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romanzo di Carlo Collodi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un romanzo fantastico per ragazzi scritto da Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista e scrittore Carlo Lorenzini, pubblicato per la prima volta a Firenze nel febbraio 1883. Racconta le esperienze tragicomiche di Pinocchio, una marionetta animata fabbricata e considerata come un figlio dal falegname Geppetto, che grazie all'aiuto della Fata dai capelli turchini riesce a maturare moralmente finché diventa un bambino vero.
Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino | |
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Le avventure di Pinocchio visto da Enrico Mazzanti, Firenze, 1883 | |
Autore | Carlo Collodi |
1ª ed. originale | 1881-1883 |
Genere | romanzo per ragazzi |
Sottogenere | fantastico, umoristico, drammatico |
Lingua originale | italiano |
Ambientazione | Toscana, XIX secolo |
Protagonisti | Pinocchio |
Coprotagonisti | Mastro Geppetto, la Bambina dai capelli turchini |
Antagonisti | Mangiafoco, il Gatto e la Volpe, il pescatore verde, Lucignolo, l'Omino di burro, il Terribile Pesce-cane |
La prima metà del libro apparve originariamente a puntate fra il 1881 e il 1882 con il titolo La storia di un burattino, ma il suo successo spinse l'autore a rielaborare ed estendere il materiale per la pubblicazione in volume, che divenne subito un best seller e poi un long seller. Il romanzo di Collodi è considerato un capolavoro letterario e il suo valore narrativo venne immediatamente riconosciuto andando ben al di là della letteratura per l'infanzia grazie alla sua profondità narrativa che si presta a una pluralità di interpretazioni, la principale delle quali vede il passaggio da marionetta a bambino vero come una metafora della condizione umana: Benedetto Croce scrisse che «il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l'umanità» e reputò il libro una fra le grandi opere della letteratura italiana.[1]
Pinocchio è un'icona universale fra le più celebri e riconoscibili e alcuni concetti originali del libro sono diventati parte della cultura popolare mondiale, in particolare la metafora visiva del naso lungo per rappresentare le bugie. Il successo di Le avventure di Pinocchio ha prodotto negli anni centinaia di edizioni con traduzioni in oltre 260 lingue, e numerose trasposizioni teatrali, televisive e cinematografiche, la più celebre delle quali è quella d'animazione del 1940 prodotta da Walt Disney e in Italia anche lo sceneggiato Rai diretto da Luigi Comencini andato in onda nel 1972.
Il romanzo ha come protagonista un personaggio di finzione, appunto Pinocchio, che l'autore definisce burattino pur essendo morfologicamente più simile ad una marionetta (corpo di legno con articolazioni, mosso dai fili), al centro di celeberrime avventure. Il motivo è che all'epoca della scrittura del romanzo (1881) il termine "burattino" significava invece "fantoccio mosso dai fili",[2] e fu preferito al termine "marionetta" in quanto esso era di scarso uso popolare ed era stato considerato da alcuni scrittori dell'epoca un "francesismo".[3][4]
Il personaggio - burattino umanizzato nella tendenza a nascondersi dietro facili menzogne e a cui cresce il naso in rapporto a ogni bugia che dice - è divenuto successivamente protagonista anche nel mondo del cinema e dei fumetti. Sulla sua figura sono stati inoltre realizzati album musicali e allestimenti teatrali in forma di musical.
Collodi inizialmente pubblicò l'opera a puntate, senza troppa convinzione e probabilmente per pagarsi dei debiti di gioco, sulla prima annata del 1881 del Giornale per i bambini diretto da Ferdinando Martini, un periodico settimanale supplemento del quotidiano Il Fanfulla, nella quale furono pubblicati i primi otto episodi. Collodi definì il suo lavoro «una bambinata» e disse al direttore del giornale: «Fanne quello che ti pare, ma, se la stampi, pagamela bene, per farmi venire voglia di seguitarla».[5] La conclusione che Collodi pensò per la sua storia (l'autore decise inizialmente di terminare il racconto con il burattino che, impiccato, «stirò le gambe e, dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito») non soddisfece affatto il pubblico, e in seguito alle proteste ansiose e rammaricate dei piccoli lettori, il giornale convinse Collodi a modificare la trana.[6] Il lavoro, tuttavia, non fu agevole, tanto che occorsero altri due anni per vederne la conclusione, giungendo al classico finale, in linea con l'obiettivo pedagogico dell’opera, in cui Pinocchio si trasforma non solo in un bambino in carne ed ossa, ma per dirla con le parole di Pinocchio stesso, diventa “un ragazzino perbene” perché ha capito i suoi errori e diventa educato e studioso.
Il titolo della fiaba, all'inizio, fu: La storia di un burattino. La prima puntata apparve sul numero del 7 luglio, seguita da altre sette, rispettivamente il 14 luglio, 4 e 18 agosto, 8 e 15 settembre, 20 e 27 ottobre. Secondo un saggio di Gianni Greco (Quel copione di Collodi (Pinocchio non fu il primo naso)), Collodi trasse probabilmente ispirazione da varie fonti e racconti precedenti.[7]
La prima edizione in volume venne pubblicata, con alcune modifiche, nel 1883 dalla Libreria Editrice Felice Paggi con le illustrazioni di Enrico Mazzanti.[8]
Un calcolo delle copie di Pinocchio vendute in Italia e nel mondo è impossibile, anche perché i diritti d'autore decaddero nel 1940, e a partire da tale anno chiunque può riprodurre liberamente l'opera di Collodi.[9] Una ricerca degli anni settanta condotta da Luigi Santucci contava ben 220 traduzioni in altrettante lingue straniere.
