Monopoli (Italia)
comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Monopoli (AFI: [mo'nɔpoli]; Menòple in dialetto monopolitano[4], pron. [mə'nɔpələ], ) è un comune italiano di 47 768 abitanti[1] della città metropolitana di Bari in Puglia.
Monopoli comune | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Puglia |
Città metropolitana | Bari |
Amministrazione | |
Sindaco | Angelo Annese (centro-destra) dal 10-6-2018 (2º mandato dal 15-5-2023) |
Data di istituzione | 28-1-1895 |
Territorio | |
Coordinate | 40°57′08″N 17°17′49″E |
Altitudine | 15 m s.l.m. |
Superficie | 157,89 km² |
Acque interne | Trascurabili |
Abitanti | 47 768[1] (31-7-2024) |
Densità | 302,54 ab./km² |
Frazioni | contrade |
Comuni confinanti | Alberobello, Castellana Grotte, Fasano (BR), Polignano a Mare |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 70043 |
Prefisso | 080 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 072030 |
Cod. catastale | F376 |
Targa | BA |
Cl. sismica | zona 4 (sismicità molto bassa)[2] |
Cl. climatica | zona C, 1 066 GG[3] |
Nome abitanti | monopolitani |
Patrono | Madonna della Madia, san Francesco da Paola (patrono secondario dal 1647) |
Giorno festivo | 16 dicembre |
PIL procapite | (nominale) 19.186 € |
Cartografia | |
Posizione del comune di Monopoli all'interno della città metropolitana di Bari | |
Sito istituzionale | |
Il suo caratteristico centro storico di origine alto-medievale, sovrapposto ai resti di un abitato messapico fortificato già nel V secolo a.C., si affaccia sul mare circondato da alte mura. Importante è l'attività portuale.
La città di Monopoli sorge lungo il litorale adriatico a 40 chilometri a sud di Bari, nella zona geografica della Terra di Bari, in particolare nel settore sud-orientale della Conca di Bari, il cui rilievo, man mano che ci si avvicina alla costa, presenta talora una forte inclinazione, formando un ripido gradino localmente chiamato Le Serre. Tale pendenza, rilevabile a pochi chilometri dal centro, delimita due paesaggi nettamente distinti: uno pianeggiante, denominato marina, che si estende verso il mare, e uno sollevato, sì da formare una specie di tavolato che si spinge verso l'interno fino ad un'altezza massima di 408 metri[5], nella zona dei monti Carbonara in contrada Aratico. Tale gradino è dovuto all'azione erosiva del mare e segna un successivo stadio del sollevamento a cui tutta la regione delle Murge andò soggetta nel Pliocene, quando essa emergeva nella sua parte più elevata. Il territorio della città di Monopoli si estende complessivamente su una superficie di 157,89 km². La costa, lunga quasi 15 chilometri, è bassa e frastagliata: con oltre 25 cale ed ampie distese sabbiose risulta particolarmente adatta alla balneazione e all'esplorazione della vita sottomarina.[6] Sul territorio è dunque ampiamente diffuso il turismo balneare.
Secondo un recente studio del 2021, l'area urbanizzata di Monopoli risulta essere la terza della provincia di Bari per estensione dopo Altamura e Bari; decima della regione dopo Cerignola. [senza fonte]Il restante territorio è diviso in unità denominate contrade, alcune delle quali oramai incluse all'interno del centro abitato. Sono caratterizzate dalla presenza di antiche masserie fortificate (centri di conduzione di attività agricole), chiese e insediamenti rupestri, trulli, ville patrizie neoclassiche e case coloniche. La coltivazione predominante è costituita da ulivi e mandorli, ma non mancano alberi da frutta (agrumi, ciliegi, fichi) e soprattutto ampie coltivazioni di ortaggi. La vegetazione spontanea, in prevalenza macchia mediterranea, è ancora presente in diverse zone del territorio. Di particolare pregio naturalistico, anche per l'ampio panorama sulla marina sottostante e su alcune città vicine, è l'oasi faunistica del Monte San Nicola. Nell'oasi, situata su un poggio all'estremo lembo murgiano, a circa 6 chilometri dal centro abitato, sono presenti preziose specie botaniche.[7]
Il clima è mediterraneo, (clima temperato alle medie latitudini, secondo la classificazione dei climi di Köppen) con estati secche e calde e inverni sufficientemente miti, oltre che umidi. L'azione mitigatrice del mare fa sì che le escursioni termiche siano contenute e, vista la posizione della città sulla costa del basso Adriatico, i venti molto spesso sono a regime di brezza. D'inverno il territorio può essere interessato da incursioni di aria fredda di origine balcanica che, in alcune occasioni, determinano precipitazioni a carattere anche nevoso. Da ricordare le nevicate del 1956, 1961,1971,1979, 1987, 1993, 1999, 2003, 2010, 2014, in cui caddero in media, sulla città, 15–30 cm di neve. Più frequenti sono le nevicate nella zona collinare, dove si verificano a cadenza più o meno annuale e dove possono raggiungere anche i 60 o i 70 cm di altezza, come nel 1956 o nel 2014.[15]
Le precipitazioni, del resto, si concentrano nei mesi autunnali e invernali ed hanno un regime molto variabile. In estate la città è spesso interessata da ondate di caldo torrido provenienti dal Nordafrica. In contrapposizione a queste ondate vi sono giorni in cui soffiano venti di maestrale associati la maggior parte delle volte a dei nuclei di bassa pressione che possono dare luogo a temporali e a bruschi cali di temperatura. Gli estremi di temperatura si sono registrati nel gennaio del 1993 (-5,9 °C) e nel luglio del 2007 (45 °C).[16]
Monopoli | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 12,8 | 13,0 | 14,8 | 17,9 | 23,7 | 27,7 | 31,0 | 31,7 | 28,0 | 22,1 | 15,9 | 13,0 | 12,9 | 18,8 | 30,1 | 22,0 | 21,0 |
T. min. media (°C) | 6,1 | 6,2 | 7,7 | 9,8 | 13,7 | 18,7 | 21,5 | 22,1 | 17,9 | 12,8 | 9,7 | 7,0 | 6,4 | 10,4 | 20,8 | 13,5 | 12,8 |
T. max. assoluta (°C) | 24 (1979) | 24 (1990) | 27 (1977) | 32,6 (1985) | 39,0 (1994) | 45,5 (2007) | 45,6 (2007) | 44,8 (1994) | 39,0 (1988) | 35,0 (1979) | 27,5 (2008) | 23,0 (1989) | 24,0 | 39,0 | 45,6 | 39,0 | 45,6 |
T. min. assoluta (°C) | −5,9 (1993) | −3,0 (1979) | −2,4 (1987) | −1,0 (2003) | 5,3 (1987) | 7,8 (1986) | 12,8 (1971) | 12,8 (1976) | 8,4 (1979) | 4,0 (1972) | 0,0 (1977) | −3,0 (1986) | −5,9 | −2,4 | 7,8 | 0,0 | −5,9 |
Giorni di calura (Tmax ≥ 30 °C) | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 8 | 20 | 22 | 9 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 50 | 9 | 59 |
Giorni di gelo (Tmin ≤ 0 °C) | 2 | 2 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 1 | 5 | 1 | 0 | 0 | 6 |
Precipitazioni (mm) | 53 | 68 | 67 | 42 | 46 | 39 | 28 | 42 | 49 | 69 | 67 | 68 | 189 | 155 | 109 | 185 | 638 |
Giorni di pioggia | 7 | 8 | 8 | 6 | 6 | 4 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 23 | 20 | 11 | 18 | 72 |
Umidità relativa media (%) | 78 | 76 | 72 | 69 | 67 | 62 | 59 | 62 | 66 | 73 | 79 | 79 | 77,7 | 69,3 | 61 | 72,7 | 70,2 |
Vento (direzione-m/s) | N 4,4 | N 4,4 | S 4,4 | S 4,4 | S 4,4 | S 4,4 | N 4,4 | NNE 4,4 | NNE 4,4 | NNE 4,4 | S 4,4 | N 4,4 | 4,4 | 4,4 | 4,4 | 4,4 | 4,4 |
I venti predominanti sono il maestrale, il greco levante, lo scirocco.[17]
Non si ha alcuna certezza né sul toponimo antico né sull'origine dell'attuale nome della città. Gli scavi archeologici più recenti mostrano che un nucleo esisteva già in epoca messapica (V secolo a.C.) e che era munito di poderose mura. Dalla Tabula Peutingeriana, di epoca tardo romana, si evince solamente che in quegli anni, approssimativamente nella zona dell'attuale Monopoli, sorgeva il centro detto Dertum.
