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antico Stato italiano (1452-1796, 1814-1859) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Ducato di Modena e Reggio, che comprendeva le due investiture imperiali distinte di Modena e Reggio, fu uno degli antichi Stati italiani.
Ducato di Modena e Reggio | |
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Motto: Dextera Domini exaltavit me (La destra del Signore mi ha esaltato) | |
Il Ducato di Modena e Reggio nel 1815 | |
Dati amministrativi | |
Lingue ufficiali | italiano |
Lingue parlate | emiliano, |
Inno | Serbi Dio (dal 1814, nel periodo degli Austria-Este) |
Capitale | Modena |
Altre capitali | Reggio Emilia, Carpi, Correggio, Mirandola, Novellara, Massa, Carrara e Guastalla |
Dipendente da | Sacro Romano Impero (fino al 1806) |
Politica | |
Forma di governo | monarchia assoluta |
Duca | elenco |
Nascita | 1452 con Borso d'Este |
Causa | Concessione del titolo di duca a Borso d'Este da parte di Federico III |
Fine | 11 giugno 1859 con Francesco V d'Austria-Este |
Causa | Fusione nelle Province Unite del Centro Italia per mano di Carlo Farini |
Territorio e popolazione | |
Bacino geografico | Emilia centrale, Garfagnana, Lunigiana, Frignano |
Territorio originale | Comune di Modena, Reggio, Mirandola, Carpi, Guastalla, |
Massima estensione | 6031,40 km² nel 1850 |
Popolazione | 604.510 ab. nel 1857[1] |
Economia | |
Valuta | soldo, bolognino, scudo, tallero modenese, lira reggiana |
Commerci con | Stati italiani, Corsica, Impero austriaco |
Religione e società | |
Religioni preminenti | Cattolicesimo |
Religione di Stato | Cattolicesimo |
Religioni minoritarie | 0,45% Ebrei 0,03% Protestanti (1856) |
Classi sociali | aristocrazia, clero, borghesia, popolo |
Il ducato di Modena e Reggio - Mappa di Willem e Joan Blaeu (ca. 1640)[2] | |
Evoluzione storica | |
Preceduto da | Ducato di Ferrara Ducato di Massa Ducato di Guastalla |
Succeduto da | Province Unite del Centro Italia |
Ora parte di | Italia |
Nel 1859 confinava a nord con il Regno Lombardo-Veneto, ad est con lo Stato Pontificio del bolognese e della Romagna, ad ovest con il Ducato di Parma e Piacenza e a sud oltre la catena montuosa dell'appennino settentrionale con il Granducato di Toscana e, in seguito ai territori acquisiti di Massa e Carrara, con la Liguria ed il mar Ligure. La capitale era Modena.
Il longobardo Ducato di Modena nasce probabilmente alla fine del VI secolo in seguito alla riorganizzazione longobarda delle strutture civili da tempo perdute in seguito al collasso di Roma di un secolo prima. Nel corso dei secoli il Ducato subisce diverse alluvioni causate dagli affluenti del Po, il fiume Secchia ed il Panaro e nel X secolo una grande alluvione modifica il corso del Po al confine con il Ducato di Mantova. Il libero comune di Modena aderisce alla Lega lombarda contro Federico Barbarossa nel 1167 e nel 1288, a causa di lotte intestine fra le nobili famiglie locali, rinuncia alla libertà comunale con il riconoscimento dell'autorità di Obizzo II d'Este, marchese di Ferrara. Un anno dopo anche Reggio si offrì ad Obizzo II che riportò Modena e Reggio all'amministrazione della signoria di origine ducale, come feudatario dell'imperatore Rodolfo I, mentre il Ducato di Ferrara divenne feudatario del regno del Papa.
Borso d'Este ottenne il 18 maggio 1452 il titolo di duca di Modena e Reggio su concessione dell'imperatore Federico III d'Asburgo mentre il 14 aprile 1471 su concessione di papa Paolo II quello di duca di Ferrara. Nel corso del XV secolo gli Este riuscirono a conquistare gran parte della Garfagnana e, nel 1530, Alfonso I ottenne anche l'investitura imperiale della contea di Carpi, poi elevata, nel 1535, a principato.