Tali risultati, all'epoca, resero il libro il più tradotto e venduto della storia della letteratura italiana.[9] Una stima più recente fornita dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi alla fine degli anni novanta e basata su fonti UNESCO parla di oltre 240 traduzioni.[9]
A oggi è la seconda opera più tradotta della letteratura mondiale, nonché la prima tra le italiane.[10]
Il romanzo, anche se scritto nel 1881, è ambientato in un'epoca storica precedente, presumibilmente ai tempi del Granducato di Toscana o all'immediato indomani dell'Unità d'Italia: ciò si può notare anche dai riferimenti ai quattrini, soldi e zecchini d'oro che vengono citati nella storia e dalla presenza dei Reali Carabinieri Toscani, esistiti dal 1841 al 1848 e successivamente confluiti nei Veliti e nella Gendarmeria Toscana. Durante il periodo di Leopoldo II (1824-1859) gli zecchini d'oro corrispondevano a 80 crazie o a 400 quattrini, mentre un soldo era pari a 3 quattrini.
Alcune fonti ambienterebbero le avventure di Pinocchio nella zona a nord di Firenze, in particolare nelle località di Castello, Peretola, Osmannoro e Sesto Fiorentino.[11][12] Punto di partenza di tale possibile ricostruzione è rappresentato da villa Il Bel Riposo (situata in prossimità di villa La Petraia e villa Corsini), nella quale Collodi soggiornò a più riprese durante la seconda metà dell'Ottocento.[12][13] L'impiccagione di Pinocchio alla Grande Quercia è ambientata invece in provincia di Lucca, nei pressi di Gragnano. L'albero descritto da Collodi esiste ancora in quella zona ed è anche chiamato Quercia delle streghe.
«C'era una volta...
- Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.»
Il falegname mastro Antonio, detto maestro Ciliegia per il suo naso tondo e rosso, si accinge a intagliare una gamba di tavolo da un vecchio tronco, il quale però incredibilmente comincia a parlare, lamentandosi del dolore provocato dai colpi di martello. Ancora scioccato, mastro Ciliegia riceve la visita di mastro Geppetto, un suo collega e amico caratterizzato da uno stile di vita poverissimo (il fuoco del suo camino è dipinto) e da una parrucca gialla a causa della quale viene soprannominato "Polendina", anche se, essendo molto irascibile, si infuria terribilmente ogni volta che si sente chiamare così. Per cessare il suo continuo digiuno, Geppetto ha deciso di costruirsi un burattino[14] che gli consenta di guadagnarsi da vivere tenendo spettacoli. Dopo un litigio tra i due falegnami causato dai commenti del tronco, che Geppetto crede provenire da mastro Ciliegia, Geppetto riceve lo stesso pezzo di legno.
Una volta arrivato a casa, Geppetto comincia a scolpire il burattino, che decide di battezzare Pinocchio, considerandolo già come un figlio. Pinocchio si dimostra un bricconcello già durante la sua creazione, deridendo e umiliando il suo creatore, il quale accetta da subito l'idea di starsi creando una "birba come figlio". Non appena completato, Pinocchio si alza subito in piedi e scappa per strada inseguito da Geppetto. Un carabiniere lo ferma, ma finisce con il portare in prigione Geppetto, temendo che quest'ultimo possa punire troppo severamente il burattino per la sua marachella, basandosi sulle chiacchiere dei passanti. Per nulla preoccupato per il genitore, Pinocchio si diverte tutto il giorno nei campi per poi tornare la sera a casa, dove è atteso dal vecchio Grillo Parlante che abita in casa, che lo ammonisce per il suo comportamento disubbidiente: indispettito, Pinocchio gli lancia contro un martello, schiacciandolo. Affamato, Pinocchio si mette a cercare cibo e dopo aver trovato un uovo con dentro un pulcino e dopo aver elemosinato ai vicini ricevendo una secchiata d'acqua, Pinocchio si addormenta con i piedi vicino al braciere acceso.
La mattina dopo Geppetto, rilasciato dalla prigione, torna a casa e trova Pinocchio piangente e con i piedi bruciati; il burattino dice di aver capito che il Grillo diceva il vero su come il mondo è crudele con chi lo è altrettanto, si ripromette di comportarsi bene e di voler andare a scuola. Il padre quindi lo nutre con delle pere portate dal carcere, gli ricostruisce i piedi, gli fabbrica un vestito di carta e, nonostante il rigido gelo invernale, vende la sua vecchia e consunta giacca per comprargli un abbecedario.
Pinocchio s'incammina verso la scuola, promettendosi di farsi valere e ripagare la bontà del genitore, ma viene subito attirato dalla musica proveniente dal Gran Teatro dei Burattini, quindi decide di vendere l'abbecedario per procurarsi il biglietto per lo spettacolo. I burattini sul palcoscenico, all'apparenza viventi come lui, scorgono Pinocchio nel pubblico e interrompono la recita per festeggiare la sua presenza. Il burattinaio, l'enorme Mangiafoco, arrabbiato per lo scompiglio, cattura Pinocchio e, a spettacolo concluso, decide in un primo momento di gettarlo nel fuoco per poter cuocere un montone, ma i piagnistei e le suppliche del burattino lo fanno commuovere, portandolo a decidere di bruciare al suo posto il burattino di Arlecchino; Pinocchio tuttavia si offre di essere bruciato al posto di Arlecchino, facendo impietosire ancora di più il burattinaio, il quale decide di liberarlo regalandogli cinque monete d'oro da portare a Geppetto.