Di Monopoli sono state ipotizzate diverse etimologie[20], nessuna veramente cogente:
La città di Monopoli trarrebbe le proprie antiche origini da una poderosa fortezza messapica situata al confine della Peucezia. Le mura messapiche cingevano probabilmente l'intera penisola individuata dalla cala detta della Porta Vecchia e dalla cala del Porto Antico; lungo via dei Mulini, all'interno del Bastione di Santa Maria, sotto il Castello, nei pressi del Palazzo vescovile, sono ancora conservati importanti tratti delle fortificazioni del V secolo a.C.
Dell'epoca romana rimane solo la grande porta fortificata, inglobata nel Castello, e alcune tombe nella zona ipogea della Cattedrale. Secondo una tradizione riportata dallo storico locale Giuseppe Indelli[22], nell'anno 43 San Pietro avrebbe predicato, di passaggio, ad un gruppo di cittadini monopolitani. Dal I secolo a.C. fino a tutto il III secolo d.C. è un porto prevalentemente militare. In seguito, secondo gli storici locali settecenteschi e ottocenteschi, grazie all'arrivo degli egnatini profughi della loro città (distrutta da Totila re dei Goti), Monopoli sarebbe divenuta un centro di prima importanza anche commerciale: dal X secolo diviene infatti un importante porto (nonché l'unico di una certa importanza) tra Bari e Brindisi, punto di incontro tra entroterra e mare. Diviene inoltre crocevia di viaggi e contatti con l'Oriente durante le Crociate, con conseguente grande sviluppo economico e demografico. È proprio durante il Medioevo che la città di Monopoli conosce la sua massima espansione, tanto da inglobare i territori delle attuali città di Fasano, Locorotondo, Alberobello, Cisternino e parte di Martina Franca. Nel 1041 si svolge la cosiddetta battaglia di Monopoli tra bizantini e normanni[23] con la prigionia di Exausto. La città si unisce all'insurrezione pugliese chiedendo l'aiuto dei normanni. Nel 1042 Bisanzio invia in Puglia il famoso e crudele generale Giorgio Maniace principe e Vicario dell'Imperatore di Costantinopoli, che si rivolge immediatamente contro la città ma, non riuscendo a prenderla, si accanisce sulle campagne e sui borghi rurali, con terribili stragi e crudeltà.
Nel 1045 Monopoli viene assegnata, ma solo sulla carta, a Ugo Toute-Bone nell'assemblea normanna di Melfi. Ugo però riesce a espugnarla solo nel 1049, ricorrendo all'interramento del porto canale che gli consente l'aggiramento delle forti difese terrestri. Successivamente la città, fedele a Federico II durante la sua minore età, subisce numerosi attacchi da parte dei baroni ribelli senza essere mai espugnata. Durante questi assedi le mura vengono notevolmente danneggiate e Federico II mostra riconoscenza ricostruendole e ampliandole.
All'inizio del XIII secolo si ambienta la romanzesca ma documentata storia di Maio di Monopoli un pirata monopolitano che, avendo ucciso una persona di rango elevato, fu costretto a fuggire da Monopoli a Cefalonia con un gruppo di seguaci. Riuscì a conquistare le isole ionie (Cefalonia, Corfù, Zante, Itaca) divenendone conte. Consolidò il proprio potere sposando nel 1226 Anna Angelo, figlia di Teodoro Angelo Ducas e di Zoe Ducas, potentissimi personaggi alla corte imperiale di Costantinopoli. Da lei ebbe due o forse tre figli, tra i quali il primogenito Giovanni e Riccardo, assassinato nel 1303. Sono documentati due suoi incontri con l'Imperatore Federico II. Non si conosce con certezza la data della sua morte avvenuta dopo il gennaio 1238.
Monopoli, nella seconda metà del XIII secolo, conosce la dominazione degli Angioini, per poi sottomettersi a quella aragonese, durante la quale vive un periodo di ripresa che continua anche sotto la dominazione veneziana nel 1484. La città passa dopo pochi anni da Venezia ai francesi. Memorabile, crudele e ben documentato è l'Assedio di Monopoli da parte della flotta veneziana, che riconquista la città in pochi giorni dopo violenti e sanguinosi combattimenti, attaccandola dal mare il 29 giugno 1495. Gli storici veneziani, in tale occasione, la descrivono del resto come una bellissima e ricca città. Dopo la presa di Otranto del 1480 da parte della flotta ottomana, per tutto il XVI e XVIII secolo la città conosce un periodo di grande tensione e preoccupazione (come del resto tutto l'Adriatico).
La città in realtà non è mai stata attaccata direttamente dalle flotte turche, che probabilmente la evitarono a causa delle sue poderose fortificazioni, fortemente presidiate. Sono ricorrenti tuttavia le scorrerie di singole navi di pirati algerini, che si limitano a rapire cittadini isolati fuori dalle mura per farli schiavi e quando possibile ricavarne dei riscatti. Nel 1529 la città, protetta dal suo efficacissimo sistema difensivo, con l'aiuto di soldati veneziani e grazie all'eroismo dei suoi cittadini, resiste vittoriosamente a tre mesi d'assedio da parte degli imperiali spagnoli al comando del marchese del Vasto Alfonso III d'Avalos, che è costretto a ritirarsi a causa delle importanti perdite. Dopo la pace con Venezia, la città passa pacificamente in mano a Carlo V d'Asburgo. Nel luglio del 1647, durante una rivolta popolare per una nuova tassa sul macinato, l'odiato governatore spagnolo viene linciato insieme ad un povero armigero che cerca di difenderlo. Alla fine di settembre tutto termina con una durissima repressione operata dalle truppe di stanza a Bari. Ad eccezione di questo episodio, dalla metà del Seicento in poi Monopoli segue le sorti del resto del Mezzogiorno, con le dominazioni dei Borbone, e quindi l'annessione al Regno d'Italia nel 1860. Dopo le guerre mondiali e la dittatura fascista, Monopoli si schiera costantemente con la Democrazia Cristiana. Dagli anni novanta si susseguono con alternanza governi di centrodestra e governi di centrosinistra.[24][25]
«Di rosso a tre rose d'argento disposte 2, 1»
L'antico stemma della città di Monopoli era probabilmente a colori invertiti rispetto all'attuale: vi figuravano tre rose rosse su campo bianco. In seguito, dopo la conversione della popolazione alla fede cristiana, le tre rose sarebbero state convertite in rose bianche e il campo in rosso, come lo storico Alessandro Nardelli tramanda traendo spunto dalla Cronaca perduta di Bante Brigantino: Fidelium animas fuisse ealbatas in sanguine agni immaculi C.J. (le anime dei fedeli furono imbianchite nel lavacro della Rigenerazione).[28] Altra ipotesi riguardo allo stemma è quella che lo vede concesso da Federico II nel 1221 in seguito al valore dimostrato dalla popolazione nei confronti di Gualtieri IV di Brienne, suo acerrimo nemico: in questo caso le rose indicherebbero la fedeltà, mentre il campo rosso il sangue versato dai vassalli monopolitani. Di ciò testimonianza sarebbe l'iscrizione latina posta, secondo la tradizione, al lato del cosiddetto Castello Normanno, un castello di epoca normanna o sveva - privo in realtà di qualsiasi testimonianza nelle fonti - oggi non più visibile poiché distrutto, i cui resti sarebbero stati inglobati nella zona del vescovado, ove terminava il porto canale.
«CIVIBUS INVICTIS, IMMOTO ROBORE TUTIS
UNA FUIT PRO REGE MORI, SPES CERTA SALUTIS
DAMNA, MAMEN, TORMENTA, LUEM SUBIRE VOLENTES
ASSUETA VIRTUDE, FIDEM, NON FATA SEQUENTES.
TALIA VENTURI SERVENT VESTIGIA MORUM;
POSTERITAS INTENTA LEGAT MONUMENTA PRIORUM
ASSUMPTAE CARNIS ANNI JAM MILLE DUCENTI,
ET DUE TRANSIERUNT, FEDERICO REGNA TENENTI»
«Agli invitti cittadini, sicuri d'irremovibile forza, unica speranza
certa di salvezza fu la morte per il Re.
Di buon cuore subirono ferite, fame, sofferenze e morte, col rinomato valore
seguendo la fede, non il destino. Ricordino i venturi tali costumi;
l'attento futuro legga gli ammonimenti degli antenati.
Sono passati già 1202 dall'incarnazione, essendo Re Federico.»
In tale occasione il Comune di Monopoli ottenne anche il titolo di città, e quindi il diritto di fregiarsi della corona muraria a cinque torri.
