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neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco (1856-1939) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Sigismund Schlomo Freud, noto come Sigmund Freud (AFI: ['zɪkmʊnt 'fʀɔ͡ʏt]; Freiberg, 6 maggio 1856 – Londra, 23 settembre 1939), è stato un neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, la più antica tra le correnti della psicologia dinamica.
Fra gli intellettuali più influenti del XX secolo,[1] è noto per aver elaborato una teoria scientifico-filosofica, secondo la quale i processi psichici inconsci esercitano influssi determinanti sul pensiero, sul comportamento umano e sulle interazioni tra individui: di formazione medica, tentò di stabilire correlazioni tra la visione dell'inconscio (rappresentazione simbolica di processi reali) e delle sue componenti con le strutture fisiche della mente e del corpo umano,[2] teorie che hanno trovato parziale conferma anche nella moderna neurologia e psichiatria.[3][4][5]
Nella psicoanalisi l'impulso sessuale infantile e le sue relazioni con il rimosso sono alla base dei processi interpretativi. Molti dissensi dalle teorie di Freud, e quindi indirizzi di pensiero diversi (Adler, Jung e altri) nascono dalla contestazione del ruolo, ritenuto eccessivo, attribuito da Freud alla sessualità.
In un primo momento si dedicò allo studio dell'ipnosi e dei suoi effetti nella cura di pazienti psichiatrici, influenzato dagli studi di Josef Breuer sull'isteria, in particolare dal caso Anna O. (ossia Bertha Pappenheim, futura fondatrice dei movimenti di assistenza sociale e di emancipazione femminile), al quale s'interessò sulla base delle considerazioni di Charcot, che individuava nell'isteria un disturbo della psiche e non una simulazione, come ritenuto fino ad allora. Dalle difficoltà incontrate da Breuer nel caso, Freud costruì progressivamente alcuni principi basilari della psicoanalisi relativi alle relazioni medico-paziente: la resistenza e il transfert.
Di questo periodo furono le intuizioni che formano il nucleo della psicoanalisi: il metodo d'indagine mediante l'analisi di associazioni libere, lapsus (da cui il lapsus freudiano), atti involontari, atti mancati e l'interpretazione dei sogni, e concetti come la pulsione (Eros e Thanatos), il Complesso di Edipo, la libido, le fasi dello sviluppo psicosessuale e le componenti dell'inconscio e della coscienza: Es, Io, Super-Io, in sintesi: Es è il subconscio istintivo, primordiale, derivante dalla natura umana e spinto dalle pulsioni sessuali, Io rappresenta la parte emersa, cosciente (secondo Freud situato nella corteccia cerebrale),[6] Super-Io una super-coscienza maturata dalla “civilizzazione” dell'uomo, il codice di comportamento (questa suddivisione richiama certe teorie neuroscientifiche come il Triune Brain).
Le idee e le teorie di Freud - viste con diffidenza negli ambienti della Vienna del XIX secolo - sono ancor oggi dibattute, non solo in ambito medico-scientifico, ma anche accademico, letterario, filosofico e culturale. Molti hanno messo in discussione l'efficacia terapeutica della psicoanalisi. Di questo fatto, lo stesso Freud era probabilmente consapevole, affermando che la psicoanalisi era una valida terapia, ma sarebbe poi stata superata da altre teorie della mente più raffinate ed evolute:
«L'avvenire forse ci insegnerà ad influenzare direttamente, con speciali sostanze chimiche, le quantità d'energia e la loro distribuzione nell'apparato psichico (…) probabilmente il futuro stabilirà che l'importanza della psicoanalisi come scienza dell'inconscio oltrepassa di gran lunga la sua importanza terapeutica.[7][8]»
Sigismund Schlomo Freud nacque a Freiberg, nella regione austriaca della Moravia (oggi Příbor, nella Repubblica Ceca), nel 1856, secondo figlio di Jacob Freud (1815-1896) e della sua terza moglie Amalia Nathanson (1835-1930) proveniente da Leopoli. Jacob, ebreo e commerciante di lana proveniente dalla città di Stanislau in Galizia (oggi Ivano-Frankivs'k, in Ucraina), si trasferì a Vienna nel 1860, a causa di sconvolgimenti politico-economici.[9] Jacob Freud da un precedente matrimonio aveva avuto due figli, Emanuel e Philipp che vivevano con lui e avevano all'incirca la stessa età della giovane matrigna. Emanuel era sposato e aveva un figlio, John, di un anno maggiore di Sigmund.
Nel 1877, a 21 anni, Sigismund abbreviò il suo nome in Sigmund, con il quale sarà conosciuto d'ora in poi. Il giovane Sigmund non ricevette dal padre un'educazione tradizionalista, eppure già in giovanissima età si appassionò alla cultura e alle scritture ebraiche, in particolare allo studio della Bibbia. Questi interessi lasciarono notevoli tracce nella sua opera, anche se Freud divenne presto ateo e avversò tutte le religioni, come lui stesso ben esplica nel suo L'avvenire di un'illusione. Nella Vienna di quel periodo erano presenti forti componenti antisemite e ciò costituì per lui un ostacolo, che non riuscì però a limitare la sua libertà di pensiero. Dalla madre e dal padre ricevette i primi rudimenti. Poi fu iscritto ad una scuola privata e dall'età di nove anni frequentò con grande profitto per otto anni l'Istituto Superiore "Sperl Gimnasyum".[9]
Sino alla maturità, conseguita a diciassette anni, dimostrò grandi capacità intellettuali tanto da ricevere una menzione d'onore. Nel 1873 si iscrive alla facoltà di medicina dell'Università di Vienna rettore Karl von Rokitansky. Durante il corso di laurea maturò una crescente avversione per gli insegnanti che considerava non all'altezza; offeso per essere discriminato in quanto ebreo, sviluppò un senso critico che, di fatto, ritardò l'ottenimento della sua laurea in Medicina e Chirurgia (conseguita nel marzo 1881). Successivamente lavorò nel laboratorio di zoologia diretto da Ernst Wilhelm von Brücke, qui prese contatto con il darwinismo, e iniziò la sua amicizia con l'internista Josef Breuer.[9]
Il lavoro di ricerca però non lo soddisfaceva e dopo due anni cambiò lavoro e conobbe Brücke, nell'Istituto di fisiologia, dove condusse importanti ricerche nel campo della neuro-istologia degli animali in cui dimostrò che gli elementi cellulari del sistema nervoso degli invertebrati sono morfologicamente identici a quelli dei vertebrati . Freud lasciò l'istituto dopo sei anni di permanenza, anche se le ricerche effettuate gli assicuravano una carriera nel settore, perché era animato da grande ambizione e valutava troppo lenti i successi conseguibili in quel campo. Freud fu enormemente colpito da Brücke, tanto che nella sua autobiografia lo cita come colui che maggiormente influì sulla sua personalità.[9]
L'aspirazione all'indipendenza economica lo spinse a dedicarsi alla pratica clinica, lavorando per tre anni presso l'Ospedale Generale di Vienna con pazienti affetti da turbe neurologiche. Questa disciplina, molto più remunerativa, gli avrebbe permesso di sposare Martha Bernays, parente del celebre spin doctor Edward Bernays con il quale Sigmund Freud ebbe una cospicua corrispondenza epistolare. Fu mentre lavorava in questo ospedale, nel 1884, che Freud cominciò gli studi sulla cocaina, sostanza allora sconosciuta.[9]
Scoperto che la cocaina era utilizzata dai nativi americani come analgesico, la sperimentò su se stesso osservandone gli effetti stimolanti e privi, a suo dire, di effetti collaterali rilevanti. La utilizzò in alternativa alla morfina per curare un suo caro amico, Ernst Fleischl, divenuto morfinomane in seguito ad una lunga terapia del dolore. Ma la conseguente instaurazione della dipendenza da essa, più pericolosa della morfina, fece scoppiare un caso che costituì una macchia nella sua carriera, anche in considerazione del fatto che un altro ricercatore, utilizzando i suoi studi, sperimentò la cocaina quale analgesico oftalmico, ricavandone rilevanti riconoscimenti in ambito internazionale. Rinunciò pertanto alle forti aspettative di ricavare successo da queste ricerche.
Il caso di Fleischl, che ebbe numerosi episodi paranoidei, nonché allucinazioni e deliri, spinsero il medico a pubblicare il saggio: “Osservazioni sulla dipendenza e paura da cocaina”. Dopo la pubblicazione smise di farne uso e di prescriverla. Nel 1885 ottenne la libera docenza e ciò gli assicurò facilitazioni nell'esercizio della professione medica. La notorietà e la stima dei colleghi gli permisero una facile carriera accademica, sino ad ottenere la cattedra di professore ordinario. È sempre di quest'anno la notizia della distruzione delle sue carte personali, avvenimento che si ripeté nel 1907. Successivamente, le sue carte furono attentamente custodite negli "Archivi Sigmund Freud" e gestite da Ernest Jones, suo biografo ufficiale e da alcuni membri del circolo psicoanalitico.[9]
Il lavoro di Jeffrey Moussaieff Masson portò chiarimenti e una feroce critica sulla natura del materiale soppresso.[10] Nel biennio 1885-1886 iniziò gli studi sull'isteria e con una borsa di studio si recò a Parigi, dove era attivo Jean-Martin Charcot. Questi, sia per i suoi metodi che per la sua forte personalità, suscitò notevole impressione sul giovane Freud. Le modalità di cura dell'isteria attraverso l'ipnosi, insegnatagli da Charcot, furono applicate da Freud dopo il rientro a Vienna, ma i risultati furono deludenti, tanto da attirarsi le critiche di numerosi colleghi. Il matrimonio con Martha Bernays era stato più volte rimandato a causa di difficoltà che apparivano a Freud insuperabili e quando, il 13 maggio 1886, riuscì a sposarsi, visse l'avvenimento come una grossa conquista.[9]
Un anno dopo (1887) nacque la prima figlia, Mathilde, seguita da altri cinque figli, di cui l'ultima, Anna, diventò un'importante psicoanalista. Nel 1886 iniziò l'attività privata aprendo uno studio a Vienna; utilizzò le tecniche allora in uso, quali le cure termali, l'elettroterapia, l'idroterapia e, tecnica in uso dal 1700 ritenuta in grado di agire sul sistema nervoso, ma priva di risultati apprezzabili, la magnetoterapia. Utilizzò allora la tecnica dell'ipnosi e, per migliorare la stessa, compì un altro viaggio in Francia, a Nancy, ma non ottenne i risultati che si aspettava.
