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imperatrice consorte d'Austria e regina consorte d'Ungheria (1837-1898) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Elisabetta Amalia Eugenia di Baviera, meglio nota come Sissi, nata duchessa in Baviera[1], (in tedesco: Elisabeth Amalie Eugenie, Herzogin in Bayern; Monaco di Baviera, 24 dicembre 1837 – Ginevra, 10 settembre 1898) fu imperatrice d'Austria, regina apostolica d'Ungheria, regina di Boemia e di Croazia come consorte di Francesco Giuseppe d'Austria.
Elisabetta di Baviera | |
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Franz Xaver Winterhalter, Ritratto dell'imperatrice Elisabetta d'Austria in abito da ballo, olio su tela, 1865, Hofburg di Vienna | |
Imperatrice consorte d'Austria Regina apostolica d'Ungheria Regina consorte di Boemia | |
In carica | 24 aprile 1854 – 10 settembre 1898 |
Predecessore | Maria Anna di Savoia |
Successore | Zita di Borbone-Parma |
Nome completo | tedesco: Elisabeth Amalie Eugenie von Wittelsbach in Bayern italiano: Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach in Baviera |
Trattamento | Maestà imperiale e reale |
Altri titoli | → vedi sezione |
Nascita | Monaco di Baviera, 24 dicembre 1837 |
Morte | Ginevra, 10 settembre 1898 (60 anni) |
Luogo di sepoltura | Cripta Imperiale, Vienna |
Casa reale | Wittelsbach per nascita Asburgo-Lorena per matrimonio |
Padre | Massimiliano Giuseppe in Baviera |
Madre | Ludovica di Baviera |
Consorte | Francesco Giuseppe I d'Austria |
Figli | Sofia Gisella Rodolfo Maria Valeria |
Religione | Cattolicesimo |
Nonostante fosse cresciuta relativamente libera da vincoli sociali e di comportamento normalmente imposti alla nobiltà mitteleuropea del XIX secolo e generalmente insofferente alla disciplina di corte a Vienna, nonché alle politiche imperiali e alle condizioni di vita dei popoli sottoposti alle autorità dell'Impero austro-ungarico, rimase un simbolo della monarchia asburgica, e per tale ragione il 10 settembre 1898 fu uccisa a Ginevra, in Svizzera, dall'anarchico italiano Luigi Lucheni.
Il soprannome corretto dell'imperatrice è Sisi, con una sola s.[2]
L'antiquario Paul Heinemann sostenne che il nomignolo originale e anche la firma di Elisabetta fossero Lisi (diminutivo di Elisabeth), diventato Sisi in seguito a un errore di lettura della firma da parte di Francesco Giuseppe.[3] Questa ricostruzione è stata contestata dalla storica Brigitte Hamann, che ha sottolineato come solo il duca Massimiliano Giuseppe chiamasse la figlia Lisi, mentre la madre, la duchessa Ludovica, e i fratelli la chiamavano Sisi.
La versione Sissi con due esse è stata popolarizzata dai famosi film degli anni cinquanta, ma è da segnalare che la forma Sissy era già stata utilizzata da alcuni parenti dell'imperatrice.
Oggi in Austria si preferisce la versione tradizionale Sisi, utilizzata nel nome del museo dedicatole.[4]
Elisabetta Amalia Eugenia nacque il 24 dicembre 1837 a Monaco di Baviera, quarta dei dieci figli del duca Massimiliano Giuseppe in Baviera e di Ludovica di Baviera, figlia del grande elettore Massimiliano di Wittelsbach, divenuto poi re con il nome di Massimiliano I Giuseppe di Baviera.
Entrambi i genitori appartenevano alla dinastia dei Wittelsbach, ma il padre discendeva da un ramo collaterale dei duchi "in Baviera", mentre la madre apparteneva al ramo principale della famiglia reale. Pertanto il titolo e il trattamento di Elisabetta alla nascita furono quelli di "Sua altezza, la duchessa Elisabetta in Baviera". Il 21 marzo 1845 il re Ludovico I, fratello della duchessa Ludovica, concesse al cognato Massimiliano Giuseppe e ai suoi discendenti il trattamento di altezza reale. La futura imperatrice fu da quel momento nota come "Sua altezza reale, la duchessa Elisabetta in Baviera" (in tedesco Ihre Königliche Hoheit, Herzogin Elisabeth in Bayern).[1])
Il matrimonio dei genitori di Elisabetta non fu felice: il duca Massimiliano, non particolarmente interessato alla vita familiare, ebbe numerose amanti e figli illegittimi; la duchessa Ludovica, che a differenza delle sue sorelle, sposate a principi di case reali, aveva preso in marito un nobile di rango più modesto, non partecipava alla vita di corte bavarese, ma preferiva rimanere in disparte e occuparsi personalmente dell'educazione dei figli, cosa piuttosto singolare per quei tempi.[5]
Elisabetta, tuttavia, trascorse la sua infanzia serenamente a Monaco nel palazzo di famiglia, mentre i mesi estivi erano trascorsi nel castello di Possenhofen, una residenza a cui la giovane duchessa, amante della natura, fu molto legata per tutta la vita.[6] Di animo sensibile, cresciuta con molta semplicità in modo che non sviluppasse un carattere orgogliosamente aristocratico, sin da piccola fu abituata a trascurare i formalismi e a occuparsi dei poveri e degli infermi.[7]
A quattordici anni Elisabetta si innamorò per la prima volta di un certo conte Richard S.,[8] scudiero stipendiato del duca Massimiliano, ma dato che il ragazzo non era un buon partito, venne allontanato dal palazzo e inviato altrove. Quando tornò a Monaco, non molto tempo dopo, si ammalò e in breve tempo morì. Elisabetta ne fu sconvolta e si chiuse in se stessa, consolandosi scrivendo poesie per il suo amore sfortunato.[9]
Nell'inverno 1853 erano in corso alcune trattative fra la duchessa Ludovica e sua sorella, l'arciduchessa Sofia, per far sposare la figlia della prima, Elena, col figlio della seconda, l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria. La scelta dell'arciduchessa Sofia era caduta su Elena, dopo due falliti progetti con principesse prussiane e sassoni, dal momento che desiderava insediare accanto al figlio una tedesca, rafforzando il ruolo dell'Austria nell'area germanica.[10] Benché Elena non fosse membro di una famiglia reale, rappresentava comunque un legame con la Baviera, una delle regioni tedesche e cattoliche più fedeli all'Austria.