Dopo aver festeggiato tutta la sera e fino all'alba dell'indomani con i suoi amici burattini, Pinocchio si incammina verso casa, ma si imbatte in due loschi individui, il Gatto e la Volpe, i quali gli dicono di come Geppetto era preoccupato della sua assenza e tremava per il freddo. Pinocchio mostra incautamente le monete d'oro ricevute ai due, i quali lo convincono a sotterrarle nel campo dei miracoli, dicendogli che una volta seminate sarebbe spuntato un albero carico di zecchini d'oro. I tre s'incamminano e lungo la strada si fermano all'osteria del Gambero Rosso, dove il Gatto e la Volpe mangiano a più non posso a spese di Pinocchio e dove decidono di rimanere a dormire. Durante la notte, i due imbroglioni abbandonano Pinocchio lasciando che sia lui a pagare il conto con una delle sue cinque monete d'oro e chiedendo all'oste di dirgli che lo aspettano l'indomani al Campo dei miracoli. Quando lascia l'osteria, malgrado l'avvertimento ricevuto dallo spirito del Grillo Parlante, che lo invita a diffidare di chi promette facili ricchezze, il burattino viene inseguito da due briganti mascherati, che altri non sono che il Gatto e la Volpe. Scappando nel bosco, Pinocchio arriva davanti ad una casetta e bussa alla porta: gli risponde una fanciulla dai capelli turchini che gli riferisce che in quella casa sono tutti morti, lei compresa. I due briganti raggiungono il burattino, il quale tiene le monete nascoste sotto la lingua; non riuscendo a fargli aprire la bocca, lo impiccano alla "Grande Quercia" e aspettano la sua morte fino a decidere di tornare l'indomani a controllarlo. Poco dopo Pinocchio cessa di sgambettare e sviene. Qui, al capitolo XV, finiva la prima stesura dell'opera di Carlo Collodi.
La bambina dai capelli turchini, che è in realtà una fata, fa salvare Pinocchio dai suoi servitori animali, lo fa portare nella sua casa e chiama a consulto tre illustri medici, un corvo, una civetta e il Grillo Parlante, per sapere da loro se il burattino sia vivo o morto: mentre i primi due medici sono incerti sul suo conto, il Grillo Parlante critica pesantemente il paziente e a quelle parole Pinocchio mostra segni di vita. Dopo avergli dato (a fatica e dietro minaccia di chiamare i becchini) una medicina amara per la sua febbre, Pinocchio si riprende e racconta alla fata delle sue disavventure. Quando lei gli chiede che fine abbiano fatto le monete d'oro, Pinocchio (ancora incerto se fidarsi di lei) mente per tre volte, ma ad ogni bugia che dice il suo naso si allunga ogni volta sempre di più, tanto da non permettergli di girare la testa nella stanza. Dopo avergli spiegato che le bugie o hanno le gambe corte o, come nel suo caso, il naso lungo, la fata chiama dei picchi per accorciargli il naso, poi si auto-proclama sorella adottiva del burattino e lo informa di aver invitato Geppetto alla sua abitazione per permettergli di incontrarlo. Contento, Pinocchio chiede di potergli andare incontro e la fata glielo permette, facendogli promettere di non distrarsi sulla via.
Nel bosco vicino alla quercia, tuttavia, il burattino incontra ancora una volta il Gatto e la Volpe, che lo convincono nuovamente a sotterrare le quattro monete nel Campo dei miracoli, con la scusa che l'indomani non sarà più aperto al pubblico. Pinocchio viene condotto alla stramba città di Acchiappa-citrulli e sotterra le monete d'oro nel campo: i due fanno finta di andarsene e invitano il burattino a tornare lì dopo venti minuti. Pinocchio attende recandosi in città, ma quando torna scopre da un vecchio pappagallo che durante la sua assenza, il Gatto e la Volpe sono tornati nel campo, hanno rubato le monete e sono scappati via. Disperato, Pinocchio si rivolge a un giudice, un vecchio gorilla, per denunciare il furto, ma questi paradossalmente lo condanna alla prigione. Quattro mesi dopo l'Imperatore del paese, per festeggiare una grande vittoria militare, concede un'amnistia a tutti i condannati: Pinocchio, essendo in effetti innocente, rischia di rimanere in galera, ma riesce a cavarsela dichiarandosi un malandrino.
Il burattino si incammina verso la casa della fata, ma viene ostacolato da un grosso serpente dalla coda fumante che gli sbarra la strada e che muore letteralmente dalle risate quando vede il burattino finire gambe all'aria nel fango nel tentativo di scavalcarlo. Il burattino, affamato, cerca quindi di rubare dell'uva in un campo, ma finisce in una tagliola e viene scoperto dal proprietario del terreno, il quale lo costringe per punizione a fargli da cane da guardia, con tanto di collare e catena al collo, in sostituzione del suo cane Melampo, morto quella stessa mattina. Durante la notte, Pinocchio viene svegliato da quattro faine: esse ogni notte erano solite rubare alcune galline che poi si spartivano con Melampo in cambio del suo silenzio, e propongono a Pinocchio lo stesso accordo. Il burattino finge di accettare, ma poi rinchiude le faine nel pollaio ed avverte il padrone del campo, il quale, per ricompensa, lo libera.