La devoluzione di Ferrara fu determinata dalla situazione che si era venuta a creare quando, il 27 ottobre 1597, morì il duca Alfonso II d'Este, che non aveva avuto figli ed aveva designato per testamento il cugino Cesare d'Este come suo erede e successore. Questi però non venne riconosciuto da papa Clemente VIII poiché non era discendente legittimo del duca defunto ma di una ramo cadetto illegittimo generato da Alfonso I d'Este con Laura Dianti; sul finire del 1597 l'unico ramo legittimo che sarebbe potuto succedere nelle pretensioni dinastiche di Casa d'Este era quello degli Este di San Martino, in quel momento rappresentato dal Marchese Carlo Filiberto I d'Este, ma il duca morente scartando questa possibilità, portò di fatto al precipitare degli eventi e alla repentina perdita di Ferrara nel gennaio del 1598. La bolla papale di papa Pio V escludeva dalle successioni nei feudi pontifici i discendenti naturali, quindi il feudo di Ferrara gli venne negato. Per Modena e Reggio Emilia, feudi imperiali, la situazione era diversa, e l'imperatore Rodolfo II considerò legittima la successione degli Este di Montecchio e pertanto l'investitura a Cesare venne concessa.
Clemente VIII scomunicò Cesare quando si proclamò duca e inviò le sue truppe comandate dal primo legato pontificio, il cardinale Pietro Aldobrandini, suo nipote, a Faenza in Romagna.
Cesare di fronte alla scomunica papale e alla presenza dell'esercito pontificio nel territorio confinante del bolognese e della Romagna tentò un'ultima mediazione affidata a Lucrezia d'Este, che tuttavia si rivelò una scelta sbagliata e portò ad un accordo che toglieva agli Este ogni possibilità di mantenere la capitale a Ferrara. Cesare fu costretto a spostare la sua corte a Modena e fu attuata la devoluzione del ducato di Ferrara allo Stato della Chiesa. Ferrara divenne una provincia di confine dello Stato Pontificio, e da quel momento la vita culturale ed economica della città, che aveva vissuto momenti di grandissimo splendore, subì un arresto.
Nel 1598, senza più sostegno delle potenze europee, poco interessate alla sua sorte, né di Venezia, impegnata per l'altro contro gli Uscocchi, che pure avrebbe dovuto temere la vicinanza dello Stato della Chiesa nella nuova disposizione dei confini, né del Duca di Mantova Vincenzo Gonzaga, pur legato da legame di parentela in quanto fratello della terza moglie Margherita, né dell'Imperatore Rodolfo II impegnato contro i Turchi, né del re di Spagna Filippo II, che non interviene a fianco di Alfonso II d'Este pur appoggiandone la causa, né di Enrico IV che lo priva dell'eredità di Renata di Francia, moglie di Ercole II, Ferrara è perduta, in ottemperanza alla Convenzione faentina firmata da Lucrezia d'Este e dal Cardinale Aldobrandini[3] «La mattina del 28 gennaio, percorrendo solo nella carrozza ducale, la superba via degli Angeli, (...) giunto davanti alla chiesa di Santa Maria degli Angeli, si ricordò dei carcerati e in tutta fretta spedì un suo cameriere, scortato dai suoi archibugieri, a liberare tanto quelli del Castello quanto quelli delle prigioni comuni sotto il palazzo della Ragione. Poi uscì definitivamente dalla città. avviandosi tristemente alla volta di Modena».[4] Il giorno dopo, il 29 gennaio, entra trionfalmente in Modena «seguito da 5000 fanti e 1000 cavalieri, tra grida ed evviva della folla che acclama e saluta con squilli di tromba. Ogni suddito, come sempre accade, vede nella sua venuta un miraggio di giustizia e di benessere, e lo benedice» (Ducato di Modena & Reggio, 2007).
