e la terza ciclamino, ed essere salito sul terzo gradino del podio del Giro, nel finale di stagione concluse nuovamente secondo ai campionati del mondo, bruciato di mezza ruota all'arrivo da Gerrie Knetemann, riuscendo comunque a imporsi alla Volta Ciclista a Catalunya e per la seconda volta al Giro di Lombardia.
Nel 1979, dopo essersi aggiudicato la Gand-Wevelgem (primo italiano) e la seconda Parigi-Roubaix, al Giro d'Italia vinse tre tappe, tra cui il prologo di Firenze, e vestì di rosa per otto giorni, salvo dover cedere il primato al rivale Giuseppe Saronni nella crono di San Marino e chiudere al secondo posto finale, proprio dietro Saronni. Dopo il Giro si laureò campione italiano su strada per la seconda volta, mentre ai mondiali su pista di Amsterdam venne battuto nella finale dell'inseguimento dal padrone di casa Bert Oosterbosch. Nella primavera del 1980 vinse la Tirreno-Adriatico, chiuse secondo al Giro delle Fiandre (suo miglior piazzamento nella gara dei Muri) e si impose nella sua terza Parigi-Roubaix, ancora in solitaria. Ripresentatosi al Giro d'Italia con ambizioni di vittoria, vinse il prologo e vestì la maglia rosa per cinque giorni, ma dovette presto arrendersi ai vari Bernard Hinault (poi vincitore), Wladimiro Panizza e Giovanni Battaglin, scivolando fino al nono posto in classifica e decidendo così di ritirarsi al termine della tappa di Cles[3].
Favorito dalle caratteristiche di passista, il 19 gennaio 1984, a Città del Messico, riuscì a battere il record dell'ora che apparteneva da dodici anni a Eddy Merckx, percorrendo 50,808 km. Quattro giorni dopo, battendo se stesso, ne percorse 51,151.
Il nuovo record fu ottenuto con un nuovo tipo di bicicletta con ruote lenticolari, per cui nel 2000 i suoi record vennero cancellati dall'Unione Ciclistica Internazionale che ritenne non comparabili i record ottenuti con ruote lenticolari rispetto a quelli con le ruote normali, perché avvantaggiavano troppo i corridori rispetto a quelli che avevano corso con le biciclette tradizionali. Venne quindi introdotta, per le biciclette speciali, il termine di "Miglior prestazione sull'ora" distinto da "Record sull'ora" un termine riservato alle biciclette regolamentari[4][5].
Nello stesso anno si aggiudicò la Milano-Sanremo con un attacco nella discesa del Poggio; qualche mese più tardi, sempre grazie anche alla bicicletta con ruote lenticolari che a detta dello stesso Moser, a cronometro, si rivelò una scelta azzeccata perché portò via tre secondi al chilometro sul primo in classifica, il francese Laurent Fignon, riuscì a vincere con notevole distacco l'ultima tappa a cronometro del Giro d'Italia.[6] Il notevole distacco gli permise di colmare lo svantaggio in classifica nei confronti del francese e di vincere la classifica generale della "Corsa Rosa".
Si presenta al Giro d'Italia 1985, come campione in carica, con l'obiettivo di riconfermarsi come tale. Parte subito fortissimo conquistando il cronoprologo a Verona e vestendo la maglia rosa; tuttavia solo dopo due giorni, perderà il primato, in favore del suo rivale Saronni, il quale anch'egli la perderà in favore di Roberto Visentini, prima del passaggio definitivo al futuro campione di quell'edizione, Bernard Hinault. Moser riuscirà a conquistare altre due tappe e concludere secondo in classifica generale. Nella medesima stagione vinse anche il Giro dell'Appennino.
Nel 1986 si impose nelle due cronometro della Tirreno-Adriatico e prese parte per l'ultima volta in carriera, al Giro d'Italia: conquistò il terzo posto in classifica generale, salendo sul podio per soli 12", a discapito dello statunitense Greg LeMond, e vinse la cronometro di Cremona.
Il 1987 fu l'anno della sua ultima vittoria su strada, il prologo del Giro del Trentino. Su pista, vinse il titolo dell'inseguimento individuale. Nel 1988 colse anche l'ultima vittoria su pista, imponendosi nella Sei Giorni di Bassano del Grappa, con Danny Clark.
Nel 1994, sei anni dopo l'uscita dall'attività professionistica, Moser effettuò alcuni tentativi di riappropriarsi del record dell'ora che nel frattempo era stato battuto da altri atleti. Penalizzato in parte dal vento di Città del Messico, non riuscì nell'intento; ottenne tuttavia la seconda miglior prestazione di sempre, risultato sorprendente per un ciclista di 42 anni.
Terminata la carriera ciclistica nel 1988 si è dedicato nuovamente all'attività agricola e vitivinicola, alla quale già il padre Ignazio in Val di Cembra era dedito. Nella tenuta di Maso Villa Warth, sulle colline poco a nord di Trento, coltiva insieme ai figli Francesca, Carlo e Ignazio, diverse varietà di uve.
Dopo il ritiro è stato anche costruttore delle biciclette che portano il suo nome.
Grande appassionato di caccia, soprattutto la caccia alpina, nel 2017 è protagonista della serie TV A caccia con Moser in onda sul canale 235 di Sky "Caccia TV".
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