L'8 dicembre 1897 fu iniziato nel B'nai B'rith di Vienna (tre anni dopo la sua fondazione)[11][12] con una conferenza sui sogni che anticipava di due anni l'uscita dell'Interpretazione dei sogni. Fu accolto con entusiasmo e rimase legato alla loggia per tutto il resto della sua vita.[13][14][15][16]
Freud era professore di neuropatologia, e le teorie sulla psicoanalisi avevano poca eco e considerazione nella scuola di medicina dell'epoca. Una chiave di volta nel processo evolutivo delle teorie di Freud fu l'incontro con Josef Breuer - importante fisiologo che poi, in diverse circostanze, sostenne Freud anche finanziariamente - intorno al caso di Anna O.. Breuer curava l'isteria della paziente attraverso l'ipnosi nel tentativo di guarirla da sintomi invalidanti tra i quali un'idrofobia psicogena. Sono di questo periodo le prime intuizioni sui ricordi traumatici. Il metodo, definito catartico - che fu descritto nel 1895 in Studi sull'isteria di Breuer e altri - venne successivamente utilizzato in modo sistematico da Freud.[9]
Generalmente si usa datare la nascita della psicoanalisi con la prima interpretazione di un sogno scritta da Freud, un suo sogno della notte tra il 23 e il 24 luglio 1895, riportato anche ne L'interpretazione dei sogni come "il sogno dell'iniezione di Irma". La sua interpretazione rappresentò l'inizio dello sviluppo della teoria freudiana sul sogno. L'analisi dei sogni segna l'abbandono del metodo ipnotico utilizzato in quella fase del suo sviluppo, che a ragione si può definire l'inizio della psicoanalisi.[9]
Altri legano la nascita della psicoanalisi alla prima volta in cui Freud usò il termine "psicoanalisi", cioè nel 1896 dopo aver svolto un'esperienza di 10 anni nel settore della psicopatologia, quando scrisse due articoli nei quali, per la prima volta, parla esplicitamente di "psicoanalisi" per descrivere il suo metodo di ricerca e trattamento terapeutico. La psicoanalisi è la traduzione dal tedesco del neologismo impiegato da Freud dal 1896 per indicare:
Sebbene oggi la paternità del metodo psicoanalitico sia attribuita a Freud, egli, nella prima conferenza a Boston, riconobbe che l'eventuale merito non sarebbe spettato a lui, bensì al dottor Joseph Breuer, il cui lavoro è antecedente agli studi di Freud e ne costituisce il punto di partenza.[9]
Dopo aver pubblicato l'articolo "Morale sessuale e le malattie nervose moderne", nel quale espresse le sue riflessioni sulla civiltà, Freud nel 1909 venne invitato negli Stati Uniti insieme allo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung e all'ungherese Sándor Ferenczi. Poco dopo a New York si aggiunse a loro Ernest Jones, giunto dall'Inghilterra.[9]
In questo contesto ebbero luce le "Cinque conferenze sulla psicoanalisi". Freud aveva 53 anni e alla Clark University fu insignito del titolo di Dottore. Inoltre Freud ebbe modo di incontrare il filosofo statunitense William James.[9]
Secondo una versione diffusa della storia della psicoanalisi, in Europa il discorso freudiano era tacciato di "delirio", di ossessione per il sesso e di rovina della società mettendo in piazza indecenze e perversioni. Secondo alcuni, c'era l'impressione che la comunità umana rifiutasse il suo discorso e che volesse ridurre lui e i suoi seguaci al silenzio per impedir loro di nuocere. Questa "folla inferocita" non avrebbe spaventato il medico viennese; anni dopo egli accusò Jung di codardia, invitandolo a non utilizzare più il termine 'psicoanalisi' per le sue teorie, basate su una teoria della libido desessualizzata; Jung allora utilizzerà il termine "psicologia analitica".[9]
Tuttavia, lo storico della psicologia Allen Esterson, criticando il resoconto del neuroscienziato Mark Solms secondo il quale le idee di Freud sull'esistenza di pulsioni animali primitive negli umani avevano scandalizzato i suoi contemporanei vittoriani, ha scritto:
«questo resoconto mirante a dare un quadro complessivo della situazione a quei tempi è stato confutato talmente tante volte dagli studiosi che hanno condotto ricerche su quel periodo che si dispera che i veri fatti riusciranno mai a penetrare il mondo ermeticamente chiuso dei tradizionalisti psicoanalitici.[17]»
Secondo Catherine Meyer,
«[Frank J.] Sulloway[18] giunse a stabilire che gli elementi principali della teoria freudiana della sessualità - la 'bisessualità', le 'zone erogene', la 'perversione polimorfa', la 'regressione', la 'libido', la 'rimozione primaria' ecc. - provenivano in linea più o meno diretta dalla sessuologia dell'epoca (Krafft-Ebing, Albert Moll, Havelock Ellis), il che demoliva allo stesso tempo il mito dell'isolamento intellettuale di Freud e del preteso 'puritanesimo' dei suoi colleghi.[19]»
Negli Stati Uniti, Freud si sarebbe sentito più a suo agio anche se in seguito (1925) confessò che là, dove la "dottrina del comportamento" si vantava di aver eliminato la psicologia, la portata del suo pensiero era abbondantemente annacquata.[9]
Nel 1910, il Congresso di Norimberga (30 e 31 marzo) istituì un'organizzazione internazionale per coordinare le associazioni psicoanalitiche nazionali. Il congresso era stato organizzato da Carl Gustav Jung, che veniva visto come il successore di Freud alla guida del movimento psicoanalitico. Freud stesso, in questa occasione, fece pressione affinché la presidenza dell'internazionale della psicoanalisi venisse affidata a Jung. Alfred Adler e Wilhelm Stekel invece s'incaricarono del giornale dell'associazione "Zentralblatt für Psychoanalyse" (Rivista centrale di psicoanalisi). In seguito, a questa rivista si affiancò "Imago", che trattava gli aspetti non direttamente medici della psicoanalisi ed era diretta da Freud. Già allora circoli medici legati alla psicoanalisi erano presenti a Berlino, Vienna, Zurigo, Budapest, Bruxelles, Stati Uniti, Russia, Francia, Italia e Australia.[9]
Con questi medici e psicoanalisti, che costituivano l'avanguardia del nuovo movimento di pensiero del novecento, ai quali bisognerebbe aggiungere l'insieme numeroso e sofferente dei loro pazienti, "materia prima" della "nuova scienza", Freud cominciò a intessere una fitta e costante corrispondenza per garantire coerenza e avvenire al movimento. Nel 1910 ci fu un'altra novità, il primo tentativo di biografia psicoanalitica, il saggio Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci, che costituisce, come confessò Freud, «la sola cosa piacevole che io abbia mai scritto».[9]
Nel 1926 Freud, che per ragioni di salute fu costretto a ridurre a tre il numero dei pazienti che trattava ogni giorno, compì settant'anni e per il suo compleanno giunsero al n. 19 della Berggasse telegrammi e lettere di felicitazioni da ogni parte del mondo, tra cui quello di Albert Einstein. Fu nel dicembre di quell'anno che Freud, recandosi a Berlino per rivedere figli e nipoti, incontrò per la prima volta Einstein e sua moglie, andati da lui a fargli visita.[9]
Freud commentò in margine al loro colloquio, protrattosi per due ore: «È vivace, sicuro di sé, piacevole. Di psicologia ne capisce quanto io di fisica, tanto che abbiamo avuto una conversazione molto scherzosa».
L'idea diffusa secondo cui Einstein era un ammiratore di Freud è erronea, come ha fatto notare A. H. Esterson: in una lettera a uno dei suoi figli nei primi anni trenta[20] Einstein scrisse che non era rimasto convinto dalle opere di Freud e che riteneva i suoi metodi dubbi se non fraudolenti. Nel 1933 infine, a richiesta della Società delle Nazioni, venne pubblicata una discussione con Einstein sul tema: "Perché la guerra?". Freud, al contrario di Einstein, affermò l'impossibilità della fine delle guerre, in quanto l'aggressività, fondamento di ogni guerra, è radicata nell'uomo.[21]
Vi erano anche delle vedute comuni; come lo stesso Einstein, Freud non volle supportare attivamente il sionismo (né moralmente né finanziariamente), poiché aveva delle riserve sulla creazione di uno Stato ebraico nella Palestina sotto mandato britannico.[22] Einstein, nonostante non credesse nell'ebraismo, si sentiva profondamente ebreo, come anche Freud:
«Posso dire di sentirmi lontano dalla religione ebraica come da tutte le religioni. Per contro ho sempre avuto molto forte il senso di appartenenza al mio popolo, che ho cercato di coltivare anche nei miei figli. (…) Ciò che mi legava all'ebraismo era (…) non la fede, e nemmeno l'orgoglio nazionale (…). Ho sempre cercato di reprimere l'orgoglio nazionale, quando ne sentivo l'inclinazione (…). Ma tante altre cose rimanevano che rendevano irresistibile l'attrazione per l'ebraismo e gli ebrei, molte oscure potenze del sentimento»[22]»
Sicuramente Lou Andreas Salomé, una delle muse ispiratrici più enigmatiche dell'Ottocento, diede modo anche a Freud di rinnovare le proprie idee. Grande catalizzatrice di idee innovative, Salomé, dopo le frequentazioni con Rainer Maria Rilke, Friedrich Nietzsche, Jung, ebbe modo di incontrare anche Freud. Dal loro confronto Freud smorzò quella che fino ad allora era rimasta la concezione primaria delle sue teorie, la libido come motore della vita dell'uomo. Infatti nel suo saggio Psicologia e Metapsicologia espose per la prima volta la dualità tra pulsione di vita e pulsione di morte usando a modello dell'uomo un globo sulla cui superficie la coscienza filtra il mondo pulsionale, l'essenza del "globo", giunto dal mondo esterno vero e proprio.
Un'essenza che nasconde la lotta tra volontà alla vita e all'aggregazione, da un lato, e alla morte e disgregazione dall'altro. È doveroso ricordare che un altro personaggio femminile del primo Novecento, Sabina Spielrein, ebrea russa ricoverata alla clinica Burghölzli, curata da Jung e diventata poi essa stessa psicoanalista, fu la prima a scrivere sulla pulsione di morte, e Freud la citò in una nota di Al di là del principio di piacere.[9]
Il citato rapporto con Jung è un elemento biografico importante, che è stato anche psicanalizzato, riconoscendo in esso una sorta di complesso di Edipo di Jung contro il padre "professionale" Freud.[23] Nel 1912 Jung pubblicò il suo testo fondamentale Trasformazioni e simboli della libido, dove erano presenti i primi disaccordi teorici con Freud assieme al primo abbozzo di una concezione finalistica della psiche.[23] I disaccordi continuarono nelle conferenze sulla psicoanalisi (Fordham lectures) tenute da Jung lo stesso anno a New York.