Abili politiche diplomatiche portarono all’acquisizione del Principato di Correggio (1635), del Ducato della Mirandola con il Marchesato di Concordia (1711), e della Contea di Novellara e Bagnolo (1737). Il matrimonio, nel 1741, dell'ultimo erede degli Este, Ercole Rinaldo (poi diventato duca con il nome di Ercole III) con la duchessa sovrana di Massa e Carrara, Maria Teresa Cybo Malaspina, pose le basi per l'acquisizione anche degli antichi feudi toscani agli Stati Estensi. Tale acquisizione ebbe però effetto giuridico solo nel 1829 alla morte di Maria Beatrice d'Este, la quale era potuta succedere alla madre nella guida del Ducato di Massa (e non al padre in quella del Ducato di Modena), perché nell'ordinamento del primo era anche ammessa, in modo del tutto inusuale, la successione femminile, sia pure ovviamente in subordine rispetto a quella maschile.
Nel 1796 il ducato venne occupato da Napoleone il quale, denunciando l'inadempienza da parte del duca delle condizioni di armistizio stipulate con la Francia, e la sua perdurante assenza dai territori estensi,[5] disciolse lo Stato, il cui territorio divenne parte della Repubblica Cispadana.
Il controllo napoleonico del territorio continuò con le successive evoluzioni: dapprima Repubblica Cisalpina, in seguito Repubblica Italiana, poi Regno d'Italia. Buona parte dei beni ecclesiastici furono venduti ai privati: il ceto dei gabellieri, che si era arricchito sotto il Ducato, fu pronto ad acquistare le terre migliori. Il papa aveva posto la scomunica per gli acquirenti: anche per questo fu la borghesia ebrea a diventare proprietaria di larghe estensioni di terra agricola[6].
A questo periodo risalgono le spoliazioni napoleoniche del Ducato di Modena.[7] Il 14 ottobre 1796 Napoleone entrò a Modena con due nuovi commissari (Garrau e Saliceti) che si recarono più volte a setacciare le gallerie delle medaglie e la galleria del palazzo ducale per prelevare la collezione di cammei e pietre dure incise. Il 17 ottobre, dopo aver prelevato dalla biblioteca ducale numerosissimi manoscritti e libri antichi, vennero consegnati 1 213 esemplari: 900 monete romane imperiali in bronzo, 124 monete dalle colonie romane, 10 monete d'argento, 31 contornati, 44 monete di città greche, 103 monete dei pontefici che furono inviati alla Bibliotheque Nationale di Parigi e da allora lì conservati. Vennero spediti al Louvre 1 300 disegni trovati nelle collezioni estensi, 16 cammei in agata, 51 pietre dure e diversi vasi in cristallo di rocca, che vi si trovano ancor oggi. Il 20 ottobre vennero requisiti i busti di Lucio Vero e Marco Aurelio, un disegno della colonna traiana e un altro coi busti degli imperatori. Lo stesso avvenne per numerosissimi dipinti della scuola emiliana, quali la Pala dei Santi protettori della città di Modena (1651) e il San Paolo (1644) del Guercino, La purificazione della Vergine di Guido Reni, L'apparizione della Vergine (1592) di Annibale Carracci, Il sogno di Giobbe (1593) del Cigoli, il Cristo deriso del Giambologna, che vennero esposti al Louvre e che non sono più stati restituiti.
Il Congresso di Vienna ripristinò il Ducato, assegnandolo a Francesco IV d'Austria-Este, che nel 1815 ottenne dalla madre, Maria Beatrice d'Este, la cessione degli ex feudi imperiali della Lunigiana, non ricostituiti dal Congresso e assegnati alla stessa, e nel 1829 ereditò da lei anche i territori del Ducato di Massa e Principato di Carrara, ottenendo così uno sbocco sul mar Tirreno. In forza dei deliberati del Congresso, come modificati dal trattato di Parigi del 1817 e dal quello di Firenze del 1844, in concomitanza con la reversione del Ducato di Lucca al Granducato di Toscana nel 1847, al Ducato di Modena furono incorporati l'ex Ducato di Guastalla, prima appartenente al Ducato di Parma e Piacenza, e diverse exclave toscane e lucchesi in Garfagnana, Lunigiana e sulla riviera apuana, e si arrivò così alla massima espansione territoriale. Furono contestualmente anche realizzate ulteriori modifiche confinarie con il Ducato di Parma i lungo il fiume Enza in Emilia ed ancora in Lunigiana.