Il burattino arriva finalmente dove dovrebbe essere la casa della fata, ma vi trova soltanto una lapide sulla quale c'è scritto che la fata è morta di dolore per essere stata abbandonata dall'adorato fratellino Pinocchio. Mentre il burattino piange disperato, gli si avvicina un grosso colombo che lo informa che Geppetto, non sapendo più dove cercarlo, ha intenzione di continuare le ricerche oltremare e sta fabbricando una barchetta sulla spiaggia. Il colombo si offre di portare Pinocchio in groppa fino alla spiaggia, distante più di mille chilometri, ma quando Pinocchio arriva sul posto è troppo tardi: Geppetto è già all'orizzonte, incurante del tremendo mare mosso. Non appena i due si salutano, la barchetta e il falegname vengono inghiottiti dalle onde. Senza esitazione, Pinocchio si tuffa per salvarlo.
La ricerca di Pinocchio giunge al termine la mattina dopo, quando si arena su un'isola. Un delfino di passaggio lo informa di essere giunto al Paese delle Api Industriose, i cui abitanti sono noti per essere grandi ed instancabili lavoratori, e gli dice che, nel caso in cui suo padre sia sopravvissuto alla tempesta, probabilmente è stato mangiato dal Terribile Pesce-cane, un gigantesco e vorace mostro marino arrivato da qualche giorno a portare morte e disperazione nel mare circostante. Giunto alla cittadella dell'isola, Pinocchio cerca di elemosinare qualcosa per poter mangiare, ma gli abitanti del paese lo rimproverano invitandolo a guadagnarsi il pane lavorando sodo. Pinocchio quindi accetta di portare una brocca d'acqua in casa a una donna, che lo ricompensa con un sontuoso pranzo e che Pinocchio riconosce essere proprio la fata, rinata con l'aspetto di una donna.
La fata, che lo ha perdonato dopo averlo visto piangere sulla sua tomba ed è risorta grazie al suo dolore, dice a Pinocchio che gli farà da madre. Pinocchio gli domanda come lei sia cresciuta e se possa fare altrettanto: la fata allora gli promette di trasformarlo in un ragazzo in carne e ossa se si dimostrerà degno di esserlo, cominciando con l'andare a scuola. Pinocchio accetta e comincia ad andare a scuola, dove si trova bene e si guadagna il rispetto sia dei compagni che degli insegnanti, impegnandosi molto e diventando addirittura il primo della classe, cosa che scatena la gelosia degli altri studenti. Un giorno sette compagni di classe di Pinocchio, non volendo essere messi in cattiva luce da un burattino, lo invitano a marinare la scuola con loro per andare in spiaggia a vedere il Terribile Pesce-cane. Pensando di poter capire che aspetto abbia il mostro per colpa del quale crede di aver perso il padre, Pinocchio accetta con riluttanza, ma ben presto si accorge che era tutta una bugia e finisce per essere coinvolto in una rissa. Nel bel mezzo della zuffa uno dei ragazzi, Eugenio, viene colpito dal libro di scuola di Pinocchio, scagliato da un altro di loro, e sviene. Tutti scappano tranne Pinocchio, che cerca di soccorrerlo. Due carabinieri, capitati lì per caso, lo credono colpevole della ferita di Eugenio e lo arrestano. In cammino verso la prigione, Pinocchio scappa ed i carabinieri, non riuscendo a raggiungerlo, gli aizzano contro Alidoro, un feroce cane mastino campione di corsa.
Pinocchio si tuffa in mare ed Alidoro lo segue, ma, a differenza del burattino, non è in grado di nuotare. Pinocchio quindi trae in salvo il cane, il quale lo ringrazia e gli promette di ricambiare il favore. Pinocchio continua a nuotare, ma finisce intrappolato, insieme a dei pesci, nella rete di un terribile pescatore con pelle, occhi e capelli verdi. Il pescatore verde porta Pinocchio nella sua grotta e, credendo che sia un raro esemplare di pesce burattino, decide di cucinarlo. Pinocchio viene infarinato ed è sul punto di essere fritto quando sopraggiunge Alidoro, il quale mantiene la promessa e salva il burattino prendendolo tra le sue fauci e portandolo via. Tornato in città, ancora nudo e coperto di farina, Pinocchio scopre da un pescatore che Eugenio si è ripreso e riceve da lui un sacco con cui si crea una giacca.