L'aspetto centrale delle differenze teoriche risiedeva in un diverso modo di concepire la libido: mentre per Freud il "motore primo" dello psichismo risiedeva nella pulsionalità sessuale, Jung proponeva di riarticolare ed estendere il costrutto teorico di libido, rendendolo così comprensivo anche di altri aspetti pulsionali costitutivi "dell'energia psichica".[23]
La "sessualità" da costrutto unico e centrale (metapsicologia freudiana) passa a essere costrutto importante ma non esclusivo della vita psichica (punto di vista junghiano). La libido è energia psichica in generale, motore di ogni manifestazione umana, sessualità ma non solo. Essa va al di là di una semplice matrice istintuale proprio perché non è interpretabile solo in termini causali. Le sue "trasformazioni", necessarie a spiegare l'infinita varietà di modi in cui si dà l'uomo, sono dovute alla presenza di un particolare apparato di conversione dell'energia, la funzione simbolica.[23]
Il conflitto tra Freud e Jung crebbe al quarto congresso dell'Associazione Psicoanalitica, svoltosi a Monaco nell'agosto del 1913 contro le posizioni psicoanalitiche espresse da Janet durante la sessione dedicata alla psicoanalisi. Nell'ottobre successivo si ebbe la rottura ufficiale, e Jung si dimise dalla carica di direttore dello "Jahrbuch". Ad aprile 1914 si dimise da presidente dell'Associazione e uscì definitivamente dal movimento psicoanalitico.[23]
La psicoanalisi, creatura i cui meriti di gestazione erano ascritti al solo Freud, per la cui nascita aveva pagato con l'isolamento e l'ostracismo da parte del mondo accademico, nuova via della conoscenza, per Jung era divenuta più importante dello stesso padre che l'aveva generata. Era nata dal lavoro di Freud e adesso si trattava di farla crescere.[23]
L'aspetto che più li differenziava era la concezione dell'inconscio. Per Freud l'inconscio alla nascita era vuoto e durante la vita si riempiva di quanto per la coscienza era "inutile" o dannoso per l'Io (rimozione). Invece per Jung la coscienza nasceva dall'inconscio, che aveva quindi già una sua autonomia. Inoltre, per Jung, la psicoanalisi di Freud teneva poco conto della persona nel suo contesto vitale. Invece Jung, che dava importanza alla persona e al suo contesto, fondò la "psicologia analitica", che voleva essere uno strumento per guarire da patologie psichiche ed una concezione del mondo, o meglio, uno strumento per adattare la propria anima alla vita e coglierne le potenzialità di espressione e specificità individuale. Chiamò questo percorso "individuazione".[23]
Al concetto di individuazione si lega la nozione di archetipo e tutte le altre costruzioni teoriche junghiane.[23] Freud accusò Jung di essere monista anziché dualista, quindi di sconvolgere il principio dell'Eros contro Thanatos, con le relative pulsioni di vita e di morte (la libido e destrudo), ecc., proponendo una libido come unica energia, non solo sessuale, dell'"inconscio collettivo", che prende molteplici forme; inoltre lo accusò di avergli plagiato i concetti (ad esempio l'Es trasformato in Ombra) e di altre scorrettezze, come l'eccessivo peso, a detta di Freud, dato da Jung al paranormale e alle religioni.[23]
«La nostra concezione, che è stata sin dall'inizio dualista, lo è più che mai oggi, che abbiamo sostituito all'opposizione tra pulsioni dell'io e pulsioni sessuali quella tra pulsioni di vita e pulsioni di morte. La teoria della libido di Jung è, al contrario, monista; il fatto che egli abbia chiamato libido l'unico moto pulsionale che ammette, è destinato a creare confusione, ma non può toccarci in alcun modo.»
Jung tenterà comunque, una volta posto alla guida dell'Associazione psicoanalitica, dopo che essa aveva escluso gli ebrei per ordine dei nazisti, di proteggere Freud e gli psicoanalisti di origine israelita dalla persecuzione antisemita, gli manderà persino del denaro, che Freud rifiuterà sdegnosamente, in quanto considerava l'ex allievo un «antisemita». Benché Jung commemorasse poi Freud con un necrologio dopo la morte nell'esilio di Londra, la frattura non si comporrà mai.[24]
A Londra Freud incontrò Salvador Dalí, uno dei più importanti esponenti dell'avanguardia artistica del surrealismo, il movimento culturale fondato da André Breton. L'artista spagnolo fu accompagnato a far visita a Freud dallo scrittore esule Stefan Zweig, il loro incontro avvenne in un caffè, dove Dalí, su un tovagliolo, fece rapidamente un ritratto di Freud, che ne rimase stupito.[25]
In merito a questo incontro con il pittore surrealista, Freud scrive a Zweig:
«Finora, ero portato a considerare completamente insensati (o diciamo al 95% come per l'alcool) i surrealisti, che pare mi avessero adottato quale santo patrono. Questo giovane spagnolo con i suoi occhi candidi e fanatici e la sua innegabile padronanza tecnica mi ha fatto cambiare idea.»
Dalì rimarrà l'unico surrealista davvero stimato da Freud, che forse incontrò, rimanendone solo incuriosito e niente più, anche il caposcuola André Breton, scrittore che mal sopportava invece l'artista spagnolo, a causa delle sue idee politiche ritenute conservatrici.[26]
Durante lo sviluppo della disciplina psicoanalitica, in Freud si faceva sempre più chiaro che questa sua "figlia" era qualcosa che andava ben oltre una semplice psicoterapia come era invece nei suoi intenti iniziali di medico. Così scrive infatti nel 1925:
«Probabilmente il futuro stabilirà che l'importanza della psicoanalisi come scienza dell'inconscio oltrepassa di gran lunga la sua importanza terapeutica.[8]»
Partendo dal confronto con i problemi psicoterapeutici, la psicoanalisi si era mossa lentamente verso il superamento della semplice psicoterapia. Più in là, due anni prima di morire, in Analisi terminabile e interminabile Freud pose una delle questioni, se non la questione fondamentale della psicoanalisi, nota con le parole di Freud come problema del "fondo roccioso della psicoanalisi", ovvero dell'impossibilità o per lo meno della difficoltà a proseguire il lavoro psicoanalitico oltre un certo limite.
Detto in altri termini, Freud si riferisce al fatto che la psicoanalisi è impotente davanti alla realtà biologica. Quando cioè il paziente pone domande che affrontano l'aspetto biologico della divisione sessuale, l'analisi diventava interminabile. Tuttavia è proprio in questa questione capitale che si cela, quale implicazione, un'altra questione: quella della funzione adattativo-conservatrice della psicoanalisi che ha attraversato tutta la storia della psicoanalisi e ricevuto le critiche più attente da parte di coloro che considerano l'umanità impegnata in altre vie per la propria trasformazione oltre lo status quo.
Una parte delle critiche alla psicoanalisi infatti proveniva da coloro che al contrario si domandavano se la psicoanalisi costituisse una vera e propria pratica rivoluzionaria conseguentemente evolutiva o se invece fosse una semplice pratica normativa e adattativa, atta a esorcizzare ogni naturale movimento eversivo.[9]
Quando nel 1933 Hitler prese il potere in Germania, le origini ebraiche di Freud costituirono un problema. Nello stesso anno, il suo nome entrò nella lista di autori le cui opere dovevano essere distrutte.[9] La situazione diventò seria a partire dal 1938, anno in cui l'Austria venne annessa al Terzo Reich. La figlia Anna fu arrestata brevemente dalla Gestapo; i nazisti cominciarono a vessare Freud, che spesso dette loro somme di denaro per cacciarli da casa propria, dove di frequente facevano irruzione. All'inizio si accontentavano di questo, ma presto la situazione divenne insostenibile.[9]
A Freud venne data la possibilità di compilare una lista di persone da salvare dalle leggi razziali, quindi dalla futura deportazione (di cui ancora non si parlava). I nazisti acconsentirono alla sua emigrazione (come era d'uso nella Germania nazista prima della decisione di sterminio, avvenuta nel 1942), previo pagamento delle due tasse prescritte a cui egli riuscì a far fronte, nonostante le finanze e i guadagni fossero in netto declino[9]. Nella lista egli non incluse le sorelle (quattro di loro moriranno nei campi di sterminio), ma sua moglie Martha, i figli e i nipoti, le proprie domestiche e il suo medico personale con la famiglia di questi.[27] L'ex paziente e amica Marie Bonaparte gli fornì il denaro per il viaggio e l'appoggio necessario. Freud partì da Vienna insieme a diciassette persone, tra amici e familiari.