Nel 1831, quando era duca Francesco IV d'Austria-Este, la popolazione si sollevò, con una insurrezione da cui emerse la figura di Ciro Menotti; tale insurrezione va inserita nei moti del 1830-1831.
Il 21 marzo 1848 Francesco V d'Austria-Este, in seguito ad una insurrezione risorgimentale inquadrabile nella Primavera dei popoli, abbandonò la città, promettendo però l'adozione di uno statuto.
Il Duca di Modena e Reggio regnò fino all'11 giugno 1859, quando per l'avanzata delle truppe piemontesi deve ritirarsi, lasciando un governo di reggenza per due giorni, poi sostituito da una Giunta municipale e dal 20 giugno dal dittatore Farini col quale il ducato concluse la sua esistenza nel giugno 1859 al termine della seconda guerra d'indipendenza italiana. La dinastia fu dichiarata ufficialmente decaduta il 20 agosto e il suo territorio fu unito a Parma, Piacenza, Bologna, Ferrara e alla Romagna il 30 novembre 1859 per ordine del dittatore Carlo Farini,[8] divenendo il nucleo delle Province Unite del Centro Italia, annesse dopo pochi mesi al Regno di Sardegna a seguito del Plebiscito delle provincie dell'Emilia del 1860. L'esercito estense, che aveva seguito in gran parte il duca in esilio in Veneto con i suoi 4.500 uomini, fu sciolto dallo stesso duca il 24 settembre 1863.
Nel corso del XIX secolo il ducato di Modena e Reggio aveva accreditato i propri ambasciatori presso le corti dell'Impero d'Austria, della Francia e dello Stato Pontificio. A Modena invece erano presenti le rappresentanze di Austria, Francia, Ordine di Malta, Prussia, Regno Unito, Regno di Sardegna, Regno delle Due Sicilie, Stato Pontificio e Svezia-Norvegia.
A Carrara era presente un'agenzia consolare degli Stati Uniti d'America. Vi erano invece consolati modenesi a Bastia, Ferrara, Genova, Livorno, Trieste e Venezia.
Per tutto il XVIII secolo lo stato estense continuò ad essere amministrato come una unione degli antichi principati che lo componevano, ognuno mantenendo proprie magistrature e organi amministrativi:
Dopo le annessioni napoleoniche, anche questo stato italiano fu pesantemente influenzato dalla riorganizzazione amministrativa francese, che istituì prefetture e province. In base a ciò il vecchio ordinamento feudale preesistente al 1796 non venne ripristinato. Furono istituite le tre province di Modena, Reggio e della Garfagnana, alle quali si assommerà nel 1816 quella della Lunigiana. Il territorio del ducato venne poi suddiviso in municipalità (Modena e Reggio), reggenze e comunità. Questo ordinamento verrà poi sostituito da quello del 1830, che istituirà i comuni di I^ classe, superiori ai 7.000 abitanti e governati da un podestà, ed i comuni di II^ classe, inferiori ai 7.000 abitanti ed amministrati da un sindaco.
Nel 1833 il Ducato risultava suddiviso in cinque province e 59 comuni[10]:
Nel 1859 gli Stati Estensi erano suddivisi in sei province, ognuna guidata da un'Intendenza:[11]
Le province di Modena e Reggio avevano il rango di Intendenze Generali. Ogni provincia era suddivisa in comuni, i quali ammontavano in totale al numero di 68. I comuni erano divisi in tre classi: prima, seconda e terza. I comuni di prima e seconda classe erano governati da un podestà. Quelli di terza erano amministrati da un sindaco. Solamente Modena e Reggio erano comuni di prima classe.