Ludovica e Sofia decisero di far incontrare i loro figli a Ischl, residenza estiva dell'imperatore, durante la festa di compleanno di quest'ultimo e annunciare pubblicamente il loro fidanzamento. Ludovica decise di portare con sé anche Elisabetta, nella speranza di strapparla alla malinconia nella quale era sprofondata e con l'intenzione di vagliare un suo possibile fidanzamento con Carlo Ludovico, fratello minore di Francesco Giuseppe.[11]
La duchessa Ludovica e le figlie arrivarono a Ischl il 16 agosto 1853. Nel pomeriggio ci fu un primo incontro con Sofia, Francesco Giuseppe ed Elisabetta di Prussia, un'altra sorella di Ludovica. Fin da quel primo formale incontro, fu evidente ai presenti che Francesco Giuseppe si era infatuato non di Elena, ma della più giovane e acerba sorella Elisabetta.
L'arciduchessa Sofia scrisse in merito a sua sorella, Maria di Baviera: «Era raggiante, e tu sai come il suo volto si illumina quando è contento di qualcosa. La cara piccina non aveva la minima idea dell'impressione da lei destata in Franz. Fino all'istante in cui la madre le parlò apertamente, Sissi era solo intimidita e intimorita dalla gente che le stava intorno».[12]
Il giorno dopo Francesco Giuseppe disse alla madre che la sua scelta era caduta su Elisabetta, nonostante l'arciduchessa Sofia preferisse Elena. Nel ricevimento dato quella sera, l'imperatore ballò il cotillon con Elisabetta, un chiaro segno per tutti, ma non per la futura sposa. Anche durante la cena del 18 agosto, compleanno di Francesco Giuseppe, Elisabetta fu fatta sedere accanto a lui.
Il giorno seguente Ludovica, per conto dell'imperatore, chiese a Elisabetta se era condiscendente alle nozze e, ottenuto il consenso, lo comunicò per iscritto alla sorella Sofia. Da quel momento fino al 31 agosto, la coppia di fidanzati trascorse molto tempo insieme e si mostrò pubblicamente.
Intanto incominciarono le trattative con la Santa Sede per ottenere la necessaria dispensa papale, poiché gli sposi erano primi cugini. Questa stretta parentela, come di consueto per quel tempo, non fu tenuta di conto, nonostante diversi membri della famiglia Wittelsbach avessero già mostrato le tare ereditarie della loro dinastia.[13]
Dal fidanzamento fino alle nozze Elisabetta fu sottoposta a un corso di studio intensivo, nella speranza di colmare le numerose lacune della sua scarsa istruzione. Dovette imparare al più presto il francese, l'italiano e soprattutto la storia dell'Austria. Nello stesso periodo fu allestito rapidamente il corredo della sposa, pagato quasi del tutto dall'imperatore e non dal padre della sposa, come invece era consuetudine. Nel marzo 1854 fu ufficialmente firmato il contratto nuziale e la dote fu fissata in 50 000 fiorini pagati dal duca Massimiliano e 100 000 fiorini pagati dall'imperatore.[14]
Il 20 aprile 1854 Elisabetta lasciò la sua casa paterna di Monaco. Il viaggio durò tre giorni e il 23 aprile la futura imperatrice fece il suo ingresso ufficiale a Vienna, dove ricevette una calorosa accoglienza. Le nozze furono celebrate con grande sfarzo la sera del 24 aprile nella Chiesa degli Agostiniani. Dopo i numerosi festeggiamenti, la coppia fu condotta nella camera da letto soltanto dalle rispettive madri, contrariamente alle usanze del tempo che prevedevano la presenza di numerose persone. Le nozze furono consumate la terza notte.[15]
Fin dal suo primo ingresso a corte, Elisabetta dovette accorgersi delle difficoltà che l'attendevano. Nata e cresciuta in una famiglia di costumi semplici sebbene nobile, si trovò al centro della rigida corte di Vienna, ancora legata a un severo "cerimoniale spagnolo", cui inizialmente la giovane imperatrice dovette sottostare. Privata dei suoi affetti e delle sue abitudini, Elisabetta cadde presto malata, accusando per molti mesi una tosse continua, febbre e stati di ansia, dovuti a turbamenti di origine psichica.[16]
L'arciduchessa Sofia si prese l'onere di trasformare la nuora in una perfetta imperatrice, ma nell'agire in tal senso e restando fermamente attaccata all'etichetta finì per inimicarsi Elisabetta e ad apparire ai suoi occhi una donna malvagia. Solo successivamente la ragazza si rese conto che la suocera aveva agito sempre a fin di bene, pur in maniera imperiosa e imponendo sacrifici.[17] A differenza di Sofia, che infatti era rispettata da tutta la corte, Elisabetta veniva criticata per la sua scarsa istruzione e per la sua inesistente attitudine alla vita di società.[18]
Non molto tempo dopo le nozze Elisabetta rimase incinta, e il 5 marzo 1855 partorì la sua prima figlia, chiamata Sofia in onore della nonna paterna. L'arciduchessa si occupò personalmente della bimba, alla quale fu legatissima. Le stanze della bambina furono allestite accanto alle sue e fu lei a scegliere l'aia (educatrice) e la bambinaia. Già poco più di un anno dopo, il 12 luglio 1856, Elisabetta partorì un'altra bambina, Gisella, parimenti allevata dalla nonna. In seguito Elisabetta espresse il proprio rammarico per non essersi potuta occupare dei figli.[19] Nel settembre di quell'anno Elisabetta incominciò a far valere i suoi diritti di madre e durante un viaggio in Stiria e in Carinzia si riavvicinò molto al marito, solitamente compiacente con l'arciduchessa Sofia. L'imperatrice capì che i viaggi di Stato erano un'occasione preziosa per stare da sola col marito e far valere la sua posizione di sposa e madre.