Tornato a casa, Pinocchio bussa alla porta sotto una pioggia battente. La Lumaca cameriera della fata va lentamente ad aprire, ma la sua esasperante lentezza innervosisce Pinocchio al punto da fargli sferrare un calcio alla porta così violento da rimanerci incastrato. Dopo molte ore la Lumaca finalmente gli apre ma, non potendolo liberare da quella scomoda posizione, gli offre una colazione composta da cibo artificiale, come punizione per aver marinato la scuola. Imparata la lezione, Pinocchio torna a scuola e si comporta bene per il resto dell'anno, risultando il più bravo della scuola e venendo promosso a pieni voti. La fata, contenta del suo comportamento, gli dice che il giorno seguente lo trasformerà in un ragazzo in carne e ossa. Il burattino, al colmo della felicità, decide di festeggiare l'avvenimento invitando tutti i suoi compagni a una grande colazione. Tra di essi c’è anche il suo migliore amico Romeo, detto Lucignolo per il suo aspetto asciutto, un ragazzo particolarmente scansafatiche. Dopo averlo cercato a lungo, lo trova finalmente sotto il portico di una casa di campagna. Lucignolo declina l'invito, rivelando di aspettare il carro che lo porterà al Paese dei balocchi, un posto dove i bambini sono liberi di giocare da mattina a sera senza l'assillo di genitori o maestri. Pinocchio, pur essendo affascinato dalla descrizione di tale luogo, rifiuta di andarci, ma decide di restare sul posto per salutare l'amico alla partenza.
A mezzanotte giunge il carro, trainato da tanti somarelli, stracolmo di bambini e guidato da un grasso e accogliente conduttore. Lucignolo tenta ancora di convincere Pinocchio a venire con lui, stavolta appoggiato dagli altri ragazzi. Pinocchio alla fine cede alla pressione e accetta. Con il carro pieno, Lucignolo si mette sulle stanghe e Pinocchio sale su uno dei somari che lo disarciona. A tale disobbedienza, il conduttore strappa le orecchie a morsi del somaro, ora ammansito. Pinocchio lo cavalca e nota con stupore che piange e parla di come si pentirà della sua decisione. Arrivati al Paese dei balocchi, Pinocchio e Lucignolo si danno alla pazza gioia.
Dopo cinque mesi di cuccagna, un giorno Pinocchio si sveglia e scopre che le sue orecchie sono diventate come quelle di un asino. Una piccola marmotta vicina di casa gli diagnostica la febbre da somaro, malattia che colpisce i ragazzi che passano troppo tempo a divertirsi e a non fare nulla anziché studiare, che nel giro di due o tre ore lo trasformerà in un somaro vero e proprio. Il burattino si precipita da Lucignolo e scopre che anche a lui sono cresciute le orecchie da somaro: dapprima i due ridono a crepapelle per quella loro buffa condizione, ma poi si disperano quando si trasformano completamente in somari. Appena completata la trasformazione, il cocchiere del carro li conduce alla piazza del mercato per venderli. I due scoprono così che in realtà quell'uomo malvagio è diventato ricco raccogliendo ragazzi svogliati in tutto il mondo e conducendoli nel Paese dei balocchi, dove in breve tempo si trasformano in ciuchi, che poi lui vende al mercato.
Lucignolo viene venduto ad un fattore e Pinocchio ad un direttore di un circo, che lo obbliga a mangiare fieno e a imparare il numero del suo spettacolo a suon di frustate, facendolo debuttare davanti al pubblico tre mesi dopo, danzando e saltando nel cerchio. Durante l'esibizione Pinocchio intravede per un attimo la fata e, distratto da quella visione, cade malamente e si azzoppa. Al direttore, non potendo più utilizzarlo, non rimane altro che rivenderlo al mercato, dove viene acquistato da un uomo che dalla sua pelle vorrebbe ricavare un tamburo. Quest'ultimo gli lega un sasso al collo e lo getta in mare da uno scoglio per affogarlo. Quando lo ritira a galla scopre con suo grande stupore che il somaro è diventato un burattino di legno; Pinocchio spiega all'uomo allibito che un banco di pesci, mandato dalla fata, ha mangiato il corpo di somaro che lo rivestiva, facendo riemergere la sua forma originaria di burattino. L'uomo vorrebbe rivenderlo come legna da ardere per rifarsi della spesa, ma Pinocchio, con un salto, scappa via in mare.
Mentre nuota, Pinocchio vede sulla cima di uno scoglio bianco in mezzo al mare una capra dello stesso colore turchino dei capelli della Fata, che lo chiama verso di sé. Il burattino allora si dirige verso lo scoglio, ma improvvisamente compare il Terribile Pesce-cane, che lo inghiotte in un sol boccone. Nel buio ventre del Pesce-cane, Pinocchio s'imbatte in un Tonno filosofo che gli dice che sta aspettando, rassegnato, che si compia il suo destino, quello di essere inghiottito e digerito, e lo invita a fare altrettanto. Il burattino però non ha alcuna intenzione di lasciarsi mangiare: intravede una luce lontana, vi si avvicina e con sua grande gioia ritrova Geppetto, ingoiato due anni prima dal terribile mostro.
Geppetto è riuscito a sopravvivere grazie alle scorte di un bastimento mercantile carico di ogni bene, ingoiato dal Pesce-cane subito dopo di lui: ora però i viveri stanno per esaurirsi. Approfittando dell'asma di cui soffre il terribile mostro, che lo costringe di notte a dormire a bocca aperta, i due riescono a saltare fuori e a fuggire a nuoto.
Pinocchio procede a bracciate nell'acqua portando in groppa il padre, che non sa nuotare, e sta per essere sopraffatto dalla stanchezza quando sopraggiunge il Tonno, che seguendo il loro esempio ha cambiato idea, decidendo di fuggire anche lui dal Pesce-cane, e li trasporta sulla sua groppa fino a riva. Giunti a riva, Pinocchio e Geppetto passano accanto a due mendicanti: altri non sono che il Gatto e la Volpe, ormai invecchiati e ridotti allo stremo delle forze. I due chiedono aiuto a Pinocchio, ma le loro scuse sono inutili: Pinocchio si beffa di loro dicendo che è la giusta punizione che si sono meritati per la loro disonestà.