Le principali vie terrestri di comunicazione, sino al 1859, furono la via Emilia, la via per Brescia, la strada ducale di Lunigiana, la via Giardini, la via Vandelli e la traversa Pontremolese. Il ducato era collegato anche alla via Aurelia.
Nel ducato non si manifestò interesse per una ferrovia che attraversasse il suo territorio ed unisse Milano a Bologna, mentre si era propensi a pensare a vie ferroviarie che permettessero di arrivare a Lucca e Livorno. Negli anni '50 dell'Ottocento tuttavia si iniziò a dibattere della questione: il 23 maggio 1859 (la II Guerra di Indipendenza era già in corso dal 29 aprile), si tenne il viaggio di inaugurazione della ferrovia da Reggio a Modena con a bordo il Duca Francesco V ed un reparto di Dragoni che gli facevano da guardia del corpo, pronti ad ogni evenienza[12]. Il Duca lasciò Modena l'11 di giugno. Quando il 21 luglio 1859 venne completata la ferrovia Milano-Bologna il ducato di Modena e Reggio era già finito (l'armistizio di Villafranca era stato firmato pochi giorni prima).
Con l'acquisizione nel 1829 del ducato di Massa e Carrara, Modena poté ottenere un piccolo sbocco sul mar Tirreno. Lungo la costa vi erano due porti: Avenza nel territorio di Carrara e San Giuseppe nel territorio di Massa.
La religione predominante nel Ducato di Modena e Reggio era quella cattolica romana. Vi erano cinque episcopati e un'abbazia nullius, suddivisi in 755 parrocchie. Le diocesi erano quelle di:
Il 22 agosto 1855 la bolla Vel ab antiquis di papa Pio IX elevò la diocesi di Modena, che precedentemente era stata suffraganea di Ravenna (V-XVI secolo) e poi di Bologna, a sede arcidiocesana metropolitana, con giurisdizione sulle altre diocesi suddette. La Provincia Ecclesiastica Estense così nata coincideva con il territorio del ducato.
Alcune parrocchie del Ducato erano dipendenti da sedi episcopali esterne allo Stato, quelle di Parma, Sarzana, Lucca e Pontremoli.
Erano presenti sul territorio estense anche alcune comunità ebraiche. Le principali erano quelle di Modena, Reggio, Scandiano, Finale, Correggio, Carpi, Novellara e Brescello.
La Brigata Estense fu la forza armata del ducato di Modena e Reggio che prese parte alla seconda guerra d'indipendenza. Le forze ducali erano costituite dalle Reali Truppe, coordinate dal Ministero della Guerra. Nel 1859 erano composte da circa 4.300[13] soldati di professione ed a ferma prolungata e circa 13.000 riservisti. Durante la seconda guerra d'indipendenza le truppe modenesi seguirono Francesco V nella sua fuga nel Lombardo-Veneto venendo immediatamente riorganizzate nella Brigata Estense. Questo corpo, prese parte, senza però combattere, alla battaglia di Solferino[14]. Dopo la firma della pace di Zurigo il reparto rimase acquartierato in Veneto insieme all'ormai ex-duca. Sotto le pressioni dei comandanti militari austriaci, la Brigata Estense fu ufficialmente sciolta il 24 settembre 1863.
Nel Ducato di Modena e Reggio era adottato il sistema monetario francese, ma, dopo l'unione doganale con l'Impero d'Austria era impiegato anche quello austriaco. Erano usate anche le antiche monete locali quali il soldo, il bolognino e il tallero modenese. A partire dalla Restaurazione, il Ducato di Modena cessa di coniare monete.[15]
La filatelia del Ducato di Modena iniziò nel 1852 quando il Ducato emise il suo primo francobollo, a disegnarlo fu Tommaso Rinaldi.
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