Elisabetta riuscì a ottenere che la figlia Sofia accompagnasse lei e il marito durante il loro viaggio in Italia nell'inverno tra il 1856 e il 1857. Per la prima volta, l'imperatrice, sempre acclamata da folle festanti austriache, si rese conto che l'impero non aveva il consenso di tutte le sue popolazioni. Il regime militaristico austriaco aveva portato come conseguenza il disprezzo e l'odio degli italiani nei confronti degli Asburgo. Elisabetta, solitamente pronta ad assentarsi dagli impegni ufficiali a Vienna, rimase tuttavia accanto al marito in difficoltà per l'intero programma di viaggio nel Lombardo-Veneto. A Milano, nel ricevimento indetto per la nobiltà, gli aristocratici lombardi mandarono al loro posto, in segno di disprezzo, i propri servi; al concerto al Teatro alla Scala fu intonato il "Va', pensiero" di Giuseppe Verdi, che allora era l'inno dei patrioti italiani. A Venezia, poi, la famiglia imperiale attraversò Piazza San Marco acclamata soltanto dai soldati austriaci, mentre la folla di italiani rimase in silenzio. Il console inglese lì presente riferì a Londra: «Il popolo era animato da un unico sentimento, dalla curiosità di vedere l'imperatrice la cui fama di donna meravigliosamente bella è arrivata anche qui».[20]
Poche settimane dopo il rientro dall'Italia, si prospettava un altro viaggio di Stato in un'altra inquieta provincia, l'Ungheria. Tra i magiari era già risaputo che la giovane imperatrice nutriva un profondo interesse per la loro cultura, grazie alle lezioni datele dal conte Majláth, e speravano che influenzasse positivamente il marito.[21] Anche stavolta Elisabetta si scontrò con la suocera, riuscendo a ottenere la presenza delle sue bambine per il viaggio. Come nel Lombardo-Veneto, anche in Ungheria la coppia imperiale fu accolta con freddezza, sebbene la bellezza dell'imperatrice avesse avuto il suo solito successo. Durante il viaggio nelle province ungheresi, la piccola Sofia si ammalò. La diciannovenne imperatrice vegliò per undici ore sulla figlia, che spirò il 19 maggio 1857. Quando tornarono a Vienna, Elisabetta si chiuse in sé stessa e nella propria solitudine, rifiutando di mangiare e di apparire in pubblico. L'imperatrice, che aveva insistito per ottenere la presenza delle bambine durante il viaggio, rinunciò al suo ruolo di madre, ritenendosi colpevole della morte della figlia, e affidò Gisella all'educazione della nonna.[22]
Nel dicembre del 1857 Elisabetta manifestò i sintomi di una nuova gravidanza. Il 21 agosto 1858 nacque l'arciduca Rodolfo, principe ereditario dell'Impero d'Austria. Il parto risultò piuttosto difficoltoso: Elisabetta si ammalò e la febbre le tornava a distanza di brevi periodi; dal momento che tra l'autunno e l'inverno le sue condizioni di salute non erano ancora migliorate, furono convocati la duchessa Ludovica e il medico di famiglia dei Wittelsbach. La diagnosi di quest'ultimo rimane sconosciuta e nei diari dell'arciduchessa Sofia ci sono solo accenni a dei sintomi: febbre, debolezza, mancanza di appetito.[23]
Elisabetta sembrava migliorare soltanto quando stava con qualcuno della sua famiglia bavarese e nel gennaio 1859 poté godere della compagnia di una delle sue sorelle minori, Maria Sofia. La giovane aveva già sposato per procura il principe ereditario di Napoli, il futuro Francesco II delle Due Sicilie. Elisabetta, nonostante la salute cagionevole, accompagnò Maria Sofia sino a Trieste, dove si sarebbe imbarcata alla volta del Regno delle Due Sicilie.