Poco dopo i due trovano una capanna di paglia, di proprietà del Grillo Parlante, che afferma di averla avuta in dono da una capra dalla lana turchina. Pinocchio e Geppetto si sistemano al suo interno. Il burattino vorrebbe rimediare un po' di latte per suo padre, raffreddato per la traversata notturna in mare: il Grillo Parlante lo indirizza da Giangio, un ortolano e allevatore di mucche, che gli offre un lavoro, ovvero tirare su da una cisterna 100 secchi d'acqua per annaffiare le piante in cambio di un bicchiere di latte delle sue mucche. Pinocchio accetta e, a lavoro ultimato, l'ortolano gli dà il promesso latte, commentando inoltre che fino al giorno prima quel lavoro veniva svolto dal suo asinello, ormai in fin di vita. Vedendo tale animale, Pinocchio vi riconosce Lucignolo, che spira tra le sue braccia.
Per cinque mesi, avendo imparato a fabbricare cesti di giunco e continuando a lavorare per l'ortolano, Pinocchio costruisce anche una sedia a rotelle per portare a passeggio Geppetto nelle giornate di sole e dedicandosi allo studio. Un giorno, mentre sta andando al mercato per comprarsi un vestito nuovo, incontra la Lumaca, che lo informa che la fata giace in un letto d'ospedale, sommersa dai debiti e malata. Pinocchio le consegna i soldi che aveva messo da parte per il vestito e li dice di farli avere alla Fata, promettendone altri nei prossimi giorni, ed inizia a lavorare cinque ore di più ogni giorno rispetto a prima, così da guadagnare di più e poter mantenere entrambi i genitori. Quella stessa sera Pinocchio crolla addormentato dalla fatica e gli appare la fata, la quale gli dice che, per il buon cuore che ha dimostrato assistendo suo padre e sua madre, gli perdona tutte le marachelle e gli annuncia di aver deciso che il suo desiderio è degno di essere realizzato. Al suo risveglio, Pinocchio si accorge che si è trasformato in un ragazzo in carne e ossa, che la capanna è diventata una bella casetta e che i suoi vecchi vestiti si sono trasformati in vestiti nuovi di zecca. In tasca trova un portamonete d'avorio con scritto che la fata gli restituisce i quaranta soldi e lo ringrazia per il suo buon cuore. Anche Geppetto si è trasformato: non è più un padre anziano e malato da accudire ma è tornato a essere l'arzillo falegname di una volta, nuovamente in grado di lavorare, e spiega al figlio che è stato il suo cambiamento ad aver reso tutto ciò possibile. Sorridendo, Geppetto indica a Pinocchio un burattino di legno, immobile e goffamente seduto su una sedia: è il vecchio ed inanimato corpo di legno di Pinocchio.
La letteratura per ragazzi dell'Ottocento era orientata verso opere talvolta tristi e crudeli, come ad esempio quelle di Dickens (prima fra tutte Oliver Twist) che illustravano ai giovani lettori la dura condizione dei bambini durante la rivoluzione industriale, quasi come se l'obiettivo pedagogico fosse far capire fin da subito ai bambini e ai giovani le difficoltà della vita. Tutto ciò senza contare poi una certa influenza per il tenebroso, se non addirittura per l'orrido, ereditata dal romanzo gotico, che nell'Ottocento si è frequentemente intrecciato con il recupero di racconti e fiabe della tradizione popolare, come avvenuto in Germania con i Fratelli Grimm.[15][16]
Considerando questa atmosfera, che era ormai consuetudine, non è dunque strano incontrare crudeltà e cattiveria (poi mitigate nel succedersi delle versioni) anche nell'opera di Collodi che, a rileggerla da adulti, potrebbe non sembrare tanto allegra (è sufficiente ricordare che nella prima versione il racconto termina con Pinocchio ucciso dal Gatto e la Volpe). L'autore non descrive l'infanzia come una fase felice della vita, ma come un momento in cui sono presenti sofferenza e miseria: Pinocchio, infatti, si ritrova spesso in situazioni pericolose da cui esce all'ultimo momento e senza d'altra parte farne tesoro, senza apprendere la lezione e finisce per ripetere i propri errori, cacciandosi ogni volta in avventure ancora più rischiose.
Altro aspetto che caratterizza il romanzo è il realismo con cui viene descritto il mondo nel suo aspetto più duro e crudele, in cui la vita sociale è segnata dalla violenza, dalla sopraffazione, dalla cattiveria e dall'indifferenza tra le persone. Nelle sue avventure Pinocchio incontra molti personaggi perfidi, sempre pronti a sfruttare le debolezze altrui, e perfino le autorità come i gendarmi e i giudici, invece di tutelare gli inermi, puniscono e incarcerano gli innocenti.
Per meglio comprendere questa "durezza", bisogna tener presente che quasi nessuno scrittore componeva davvero esclusivamente per il pubblico infantile; alcuni commentatori convengono che Pinocchio, piuttosto che una fiaba per ragazzi, sia in effetti un'allegoria della società moderna, uno sguardo impietoso sui contrasti tra rispettabilità e libero istinto, in un periodo (fine Ottocento) di grande severità nell'attenzione al formale. L'originalità di Pinocchio è dovuta al fatto che questo realismo si esprime attraverso elementi magici e fantastici.