La prima chiesa, costruita sui resti di un antico tempio pagano, fu dedicata al martire San Mercurio, ma venne abbattuta nel 1107 per le nuove esigenze della popolazione. Il vescovo Romualdo iniziò allora la costruzione di una chiesa più grande, che venne completata dieci anni più tardi grazie - secondo la tradizione - a un intervento miracoloso della Madonna[30], a cui venne dedicato il nuovo tempio sotto il titolo di Maria Santissima della Madia, lasciando tuttavia la titolarità della parrocchia a San Mercurio. Nel 1742, i canonici del capitolo presero la decisione di costruire una nuova Cattedrale a causa dello stato rovinoso dell'edificio precedente.
I lavori furono affidati a due Maestri Muratori Ingegneri, Michele Colangiuli di Acquaviva e Pietro Magarelli di Molfetta. La chiesa subì una totale ricostruzione in stile barocco, assumendo all'interno la forma di croce latina e ricevendo un rivestimento marmoreo nel pavimento e nelle colonne.
L'edificio, a tre navate, si sviluppa per una lunghezza di 64 metri; la navata centrale s'innalza con la cupola ad un'altezza di 31 metri. Nella parte superiore dell'abside si trova la Cappella del Trionfo della Madonna della Madia. Presenti poi altre 12 cappelle equamente distribuite nelle navate destra e sinistra.[31]
Sotto l'attuale Cattedrale sono ancora conservati resti della cripta della Cattedrale romanica insieme a testimonianze archeologiche di un'ininterrotta frequentazione umana dal XVI secolo a.C. fino al XVIII secolo d.C. Questi reperti, significativi per storia della città, sono inseriti nel percorso archeologico del "Museo della Cripta di Romualdo", aperto al pubblico.
Prova della sua esistenza sarebbe attestata già dall'anno 996, ma la chiesa nel corso della storia ha subito importanti e radicali modificazioni. Completamente smantellata a causa dell'assedio spagnolo nel 1529, nel 1602 il complesso fu arricchito con la costruzione dell'adiacente monastero, destinato alle cosiddette zitelle civili, poi terminato nel 1620. La chiesa, oggi dismessa, è in stile barocco e conserva un pregevole pavimento in maiolica napoletana, un bell'altare marmoreo di pregio ed un organo del XVIII secolo.[32]
La costruzione della prima chiesa e convento di San Francesco, situati appena fuori della cinta urbana, risale al 1275. Nella primavera del 1529, nel corso dei preparativi di difesa per l'incombente arrivo delle armate spagnole, convento e chiesa, giudicati dal doge veneziano Andrea Gritti pericolosi per la loro vicinanza alle mura, vennero abbattuti. L'imperatore spagnolo Carlo V, verso la fine del XVI secolo, li fece ricostruire all'interno delle mura della città nella loro posizione attuale. Nel 1740 la chiesa subì un totale rifacimento e Michele Colangiuli di Acquaviva ne fu l'architetto. La chiesa si presenta con una grande navata e sei cappelle laterali e custodisce un organo del Settecento, proveniente dalla locale chiesa di Cristo delle zolle e alcune opere di notevole valore artistico, fra cui alcuni dipinti di Domenico Carella, di Vincenzo Fato, ed un crocifisso ligneo con le statue della Vergine e di San Giovanni, opera di Antonio Brudaglio. Nel XIX secolo la chiesa è stata privata della parte conventuale, divenuta sede del Comune di Monopoli.[33]
Il convento, situato fuori dalle mura della città, fu fondato nel 1530. La chiesa, realizzata dopo la demolizione della precedente chiesa di Gesù e Maria, fu iniziata nel 1543 e terminata nel 1623.
La chiesa di San Felice, detta dei Cappuccini, annessa all'ex convento, fu edificata nel 1577 con il contributo dell'Università di Monopoli e di alcuni benefattori; ristrutturata nel XVIII secolo, ricca di decorazioni a stucco e pittoriche, conserva numerose opere d'arte. Attualmente l'ex convento, caratterizzato da un bel cortile e da graziose celle ben conservate, ospita la Casa di Riposo Vitantonio Romanelli ed è gestita dall'Associazione per i Servizi alla Persona (ASP) Romanelli Palmieri di Monopoli.[32] Dal gennaio 2015 entra a far parte del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'interno insieme alla chiesa di San Domenico e a quella di San Martino (vedi sotto).[34]
Una prima chiesa di san Domenico fu edificata per sostituire l'antica chiesa, denominata Santa Maria la Nova, che era stata costruita nel 1296 annessa al convento dei Domenicani nella zona detta Fontanelle, a nord della città, fuori le mura. Chiesa e convento vennero demoliti nel 1528, in preparazione all'attacco spagnolo del 1529, allo scopo di fare al nemico terra bruciata, togliendogli ogni possibilità di riparo dai colpi dell'artiglieria monopolitana. La chiesa fu ricostruita insieme al convento nella seconda metà del Cinquecento, lì dove sorgeva la chiesa medioevale di San Silvestro, ed è attribuita all'architetto monopolitano Filippo Mitricchio, allievo di Costantino da Monopoli, morto nel 1547. La chiesa fu consacrata nel 1681 dal Cardinale Orsini divenuto poi Papa con il nome di Benedetto XIII.[35] La facciata, di un classico stile rinascimentale, è abbellita da un grande rosone lapideo. Pregevole è inoltre il gruppo scultoreo di Stefano da Putignano, collocato sulla sommità della facciata. Anche l'architetto salentino Mauro Manieri, nella prima metà del XVIII secolo, intervenne su San Domenico. Alla costruzione contribuirono le più importanti e ricche famiglie di Monopoli: i Rendella, De Falcuni, Della Guida, Bellopede, Palmieri, Indelli e i De Patritiis, che ottennero il privilegio delle rispettive cappelle.[36]
Nel 1585 alcuni fedeli acquistarono varie case nel vecchio abitato e trasformarono il tutto in un'istituzione religiosa denominata "Conservatorio della Casa Santa". Successivamente, sotto il vescovado di Antonio Porzio, nel secolo XVII, si costruì l'attuale edificio destinato a convento di clausura, con concessione dell'uso dell'abito regolare della Beata Vergine della Presentazione a tutte le povere fanciulle orfane che avessero manifestato la volontà di farsi religiose. Nel 1715, su disegno dell'ingegnere Vito Valentino, si pose la prima pietra della chiesa attuale, sotto il provincialato di Padre Ilarione di San Giuseppe, napoletano. L'edificazione fu iniziata effettivamente nel 1716 dai Padri Carmelitani Scalzi, sotto il Regno di Carlo VI d'Austria e il Papato di Clemente XI. La sua costruzione si protrasse fino al 1735, sotto il Regno di Carlo, Infante di Spagna, figlio di Filippo, e il Papato di Clemente XII; finalmente, l'8 novembre 1735 la Chiesa fu consacrata dal Vescovo di Monopoli Giulio Sacchi col titolo di San Giovanni Battista ed Anna. I padri Carmelitani Scalzi abitarono in Santa Teresa per circa un secolo, poi succedettero loro i Signori della Missione e infine le Suore di Clausura Vescovile di Casa Santa col "conservatorio". Il convento attualmente appartiene all'A.S.P. (già I.P.R.A.B) Romanelli Palmieri di Monopoli mentre la chiesa è rimasta di proprietà della curia di Conversano Monopoli ed è sede della Parrocchia di San Pietro.[36]
La chiesa, chiamata anche delle Monacelle, è stata edificata insieme al contiguo monastero delle Clarisse nel XVII secolo; estremamente raffinata ed elegante, è in un certo senso inusuale per la ricca architettura dell'epoca. Lo spazio interno è essenziale e giocato su rapporti rigorosi e quasi classici; l'esterno tende a fare corpo unico con le mura del convento e l'effetto visivo complessivo è quello di un vero e proprio fortilizio. Il pavimento in ceramica policroma, dei primi del Settecento, è forse il solo in tutta Monopoli interamente conservato, anche nella zona del coro e dei matronei. È da segnalare anche la presenza di un sepolcreto sotterraneo, al centro della chiesa, localizzato in corrispondenza della cupola.[36]
La chiesa di San Leonardo fu edificata nella prima metà del Settecento, contemporaneamente al campanile ed al monastero contiguo; i lavori furono diretti da Mauro Manieri, artista salentino, che lavorò anche alla chiesa di San Domenico. La chiesa di san Leonardo, architettonicamente, rivela evidenti influssi leccesi, in uno stile tardo barocco. Sempre il Manieri scolpì le statue di San Benedetto e di Santa Scolastica che adornano il campanile; sulla facciata superiore, che guarda il mare, sono scolpite la tiara papale e le chiavi apostoliche, simbolo dell'autorità pontificia.[36]
Complesso monastico realizzato nel XVII secolo, fino alla metà del XVIII secolo era dedicato a santa Maria delle Grazie, successivamente intitolato a Sant'Antonio di Padova. Attualmente è situato nel centro urbano ma al momento della realizzazione si trovava fuori le mura, sulla strada regia per Napoli, in corrispondenza della prima (da nord-ovest) stazione di posta e locanda pubblica, ancora oggi esistente.