Secondo Élisabeth Roudinesco, non si disinteressò delle sorelle: infatti, fu costretto a lasciarle a Vienna per via degli eventi precipitosi e dalla fretta con cui scappò dalla capitale, sperando di farle partire per Londra più tardi. Come tutti gli ebrei dell'epoca pensava che i nazisti non avrebbero deportato donne anziane. Nessuno immaginava la shoah; le sorelle di Freud non riusciranno più a lasciare Vienna e a ricongiungersi con il fratello, rimanendo vittime dei nazisti dopo la morte dello psicoanalista.[28]
Freud, privato intanto della cittadinanza austriaca e divenuto apolide, in pessime condizioni di salute, si preparò a lasciare Vienna: pochi giorni dopo, accompagnato da Martha e da Anna, che nel frattempo era stata rilasciata, partì per Londra dove avrà lo status di rifugiato politico.[9] Secondo alcune testimonianze, come quella di Vittorio Mussolini, su richiesta di alcuni psicoanalisti italiani Benito Mussolini (a cui Freud aveva inviato una dedica con autografo qualche anno prima su una copia di Perché la guerra?[29]) si interessò della sorte di Freud, cercando, inutilmente, di intercedere presso Hitler perché fosse lasciato in pace nella sua casa viennese, o, secondo lo storico Piero Melograni, per farlo mettere in salvo senza conseguenze gravi, come in effetti avvenne.[30]
Un anno prima della morte, nel 1938, al suo arrivo a Londra aveva concesso un'intervista, la quale si era conclusa con uno sguardo alla strada ancora da percorrere per la scienza neonata: «La lotta non è ancora terminata», affermava. Quando era morta sua madre, Amalia Nathanson Freud, a 95 anni, nel 1930, Freud, già malato di tumore, aveva scritto a Ernest Jones di avere finalmente guadagnato la libertà di morire, perché era sempre stato ossessionato dall'idea che potessero comunicare alla madre la sua morte.[31][32]
Freud si era ammalato di carcinoma della bocca già negli ultimi anni viennesi: nel 1923 aveva subito due operazioni per una leucoplachia al palato, dovuta al fumo, ma negli anni successivi la lesione ricomparve trasformandosi in un epitelioma del cavo orale, con metastasi ossee, con il quale convisse per 16 anni. Freud fumò sigari per la maggior parte della sua vita, e questo probabilmente favorì l'insorgere della malattia.[33]
Nonostante varie cure e ben 32 operazioni[34], alla fine dovette subire l'invasiva asportazione della mandibola, che lo costringerà a lavorare quasi esclusivamente in silenzio, effettuando sedute ascoltando solamente i pazienti e all'inserimento di una protesi.[34][35] Anche dopo l'asportazione della mandibola a causa del cancro continuerà a fumare. Si dice infatti che abbia fumato una scatola di sigari al giorno sino alla morte. Sull'uso e abuso di cocaina da parte dell'illustre studioso della psiche parimenti molto si è dibattuto.[33][36]
La perdita di un figlio e di un nipote prima, negli anni '20, e la persecuzione nazista poi, non fecero che aggravare il tutto.[34] Nel 1939, un anno dopo essere giunto a Londra e aver subito l'ultima operazione e la radioterapia, il cancro era in fase terminale, e venne dichiarato inoperabile.[34][37]
Il 21 settembre 1939, Freud, consumato fra atroci sofferenze, sul letto di morte mormorò al dottor Max Schur, proprio medico di fiducia: «Ora non è più che tortura e non ha senso» e poco dopo ancora: «Ne parli con Anna, e se lei pensa che sia giusto, facciamola finita». Freud si affidò al sentimento della figlia e il medico aumentò gradualmente la dose di oppiacei. Morì due giorni dopo, senza risvegliarsi dal sonno tranquillo che la morfina gli aveva provocato.[38]
Il corpo di Freud venne cremato dopo una cerimonia civile, con Stefan Zweig tra coloro che pronunciarono l'elogio funebre, e le ceneri tumulate in un cimitero londinese, per essere poi traslate alcuni anni dopo nel tempio crematorio Golders Green nella zona nord della città (che aveva ospitato già la cerimonia funebre e la cremazione), e messe in un antico vaso greco, dove verranno tumulate anche quelle della moglie Martha, morta nel 1951.[39]
La sua casa di Londra è nel famoso quartiere residenziale Hampstead nella zona Camden, non lontano dal centro di psicoanalisi, dove lavorerà, anni dopo, la figlia Anna. Dopo la morte di Anna la casa è stata trasformata per volontà di Anna stessa in museo.[40]
Tra i figli di Freud, fu Anna che si distinse anch'ella quale psicoanalista, specialmente nella psicologia dell'infanzia e dello sviluppo del bambino. Freud è anche il nonno del pittore Lucian Freud e del commediografo Clemente Freud, nonché il bisnonno della giornalista Emma Freud, della stilista di moda Bella Freud e di sua sorella, la scrittrice Esther Freud. Freud era inoltre lo zio di Edward Bernays (il padre Ely Bernays era il fratello di Martha Bernays, moglie di Freud. La madre Anna era la sorella di Freud, per cui Freud era zio di Bernays sia da parte sua che della moglie). Bernays è considerato uno dei padri del settore delle pubbliche relazioni e della propaganda, è stato uno dei primi a sperimentare la manipolazione dell'opinione pubblica utilizzando la psicologia subliminale, divenendo un importante spin doctor, ossia consulente di campagne politiche, negli Stati Uniti. Aiutò finanziariamente lo zio quando questi era quasi sull'orlo della bancarotta a causa della crisi del '29.[41]
L'influenza di Freud fu determinante in due campi correlati ma distinti. Sviluppò simultaneamente una teoria della mente e del comportamento e tecniche cliniche finalizzate all'apporto terapeutico nella risoluzione delle nevrosi. Alcuni sostengono che abbia influenzato solo il primo campo. La teoria dell'inconscio è reputata tuttora utile per comprendere la psicologia di un individuo, anche dagli psicologi di altre scuole, ma la prassi dell'analisi è invece da questi rigettata, come accade ad esempio nella scuola comportamentale, indirizzo già attivo all'epoca di Freud e che lo psicoanalista austriaco definì «estremista».[2]
Il contributo più significativo di Freud al pensiero moderno fu l'elaborazione del concetto di inconscio. Secondo una versione diffusa della storia della psicologia, durante il XIX secolo la tendenza dominante nel pensiero occidentale era il positivismo, che credeva nella possibilità degli individui di controllare la conoscenza reale di se stessi e del mondo esterno, e nella capacità di esercitare un controllo razionale su entrambi. Freud, invece, suggerì che questa pretesa di controllo fosse in realtà un'illusione; che persino ciò che pensiamo sfugge al controllo e alla comprensione totale, e le ragioni dei nostri comportamenti spesso non hanno niente a che fare con i nostri pensieri coscienti.
Il concetto di inconscio è stato rivoluzionario in quanto sostiene che la consapevolezza è allocata nei vari strati di cui è composta la mente e che ci sono pensieri non immediatamente disponibili in quanto "sotto la superficie" (livello cosciente). Tuttavia, come lo psicologo Jacques Van Rillaer, fra gli altri, ha sottolineato, "contrariamente a quanto crede il grande pubblico, l'inconscio non è stato scoperto da Freud. Nel 1890, quando ancora non si parlava di psicoanalisi, William James, nel suo monumentale trattato di psicologia, esaminava il modo in cui Schopenhauer, Eduard von Hartmann, Pierre Janet, Alfred Binet e altri avevano utilizzato i termini "inconscio" e "subconscio".[42]
Inoltre, lo storico della psicologia Mark Altschule ha scritto nel 1977: «È difficile - o forse impossibile - trovare uno psicologo o psicologo clinico del diciannovesimo secolo che non riconoscesse la cerebrazione inconscia come non solo reale ma anche della massima importanza».[43] I sogni, proposti come "la via regia che conduce all'inconscio", sono gli indizi migliori per la comprensione della nostra vita inconscia e, ne L'interpretazione dei sogni, Freud sviluppò l'argomento dell'esistenza dell'inconscio e descrisse una tecnica per accedervi.
Il preconscio venne descritto come uno strato a cui si può accedere con meno sforzo, in quanto interposto tra il conscio e l'inconscio (il termine subcosciente, benché usato popolarmente, è una parola derivante dalla traduzione anglosassone e non fa parte della terminologia psicoanalitica). Anche se molti aderiscono ancora alla concezione razionalista e positivista, è ormai comunemente accettato, anche da coloro che rifiutano altre parti delle teorie di Freud, che l'inconscio è una parte della mente e che parte dei comportamenti possono avere luogo senza il controllo della coscienza.[44]
Nel 1910, in una conferenza all'università di Clark, Freud spiegò la sua nuova concezione del funzionamento della mente umana e raccontò il rifiuto dei suoi lavori da parte dei suoi colleghi e del pubblico:
«l'arroganza della coscienza che, per esempio, rigetta i sogni con leggerezza, generalmente è causata da un forte apparato protettivo che li custodisce, impedendo ai complessi inconsci di farsi strada, rendendo difficile convincere gli interlocutori dell'esistenza dell'inconscio e spiegare nuovamente ciò che la loro conoscenza cosciente rifiuta.»
Elemento cruciale del funzionamento dell'inconscio è la rimozione. Secondo Freud, spesso i pensieri e le esperienze sono così dolorosi che le persone non possono sopportarli. Tali pensieri ed esperienze, e i ricordi associati, ha argomentato Freud, sono banditi dalla mente, ma potrebbero essere banditi anche dalla coscienza. In questo modo costituiscono l'inconscio. Benché Freud più tardi tentasse di trovare strutture di rimozione tra i suoi pazienti per derivare un modello generale della mente, egli ha anche osservato la diversità tra i singoli pazienti dovuta alla rimozione di pensieri ed esperienze differenti. Freud ha osservato, inoltre, che il processo stesso di rimozione è in sé un atto non-cosciente (cioè si presenta con pensieri o sensazioni non dipendenti dalla volontà). Freud ha supposto, insomma, che ciò che viene rimosso è in parte determinato dall'inconscio. L'inconscio, per Freud, era sia causa sia effetto della rimozione.[45]
Freud ha cercato di spiegare come opera l'apparato psichico e ne ha proposto una particolare organizzazione in tre componenti: Id (das Es in tedesco), Ego (das Ich in tedesco, o "Io" in italiano) e Superego (das Über-Ich in tedesco, Super-Io in italiano).[46]
L'Id viene rappresentato come il processo di identificazione–soddisfazione dei bisogni di tipo primitivo. Il Superego rappresenta la coscienza e si oppone all'Id con la morale e l'etica. L'Ego si frappone tra Id e Superego per bilanciare sia le istanze di soddisfazione dei bisogni istintivi e primitivi, sia le spinte contrarie derivanti dalle nostre opinioni morali ed etiche. Un Ego ben strutturato garantisce la capacità di adattarsi alla realtà e di interagire con il mondo esterno, soddisfacendo le istanze dell'Id e del Superego. L'affermazione di principio che la mente non è monolitica o omogenea, continua ad avere un'influenza enorme al di fuori degli ambienti della psicologia.[46]
Freud era particolarmente interessato al rapporto dinamico tra queste tre parti della mente, argomentando che fosse governato da desideri innati, ma ha anche asserito che il rapporto mutasse con il cambiare del contesto dei rapporti sociali. Alcuni hanno criticato Freud per aver dato troppa importanza all'uno o all'altro aspetto. Allo stesso modo, molti dei seguaci di Freud hanno concentrato la loro attenzione privilegiando l'uno o l'altro.
Per chiarire come funzionasse la psiche umana, Freud elaborò una tecnica al tempo insolita, con la quale analizzò e interpretò ermeneuticamente i sogni e le corrispondenti associazioni dei propri pazienti. Da queste osservazioni e interpretazioni riuscì a sviluppare il suo modello di una struttura psichica divisa in tre parti. Secondo il suo pensiero, la struttura della psiche di un individuo è composta da tre elementi: l'Es, l'Ego e il Super Ego. Egli supportava la visione che la parte predominante delle decisioni umane fosse inconscia e che solo una parte minore fosse motivata consciamente. Il primo tema affrontato dal Strukturmodell der Psyche differenzia ciò che è noto da ciò che è ignoto, ed espone come l'ignoto influenzi il noto. Nel suo secondo tema, sviluppato soprattutto nel suo scritto L'Io e l'Es (1923), Freud spiegò per la prima volta la sua teoria sull'Io e il Super-Io. Egli prese il termine “Es” dal medico e precursore della medicina psicosomatica Georg Groddeck, cambiandone anche il significato.