Il 1859 fu un anno particolarmente difficile per l'Austria. Napoleone III e Cavour, già accordatisi segretamente a Plombières, riuscirono a far dichiarare guerra al Regno di Sardegna da parte dell'Austria. Nel giro di pochi giorni le ultime monarchie asburgiche autonome italiane caddero e a Vienna confluirono i deposti Leopoldo II di Toscana e Francesco V di Modena, con tutti i loro familiari. Le truppe austriache subirono una grave sconfitta nella battaglia di Magenta (4 giugno 1859), a seguito della quale Francesco Giuseppe decise di lasciare Vienna e di comandare personalmente l'esercito. Elisabetta accompagnò il marito sino a Mürzzuschlag e al momento del commiato si appellò al conte Grünne, generale austriaco: «Lei manterrà certamente ciò che ha promesso e starà molto attento all'imperatore; la mia unica consolazione in questi tempi terribili è che lei lo farà sempre e in ogni circostanza. Se non ne fossi convinta, morirei per l'angoscia».[24]
Elisabetta cadde in un profondo stato di disperazione, piangendo in continuazione, al punto da chiedere all'imperatore di poterlo raggiungere in Italia, ottenendo però un rifiuto. L'imperatrice allora si dedicò a drastiche cure dimagranti e a sfiancanti cavalcate; disertò tutti gli impegni sociali organizzati dall'arciduchessa Sofia, attirandosi le critiche della corte. Francesco Giuseppe le scrisse, chiedendole di mostrarsi a Vienna e di visitare gli istituti per sollevare il morale della popolazione e ottenere l'appoggio dell'opinione pubblica.[25] Il 24 giugno ci fu la decisiva battaglia di Solferino, che risultò vittoriosa per i franco-piemontesi. Le conseguenze della disfatta ricaddero sull'imperatore Francesco Giuseppe, che mai era stato mal visto dal popolo come in quei mesi: la critica si spinse al punto di chiedere l'abdicazione del sovrano in favore di suo fratello Massimiliano. Intanto un gran numero di feriti fu portato in Austria e l'imperatrice stessa organizzò un ospedale militare nel castello di Laxenburg, poiché i normali ospedali non avevano posti a sufficienza.[26] La guerra fu ufficialmente conclusa con l'armistizio di Villafranca, che costringeva l'Austria a rinunciare alla Lombardia, una delle più ricche province dell'impero.
Parimenti alla crisi politica del 1859-60, si sviluppò anche una crisi privata della coppia imperiale, dovuta ai soliti contrasti con l'arciduchessa Sofia e al dilagare, per la prima volta in sei anni di matrimonio, di notizie riguardanti le infedeltà di Francesco Giuseppe,[27] che rappresentava per lei l'unico legame con una corte che non amava. Elisabetta, memore dell'infelicità della madre, temeva forse di subire lo stesso destino di donna tradita e messa da parte.[28] L'imperatrice reagì allora con un atteggiamento di sfida, insultando la corte: organizzò, infatti, numerosi balli a cui erano invitati i rampolli dell'alta società viennese, ma non i loro genitori (una cosa contraria all'usanza e all'etichetta).
In aggiunta alla delicata situazione, nel maggio 1860 giunse anche la notizia dell'imminente crollo del Regno delle Due Sicilie, assediato dai garibaldini. Sebbene Francesco Giuseppe e l'arciduchessa Sofia fossero favorevoli ad aiutare i Borbone, le condizioni economiche dell'Austria non lo permettevano; la preoccupazione per l'amata sorella Maria Sofia ebbe su Elisabetta un'influenza negativa, inficiando anche i suoi rapporti col marito.[28] A luglio Elisabetta prese con sé Gisella, lasciò improvvisamente la corte di Vienna e si diresse a Possenhofen. Tuttavia, per evitare uno scandalo, dovette tornare a Vienna per il compleanno del marito, il 18 agosto.
Nell'ottobre del 1860 la salute dell'imperatrice subì un tracollo, dovuto a numerose crisi nervose e cure dimagranti. Il dottor Škoda, specialista in malattie polmonari, consigliò una cura presso un paese dal clima caldo: a suo parere la sovrana non sarebbe riuscita a superare l'inverno a Vienna.[29] Fu consigliata Madera, forse per desiderio della stessa Elisabetta: l'arcipelago portoghese, infatti, non era un luogo rinomato per la cura di malattie polmonari, com'era invece, per esempio, Merano.
Molto probabilmente l'imperatrice scelse un luogo così lontano per evitare troppi contatti con Vienna e l'imperatore.[30] Sebbene la diagnosi ufficiale di Škoda fosse quella di una gravissima malattia polmonare, esistono ancora molti dubbi sulla vera natura del male di Elisabetta. Sanissima in gioventù, cominciò a star male a contatto con l'ambiente della corte imperiale, dove, per sopperire alle sue numerose crisi di nervi, si sottoponeva a diete drastiche e intensi esercizi di ginnastica.[30] Nei diari dell'arciduchessa Sofia non ci sono indizi sulla malattia misteriosa della nuora, così come nelle lettere della duchessa Ludovica.
La corte viennese si indignò per la partenza della sovrana tanto quanto nel resto del mondo ci fu una generale preoccupazione per l'imperatrice "in fin di vita" (la regina Vittoria mise a disposizione per Elisabetta il suo panfilo privato Victoria and Albert). Con tutta probabilità i disturbi fisici di Elisabetta erano dovuti a un disturbo psichico: la storica Brigitte Hamann ipotizza che l'imperatrice d'Austria soffrisse di una forma di anoressia nervosa, la quale comporta irrequietezza, rifiuto del cibo e del sesso. Ciò potrebbe anche spiegare il fatto che Elisabetta sembrava riprendersi subito non appena si allontanava da Vienna e dall'imperatore.[31] In quegli anni ebbe una lunga amicizia con il cugino Ludwig II di Baviera, che quando salì al trono convinse a fidanzarsi con la sorella minore Sofia.
L'incoronazione a regina d'Ungheria avvenne l'8 giugno 1867 a Buda, al tempo capitale dell'Ungheria. In seguito la coppia ottenne la residenza a Gödöllő, dove Elisabetta visse la maggior parte del tempo. L'ultima figlia, Maria Valeria, la prediletta da Elisabetta, nacque nel 1868. Fu volutamente fatta nascere a Budapest, un omaggio della regina d'Ungheria ai suoi sudditi favoriti. Inoltre Elisabetta si occupò personalmente della sua educazione, cosa che non aveva fatto con gli altri tre figli.