La chiesa è a navata unica con ricche cappelle sul lato destro, in stile tardo rinascimentale. Divenne lazzaretto durante la peste di Monopoli del 1690 – 1692.[36]
Posta in piazza Palmieri, contigua alla chiesa di Santa Teresa, la chiesa di San Pietro, che attualmente presenta una struttura in gran parte romanica, risalirebbe addirittura all'anno 329, secondo la cronaca dello storico locale - oggi perduta - Bante Brigantino. Questa antica notizia sembrerebbe essere stata confermata dagli ultimi scavi archeologici; infatti nel corso dei restauri degli anni novanta del XX secolo, progettati ed eseguita dall'architetto Marcello Benedettelli della Soprintendenza Archeologica, fu scoperta, circa due metri sotto il piano di calpestio dell'altare, una piccola chiesa mono-absidata, molto rustica da un punto di vista strutturale e decorativo, che potrebbe corrispondere al luogo che in alcune fonti viene chiamato S.Pietro e Bartolomeo e che strutturalmente sembra risalire al IV secolo. La chiesa del XII secolo risulta quasi integralmente conservata in tutto il lato sinistro e parzialmente per la zona delle navate centrali e laterali, compreso le colonne, almeno fino al livello delle chiavi degli archi, mentre tutta la muratura e le volte della navata destra furono certamente coinvolte nel parziale crollo del XIII secolo. Il campanile romanico, conservato fino alla quota dei beccatelli, risulta sovrapposto alla torre civica che segnava il centro della città alto medievale (riconoscibile dalla inconsueta muratura a fasce alternate di tufi e calcare). Nel XVIII secolo il campanile fu sopraelevato con l'aggiunta della cella campanaria in stile barocco. L'esterno della chiesa è ricco di resti romanici, tra cui avanzi di murature, di archi, oltre ad una piccola scultura romanica (capitello a stampella) inserita nel fianco sinistro della chiesa, verso piazza Palmieri, recentemente rimossa e conservata nella sagrestia della contigua chiesa di Santa Teresa.[32]
Nel 1059, secondo tradizione, alcuni marinai di Amalfi, scampati ad una tempesta, scesero a pregare in una grotta di monaci basiliani presso la scogliera dove erano approdati. Ai monaci manifestarono il proposito di fare nella grotta un santuario e compiere così il voto fatto alla Madonna. Cento anni dopo, quando la presenza di questa colonia ebbe peso maggiore nella città cresciuta, gli amalfitani eressero sul tempietto sotterraneo la basilica romanica, che i restauri in questo secolo hanno riportato alla luce. La facciata rimane quella del Settecento, ma l'interno è stato restituito agli archi e alle colonne dell'antica armonia.[32]
Il luogo in cui sorge la chiesa di San Salvatore in Pittaggio Pinnae, avrebbe una storia che va dal periodo paleocristiano (secoli III-IV) fino al 1921, epoca in cui fu quasi abbandonata per il trasferimento della sede parrocchiale nella summenzionata chiesa di Sant'Antonio da Padova. Secondo il Nardelli la chiesa sarebbe stata addirittura costruita con l'aiuto dell'imperatore Costantino il Grande nel 313, e adduce come prova il ritrovamento, nel 1711, di alcune monete con la sua effigie nelle fondamenta dell'edificio. Nel corso dei secoli la chiesa ha subito vari e sostanziali ritocchi, ma nel 1707, per opera del parroco Francesco Pittore, furono iniziati i lavori più importanti di ampliamento e restauro tanto che fu ricostruita buona parte della chiesa e del campanile. L'opera di ristrutturazione fu affidata all'ingegnere Pietro Magarelli di Molfetta (che lavorò in seguito anche alla costruzione della Cattedrale di Monopoli); fu consacrata dal vescovo Antonio Sacchi i primi di maggio del 1729, come ricorda una lapide posta al di sopra di una porta interna della navata sinistra.[32]
Chiamata comunemente Chiesa del Purgatorio, fu costruita fra il 1600 ed il 1700, a pochi metri dalla Cattedrale. Ha forma di croce latina, con cinque altari. Quello maggiore è in stile barocco classico, ed è lavorato in pietra leccese. Fra i vari dipinti custoditi, spiccano quelli del Fato (1756), del Tatulli (1819) ed una Madonna con Bambino in trono, probabilmente di Cesare Fracanzano, da altri attribuita al Finoglio.[32] La chiesa è particolarmente nota per la presenza di un putridarium utilizzato fino al XVIII secolo dai membri della confraternita che qui aveva sede; in un'apposita cappella sono tuttora visibili alcune mummie ottenute con tale processo.
La Chiesa di San Nicola in Pinna si trova nei sotterranei del Castello Carlo V. La chiesa e l'annesso monastero furono realizzati nel X secolo addossando la chiesa al corpo di guardia sud della grande porta romana (attualmente inglobata nel Castello Carlo V) e utilizzando il corpo di guardia stesso per gli ambienti abitativi.[37] Forse i lavori furono voluti dall'abitante del luogo Sassone, figlio di Kiroleone, rimasto vedovo, che aveva deciso di prendere i voti e fondare il nuovo monastero. Il termine Pinna, che nei documenti viene indicato anche come Promontorium, indica la posizione del complesso religioso nel punto più sporgente della penisoletta fortificata della città.
La chiesa è ad una sola navata, mono absidata, con cupola centrale. La facciata esterna sinistra, parzialmente visibile dalla zona di arrivo della scala centrale del castello, conserva la traccia dei beccatelli romanici originali. La tipologia sembra appartenere a quella delle chiese rurali del XI - XII secolo.
Nel 1054 il monastero, già ricco e famoso, riceve da Argiro, figlio di Melo di Bari, la conferma dei propri privilegi e l'autorizzazione ad estendersi su tutto il resto del promontorio. Nel 1086 e nel 1119 il conte di Conversano, Goffredo, cede nelle mani del venerabilis Larentis, abate del monastero, alcune terre. Ancora, nel 1180 la chiesa e il monastero sono citati in una bolla di papa Alessandro III come dipendenti dal vescovo di Monopoli Stefano. Infine la chiesa e il monastero vengono anche citati nella bolla di papa Bonifacio IX del 1393, per poi scomparire dalle fonti.[32]
La Chiesa di Sant'Angelo in Francisto o in Frangestro o Frangesto è l'unica chiesa romanica dell'agro. Costituisce quanto rimane dell'omonimo Monastero Benedettino (femminile) e dello scomparso ma popoloso casale, abitato senza interruzioni sin dal neolitico, passando per tutto il periodo classico ed il medioevo, fino ai primi dell'anno Mille: nel giugno del 1042 fu quasi completamente distrutto dal generale bizantino Giorgio Maniace e abbandonato.
La Chiesa di Cristo delle zolle, grande e monumentale edificio realizzato in un severo stile tardo rinascimentale nel 1651, è situata al centro della pianura, tra mare ed altopiano delle Murge. All'interno, sotto l'abside, è inglobata la cripta di Sant'Angelo del pagliarolo. Il complesso monumentale, soprattutto in passato, è stato utilizzato dall'Amministrazione Comunale di Monopoli come suggestivo "spazio teatrale".
Altre chiese dell'agro non risultano aperte al culto in quanto cappelle private, di solito dedicate alla Madonna della Madia. Altre chiese rurali sono parte di masserie: alcune risultano distrutte, altre dismesse.
Il Castello di Santo Stefano, posto sul mare, all'esterno delle mura cittadine, costituì per tutto il Medioevo fino alla fine del XVII secolo parte essenziale del complesso e articolato sistema difensivo costiero della città.[39]
Il sistema difensivo costiero monopolitano venne completato alla fine del XVI secolo, tra il 1569 e il 1573, con l'edificazione di torri sulla riva del mare. Sull'attuale territorio comunale si possono individuare, a sud della città, solo Torre Cintola (semidistrutta alla fine della seconda guerra mondiale dalle artiglierie inglesi che la utilizzavano come bersaglio per le esercitazioni) e i resti di Torre San Giorgio, mentre Torre D'Orta (che sorgeva a nord di Monopoli, prima di Torre Incina), ristrutturata e utilizzata dal proprietario.