Freud ha sviluppato il concetto di "sovradeterminazione" per evidenziare le molteplici cause che sottendono alla interpretazione dei sogni, piuttosto che contare su un modello di semplice corrispondenza biunivoca tra cause ed effetti. Ha creduto che gli esseri umani fossero guidati da due pulsioni basilari: dalla libido, componente della pulsione di vita (Eros) e dalla pulsione di morte (Thanatos), la cui energia fu inizialmente chiamata destrudo, termine che poi verrà scartato.[48] La descrizione di Freud della libido comprende la creatività e gli istinti. La pulsione di morte è definita come un desiderio innato finalizzato alla creazione di una condizione di calma, o non-esistenza, ed è ricavato da Freud dai propri studi sui protozoi (cfr. Al di là del principio di piacere). Quando le pulsioni e l'energia libidica rimangono fissate nell'inconscio esse generano nevrosi e psicosi.[48]
Freud credeva anche che la libido si sviluppasse negli individui cambiando oggetto. Egli ha argomentato che gli esseri umani nascessero "polimorficamente perversi", volendo con ciò significare che qualsiasi oggetto può essere sorgente di piacere. Egli più tardi ha sostenuto che gli esseri umani si sono sviluppati in differenti stadi di sviluppo identificati nella fase orale (piacere del neonato nell'allattamento), quindi nella fase anale (esemplificato dal piacere del bambino nel controllo della defecazione) e ancora nella fase genitale, che prende anche l'aspetto di fase fallica. Freud argomenta che i bambini passano da uno stadio nel quale s'identificano con il genitore di sesso opposto, mentre il genitore dello stesso sesso viene visto come rivale. Egli ha cercato di inquadrare questa struttura di sviluppo nel dinamismo mentale. Ogni stadio è una progressione della maturità sessuale, caratterizzata da un Ego più forte e dalla capacità di ritardare la soddisfazione dei bisogni (principio di piacere e principio di realtà) (cfr. Tre saggi sulla teoria sessuale).[49][50]
Freud cercò di dimostrare che il suo modello, basato soprattutto sulle osservazioni della borghesia viennese, fosse universalmente valido. Ha per questo orientato i suoi studi verso la mitologia antica e l'etnografia del suo tempo per trovare materiale comparativo. Ha utilizzato la tragedia greca Edipo re di Sofocle per evidenziare, soprattutto negli adolescenti e nei bambini, la presenza inconscia del desiderio d'incesto e contemporaneamente la necessità di reprimere quel desiderio. Il complesso di Edipo è stato descritto come condizione dello sviluppo e della consapevolezza psicosessuale; questo concetto psicologico era stato formulato anche da Denis Diderot nel XVIII secolo, e Freud, nel Compendio di psicoanalisi, dichiara esplicitamente il suo debito.[51] Sua è anche la definizione di carica psichica, intesa come energia derivata dagli istinti che si manifesta in qualsiasi processo psichico, conservando la possibilità di spostarsi per attivare vari contenuti di coscienza.[49] Nel suo ultimo libro, Compendio di psicoanalisi, terminato sul letto di morte, Freud individua i pilastri della psicoanalisi nel complesso edipico, nella teoria della rimozione e nella sessualità infantile, analizzando anche la scissione dell'Io.[52]
Egli sperava che le sue ricerche fornissero una solida base scientifica per le proprie tecniche terapeutiche. L'obiettivo della terapia psicoanalitica (psicoanalisi), era di portare allo stato cosciente i pensieri repressi/rimossi, rafforzando così il proprio ego. Per portare i pensieri inconsci al livello della coscienza, il metodo classico prevede delle sedute in cui il paziente è invitato a effettuare associazioni libere e a raccontare i propri sogni. Un altro elemento importante della psicoanalisi è l'assunzione, da parte dell'analista, di un atteggiamento distaccato che permette al paziente di proiettare durante l'analisi i pensieri e le sensazioni sull'analista. Attraverso questo processo, chiamato transfert, il paziente può riesumare e risolvere i conflitti rimossi, particolarmente quelli infantili, legati alla formazione e alla famiglia d'origine.[53]
Secondo Freud la fissazione nasce in periodi remoti dello sviluppo pulsionale e impedisce alla pulsione di modificare il suo obiettivo, rendendo impossibile il distacco dall'oggetto di fissazione. Si produrrebbe a causa dell'eliminazione (rimozione) di alcuni elementi che consentirebbero la normale evoluzione dello stimolo (pulsione). È per questo che alcuni suoi effetti, durante la psicoanalisi, possono venire assimilati o confusi con altre rimozioni. La fissazione, eludendo la ragione, si comporta come se facesse parte del sistema dell'inconscio, come una corrente rimossa. Essa non è altro che la conservazione di libido su oggetti o fasi inconsce relativi ai vari stadi psicosessuali di sviluppo. Queste cariche di libido conservata danneggiano l'individuo provocandogli la nevrosi.[49]
La rimozione è un meccanismo psichico che allontana dalla coscienza desideri, pensieri o residui mnestici considerati inaccettabili e intollerabili dall'Io, e la cui presenza provocherebbe dispiacere. La rimozione tuttavia va considerata come una modalità universale dello psichismo la cui finalità è proprio quella di difendere, come una sorta di apparato immunitario proprio dello psichismo, l'ideale dell'io (o Super-io) in cui ci si rispecchia.[49]
Al concetto di rimozione si collega quello di resistenza al cambiamento, un ulteriore meccanismo psichico che impedisce ai contenuti una volta rimossi di tornare nuovamente coscienti. Scopo della psicoanalisi secondo Freud è quello di diminuire la forza di queste resistenze e permettere all'Io di tornare in possesso del materiale rimosso, in modo da porre termine alla sua funzione patogena.
La rimozione può riguardare sia un fatto vissuto, che un pensiero o istinto. Il contenuto rimosso non tende spontaneamente a manifestarsi o non ha l'energia psichica per farlo, per cui spesso la rimozione è priva di conseguenze. È necessario un secondo fatto o volontà: 1) apparentemente "innocuo" per il Super-io, e che quindi non viene rimosso a sua volta; 2) associabile al contenuto inconscio per vicinanza nello spazio, nel tempo o per somiglianza. Nei soliti modi la mente opera per associare tra loro contenuti che restano non rimossi.
Il nuovo elemento "risveglia" il materiale rimosso che spinge per manifestarsi a livello cosciente, e l'Io media fra questo e la resistenza del Super-io: un appagamento tramite compensazione permette al materiale rimosso di manifestarsi ma in forme diverse dal suo contenuto, più distorte e lontane quanto più è forte la resistenza.[49]
Ciò accade nel sintomo nevrotico, ma anche in persone "sane" e "normali" attraverso i sogni, o nella nevrosi creativa. Nel sogno si rilassa la muscolatura, segno che si rallentano le resistenze del Super-io, per cui il rimosso nell'inconscio ha l'opportunità di manifestarsi, e di farlo in modo più "soddisfacente" tramite forme più vicine al suo vero contenuto.[49] Secondo Freud, questo meccanismo non sempre è fonte di malattie, ma ha grandi implicazioni positive per la società. La nevrosi, se è canalizzata, è il motore dell'arte e della scienza: il genio creativo e gli ammiratori dell'opera vi manifestano singolarmente e collettivamente un proprio contenuto rimosso.[54]
In alcuni casi il Super-io si manifesta tramite il senso di colpa per cui il nevrotico non desidera, inconsciamente, guarire ritenendo di meritare la malattia o avendo forti pulsioni di autodistruzione: è il cosiddetto "bisogno di colpa o di sofferenza".[55]
La regressione è un meccanismo in cui, per mancanza di superamento di una fase, anziché svilupparsi la nevrosi di quella tipica fase, si manifesta una nevrosi di fase precedente, in cui molta più libido era rimasta fissata, ma possono essere presenti anche cariche di libido di altre fasi, che si fanno sentire sotto forma di sintomo nevrotico.[56]
La nevrosi è il principale campo di interesse di Freud e il disturbo che la psicoanalisi ambisce a curare in profondità. Le nevrosi sono diverse a seconda dello stadio di sviluppo o di quello in cui si regredisce a causa del non-superamento del complesso di Edipo.[49][57] Esempi di nevrosi sono:
Se manca la nevrosi, dove dovrebbe invece comparire, si sviluppa la perversione, termine che in Freud non indica una malattia, ma la fissazione della libido su oggetti o ambiti non sessuali in senso genitale, che si sviluppa, ad esempio, nella fase sadico-anale o in quella edipica (spesso per il rifiuto a riconoscere il complesso di castrazione o l'invidia del pene o la sua assenza).[52] In assenza di perversione si può sviluppare l'asessualità.[50] Secondo Freud, esempi di perversione, in questo ambito psicoanalitico, sono[52]:
Freud, a differenza di quanto spesso si è detto, non ha mai definito l'omosessualità come una malattia psichica, né ha mai condannato gli omosessuali come anormali, anzi sosteneva che ogni essere umano nascesse intrinsecamente bisessuale, differenziandosi nelle preferenze solo successivamente.[58] In una lettera scritta nel 1935 ad una madre che lamentava di avere un figlio omosessuale e chiedeva se fosse possibile "curarlo", lo psicoanalista rispose che
«L'omosessualità non è di certo un vantaggio, ma non c'è nulla di cui vergognarsi, non è un vizio, non è degradante, non può essere classificata come una malattia, riteniamo che sia una variazione della funzione sessuale, prodotta da un arresto dello sviluppo sessuale. Molti individui altamente rispettabili di tempi antichi e moderni sono stati omosessuali, molti dei quali sono stati grandi uomini.[58]»
Rispondendo alla richiesta della donna, Freud aggiunge poi che una "terapia" per trattare l'omosessualità può essere possibile, ma che il risultato "non può essere previsto".[58]
La psicoanalisi permette, analizzando i sogni e le fantasie di scoprire queste fissazioni e avendo un buon rapporto di transfert con l'analista, di sublimare le pulsioni non accettabili in situazioni socialmente e umanamente accettabili: ad esempio chi ha una forte componente di pulsione di morte/distruzione e aggressività, anche dal punto di vista puramente sessuale (un "Eros" molto contaminato da "Thanatos", come accade nel masochismo e nel sadismo), può sublimare ciò scegliendo una professione in cui si usano armi o violenza in maniera accettata (es. militare, pugile) o violenza simulata o simboleggiata ma in realtà non vera (es. chirurgo, attore, gioco di ruolo, scrittore, regista ecc.).[59][60] In questo modo la primitiva aggressività dell'Es viene temperata e controllata, senza che il Super-io reprima in maniera eccessiva, per annullarla, questa energia, provocando così le malattie psichiche, come la nevrosi, oppure le devianze (perversione, feticismo, asessualità), che provocano (questo per la psicoanalisi moderna vale per le nevrosi e secondariamente per le cosiddette devianze, se fuori controllo) la sofferenza dell'individuo e/o la sua disfunzionalità.[60]
Scrive Freud: "Nell'epoca che possiamo chiamare prescientifica gli uomini non avevano difficoltà nel trovare una spiegazione ai sogni. Quando al risveglio ricordavano un sogno, lo consideravano una manifestazione favorevole od ostile di potenze superiori, demoniache e divine.
Allorché cominciarono a diffondersi le dottrine naturalistiche, tutta questa ingegnosa mitologia si mutò in psicologia, ed oggi solo un'esigua minoranza delle persone istruite dubita che i sogni siano un prodotto della mente del sognatore.