Il 24 aprile 1879 Elisabetta e Francesco Giuseppe festeggiarono le nozze d'argento. Una serie di lutti si abbatté successivamente su Elisabetta: nel 1886 morì in circostanze misteriose il cugino re Ludwig di Baviera, nel 1888 muore il padre, il duca Massimiliano. La vera tragedia avvenne però a Mayerling, dove nel 1889 il figlio Rodolfo, l'erede al trono (Kronprinz), morì suicida insieme all'amante, la baronessa Maria Vetsera, forse uccisa dallo stesso Rodolfo.
Secondo la leggenda, da quell'anno Elisabetta decise di vestirsi solo di nero e di rinunciare anche all'amata poesia.
Per superare la depressione dell'ambiente di corte, l'imperatrice riprese i suoi viaggi per tutta Europa. Si recò diverse volte a Roquebrune-Cap-Martin in Costa Azzurra e in tale località, esattamente all'Hotel du Cap Martin, ebbe anche un incontro nel 1891 con Eugenia de Montijo, moglie dell'ex imperatore dei francesi Napoleone III. Oltre a Elisabetta, si recavano a Cap Martin anche altri importanti nobili europei. Nel 1892 fu completata la costruzione della Villa Cyrnos, a Cap Martin, una residenza in stile neoclassico che dava sul mare e l'ex imperatrice Eugenia vi passò molto tempo, sia con la regina Vittoria del Regno Unito, sia con Elisabetta (tant'è che Cap Martin fu soprannominato le Cap des Impératrices).
Appassionata della cultura greca, Elisabetta fece costruire l'anno successivo a Corfù l'Achilleion, palazzo residenziale (poi diventato un museo) eretto in stile neoclassico sul tema dell'eroe mitologico Achille. Nel 1896 fu celebrato il millenario della fondazione dell'Ungheria ed Elisabetta vi partecipò a fianco dell'imperatore come ultima apparizione ufficiale, preferendo ormai vivere il più possibile lontano dalle folle e dalle corti.
Nel 1897 Elisabetta trascorse il Natale a Parigi[32] insieme alle sorelle Matilde e Maria Sofia, ex regina del Regno delle Due Sicilie. Il Natale era una delle sue feste preferite e, almeno fino alla morte del figlio Rodolfo, lo festeggiò sempre con gioia e gran trasporto; con la tragedia di Mayerling, smise per sempre di festeggiare le festività natalizie.
Nel settembre 1898, l'imperatrice si recò in incognito a Ginevra prendendo alloggio all'Hotel Beau-Rivage, sul lungolago ginevrino, dove già aveva soggiornato l'anno precedente. Il 10 settembre, sempre vestita di nero dopo il suicidio del figlio Rodolfo, celava il viso dietro una veletta - un ventaglio o un ombrellino - ed era difficile da riconoscere. Doveva prendere il battello per Montreux alle ore 13:35 di quel giorno accompagnata dalla contessa Irma Sztáray, quando l'anarchico italiano Luigi Lucheni, informato sull'indirizzo dell'imperatrice e sulle sue sembianze da Giuseppe della Clara, si appostò sul Quai du Mont-Blanc, dietro un ippocastano, armato della sua lima nascosta in un mazzo di fiori.
Al passaggio dell'imperatrice la pugnalò al petto, con un unico colpo preciso; tentò poi di fuggire lungo la Rue des Alpes, gettando l'arma del delitto dinnanzi l'ingresso del civico n. 3. Fu poco dopo arrestato da quattro passanti, non lontano dal luogo dell'attentato. Al commissario che lo interrogava chiedendogli il motivo del suo gesto, pare abbia risposto: «Perché sono anarchico. Perché sono povero. Perché amo gli operai e voglio la morte dei ricchi».
L'imperatrice, che correva verso il battello (la sirena della partenza aveva già suonato) si accasciò per effetto dell'urto, ma si rialzò e riprese la corsa, non sentendo apparentemente nessun dolore. Fu solo una volta arrivata sul battello che impallidì e svenne nelle braccia della contessa Sztáray. Il battello fece retromarcia e l'imperatrice fu riportata nella sua camera d'albergo; spirò un'ora dopo, senza aver mai ripreso conoscenza. Aveva 60 anni.
L'autopsia, effettuata dal dottor Mégevand, mostrò che la lima aveva trafitto il ventricolo sinistro e che Elisabetta era morta d'emorragia interna (tamponamento cardiaco). La sua tomba, a differenza delle sue volontà (voleva esser sepolta a Corfù), si trova a Vienna nella Cripta Imperiale, accanto a quelle del marito e del figlio.
Sul luogo dell'omicidio oggi sorge una placca commemorativa che ne ricorda l’assassinio; un monumento all'imperatrice, inoltre, è stato eretto poco distante dallo stesso luogo.
Nel 1998 è stato pubblicato il diario poetico dell'imperatrice, dal quale è emerso che Elisabetta non amava affatto la sua condizione aristocratica né condivideva la politica degli Asburgo, tanto da augurarsi di morire "improvvisamente, rapidamente e se possibile all'estero"; in un certo senso dunque si può dire che il suo intimo desiderio di abbandonare la vita sia stato esaudito.[33]
D'altro canto, dai suoi scritti emerge chiaramente la sua disapprovazione delle condizioni sociali in cui versava la popolazione austriaca e ungherese, tanto da considerare i giovani a lei contemporanei come "oppressi dall'ordine stabilito";[33] a disagio e rattristata per la disparità socio-economica fra lei e la gente comune, detestando le ricchezze e i viaggi di piacere per l'Europa, Elisabetta arrivò anche a maledire, nelle sue poesie, la dinastia asburgica.[33] Nella biografia dedicata all'imperatrice, Brigitte Hamann descrive Elisabetta come una forte anticlericale, libertaria, insofferente alla vita e all'etichetta di corte, tanto da desiderare che Francesco Giuseppe abdicasse e andasse a vivere con lei sulle rive del Lemano.