Pinocchio, come dice Marco Belpoliti, è un "eroe della fame"[17] e la fame non appartiene solo ai bambini, tanto che lo stesso Geppetto ne soffre e ha messo sul focolare una pentola dipinta sul muro.
In ogni caso, poiché il pubblico del romanzo è composto da ragazzi, Collodi si sofferma molto su aspetti pedagogici, inserendo ammonizioni e riflessioni di carattere moralistico: si invita quindi a rinunciare alle perdite di tempo per dedicarsi allo studio, al duro lavoro e al risparmio, evitare le cattive compagnie. Proprio considerando questi insegnamenti, il libro può essere considerato un piccolo romanzo di formazione. All'inizio Pinocchio non ha rispetto per quello che gli dice il babbo Geppetto, né presta attenzione alle raccomandazioni del Grillo parlante e finisce sempre per farsi traviare da cattive amicizie e cacciarsi nei guai. Tuttavia, le esperienze negative e i buoni consigli della fata turchina lo conducono sulla retta via; avendo capito l'importanza dello studio e del lavoro, il burattino viene così trasformato in un bambino.
La figura di Pinocchio e tutto il racconto delle sue avventure si prestano a varie interpretazioni a seconda del diverso approccio (sociologico, psicanalitico, esoterico, religioso e così di seguito).
«Il Pinocchio di Collodi è un miracolo letterario dalla profondità esoterica quasi intollerabile.»
Delle Avventure di Pinocchio è stata data anche un'interpretazione esoterica, basata tra l'altro sul fatto che Collodi apparteneva probabilmente a una loggia massonica fiorentina;[19] secondo tale lettura, Pinocchio conterrebbe diversi elementi simbolici appartenenti all'antichissima tradizione magica e sotterranea della letteratura italiana, che parte da Apuleio e, attraverso la poesia medioevale di Federico II e Dante Alighieri, approda all'esoterismo del Rinascimento.[20] Pinocchio, in quest'ottica, non è che la storia di un'iniziazione: una marionetta di legno, simbolo della meccanicità della persona, che aspira a ritrovare la sua anima.
I nomi dei personaggi farebbero capo infatti a una precisa terminologia alchemica: Pinocchio sarebbe un composto di pino, albero che nell'ermetismo allude alla ghiandola pineale, e di occhio, ossia la visione associata a tale ghiandola; Mangiafuoco corrisponderebbe a Mammona, che nei Vangeli è equiparato al denaro e più propriamente al potere della mondanità, mentre in Lucignolo è rinvenibile Lucifero che, come il Gatto e la Volpe, cioè le passioni del corpo, distraggono Pinocchio dalla scuola ossia dalla possibilità di accedere alla Conoscenza; nella Fata Turchina si esprimerebbe l'archetipo della Grande Madre, assimilabile a Iside ma anche alla Madonna cristiana, che aiuta infine Pinocchio a ricongiungersi col Padre.[21]
Anche le singole vicende della storia conterrebbero chiavi interpretative attinte dal filone spirituale della classicità letteraria: ad esempio la trasformazione in asino, che rappresenta la caduta nell'animalità, ricalca l'analogo episodio presente nelle Metamorfosi di Apuleio e ne L'asino di Niccolò Machiavelli[20] o la fagocitazione di Pinocchio da parte del Pesce-cane, che ricorda il racconto biblico del profeta Giona inghiottito da una balena, all'interno della quale giunge a ravvedersi e a ritrovare lo spirito di obbedienza a Dio.[22]
«Pinocchio è la narrazione della fuga della creatura dal Creatore (appena Pinocchio è costruito scappa subito) e del ritorno.»
Una visione cattolica del capolavoro di Collodi è offerta dalle riflessioni del cardinale Giacomo Biffi nei libri Contro maestro Ciliegia: commento teologico a "Le avventure di Pinocchio"[24] e Il mistero di Pinocchio[25] e in altri suoi interventi.[26] Biffi sostiene che, al di là della laicità dell'autore e delle sue stesse intenzioni, è possibile leggere le vicende del burattino in parallelo con la storia della salvezza secondo il credo cattolico ed elenca a tal fine sette misteri, cioè sette punti chiave, presenti nel racconto:
La Fata rappresenta, secondo Biffi, il principio della grazia cioè "la necessaria mediazione salvifica, che secondo la fede è svolta dal Figlio di Dio fatto uomo, il quale prolunga la sua azione nella storia per mezzo della Chiesa".
Oltre alle opinioni di Biffi, sono da segnalare altri autori che concordano con il prelato (come Franco Nembrini, che nel suo libro "L'avventura di Pinocchio", riprende l'idea di Biffi)[27] o se ne discostano[28] anche tenendo conto del punto di vista protestante.[29]
I personaggi principali del romanzo di Carlo Collodi sono il protagonista Pinocchio, Geppetto, il Grillo parlante, Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, la Fata dai capelli turchini e Lucignolo.
Collodi usa una lingua semplice, un fiorentino agile e concreto, lontano dal modello manzoniano de I promessi sposi che si ispirava al fiorentino parlato dalle persone colte. Con esso però collaborò alla diffusione della lingua toscana in Italia[30].