Il castello di Carlo V è un fortilizio edificato in riva al mare durante la dominazione spagnola a protezione dell'ingresso del porto antico, sull'angolo nord-est della cinta muraria di Monopoli. Costituisce l'elemento chiave del sistema di fortificazioni urbane. Attualmente sono visibili e in gran parte restaurati i tratti di mura cittadine a sud del castello fino alla Cattedrale, compreso i bastioni di Santa Maria, di Pappacenere e della Cattedrale.
Nata come caserma o "casa erema" spagnola, fu edificata a spese della cittadinanza al prezzo di circa 40.000 ducati, nella seconda metà del XVI secolo, per alloggiarvi gli ufficiali e i soldati spagnoli di stanza in città con lo scopo di evitare il disagio delle famiglie costrette ad ospitarli nelle proprie abitazioni. Minuzioso, molto burocratico ma anche ricco di aneddoti è il regolamento che prevedeva ogni particolare della vita dei soldati e degli ufficiali (distinti tra quelli di nobile origine ricchi e quelli, parimenti nobili, ma senza mezzi di sussistenza). Questo prezioso documento è giunto intatto fino a noi ed è conservato nell'archivio storico del Comune.
La caserma fu trasformata poi in palazzo civico e successivamente, nel XIX secolo, in teatro comunale. Al piano terra, fino alla fine del XX secolo, fu alloggiato il mercato del pesce. Attualmente è sede della Biblioteca Comunale per opera del senatore Luigi Russo. È intitolata al famoso ed illustre giurista monopolitano Prospero Rendella (1553 - 1630), esemplare e nobile figura del Rinascimento meridionale. La facciata, a due logge sovrapposte (quella superiore è però frutto di un rifacimento ottocentesco), è la scena maggiore della piazza Garibaldi, caratterizzata da colore veneziano. La biblioteca, posta al piano primo dopo il restauro, è inserita in una struttura moderna, dotata di sale informatiche e aule studio, volte a creare una vera e propria piazza del sapere e un polo culturale all'interno della città.[32][40]
Rappresenta un esempio di arredo urbano d'altri tempi e di assemblage barocco, utilizzando la colonna infame, proveniente dall'antica gogna cittadina, insieme ad altri materiali in sovrapposizione: un'agile statuetta di San Gennaro[41], lo stemma cittadino e un orologio.[32]
Grande edificio monumentale con portale manieristico, sorge nei pressi del porto antico, su via Amalfitana (antica "Via Pubblica"). Iniziato nel 1616, ebbe anche una chiesa e un'importante biblioteca. Il palazzo venne realizzato con il patrimonio di Giovanni Antonio Guida che donò in vita l'intera sua parte eredità per l'attuazione di opere educative, con atto notarile redatto dal Notaio Caiassi il 13 agosto 1611.
In realtà i Gesuiti erano presenti in Monopoli sin dall'inizio del 1611 in una più modesta residenza, come appare dai Cataloghi triennali della Compagnia[42]. Dopo la loro drammatica espulsione della fine del XVIII secolo dal regno di Napoli, il palazzo fu confiscato, smembrato, venduto ai privati e la chiesa divenne un magazzino al servizio delle attività portuali. Successivamente subì molte modifiche interne che ne hanno snaturato la struttura distributiva.[32]
Il palazzo, dotato di oltre 100 stanze, sorge isolato sul lato est della omonima piazza, la più antica della città. La costruzione, in stile barocco leccese, è imponente nel disegno generale e nel contempo raffinatissima nelle decorazioni e nel colore dorato del tufo. Splendido da un punto di vista architettonico il grande portale, che è impreziosito da due colonne che sostengono il balcone centrale e lo stemma della famiglia. Dalla stessa piazza si accede alle summenzionate chiese di Santa Teresa e di San Pietro. Il Palazzo fu costruito negli ultimi decenni del Settecento su iniziativa di Francesco Paolo Palmieri.
Nel 1921 il marchese Francesco Saverio Palmieri nomina erede universale la "Congregazione di Carità" e dispone che nel suo Palazzo siano ospitati un Asilo e una Scuola d'Arti e Mestieri. Ultimamente ha ospitato l'Istituto Statale d'Arte (1965-1990) mentre oggi lo stabile appartiene all'A.S.P. Romanelli Palmieri di Monopoli. Nel 2010 è stato set cinematografico per la fiction di Rai Uno Tutta la musica del cuore, per la regia di Ambrogio Lo Giudice.[32]
Il Porto Antico è dominato dal Palazzo Martinelli, un palazzo del XVIII secolo, di cui spicca un elegante loggiato con otto arcate ogivali in stile neogotico, eretto su tre arconi, ed una balconata con balaustrini.
Il palazzo fu posseduto prima dai Bandino, poi dai Carbonelli e dai Lentini e infine dai Martinelli, che lo acquistarono a fine Settecento. I Martinelli erano giunti da Mola per motivi commerciali, e lo abitarono dai primi anni dell’Ottocento, dopo averne probabilmente ristrutturato la facciata.
Tra le più grandi di Puglia e d'Italia[43], nata nel 1796 grazie all'approvazione del Re di Napoli, fu costruita seguendo il progetto del regio architetto De Simone: il disegno, a maglie ortogonali, strade rettilinee e traverse perpendicolari è funzionale e trascura alquanto la regola classica, in voga in quegli anni, sperimentando schemi urbanistici innovativi e che si imporranno successivamente in molte altre piazze italiane.[44]
Nel 1848 la Piazza divenne centro di una cospirazione anti borbonica: i liberali di Monopoli si fecero promotori di un convegno di amici della libertà. La mattina del 18 maggio il borgo accolse i congressisti cospiratori: poiché le due correnti attendiste e reazionarie non si misero d'accordo, la cospirazione fallì e i cospiratori furono condannati a durissimi anni di carcere. Una lapide ricorda il luogo in cui si riunirono, posta all'angolo di via Giuseppe Polignani.
Nel 1872 la piazza fu risistemata dall'architetto Losavio che, modificando in parte l'idea originale del De Simone, optò per lo schema della Piazza Giardino. La divise in due rettangoli alberati e l'arricchì di nuovi valori urbanistici. Se per gli alberi si dovette aspettare il 1893, fu invece possibile aprire subito, nel mezzo dei due rettangoli, lo stradone, che da est sbocca in Largo Plebiscito, mentre dal lato opposto si allunga a formare una sorta di decumano dell'intero impianto a scacchiera della città.
Il monumento ai caduti sorge nel rettangolo sud, opera dello scultore Edoardo Simone di Brindisi, che lo eresse nel 1928, fedele alla statuaria ottocentesca e allo stile oratorio del Bistolfi, del Sartorio o degli altri artisti di moda all'epoca. Il monumento è l'unico in Italia ad essere innalzato non per gli eroi, ma per il dolore straziante dei parenti, rappresentato con rara efficacia sul monumento. In epoca fascista venne realizzata una fontana di buon livello formale, poi distrutta dopo la fine del regime. Nell'estate del 2012 è stata terminata la ricostruzione della fontana in forme moderne e all'inizio del 2014 si sono conclusi i lavori di rifacimento della pavimentazione dell'intera piazza, il restauro del monumento ai caduti e l'accesso e l'illuminazione delle gallerie sotterranee realizzate e utilizzate durante il secondo conflitto mondiale come rifugi anti-aerei, oggi visitabili.[32]
È intitolata al 20 settembre 1870, data della breccia di Porta Pia, ed era sede dello storico mercato giornaliero di frutta, verdura e pesce. Realizzata nel XIX secolo come cerniera urbanistica tra il cosiddetto "borgo murattiano" e il centro storico medievale, sotto di sé conserva i resti del lato ovest del sistema di fortificazioni urbano della città. La piazza si apre verso i volumi del convento e chiesa di San Domenico e della vicina Cattedrale. È stata completamente ristrutturata nel 2013 e il 2014 e nel corso dei lavori, come già previsto, è venuto alla luce il poderoso bastione di San Domenico e tutto il complesso di mura ad esso connesso: il progetto di variante ha quindi previsto la valorizzazione di questi reperti archeologici, oggi visibili.[32]
Il territorio della campagna monopolitana è molto vasto, estendendosi per oltre 140 km²: anche la popolazione delle contrade è numerosa, e cioè di 10.250 abitanti circa. La maggior parte di essi è localizzata in contrada Impalata, a 366 metri sul livello del mare. Per numero di abitanti seguono contrada Santa Lucia, contrada Gorgofreddo, Cozzana, Antonelli, Virbo, San Bartolomeo, Sant'Antonio d'Ascula, Capitolo, con un'estrema polverizzazione dei nuclei abitativi sul territorio. Il tipo di insediamento prevalente è quello a nucleo sparso, caratterizzato dalla presenza di una chiesa o di una masseria o ancora di un casale, e dalle case che si sviluppano in maniera disordinata in strade attorno al punto di riferimento più o meno centrale. Notevole nell'agro, soprattutto verso Castellana Grotte, è la presenza di trulli, privi però delle tradizionali decorazioni pittoriche sul cono come ad Alberobello, indizio di costruzione in epoca più recente. L'agricoltura è l'impiego maggiore della popolazione, con 6000 ettari di terreno utilizzato per uliveti, 2606 per il seminativo, 1698 ettari con fruttiferi, 869 per orto, 680 coltivati come foraggere, 312 lasciati a bosco, 251 ettari utilizzati come prati e pascoli, 40 ettari come vigneto e 23 utilizzati per gli agrumi.[46] Per l'elenco completo delle contrade vedi sotto, nella sezione Geografia antropica.