Ossessionata dal culto della propria bellezza, Elisabetta concentrava tutte le energie nel tentativo di conservarsi giovane, bella e magra. Negli anni settanta e ottanta gli impegni di corte non trovavano spazio nella giornata dell'imperatrice.
Secondo le cronache, Elisabetta era alta 1 metro e 72 centimetri e pesava 50 kg,[34] aveva capelli castani folti e lunghissimi, che sciolti le arrivavano alle caviglie. Quasi tre ore occorrevano quotidianamente per vestirsi, poiché gli abiti le venivano quasi sempre cuciti addosso per far risaltare al massimo la snellezza del corpo. La sola allacciatura del busto, utile a ottenere il suo famoso vitino da vespa, richiedeva spesso un'ora di sforzi. Il lavaggio dei capelli era eseguito ogni tre settimane con una mistura di cognac e più di trenta uova. La procedura richiedeva un'intera giornata, durante la quale l'Imperatrice non tollerava di essere disturbata.[35] Altre tre ore ogni giorno erano dedicate ai capelli, che venivano intrecciati da Fanny Angerer, ex parrucchiera del Burgtheater di Vienna, richiesta espressamente dall'imperatrice.[36] Una delle sue creazioni più famose fu l'acconciatura a "corona", con grandi trecce raccolte sopra la nuca, divenuta il simbolo di riconoscimento dell'imperatrice, che fu imitata da molte donne aristocratiche del tempo.
Elisabetta era impegnata per il resto della giornata nella scherma, l'equitazione e la ginnastica (a tale scopo, aveva fatto allestire in tutti i palazzi in cui soggiornava delle palestre attrezzate con pesi, sbarra e anelli, e per un certo periodo aveva mantenuto una scuderia di prima grandezza). Costringeva inoltre la propria dama di corte a seguirla durante interminabili e forsennate passeggiate quotidiane, che duravano come minimo sette o otto ore filate, e di cui quasi nessuna delle dame di compagnia riusciva a sostenere il ritmo, sicché l'imperatrice era costretta a terminarle in carrozza.
Per preservare la giovinezza della pelle, Elisabetta faceva uso di maschere notturne (a base di carne di vitello cruda o di fragole) e ricorreva a bagni caldi nell'olio d'oliva. Per conservare la snellezza, oltre a rispettare un rigoroso regime alimentare, dormiva con i fianchi avvolti in panni bagnati e beveva misture di albume d'uovo e sale.
La fama postuma di Elisabetta è dovuta soprattutto ai tre film girati negli anni cinquanta da Ernst Marischka con Romy Schneider nel ruolo dell'imperatrice Elisabetta, alla quale viene attribuita il soprannome "Sissi", e Karlheinz Böhm in quello dell'imperatore Francesco Giuseppe. I film della trilogia di Sissi sono:
Romy Schneider interpretò nuovamente l'imperatrice Elisabetta nel film Ludwig (1972) di Luchino Visconti, con Helmut Berger nel ruolo di Ludovico II di Baviera. A differenza della trilogia di Marischka, dove Sissi era raffigurata in modo assai improbabile, come una fanciulla spontanea e ingenua, nel film di Visconti l'imperatrice è stata rappresentata in maniera disincantata, aristocratica e più realistica.
La filmografia su Elisabetta d'Austria comprende ventotto opere cinematografiche. Il primo film su Elisabetta fu realizzato nel 1920 in Germania con la regia di Rolf Raffé, preceduto da un'altra pellicola, intitolata Mayerling (1919), che narrava gli avvenimenti del suicidio del principe ereditario Rodolfo e in cui l'imperatrice aveva un ruolo più marginale. Un nuovo film su Mayerling fu realizzato nel 1968 con la presenza di Ava Gardner (Elisabetta), James Mason (Francesco Giuseppe), Omar Sharif (Rodolfo) e Catherine Deneuve (Maria Vetsera).
Dagli anni novanta ha fatto il giro del mondo il musical Elisabeth, partito da Vienna, che racconta la sua vita, dall'incontro con Franz Joseph alla morte per mano di Luigi Lucheni. Inoltre, è presente un elemento fantasioso. La morte è rappresentata come il suo amante e Lucheni fa anche la parte del narratore. Due sono le canzoni più celebri del musical, entrambe rivelatrici del carattere indipendente, e insofferente dell'etichetta di corte, dell'imperatrice: Ich gehör nur mir, cioè "Io appartengo solo a me", e Wenn ich tanzen will, cioè "Quando ho voglia di ballare".
Nel 1997 è stato prodotto anche il cartone animato La principessa Sissi, andato in onda su Rai 2, in cui la storia di Elisabetta d'Austria risulta piuttosto romanzata e distante da quella reale. Nel 2004 la televisione francese realizza il film TV Sissi, l'imperatrice ribelle, che vede come protagonista Arielle Dombasle. Nel 2009 è stata co-prodotta da Austria e Italia una miniserie in due puntate, dal titolo Sissi, con l'attrice italiana Cristiana Capotondi nel ruolo della protagonista. La serie è stata trasmessa da Rai 1 il 28 febbraio e il 1º marzo 2010. L'imperatrice è anche al centro di un episodio della serie Il commissario Rex, intitolato proprio Sissi e incentrato su una psicopatica che crede di essere l'imperatrice, arrivando anche a uccidere una persona.