Il problema è il significato dei sogni, problema che ha un doppio aspetto. In primo luogo esso indaga sul significato psichico del sognatore, sul nesso tra i sogni e gli altri processi mentali e su qualsiasi funzione biologica essi possano avere; in secondo luogo cerca di scoprire se i sogni possono essere interpretati, se il contenuto dei sogni individuali ha un 'significato', secondo quanto siamo abituati a trovare in altre strutture psichiche.[61]
Nella valutazione del significato dei sogni si possono distinguere tre correnti di pensiero:
Al punto in cui siamo arrivati, siamo portati a considerare il sogno come una specie di sostituto dei processi di pensiero, pieno di significati ed emozioni, che ho scoperto dopo aver completato l'analisi. Non conosciamo la natura del processo che fa sì che il sogno venga generato da questi pensieri, ma possiamo vedere che è sbagliato considerarlo puramente fisico e privo di significato psichico, come un processo sorto dall'attività isolata di gruppi di cellule cerebrali destate dal sonno.[62]
Il contenuto del sogno è un condensato dei pensieri che sostituisce, e l'analisi ha svelato come istigatore del sogno un fatto privo di importanza della sera precedente; difatti seguendo senza criteri le associazioni che sorgono da qualsiasi sogno, posso arrivare ad una successione di pensieri tra i quali appaiono gli elementi che costituiscono il sogno e che, questi pensieri, sono interrelati in maniera razionale e comprensibile.
Per contrapporre il sogno come viene trattenuto nella memoria, all'importante materiale scoperto analizzandolo, chiamerò il primo contenuto manifesto del sogno ed il secondo contenuto latente del sogno. La trasformazione dei pensieri onirici latenti nel contenuto onirico manifesto, merita una trattazione più specifica; sotto l'aspetto del rapporto tra il contenuto latente e il contenuto manifesto, i sogni si possono dividere in tre categorie:
Un ripetersi di esperienze simili ci può spingere a sospettare che ci sia una relazione intima tra la natura incomprensibile e confusa dei sogni e la difficoltà di riferire i pensieri ad essa sottostanti. Nel caso dei sogni complicati e confusi di cui ci occupiamo ora, la condensazione e la drammatizzazione, da sole, non sono sufficienti a spiegare l'impressione di dissomiglianza tra il contenuto del sogno e i pensieri onirici.[62]
Nel corso del lavoro onirico l'intensità psichica dei pensieri e delle rappresentazioni si trasferisce su altri pensieri e rappresentazioni che non dovrebbero essere così sottolineati; nessun altro processo contribuisce a nascondere il significato del sogno e a rendere irriconoscibile il nesso tra il contenuto del sogno e i pensieri onirici. Nel corso di questo processo chiamato spostamento onirico, l'intensità psichica - l'importanza o potenzialità affettiva del pensiero - viene trasformata in vivacità sensoriale. I sogni possono formarsi quasi senza alcun spostamento, sono quelli sensati e comprensibili; oppure sogni in cui non c'è un solo elemento dei pensieri onirici che abbia conservato il proprio valore psichico, o in cui tutto ciò che è essenziale nei pensieri onirici non sia stato sostituito da qualcosa di insignificante, e possiamo trovare una serie di casi intermedi tra questi due estremi (quanto più oscuro e confuso sembra un sogno, tanto più grande è la partecipazione del fattore spostamento alla sua formazione). Proprio il processo di spostamento non ci permette di scoprire o riconoscere i pensieri onirici nel contenuto del sogno, a meno che non comprendiamo il motivo di questa deformazione.[63]
Tuttavia, i pensieri onirici vengono anche sottoposti ad un'altra specie di deformazione più debole, che rivela un'altra attività del lavoro onirico, facilmente comprensibile. Spesso ci colpisce l'insolita forma di espressione dei primi pensieri onirici che incontriamo con l'analisi; essi infatti non sono rivestiti del linguaggio banale di cui generalmente si servono i nostri pensieri, al contrario sono rappresentati simbolicamente per mezzo di paragoni e metafore, in immagini somiglianti a quelle del linguaggio poetico. Non è difficile spiegare la costrizione imposta alla forma di espressione dei pensieri onirici. Il contenuto manifesto dei sogni è costituito per la maggior parte da situazioni pittoresche, e di conseguenza i pensieri onirici devono prima di tutto essere sottoposti ad un trattamento che li renda adatti ad una rappresentazione di questo tipo. Se immaginiamo di dover affrontare il problema di rappresentare le argomentazioni di un articolo politico di fondo o i discorsi di un avvocato davanti alla corte in una serie di immagini, potremmo facilmente renderci conto delle modificazioni che il lavoro onirico deve necessariamente eseguire in base a considerazioni sulla rappresentabilità del contenuto del sogno[62]".
Freud divise il processo di distorsione che affermava fosse applicato a desideri repressi per formare un sogno in quattro passaggi. È grazie a queste distorsioni che la manifestazione del contenuto dei sogni differisce enormemente dal sogno latente, ed è invertendo queste distorsioni che il contenuto latente è raggiunto.
Queste operazioni includono:
A questo si potrebbe aggiungere un'"elaborazione secondaria", ovvero il risultato della naturale tendenza del sognatore a elaborare una sorta di “senso” o "storia" partendo dagli elementi manifesti. Freud, infatti, era abituato a sottolineare il fatto che cercare di "spiegare" una parte della manifestazione del contenuto con riferimenti ad altre parti non fosse solamente futile, ma in realtà anche ingannevole, come se la manifestazione del sogno costituisse in qualche modo un concetto unitario o coerente.
Freud pensava che l'esperienza di una sensazione di ansia in sogni e incubi fosse il risultato di fallimenti nel sistema dei sogni: più che contraddire la teoria della "realizzazione di un desiderio", un fenomeno del genere dimostrava come l'ego reagisse alla comprensione di desideri rimossi che erano troppo potenti e insufficientemente mascherati. I sogni traumatici (dove il sogno ripete solamente l'esperienza traumatica) vennero infine considerati eccezioni alla teoria.
Freud descrisse l'interpretazione psicoanalitica dei sogni come "la via regia che conduce alla conoscenza delle attività incoscienti della mente"; egli era però solito esprimere insoddisfazione nei confronti del modo in cui le sue idee sul tema venivano interpretate, qualora esse non venissero comprese.
Scrive, a questo proposito: "L'affermazione che tutti i sogni richiedano un'interpretazione sessuale, contro la quale i critici infieriscono così incessantemente, non si verifica da nessuna parte nella mia "Interpretazione dei sogni"... ed è in evidente contraddizione con altri punti di vista espressi in essa."
In un'altra occasione, egli suggerì che le capacità individuali di riconoscere la differenza tra contenuto latente e manifesto del sogno "sarebbe probabilmente andata al di là della capacità di comprensione della maggior parte dei lettori della mia 'Interpretazione dei Sogni'".
Per concludere, l'importanza del sogno come via per l'inconscio è sintetizzata dal significato e dall'aspetto che molti sogni hanno: sono una psicosi temporanea e solitamente innocua e una rappresentazione accettabile di una fantasia o impulso non accettato dall'Io cosciente, mascherato con elementi della vita quotidiana e della fantasia.[63]
La formazione di Freud era di tipo medico. Per questo egli ha coerentemente dichiarato che i suoi metodi e le sue conclusioni di ricerca erano "scientifici". Tuttavia, la sua ricerca così come la pratica sono state messe in discussione da diversi studiosi. Inoltre, sia i critici sia i seguaci di Freud hanno osservato che l'affermazione di base secondo la quale molti dei nostri pensieri e delle nostre azioni coscienti siano motivati da paure e desideri inconsapevoli sfida esplicitamente le principali concezioni sulla mente fino ad allora elaborate.
In ambito sia psicologico sia psichiatrico sono state elaborate numerose evoluzioni della metapsicologia e della teoria della tecnica freudiana (ad esempio, nelle varietà di modelli e forme di psicoterapia psicodinamica), mentre altri autori hanno rifiutato il modello della mente proposto da Freud pur adottando spesso alcuni elementi del suo metodo terapeutico, specialmente nel privilegiare il colloquio clinico con il paziente come parte dell'intervento terapeutico.
Freud ha esplorato l'abisso dell'Inconscio, portandone alla luce anche gli angoli più oscuri, mettendo in crisi le placide certezze della cultura occidentale, che cercava di esorcizzare la paura della Morte e dell'ignoto ponendo l'uomo al centro di un mondo che sembra modellarsi sulle sue esigenze.
Un altro degli interessi considerati minori di Freud era la neurologia. Fu uno dei pionieri delle ricerche sulla paralisi cerebrale e pubblicò numerosi documenti medici sull'argomento. Dimostrò anche, precedendo altri ricercatori suoi contemporanei che iniziavano lo studio sugli stessi argomenti, l'esistenza della neuropatia. Affermò che William John Little, il quale per primo identificò la paralisi cerebrale, aveva torto nell'inferire che la mancanza d'ossigeno durante il parto fosse causa della malattia. Suggerì, invece, che le complicazioni del parto fossero solo un sintomo del problema. Egli sosteneva che la psichiatria, la psicologia, la psicoanalisi e la neurologia fossero collegate: l'inconscio e le sue problematiche erano la rappresentazione teorica di un problema fisico, anticipando così la visione della psichiatria biologica e il ruolo dei neurotrasmettitori nella genesi della patologie mentali.[64] In particolare la genetica, l'anatomia e la neurologia stabilirono che nel cervello umano sono presenti zone più antiche e istintive, come l'Es freudiano, ad esempio l'amigdala, e zone più razionali, come il Super-io, ad esempio i lobi frontali e in generale la corteccia cerebrale.[5] Solo alla fine degli anni 1980 le speculazioni neurologiche di Freud sono state confermate dalle ricerche di neuropsichiatria più avanzate.[4][5][65]
Oltre ai seguenti, precursori filosofi o artistici delle idee di Freud sono riconosciuti anche Blaise Pascal, Baruch Spinoza, Gottfried Wilhelm Leibniz, Jean-Jacques Rousseau, Immanuel Kant, Johann Goethe, Friedrich Schiller, Denis Diderot, Francisco Goya, il marchese de Sade e Johann Heinrich Füssli. Filosofi accostati direttamente al pensiero freudiano sono poi Empedocle, Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche.
Da Empedocle Freud trae il dualismo Amore/Odio (altrimenti dette "Concordia" e "Discordia"), che egli trasforma in quello Eros/Thanatos. Infatti, se per Empedocle "Concordia" è la forza che unisce i 4 eidola (acqua, aria, terra, fuoco) permettendo al cosmo di originarsi, mentre "Discordia" è la forza che li separa disfacendo l'universo, per Freud Eros è la pulsione psichica tendente all'amore, alla sessualità, alla riproduzione e alla vita in generale mentre Thanatos è la pulsione tendente alla distruzione (di sè e degli altri) e alla morte.