Le masserie fortificate dell'agro di Monopoli, come si evince dalle lapidi ritrovate nei luoghi di fondazione, sorsero in molti casi in un periodo compreso tra il 1610 e il 1690, in concomitanza con un aumento della coltivazione arborea nella zona. Cresce l'antropizzazione dei luoghi e nasce l'esigenza di creare strutture autonome, in grado di adattarsi al territorio e di difendersi dai pericoli della vicina costa. Il regime, non rigidamente feudale, favorisce questa tendenza. La presenza di una torre come nucleo centrale della masseria è un'evoluzione delle prime torri di vedetta che furono erette da Carlo V a partire dalla prima metà del XVI secolo lungo la costa marina: di solito la torre ha pianta quadrata a tre superfici, con un piccolo ponte levatoio e una scala esterna. Presenti spesso caditoie per gettare olio bollente sui probabili nemici e invasori.
Esiste quindi un diretto legame strutturale e in parte funzionale tra le torri di avvistamento lungo la costa (della prima metà del Cinquecento) e i nuclei fortificati (dei primi del Seicento) delle masserie della "Marina". Nemico comune dal quale difendersi erano i turchi che dalla fine del XV secolo a tutto il XVIII secolo battevano tutte le coste adriatiche. Attorno alla fine del Seicento, dopo l'attenuarsi del pericolo turco a seguito del disastroso esito dell'assedio di Vienna, la maggior parte delle masserie passarono nelle mani di enti ecclesiastici, trasformandosi da elementi difensivi a strutture ricche di ogni decoro: scalinate monumentali, balaustre, finestre timpanate, cappelle baroccheggianti. Attorno agli inizi dell'Ottocento il sistema della masseria subì un duro colpo, a causa dei sistemi ancora antiquati dell'agricoltura rispetto alla industrializzazione veloce in tutti gli altri settori. La crisi agraria del 1820 provocò inoltre molti problemi al mercato interno di olio e vino, e dal quel momento la masseria conobbe un declino inarrestabile, decretato anche dal richiamo della città che in quel secolo e nel Novecento fu superiore al fascino della masseria stessa.[47]
L'edificio è costituito da un poderoso corpo fortificato al quale è stata addossata successivamente una più bassa ed elegante struttura barocca, caratterizzata da una bella scala esterna, a pianta circolare, addossata al prospetto orientale. Una palma secolare è stata fatta crescere nel centro geometrico delle rampe curve e contrapposte, con un effetto particolarmente suggestivo. È tra le più famose masserie fortificate di Monopoli. Risale al 1659 e ancora oggi conserva inalterato l'antico nucleo costituito dalla grande torre quadrangolare con ponte levatoio, campanile, feritoie e caditoie. Successivamente, fino al 1754 furono aggiunte una cappella, una rimessa e altre strutture commerciali e abitative. Fino al 1820 fu proprietà della casata monopolitana degli Affaitati e attualmente della famiglia Capece Minutolo.
La masseria Caramanna è in realtà molto più antica di quanto può far pensare la sua architettura. Infatti il toponimo Caramanna è di chiara origine longobarda ed è riferito al nome dell'antico proprietario: da cara (lancia) e man (uomo); ossia Uomo-Lancia o Lanciere.[47]
Masseria caratterizzata dal forte contrasto fra colori rosso e bianco con cui è dipinta: oggi è di proprietà della nobile famiglia dei Meo Evoli. Sviluppata su tre piani, fu radicalmente trasformata nel 1762 quando venne sovrapposto un porticato alla struttura originale. Singolare la posizione del complesso, che pur essendo vicino al mare, presenta il prospetto rivolto ai monti. Molto diverse le stanze padronali e quelle del colono: le prime caratterizzate da volte a botte, grandi stanze e ricche decorazioni. Materiale di costruzione è il carparo, di colore rosaceo, con le decorazioni in pietra naturale. Oggi sono stati allestiti alcuni spazi di vetrina, dove sono in mostra oggetti ed utensili della civiltà contadina. La chiesetta risale al 1700 ed è dedicata alla Madonna, la cui statua spicca sul frontale con in mano la masseria in miniatura.[47]
Situata a ridosso del centro cittadino, è una semplice torre di fortificazione a due piani e a base quadrangolare, risalente alla fine del Quattrocento. Riprende lo schema delle semplici torri costiere, con una caditoia per ogni facciata. Nel Seicento venne costruito il muro di cinta, interrotto da un piccolo arco di ingresso, con una piccola caditoia. Presente anche un primitivo insediamento rupestre con i resti di una croce e l'affresco di una Vergine con i Santi, molto rovinato. Poco lontano sorge un tratto della Via Traiana.[47]
È costituita da un originario edificio a torre, risalente al XVI secolo, poi ampliata e arricchita. La zona inferiore presenta decorazioni a stucco sul tema della Fuga in Egitto, di San Francesco in preghiera e di Sant'Antonio. Sulla grande caditoia dell'ingresso appare il cristogramma IHS. Vari archi con motivi floreali conferiscono dinamicità alle forme della struttura. Nel timpano della chiesetta annessa è presente una Vergine in trono. Attorno alla masseria è presente un vasto agrumeto con ipogei, alcuni adibiti a frantoi. Oggi è adibita a struttura turistica.[47]
La costruzione risale al XVII secolo, ed è dal 1931 di proprietà della famiglia Palmieri. Il doppio campanile e la scala imponente danno l'idea della ricchezza e della magnificenza degli antichi proprietari, così come la presenza di quattro garitte pensili, di feritoie, di caditoie in gran numero che segnalano i diversi assalti a cui la masseria era soggetta a causa delle sue risorse economiche. L'area padronale e quella colonica hanno in comune solo un pozzo, per il resto sono invece nettamente separate. Attorno alla masseria è presente un grande ovile lastricato a chianche, oltre a molti ipogei adibiti a ricovero di ovini e a frantoio. Al centro della corte sorge un'antica edicola votiva dedicata alla Madonna della Madia.[47]
Sorge su una collinetta in ottima posizione strategica e fu costruita per ordine di Alfonso di Aragona in un periodo compreso fra il 1495 e il 1530. Qui venivano allevati i cavalli di Venezia, e proprio nei possedimenti di questa masseria sarebbe nato, da un incrocio tra cavalli locali e arabi, il morello pugliese, razza ottima per la battaglia. L'addestramento avveniva nel vicinissimo Canale di Pirro. La presenza veneziana è testimoniata dal bassorilievo raffigurante San Marco posto sull'entrata. Priva di torre, la masseria comprende alcuni terrazzi strategici e una chiesa con decorazioni settecentesche, forse opera di Giovanni Sgobba.[47]
Caratterizzata da un grande accesso verso la corte, ricoperta di chianche, comprende stalle le cui mangiatoie sono decorate ad arco. Presenti nicchie sul muro come colombaie e un vasto agrumeto a cui si giunge tramite una stretta porta. Priva di torre, è circondata da melagrane, pianta caratteristica e tipica anche della contrada omonima, insieme a fichi e piccole vigne. La chiesetta annessa risale al 1698 ed è dedicata a Maria Santissima delle Grazie, con una tela del XVIII secolo a cui gli abitanti del luogo riservano altissima devozione.[47]
La Monopoli medievale era ricca di villaggi agricoli detti "casali", poi distrutti o abbandonati a causa delle scorrerie delle truppe bizantine che intorno ai primi anni del mille contendevano la zona ai Normanni. Alcuni di essi hanno dato nome anche alle attuali contrade.