Lista completa delle rappresentazioni di Sissi nei media:
Numerosi sono anche i documentari realizzati in Italia, tra i più importanti si citano:
L'imperatrice d'Austria visitò lungamente il Tirolo Meridionale. Il primo viaggio fu a Merano nell'inverno del 1870, con la scusa di una difficoltà nella crescita della figlia Maria Valeria - prendendo alloggio presso Castel Trauttmansdorff.
Ritornò a Merano nell'anno successivo, per fare escursioni a piedi e a cavallo in Val Passiria (dove visitò l'antico stabilimento termale di Bagni di Mezzo). Questa volta l'imperatrice alloggiò presso Castel Rottenstein, di proprietà del cognato Carlo Ludovico. Nella zona del meranese Sissi avendo modo di ammirare i paesini dei dintorni come Scena (col castello neogotico e il mausoleo in onore dell'arciduca Giovanni), Tirolo, Parcines con le sue cascate, Marlengo, Avelengo, Naturno, Lana. In Val d'Ultimo, presso il Museo Etnografico della valle, si conservano gli stivaletti che Sissi utilizzava per andare in montagna e un frammento di mantello che la sovrana metteva quando cavalcava in zona.[37]
Sissi ritornerà in Trentino-Alto Adige dopo la morte del figlio Rodolfo, in cerca di quiete e di pace. Nel settembre 1889 infatti giunse a Madonna di Campiglio prendendo alloggio presso l'antico Grand Hotel des Alpes, un tempo ospizio per i viandanti. La località e l'albergo erano stati suggeriti dall'arciduca Alberto d'Asburgo che conosceva la località di Arco, adiacente a Riva del Garda, ove aveva una villa[38]. Qui l'imperatrice effettuò molte escursioni, salendo al monte Spinale (la passeggiata prende oggi il nome di Giro dell'Imperatrice) ammirando le cime del Lares, al Grosté con tappa al Rifugio Stoppani dal quale Sissi poté ammirare le Dolomiti del Gruppo del Brenta, dell'Adamello e della Presanella, al lago delle Malghette e alla pittoresca Vallesinella. Lungo il sentiero che sale al Grosté si può incontrare la cosiddetta "piazzetta Imperatrice" dove sta un masso sul quale è stato inciso A memoria-Erinnerung 6-14 sett. 1889 a ricordo del soggiorno di Sissi. Nel 2009 le è stata anche intitolata una piazza della località che oggi si chiama "Piazza Sissi"[39].
Da Madonna di Campiglio ritornò a Merano, passando lungo la Val di Sole e la Val di Non, attraverso i paesini di Dimaro (dove si conserva un autografo dell'imperatrice e dell'imperatore presso l'Hotel Kaiserkrone[40]), Malè, Revò, Cavareno, Ronzone e Ruffrè fino ad arrivare al pittoresco passo della Mendola - confine naturale tra Trentino e Alto Adige - dove pernottò per una notte nella dépendance dell'Hotel Mendelhof, al tempo unico albergo al Passo.
L'indomani con la figlia Valeria salì al monte Penegal, discendendo poi a Caldaro verso la stazione di Castel Firmiano a piedi e raggiungendo nuovamente Merano. Alloggeranno nuovamente a Castel Trauttmansdorff e nuovamente fecero varie escursioni nei dintorni, recandosi pure a Castel Roncolo (al tempo di proprietà di Francesco Giuseppe), raggiunte in seguito dall'arciduca Francesco Salvatore che l'anno successivo avrebbe sposato Maria Valeria. Il gruppo si recò infine per due giorni sul lago di Garda, arrivando a Nago col treno, visitando Torbole, Arco e infine Riva del Garda dove alloggiarono presso l'Hotel Sonne Traffellini (oggi Hotel Sole). Il giorno seguente Sissi visitò le cascate del Varone, la chiesa dell'Inviolata per poi andare a Mori in carrozza e riprendere il treno per Merano[41].
Sissi tornò in Trentino nel 1894, per recarsi a Madonna di Campiglio. visitando Castel Toblino, Bagni di Comano e Pinzolo. Alloggiò ancora presso il Grand Hotel des Alpes dove fu raggiunta anche da Francesco Giuseppe. Insieme fecero diverse escursioni al lago Ritorto, al monte Spinale, nuovamente al Grostè e al lago delle Malghette, alla Malga Brenta Alta, varie passeggiate nei dintorni presso Campo Carlo Magno. L'imperatore partì prima della moglie che anzi allungò la vacanza al Passo della Mendola alloggiando presso il nuovo Hotel Mendelpass, albergo di prim'ordine della famiglia Spreter, dove rimase tre giorni prendendo in affitto l'intero primo piano. Qui fece altre escursioni al Piccolo Penegal, al monte Roen e alla cima del monte Macaion. Non alloggiò invece nell'attuale condominio "Villa Imperiale", un tempo Grand Hotel Penegal, realizzato due anni dopo l'ultimo viaggio di Elisabetta al Passo della Mendola.