Arthur Schopenhauer individua nella Volontà la forza che ci fa vivere e perpetuare la specie, a cui egli contrappone il distacco e l'ascesi; sebbene le conclusioni siano differenti, la Volontà può essere assimilata alla forza sessuale, la libido descritta da Freud, altrettanto vis a tergo che ci spinge ciecamente così come pure la "volontà di potenza" nietzscheana[66]: «Da un bel po' infatti il filosofo Arthur Schopenhauer ha fatto vedere agli uomini in qual misura tutte le loro azioni e aspirazioni sono determinate da desideri sessuali - nel senso abituale della parola - e tutto un mondo di lettori non dovrebbe scordare troppo facilmente quell'insegnamento cosí avvincente!» [67] Se rimasta fissata e non usata a scopo sessuale, crea le nevrosi o la perversione. Inoltre Schopenhauer riprende concetti delle religioni orientali, in particolar modo buddisti, come il Nirvana, la cessazione delle passioni: anche Freud usa a volte il termine, in senso psicologico, ad esempio in Al di là del principio di piacere (1920) e nel Compendio di psicoanalisi[68] (1938).[69][70]
Friedrich Nietzsche, partendo dal concetto greco del "conosci te stesso e diventa ciò che sei" e portando il sapere umano al livello psichico (scrisse infatti che «"conosci te stesso" è tutta la scienza.»[71]), fu precursore d'una epistemologia e gnoseologia naturalista della conoscenza, intesa come prodotto di capacità acquisite in modo evolutivo. Speculazione psicofilosofica che lo portò per primo[72] a penetrare e descrivere i processi inconsci alla base e da cui emerge, come la cima d'un iceberg, la coscienza umana con le sue inclinazioni volitive e cognitive: «Secondo l'ambiente e le condizioni della nostra vita, un istinto emerge come il più stimato e dominante; in particolare, pensiero, volontà e sentimento si trasformano in suoi strumenti».[73]
Anche la sua Volontà di potenza dionisiaca è avvicinata ad una forza irresistibile quale la libido,[66] che la razionalità del socratismo, dominante nella cultura occidentale, cerca di soffocare. Inoltre Freud riprende il tema della morte di Dio proclamata dal filosofo tedesco ne La gaia scienza e nel Così parlò Zarathustra.
Attraverso il pensiero di Freud, il concetto di uomo e della sua personalità acquisisce una precisa connotazione in ambito filosofico. La grande rivoluzione da lui operata, nella civiltà e nella cultura contemporanea, riguarda essenzialmente il tentativo di indagare in maniera profonda l'enorme complessità dell'animo umano e in particolare le possibilità d'inganno o d'autoinganno della coscienza. Proprio la scoperta freudiana dell'inconscio -e di tutte le sue inevitabili conseguenze- ha determinato uno dei grandi travolgimenti ideologici cui il Novecento ha dovuto far fronte. Tramite la psicoanalisi, Freud ha proposto una nuova antropologia, in cui il soggetto non viene più considerato un essere esclusivamente razionale - come sostenuto dall'Idealismo e in particolar modo da Georg Wilhelm Friedrich Hegel - ma, piuttosto, un'entità caratterizzata anche da una dimensione puramente istintuale.
Proprio per questa ragione, Freud rientra tra quei maestri del sospetto - così denominati dal filosofo francese Paul Ricœur - insieme a Friedrich Nietzsche e Karl Marx. «Marx, Nietzsche e Freud: [...] questi tre maestri del sospetto non sono tre maestri di scetticismo. Certamente sono tre grandi "distruttori", e tuttavia anche questo non deve farci sentire perduti; la distruzione, dice Heidegger in Sein und Zeit, è un momento di una fondazione del tutto nuova. La "distruzione" dei mondi retrogradi è un compito positivo, ivi compresa la distruzione della religione»; «Il processo del nichilismo non ha raggiunto la sua conclusione, forse neppure il suo culmine: il lavoro del lutto [che spodesta gli idoli degli] dèi morti non è ancora terminato.»[74]
«Il prezzo del progresso si paga con la riduzione della felicità, dovuta all'intensificarsi del senso di colpa.»
Freud orientò anche i suoi studi sull'antropologia e sul totemismo, sostenendo che il totem riflette la codificazione di un complesso di Edipo relativo alla tribù. Il disagio della civiltà, uno degli ultimi libri di Freud, dedicato all'applicazione delle teorie psicoanalitiche alla società, riprende concetti espressi anche in Totem e tabù, Psicologia delle masse e analisi dell'Io e L'avvenire di un'illusione. Il concetto di nevrosi collettiva, riprende ma in senso molto diverso alcune idee già presentate da Jung (inconscio collettivo).[75]
Vengono presentate alcune idee sociologiche oggi abbastanza accettate ed altre più discutibili. Un esempio del primo tipo è il fatto che la repressione della libido da parte della società sia fonte del disagio che ci colpisce e che ci fa sentire limitati, in quanto privati delle soddisfazioni di cui necessitiamo. Freud fa risalire tutto questo alla sua storica contrapposizione tra Io e Super-Io, identificando nel Super-io la morale sociale che avvilisce l'Io. Il problema della conflittualità interiore alla psiche umana, certo non nuovo nella filosofia occidentale, era stato già posto in termini molto simili - e con la stessa denominazione di "cattiva coscienza" - da Nietzsche nella Genealogia della morale: per entrambi la "civiltà" è riuscita a rendere mansueto un uomo altrimenti aggressivo, limitando le sue pulsioni distruttive ed antisociali, che non possono però essere completamente eliminate. Queste vengono altresì rese pericolosamente capaci di sfogarsi solamente contro il soggetto stesso; Freud adatta questa riflessione nietzscheana alla Seconda topica, ed arriverà perciò a fare del Super-io l'istanza repressiva, di controllo, che la società ha "inserito" nella stessa psiche dell'uomo.[75]
Il Super-io ha dunque la funzione di limitare, in senso moralista, sia alcune pulsioni sessuali - portando l'individuo alla nevrosi nel caso in cui lo faccia con eccessiva rigidezza - sia l'aggressività umana, in quanto Freud condivide quel filone pessimista dell'antropologia che può essere condensato nella formula "homo homini lupus" già usata da Hobbes. Freud polemizzerà difatti anche con la concezione di origine rousseuiana del buon selvaggio, in quanto nell'uomo vi sono innegabili spinte aggressive, talvolta fini a sé stesse.[76]
In senso più filosofico che psicologico, tutto il disagio collettivo viene invece fatto risalire ad una forma di primordiale peccato originale, di cui tutti gli individui serbano traccia. Il peccato è quello della prima tribù di uomini ("orda primordiale"), in cui un solo capo comandava con la forza e possedeva tutte le donne del clan (patriarcato). Il dispotismo di questo padre-capo accrebbe così tanto l'odio degli altri membri, suoi figli, che essi lo uccisero e lo mangiarono, risentendone poi il senso di colpa ed il rimorso. Ebbene, secondo Freud tutti noi inconsciamente serbiamo traccia di questo ancestrale parricidio, di questo complesso di Edipo collettivo.[77]
Secondo Freud sta qua l'origine inconscia della religione, che il padre della psicoanalisi, a differenza di Jung, considera solamente una nevrosi ossessiva di massa.[77] Il primo risultato è il totem: è il simbolo del padre mitico, l'animale da venerare e non mangiare; questo tranne in determinate occasioni, in cui si rinnova il pasto o banchetto totemico; questa pratica si trasmise tramite le varie religioni dove Dio è solamente un padre elevato all'ennesima potenza, fino al cristianesimo dove il Figlio si sacrifica, per espiare la colpa, al Padre e viene esso stesso mangiato nell'Eucaristia[77]; per Freud l'ebraismo (sulla religione dei suoi antenati scrisse L'uomo Mosè e il monoteismo) e il cristianesimo sono la prova vivente della sua teoria. Il secondo risultato è il tabù dell'endogamia, ovvero l'obbligo dell'esogamia, cioè prendere moglie fuori dalla famiglia e dal clan per evitare l'incesto che, oltre che dannoso, offende la memoria del padre primordiale, solo padrone delle donne della tribù.[77]
Il disagio della civiltà, edita nel 1929, è invece nobile interprete delle oscure riflessioni sulla natura umana che, in seguito alla Grande Guerra e alla Grande depressione, tormentarono i circoli culturali. L'uomo decade da valoroso patriota e lavoratore a "lupo parricida". I valori sono così ridotti a convenzioni, peraltro disagevoli. Freud fa del "Disagio della civiltà" il manifesto delle più tetre e disilluse analisi.[75] Ecco alcune citazioni del capitolo sui sentimenti religiosi:
«Non ci si può sottrarre all'impressione che gli uomini di solito misurino con falsi metri, che aspirino al potere, al successo, alla ricchezza e ammirino queste cose negli altri, ma sottovalutino i veri valori della vita. Pure, nel formulare un qualsiasi giudizio generale di questo tipo, si corre il rischio di dimenticare la varietà del mondo umano e della vita della psiche. Vi sono taluni uomini a cui i contemporanei non negano l'ammirazione benché la loro grandezza poggi su doti e realizzazioni che sono completamente estranee agli scopi e agli ideali della massa. Potremmo facilmente essere indotti a credere che solo una minoranza, alla fin fine, apprezza questi grandi uomini, mentre la gran maggioranza non se ne cura affatto. Ma la cosa potrebbe non risultare così semplice, grazie alle discrepanze tra i pensieri e le azioni degli uomini e alla diversità dei desideri che li muovono. Uno di questi uomini eccezionali, per lettera, si definisce mio amico.»
Prosegue poi:
«Gli avevo mandato il mio piccolo scritto che tratta della religione alla stregua di un'illusione, ed egli mi rispose di concordare in pieno con il mio giudizio sulla religione, ma di dolersi che non avessi giustamente apprezzato la fonte autentica della religiosità. Essa consisterebbe in un particolare sentimento che, quanto a lui, non lo abbandonerebbe mai, che troverebbe attestato da molti altri e che supporrebbe presente in milioni di uomini, ossia in un sentimento che vorrebbe chiamare senso della "eternità", un senso come di qualcosa di illimitato, di sconfinato, per così dire di "oceanico". Tale sentimento sarebbe un fatto puramente soggettivo, non un articolo di fede; non comporterebbe alcuna garanzia d'immortalità personale, ma sarebbe la fonte di quell'energia religiosa che viene captata, immessa in particolari canali, e indubbiamente anche esaurita, dalle varie chiese e sistemi religiosi. Soltanto sulla base di questo sentimento oceanico potremmo chiamarci religiosi, anche rifiutando ogni fede e ogni illusione. Le opinioni espresse dal mio stimato amico, che personalmente ha esaltato una volta in una poesia la magia delle illusioni, mi hanno causato non lievi difficoltà. Per quel che mi riguarda, non riesco a scoprire in me questo sentimento "oceanico". Non è facile trattare scientificamente i sentimenti. Si può tentare di descriverne gli indizi fisiologici.»