La popolazione residente a Monopoli al 1º gennaio 2019 era di 48 101 abitanti, di cui 23 425 maschi e 24 676 femmine.[49] Di seguito l'andamento della popolazione nel corso degli anni.
Abitanti censiti[50]
Secondo i dati ISTAT al 1 gennaio 2019 la popolazione straniera residente era di 1017 persone, pari al 2,06%. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano[51]:
Il dialetto monopolitano è ascrivibile alla fascia dei dialetti pugliesi centrali, derivante come altri dal latino, dal francese, dallo slavo, dall'arabo e dalla lunga dominazione spagnola a cui la città adriatica è stata sottoposta. Notevoli sono inoltre le influenze longobarde nei toponimi, negli antroponimi e soprattutto nel campo del diritto. Un esempio per tutti: in molti documenti del Codice Diplomatico Brindisino, quasi tutti posteriori al 1076, viene riportato - in atti di compravendita, il termine pizzulo o latinizzato in pizulus, riferibile a angolo di un muretto o di una parte sporgente di un edificio.[52] Attualmente nel dialetto monopolitano pizzulo ha esattamente lo stesso significato.
Tuttavia, ad oggi, il dialetto monopolitano è presente nel pieno del suo fulgore nel centro storico della città e in alcune aree dell'agro monopolitano, dove tra l'altro il dialetto presenta delle notevoli varianti rispetto al centro cittadino, e inoltre con variazioni anche a seconda della contrada in cui esso viene parlato. Un esempio per tutti: il termine originario per indicare le fave novelle, nel nucleo cittadino, è vongole. Nel dialetto parlato nell'agro invece esse sono indicate come cuzzele, termine oggi utilizzato anche nel nucleo cittadino ma in misura minore.[53]
Nel resto di Monopoli si assiste ad un progressivo processo di italianizzazione dello stesso. Si registrano molte produzioni poetiche in vernacolo, tra le quali ricordiamo in particolare quelle di Luigi Reho, autore anche del monumentale Dizionario Etimologico del Monopolitano, e di Tonio d'Arienzo.
La religione di gran lunga più diffusa è il cattolicesimo.[senza fonte] La città è stata per secoli sede di una diocesi di rito romano, unita nel 1986 a quella di Conversano, a formare la diocesi di Conversano-Monopoli. Monopoli conta dieci parrocchie urbane (oltre alla Basilica concattedrale di Maria Santissima della Madia, quelle di Santa Maria Amalfitana (ora presso la Chiesa di San Francesco d'Assisi), Regina Pacis, Sant'Antonio, Sacro Cuore, Santa Maria del Carmine, Santi Pietro e Paolo, Santissima Trinità, San Francesco d'Assisi, Sant'Anna e San Francesco da Paola) e quattro dell'agro (Santa Maria del Rosario a Cozzana, Santuario di Maria Santissima Regina del Mondo ad Antonelli, Sacra Famiglia a Sicarico e Santa Lucia ai Monti nella contrada omonima).
Monopoli ha sempre avuto una grande attenzione per le persone in difficoltà e ricchissimi sono sempre stati i lasciti della comunità alle Opere Pie cittadine. Alla fine del XIX secolo erano presenti sei importanti organizzazioni il cui scopo era il sollievo dei diseredati: Ospedale Civile, Orfanotrofio di Carità, Maritaggi ed opere elemosiniere, Asilo d'Infanzia, Asilo di mendicità, Banco di pegnorazione. Nel 1886 La Congregazione di Carità amministrava l'Ospedale Civile, il legato Rendella, l'Orfanotrofio di Carità, i monti di carità Ysplues[54], Quirismino, Bove, Rendella, Scalera, Sant'Anna, Calefati, Mazzarella, Porcina, Antonucci, Manfredi, Siena, Romeo, Tiberio Secondo, Laquosta, Romanelli, l'Asilo d'Infanzia e il Ricovero di mendicità.
Tra questi monti non figura più, dal XIX secolo, il monte Indelli, fondato da Giovanni Battista Indelli Dottula il 27 settembre 1616. Questo monte attribuiva la ragguardevole dote di "monacaggio", ben 1000 ducati, a fanciulle di qualsiasi condizione economica o sociale, con la completa discrezionalità dei curatori. Questa particolarità e la possibilità di una conferma o di un'ascesa familiare, provocava spesso conflitti, minacce e tentativi di corruzione nei confronti degli amministratori del monte. Altro monte, non amministrato dalla Congregazione di Carità, è il monte Affatati; sorto come monte frumentario per volontà testamentaria di Francesco Paolo Affatati nel novembre del 1855 fu trasformato in monte di prestiti e pegni il 25 settembre 1880.
Particolarmente rilevante fu il lascito, alla Congregazione di Carità, del marchese Saverio Palmieri all'inizio del secolo scorso. Nel XX secolo le Opere pie gestite si sono aggregate nell'ente pubblico I.P.R.A.B. dal quale si è poi distaccato l'Ospedale San Giacomo. Infine nel 2011, adeguandosi alla normativa, l'I.P.R.A.B. si è trasformata nella Associazione per i Servizi alla Persona (A.S.P.) Romanelli Palmieri e gestisce, oltre al patrimonio ereditato, la Casa di Riposo Vito Antonio Romanelli.[9]
Monopoli è sede delle seguenti strutture di istruzione secondaria di secondo grado:
La città di Monopoli è sede del Sudestival, festival cinematografico nazionale dedicato alla filmografia indipendente italiana, a cura dell'Associazione Sguardi. Il festival è stato insignito di una medaglia dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ha goduto del patrocinio, fra gli altri, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Regione Puglia.[57][58] Nel 2016 il festival è stato insignito di un'altra medaglia dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e gode del patrocinio dell'assessorato all'Industria Turistica e Culturale -Gestione e Valorizzazione dei Beni Culturali della Regione Puglia.
Monopoli è stata inoltre il set di alcuni film:
La città ha ospitato inoltre i set di due fiction e ha offerto alcuni propri scorci per altre serie TV:
In città sono attivi due poli teatrali. Il teatro Radar, già cinema-teatro, riaperto nel marzo 2018 dopo 33 anni di inattività e concesso in gestione al Conservatorio di Musica ''Nino Rota'' di Monopoli, ospita rassegne teatrali di poesia, prosa, musical, balletto[71]. Il secondo teatro cittadino è il teatro auditorium Mariella, già Bianco Manghisi, adibito al teatro di prosa e a rappresentazioni dedicate soprattutto alle scuole e alle associazioni[72].
Fra i gruppi e gli artisti monopolitani insigni nell'ambito musicale si segnalano in particolare Franca Raimondi (1932-1988), vincitrice del Festival di Sanremo 1956, e il gruppo musicale degli "Iohosemprevoglia", vincitore di Sanremo Social per l'anno 2011 e quindi partecipante alla fase finale del Festival di Sanremo 2012 dove si è classificato al terzo posto nella sezione giovani.[73] Dal 1995 si tiene inoltre in città il Dirockato Rock Festival, con esibizione di artisti rock soprattutto emergenti.[74]
La banda cittadina prende il nome di Banda del Giubileo, in quanto fondata nell'anno giubilare 2000, ed è formata soprattutto da giovani. La città tuttavia conosce un'antica tradizione bandistica, risalente almeno all'anno 1813.[75]
Oltre ai piatti tipici pugliesi (taralli, focacce, patate riso e cozze, panzerotti, braciole, olive fritte, timballi, pesce e crostacei fritti e così via) vi sono alcuni piatti tipicamente monopolitani[76], cioè:
L'attuale conformazione urbanistica della città di Monopoli si deve all'architetto De Simone che nel 1795 vide approvato il proprio progetto dalle autorità napoletane. Il piano prevedeva l'abbattimento delle mura cittadine, che per secoli avevano garantito la sicurezza della città, ritenute allora obsolete e inutili e un'espansione urbana caratterizzata da uno schema a scacchiera, in evidente contrasto con la zona medievale formata da vie strette e tortuose. Il limite tra la città vecchia e la zona nuova è determinato dal circuito delle scomparse fortificazioni e i punti di accesso più evidenti sono in corrispondenza delle antiche porte.