L'italiano di Collodi è estremamente versatile, imbevuto di fiorentinismi (berciare per gridare, moccichino per fazzoletto, trappolare per ingannare) e costruzioni idiomatiche: dislocazioni (ma la casacca non l'aveva più), concordanze a senso (come ce n'è tanti)[31]. Nel corso fluido e spesso arguto del testo, non mancano deviazioni parodistiche del linguaggio stesso, come il discorso di presentazione del ciuchino Pinocchio da parte del direttore del Circo (Non starò qui a farvi menzogne delle grandi difficoltà da me soppressate (...) ch'io vi inviti al diurno spettacolo di domani sera (...) alle ore undici antimeridane del pomeriggio).
Molti concetti e situazioni espressi nel libro, di ritorno, sono divenuti proverbiali e hanno creato luoghi comuni frequentemente usati non solo in Italia. Ad esempio:
Allo stesso modo, molti dei personaggi sono divenuti per antonomasia modelli umani tipici, ancora oggi citati frequentemente nel linguaggio comune, come ad esempio:
L'accoglienza riservata all'opera non fu immediatamente cordiale: l'allora imperante perbenismo, rappresentato dalla moderata critica letteraria allora avvezza a testi più borghesi, ne sconsigliò, addirittura, la lettura ai ragazzi "di buona famiglia" (per i quali, taluno soggiunse, poteva trattarsi di una perniciosa potenziale fonte d'ispirazione).[senza fonte]
Su tutt'altro versante, le istituzioni rabbrividirono nel vedere, per la prima volta, dei carabinieri coinvolti in un'opera di fantasia, e reagirono ricercando eventuali motivazioni per il sequestro del libro, scoprendo però che non ve ne era alcuna.[senza fonte] Il libro incontrò invece un successo popolare di difficile paragone.
A partire dal grande successo del libro di Collodi si sviluppò anche una letteratura parallela di storie scritte da altri autori e che avevano per protagonista Pinocchio. Tale fenomeno prende il nome di Pinocchiate.[8]
In queste storie Pinocchio fa i mestieri più disparati, va nei posti più esotici, ha parenti e figli e fonda persino una repubblica.[32]
Nel 1936 Aleksej Nikolaevič Tolstoj scrisse una versione alternativa della storia in russo, intitolata La piccola chiave d'oro o Le avventure di Burattino. La storia parte in modo molto simile a quella di Pinocchio ma dopo l'incontro con i burattini di Barabas (Mangiafuoco) la trama diverge completamente. Questo libro è stato tradotto in italiano col titolo Il compagno Pinocchio (pubblicato nel 1984 da Stampa Alternativa). Da quest'opera sono stati tratti anche due film di animazione: Zolotoj ključik (La chiave d'oro, 1939), regia di Aleksandr Ptuško e Priključenija Buratino (Le avventure di Burattino, 1959) di Ivan Ivanov-Vano, e un film televisivo live-action (1976).
Tra le riscritture di autori italiani si segnalano i seguenti:
Numerose edizioni illustrate del romanzo sono state realizzate; fra gli artisti italiani ci furono i seguenti i quali, spesso, si sono ispirati alle prime illustrazioni realizzate da Mazzanti, Chiostri e Mussino.[8][33]
Molti autori si sono ispirati al personaggio frutto della fantasia di Collodi in diverse forme d'arte: in particolare, sono numerosissime le riduzioni teatrali e cinematografiche,[34] ma non mancano riferimenti collodiani anche in musica, fumetti e altre arti ancora.
L'adattamento più celebre del romanzo di Collodi è probabilmente Pinocchio realizzato come film cinematografico animato prodotto da Walt Disney e uscito nelle sale statunitensi nel 1940: dopo un iniziale insuccesso, negli anni ha ottenuto un enorme fama e dal 1994 è incluso nell'elenco delle opere filmiche da preservare. Meno fortunata è stata invece la trasposizione cinematografica del 2002 diretta da Roberto Benigni, che ha anche interpretato il personaggio principale, rivelatosi un flop al botteghino[35] e negativamente recensito da gran parte della critica.[36]
Il libro di Collodi e il burattino protagonista hanno ricevuto numerose versioni a fumetti, sia fedeli sia liberamente ispirate.
Sono vari i musicisti che nel tempo si sono ispirati a Le avventure di Pinocchio per comporre le proprie canzoni, talvolta dedicando al burattino veri e propri tributi (come nel caso della classica canzone, Lettera a Pinocchio, cantata da Johnny Dorelli dei primi anni sessanta), e talvolta prendendo la storia di Pinocchio a pretesto per parlare di altro, e quindi usandola come metafora (come nel caso di Edoardo Bennato).
Chris Fehn, uno dei percussionisti del gruppo rock Slipknot, usa una maschera il cui volto ricorda quello di Pinocchio (il naso della maschera misura ben 19 centimetri).
Il carattere episodico rende il romanzo Le avventure di Pinocchio particolarmente adatto a trasposizioni lunghe, come quelle televisive. Fra le varie versioni, lo sceneggiato televisivo di Luigi Comencini del 1972 trasmesso a puntate sul primo canale della Rai è ricordato per il suo grandissimo successo popolare.
Videogiochi su Pinocchio:[43]
Numerose sono inoltre le opere che non adattano esplicitamente Le avventure di Pinocchio, ma lo usano comunque come riferimento. Fra queste si trovano:
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