L'ultima vacanza di Elisabetta in Alto Adige fu al lago di Carezza e a Merano nell'autunno 1897, un anno prima della morte. Al lago di Carezza alloggiò presso l'antico Grand Hotel Karersee del pioniere del turismo Theodor Christomannos - cugino del lettore di greco dell'imperatrice, presunto padre di Cléo de Mérode che si dice fosse dama di Corte di Sissi - che aveva costruito lussuosissimi alberghi a Solda e Trafoi dove aveva alloggiato la figlia Maria Valeria in occasione del viaggio di nozze. A Carezza l'imperatrice faceva brevi passeggiate nei dintorni del lago e ammirava il tramonto che tingeva di rosso le pareti del Catinaccio: la sua passeggiata preferita è stata trasformata in un sentiero commemorativo, Elisabeth-Promenade, che dalla strada principale conduce sulle alture di Nova Levante con una vista mozzafiato sul Latemar. Vi è un piccolo capitello in ricordo del decimo anniversario del viaggio di Elisabetta a Carezza. Le cronache del tempo raccontano che l'imperatrice desiderava raggiungere uno dei primi rifugi sulle Dolomiti: non specificato, si può credere possa essere uno dei seguenti - Rifugio Bergamo al Principe, il Rifugio Vajolet o addirittura il Rifugio Bolzano - poiché costruiti o ampliati in quegli anni, ma dovette desistere per le difficoltà del percorso.
A Merano l'imperatrice alloggiò presso l'Hotel Kaiserhof, oggi scuola alberghiera[42]. Fece la cura dell'uva, secondo la moda dell'epoca, e visitò numerose località: Castel Labers, Castel Ramtez, Castel Fragsburg, Nalles, Vilpiano, Quarazze, Castel Scena, Castel Lebenberg, Tirolo. Lasciò Carezza e Merano prenotando già le sue vacanze per l'anno successivo, sia al Grand Hotel Karersee sia al Grand Hotel Trafoi, purtroppo però Sissi sarà assassinata il 10 settembre 1898. In Val Ridanna avevano lavorato lungamente per un anno al fine di creare un comodo collegamento che da Masseria, mediante l'impianto minerario della vallata, conducesse comodamente l'imperatrice al rifugio a lei dedicato (Kaiserin-Elisabeth-Schutzhaus, poi Becherhütte, infine Rifugio Biasi al Bicchiere dopo la seconda guerra mondiale), inaugurato il 18 agosto 1894, compleanno dell'imperatore, fra le montagne della Val Ridanna e dello Stubai.
Il 29 novembre 1897 è datata una lettera sottofirmata da Franz Joseph Österreicher e indirizzata al signor Francesco de Probizer, nella quale l'imperatrice si degnava di far visita al Tirolo, l'amato paese, senza mancare di passare per la simpatica Valle di Cei e di essere ospitata nella villa di Francesco, Villa Maria de Probizer. Questa promessa dell'imperatrice non poté però realizzarsi: infatti Elisabetta, ammalata e in preda alla malinconia, trascorse l'inverno tra il 1897 e il 1898 sulla riviera francese e, dieci mesi più tardi (il 10 settembre 1898), cessò di vivere perché venne assassinata mentre con una dama di corte si stava dirigendo, in incognito, verso il battello che da Ginevra, l'avrebbe portata a Montreux in Svizzera.
Ogni anno Madonna di Campiglio è sede del cosiddetto "Carnevale Asburgico", manifestazione culturale e turistica che vede fra i numerosi eventi sia rievocazioni in costume del periodo asburgico, sia conferenze e incontri culturali che mirano ad approfondire la conoscenza della vita a Campiglio nel periodo dell'imperatore Francesco Giuseppe. Il clou degli eventi si tiene all'interno del Grand Hotel des Alpes nel cosiddetto Salone Hofer, antico salone delle feste del vecchio albergo, unico superstite dei fasti dell'epoca di Sissi, interamente affrescato in stile Liberty con due ritratti di Sissi e Franz su fondo oro.
Anche ad Arco annualmente si svolge la tradizionale festa "Arco Asburgica" che fa rivivere al pubblico alcuni istanti dei fasti della Corte asburgica in vacanza sulle rive del lago di Garda. La manifestazione annuale "Arco com'era", organizzata dal Comitato Tradizioni, Usi e Costumi arcensi, ripropone un antico spezzone di vita rurale arcense, con vecchi mestieri, oggetti, arti e tradizioni tipiche tardo-ottocentesche, concludendosi con il corteo per le vie del centro e danze della Corte asburgica con gli ospiti.
A Merano, in occasione della festa dell'uva in autunno, si tiene un pittoresco corteo con alcuni figuranti che impersonano la coppia imperiale in vacanza nel meranese.
Francesco Giuseppe I d'Austria ed Elisabetta ebbero quattro figli:
Titolatura completa: S. M. I. e R. Elisabetta Amalia Eugenia, imperatrice d'Austria, regina apostolica d'Ungheria, regina di Boemia, regina di Lombardia e di Venezia, regina di Dalmazia, Croazia, Schiavonia, Galizia, Lodomeria e Illiria, regina di Gerusalemme, ecc.; arciduchessa d'Austria; granduchessa di Toscana e Cracovia, duchessa di Lorena, di Salisburgo, di Stiria, Carinzia, Carniola e di Bucovina; gran principessa di Transilvania; margravia di Moravia; duchessa dell'Alta e Bassa Slesia, di Modena, Parma, Piacenza e Guastalla, d'Auschwitz e Zator, di Teschen, di Friuli, di Ragusa e Zara; contessa principesca d'Asburgo, del Tirolo, di Kyburg, di Gorizia e Gradisca; principessa di Trento e Bressanone; margravia d'Alta e Bassa Lusazia e in Istria; contessa di Hohenembs, Feldkirch, Bregenz, Sonnenberg ecc.; signora di Trieste, di Cattaro e della Marca dei Vendi.
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