Molto più interessante il precedente progetto (non approvato dalle autorità napoletane) redatto dell'ingegnere Francesco Sorino nel 1794, che prevedeva la conservazione delle mura e uno schema d'espansione urbana a raggiera, a partire da una grande piazza rotonda. Si trattava di una soluzione moderna e rispettosa delle memorie storiche e architettoniche dell'antica città e delle sue molteplici direttrici di collegamento col territorio circostante. La Monopoli del Sorino avrebbe avuto molti riferimenti formali con l'attuale città di Lucca, che ha conservato integralmente il sistema di fortificazioni cinquecentesco ben distinto dal moderno tessuto urbano di accrescimento.[9]
La Città di Monopoli era divisa in quattro quartieri: Egnathia, Japigia, Apulia e Peucezia, divisione caduta successivamente in disuso e oggi del tutto abbandonata. Di essa rimangono testimonianza le indicazioni poste in alcuni importanti snodi viari della città.
Il territorio cittadino posto un tempo al di fuori delle mura delle città è diviso in 91 contrade[79], alcune delle quali di fatto soppresse poiché completamente inurbate[80]. Da segnalare la presenza di due exclavi situate nel territorio di Castellana Grotte, cioè le contrade di Nispole e Cardillo, fra loro confinanti.
Ricordiamo inoltre alcuni toponimi d'uso comune nell'agro ma non corrispondenti a contrade: si tratta di antichi nomi caduti in disuso, strade comunali, comprensori di masserie: Spagosottile, Gradone, More di Fame, Strasciddone, Putta, Americano, Faccia di Trippa, Cacaveccia, Ebreo, Cardillo, Parmaiorca, Ronzapane, Rizzitello, Tormento, Catalluccio, Spadacciuddo, Montenetto, Donnarosa, Mandorla Amara, Finorio, Nico, Li Pizzi, Casotto, Termine Luongo, Codaderito, Gronco, Coda di Rete, Carbonaro.[6]
L'economia di Monopoli è prevalentemente legata alla produzione e alla trasformazione dei prodotti agricoli che hanno favorito lo sviluppo di una crescente industria olearia e conserviera. Notevole il movimento del porto e dell'industria peschereccia, che favorisce anche una qualificata attività cantieristica.
La città di Monopoli ha sempre avuto una certa vocazione industriale. Tra le industrie storiche della città sono da ricordare il cementificio dell'Italcementi, costruito agli inizi del secolo, e lo stabilimento della Tognana, costruito negli anni sessanta. Entrambi gli stabilimenti sono ora dismessi; ma, in compenso, negli ultimi anni si è sviluppata, nei pressi della tangenziale a nord della città, un'area industriale di discreto valore produttivo. Punta di eccellenza è la Mer Mec, leader mondiale nella costruzione di treni hi-tech e sistemi speciali per la diagnostica delle reti ferroviarie, il cui presidente e fondatore, Vito Pertosa, è stato nominato cavaliere del lavoro 2009 e imprenditore dell'anno Ernest&Young per la categoria innovazione 2009.[81] Nel 2011 viene fondata la Blackshape, che ha progettato un aereo ultraleggero interamente in fibra di carbonio, il Blackshape Prime. Tra le altre industrie locali (perlopiù tessili, olearie, meccaniche e chimiche) vanno menzionate la conceria Eco Leather, l'Oleificio Italiano, produttore di oli industriali, e la Plastic Puglia, produttrice di tubi in polietilene. Qui, nel 2007, un incendio di notevoli quantità di polietilene ha sollevato una densa nube di fumo nero che per molte ore ha provocato fastidi respiratori agli abitanti della cittadina e dei comuni limitrofi, lasciando presagire il rischio di un disastro ambientale simile a quello verificatosi a Seveso nel 1976 (il rischio, fortunatamente, è stato scongiurato).
La produzione e l'attività artigianale nella città di Monopoli e nell'agro soprattutto è stata una delle attività di punta fino alla metà del Novecento. Successivamente lo sviluppo del terziario e del turismo ha soppiantato molte delle antiche attività tipiche non solo di Monopoli ma dell'intera zona del sud-est barese. L'attività della falegnameria, per esempio, con la produzione di carri, carretti, sciaraballi da parte dei carradori, di botti, tini, tinozze da parte dei bottai (la piana di Monopoli è ancora una delle poche zone dove si continuano a produrre tini e carri),[82] mobili realizzati dagli ebanisti e anche, a tutt'oggi, di strumenti musicali come chitarre, soprattutto nell'agro. La lavorazione del ferro battuto, ancora presente nel centro cittadino, è di pregio ma ormai di nicchia a causa della diffusione dell'acciaio inossidabile e dei materiali più facilmente gestibili. La cestineria è altra attività tipica della zona monopolitana, con la produzione di panieri, setacci, canestri, fuscelli e fiscoli per la spremitura delle olive. Una delle attività più diffuse è quella della lavorazione della pietra: la maggior parte delle abitazioni presenti in campagna sono nate dalle sapienti mani di muratori che svolgevano e svolgono quell'occupazione trasmettendo i segreti di padre in figlio. In particolare il cosiddetto maestro di parete era l'artigiano addetto alla costruzione e alla riparazione dei muretti a secco nell'agro, attività ormai in via di estinzione, come buona parte delle attività artigianali sopra ricordate.[32]
La presenza di musei, di numerosi luoghi di culto, di chiese rupestri e di masserie ha reso la città oltre che centro di turismo balneare, anche importante centro culturale. Dal 2016 il comune ha adottato un nuovo brand turistico ufficiale che identifica la città come "Heart of Apulia".[83]
Monopoli è anche detta, erroneamente, la città delle 99 contrade; tale dicitura rappresenta un'iperbole turistica, dal momento che da delibera comunale del 1971 e come è evidente dalle attuali mappe turistiche cittadine, la città comprende 91 contrade[80]: si tratta di suddivisioni amministrative dell'area anticamente posta fuori dalle mura di cinta, i cui toponimi rievocano antichi casali scomparsi, la presenza di una masseria, di una chiesa o altri riferimenti storico-geografici.[84]
Monopoli è situata lungo la strada statale 16 Adriatica che collega Bari con Lecce, svolgendo anche la funzione di tangenziale esterna per la città. Il territorio è attraversato inoltre dalla Strada Provinciale Monopoli - Conversano, dalla strada Provinciale Monopoli - Castellana e dalla strada provinciale Monopoli - Alberobello.
La stazione ferroviaria fa parte della Ferrovia Adriatica sul tratto Bari-Lecce. Molti dei siti limitrofi di richiamo turistico sono raggiungibili anche mediante servizi di autolinee regionali.
Nel contesto urbanistico della città, il porto rappresenta un elemento primario. Il bacino portuale comprende quattro insenature o cale:
Il sopraflutto, radicato a punta Curatori, si protende in direzione nord-est, sud-est; il sottoflutto, chiamato molo Margherita, radicato a punta Castello, si prolunga in direzione nord, nord-ovest per 200 metri. Ambedue i moli servono a riparare lo specchio del porto dalle forti mareggiate che periodicamente si abbattono dal quadrante nord-est.[53]
Fino al 2010 il comune di Monopoli è stato membro del Consorzio Trulli Grotte Mare assieme ad altri 8 comuni della provincia di Bari e della provincia di Brindisi con affinità culturali, economiche e sociali e comune patrimonio ambientale, artistico e monumentale.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
9 giugno 1996 | 27 giugno 1999 | Antonio Guccione | L'Ulivo | sindaco | |
28 giugno 1999 | 6 agosto 2002 | Walter Laganà | Forza Italia | sindaco | |
6 agosto 2002 | 26 maggio 2003 | Mario Tafaro Donato di Gioia Francesco Coppetta |
commissario straordinario | ||
26 maggio 2003 | 14 aprile 2008 | Paolo Antonio Leoci | lista civica di centro-sinistra | sindaco | |
14 aprile 2008 | 10 giugno 2018 | Emilio Romani | Il Popolo della Libertà | sindaco | |
10 giugno 2018 | in carica | Angelo Annese | Forza Italia | sindaco |
La città è sede delle seguenti società e attività sportive
Nel febbraio 2003 a Monopoli si svolsero le gare del Campionato mondiale di ciclocross.
La città di Monopoli è sede dello stadio Vito Simone Veneziani. Nella zona sud dell'abitato cittadino sorge inoltre il centro sportivo Tommaso Carrieri utilizzato dall'Amatori Rugby Monopoli,dalle società calcistiche giovanili Esperia Monopoli e Accademia Calcio Monopoli per le proprie partite casalinghe. La città ha un palazzetto dello sport e due tendostrutture adibite al basket e al calcio a 5. Le due società di pallacanestro disputano i propri incontri presso le palestre delle scuole Melvin Jones (Serie B) e IPSIAM (Serie C Silver).
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