Freud poi aggiunge:
«Dove ciò non è possibile - e temo che anche il sentimento oceanico eluda una caratterizzazione siffatta - non resta da far altro che attenersi al contenuto rappresentativo che più immediatamente risulta associato al sentimento. Se ho ben compreso il mio amico, egli allude a ciò che un drammaturgo originale e piuttosto bizzarro offre al suo eroe come consolazione nella prospettiva della morte volontaria: "Fuori di questo mondo non possiamo cadere." Si tratta dunque di un sentimento di indissolubile legame, di immedesimazione con la totalità del mondo esterno. Potrei dire che per me ciò ha piuttosto il carattere di un'intuizione intellettuale, non certo priva di una sua risonanza emotiva, ma tale comunque da non dover risultare assente neanche da altri atti di pensiero di analoga portata. Per quanto riguarda la mia persona non potrei convincermi della natura primaria di un tale sentimento. Non per questo mi è però lecito negarne la presenza effettiva in altre persone. Occorre soltanto chiedersi se venga correttamente interpretato e se debba essere riconosciuto come fons et origo di tutti i bisogni religiosi. Non ho nulla da proporre che possa contribuire in modo decisivo alla soluzione di questo problema. L'idea che l'uomo debba avere conoscenza della propria connessione con il mondo circostante attraverso un sentimento immediato e fin dall'inizio orientato in tale direzione, appare così strana e si accorda così male con la struttura della nostra psicologia da legittimare il tentativo di una spiegazione psicoanalitica, ossia genetica, di tale sentimento. Possiamo quindi disporre della seguente linea di pensiero: Normalmente nulla è per noi più sicuro del senso di noi stessi, del nostro proprio Io. Questo Io ci appare autonomo, unitario, ben contrapposto a ogni altra cosa. Che tale apparenza sia fallace, che invece l'Io abbia verso l'interno, senza alcuna delimitazione netta, la propria continuazione in una entità psichica inconscia, che noi designiamo come Es, e per la quale esso funge per così dire da facciata, lo abbiamo per la prima volta appreso dalla ricerca psicoanalitica, da cui ci attendiamo molte altre informazioni circa il rapporto tra Io ed Es. Ma verso l'esterno almeno l'Io sembra mantenere linee di demarcazione chiare e nette.»
Il dibattito interno ed esterno rispetto alle teorie psicoanalitiche è stato sempre piuttosto acceso. Questi dibattiti hanno spesso permesso di sviluppare ed articolare la teorizzazione freudiana originaria, facilitando l'evoluzione della psicoanalisi dagli originari modelli pulsionalisti ai più recenti modelli relazionali. Dalla psicoanalisi e dai numerosi rami che da essa si dipartono, hanno inoltre avuto origine diverse e disparate teorie psicologiche e filosofiche.
«La psicoanalisi è quella malattia di cui si ritiene di essere la terapia.»
Per quanto riguarda l'efficacia psicoterapeutica della psicoanalisi il dibattito è stato molto forte ed ha visto posizioni spesso contrapposte.
In Francia, l'Institut national de la santé et de la recherche médicale (l'organismo pubblico francese dedicato alla salute e alla ricerca medica) ha pubblicato nel 2004 l'expertise collettiva "Psychothérapie: Trois approches évaluées", una rassegna critica di studi clinici e di meta-analisi precedenti, in cui veniva valutata l'efficacia di tre diversi approcci psicoterapeutici, fra cui quello di ispirazione psicoanalitica.
Gli otto esperti che hanno realizzato tale rapporto provenivano da indirizzi diversi di psicologia clinica, sei di loro erano stati psicoanalizzati e uno era uno psicoanalista lacaniano. Lo psichiatra e psicoterapeuta Jean Cottraux, uno di questi otto autori, riassume le caratteristiche e i risultati dell'expertise nel modo seguente: "[...] il rapporto INSERM non si occupava della psicoanalisi nel senso stretto del termine, esso valutava l'efficacia delle terapie psicoanalitiche brevi, della terapia familiare [di vari indirizzi] e delle terapie cognitivo-comportamentali. Le sue conclusioni erano particolarmente misurate. Erano stati studiati sedici disturbi. Le terapie cognitivo-comportamentali hanno dimostrato un effetto positivo in quindici disturbi su sedici, le terapie familiari in cinque disturbi su sedici, le psicoterapie psicodinamiche d'ispirazione psicoanalitica in un solo disturbo su sedici. Si trattava di disturbi della personalità in cui anche le TCC (sigla che sta per "terapie cognitivo-comportamentali") hanno dimostrato la loro efficacia. Erano proposte indicazioni precise per ciascun disturbo, il che permetteva alle diverse correnti di dividersi il terreno in funzione dei loro poli di eccellenza. Il rapporto consentiva così ai pazienti di compiere una scelta informata. Le terapie psicoanalitiche brevi venivano considerate una buona indicazione in almeno il 30% delle domande di psicoterapia che provenivano da pazienti affetti da un disturbo di personalità isolato o associato alla depressione, o da un disturbo ansioso.[78]
Il filosofo francese Paul Ricœur ha fatto anche notare che Freud non è così neutrale nel suo metodo. Egli aderisce fin dall'inizio dei suoi studi alla filosofia del positivismo, in particolare alla Weltanschauung scientista, che proponeva una concezione meccanicistica dell'uomo. L'uomo nella psicoanalisi è simile a una macchina guidata dai suoi istinti (libido in particolare), dunque, sempre secondo Ricoeur, non sono rispettate né la sua libertà né la sua responsabilità.[79]
Una critica all'impianto psicoanalitico freudiano fu formulata dal filosofo della scienza Karl Popper, che annoverava la psicoanalisi e il materialismo storico marxista fra quelle discipline "non passibili di smentita" e perciò, a suo parere, non scientifiche.[80] Il logico e filosofo Ludwig Wittgenstein (1889-1951), ad esempio, sostenne che la psicoanalisi fosse: "una mitologia che ha molto potere", criticando nello specifico il procedimento della libera associazione delle idee, considerato oscuro, "perché Freud non chiarisce mai come possiamo sapere dove fermarci, dove la soluzione sia giusta"[81] La psicoanalisi mancherebbe di falsificabilità, ovvero di un'affermazione che se smentita con metodo scientifico, fa crollare l'edificio. I freudiani ribattono che tale affermazione è il complesso di Edipo, ritenuto vero e "pilastro" della psicoanalisi.[82]
Le prime critiche a Freud riguardarono la teoria dell'eziologia sessuale delle nevrosi, che Freud definiva il "dogma della psicoanalisi" e che, all'epoca, suscitava scandalo. In effetti, il modello sessuale-pulsionalista fu in seguito criticato anche da alcuni seguaci di Freud; Alfred Adler, per esempio, propose di sostituirlo con una teoria della volontà di potenza di derivazione nietzschiana; Carl Gustav Jung elaborò una teoria della libido intesa come energia psichica più generale, e non necessariamente ridotta a "forza sessuale"; Rudolf Allers cercò il fondamento di una psicologia integrale nell'antropologia di Tommaso d'Aquino.
Anne Koedt, femminista statunitense, pubblicò nel 1968 il saggio The Myth of the Vaginal Orgasm ("Il mito dell'orgasmo vaginale"), un testo reputato molto scandaloso all'epoca, nel quale attaccò il fondamento della teoria freudiana sulla sessualità femminile, ossia l'idea che una giovane divenga realmente donna sessualmente adulta quando abbandoni l'orgasmo clitorideo, ottenuto con la pratica della masturbazione, in favore dell'orgasmo vaginale, che sarebbe provocato dalla penetrazione maschile. Freud affermava nel suo libro "Tre saggi sulla teoria sessuale" (1905) la presenza di due orgasmi femminili, quello clitorideo e quello vaginale. In realtà, studi scientifici sessuologici dimostrano che la donna possiede solamente il clitoride come organo sessuale femminile che causa l'orgasmo; Freud sosteneva che la frigidità femminile - l'incapacità di raggiungere l'orgasmo vaginale - era una forma di nevrosi, riconducibile a una fissazione alla fase puberale. Freud sosteneva inoltre che l'analista donna dovesse riconoscere la regola psicoanalitica dell'invidia del pene, altrimenti non l'avrebbe applicata con le pazienti, danneggiando la terapia.[83]
Lo psichiatra statunitense Allan Hobson respinge l'idea che i sogni esprimano necessariamente significati profondi o nascosti. A suo parere, l'opera di Freud L'interpretazione dei sogni è infondata. Secondo i suoi studi, i sogni sono creati quando gli impulsi neuronali generati casualmente dal tronco encefalico raggiungono la corteccia cerebrale durante il sonno REM. La corteccia tenta di dare un senso agli input casuali che sta ricevendo, e questa genera i sogni[84][85].
Freud era stato, per un periodo della sua vita, consumatore ed estimatore di cocaina[86] e uno sviluppatore della teoria e della pratica delle nevrosi nasali riflesse d'accordo con Wilhelm Fliess. Emma Eckstein, infatti, subì un disastroso intervento chirurgico al naso ad opera di Fliess.
Il filosofo francese anarco-edonista Michel Onfray nel libro Crepuscolo di un idolo. L'affabulazione freudiana ha attaccato duramente Freud - e secondariamente la psicoanalisi - accusando lo psicoanalista di essere antisemita (nonostante egli stesso avesse subito le persecuzioni naziste in quanto ebreo), evasore fiscale, fascista (per via della dedica citata) e tossicodipendente. Onfray ritiene inoltre che Freud abbia riutilizzato concetti non suoi (ad esempio di Nietzsche), e si sia appropriato della psicoanalisi a partire dal lavoro con Charcot, inoltre che la scienza psicoanalitica si debba in realtà al lavoro del contemporaneo Pierre Janet.[87] Un'accusa è quella di aver lottato contro l'allievo Wilhelm Reich perché comunista, e in un primo tempo aver pensato di essere accondiscendente e apolitico verso il nazismo, perché l'Istituto Goering permettesse alla psicoanalisi di non essere bandita dalla Germania.
Critica poi i freudiani di sinistra, come i freudomarxisti (come Wilhelm Reich, a cui per altri aspetti si è rifatto).[88][89][90]
Il libro ha suscitato dure critiche e lunghe polemiche da parte dei freudiani e da intellettuali di sinistra radicali che avevano applaudito opere come il Trattato di ateologia, ma anche da intellettuali di altre aree politiche, come Bernard-Henri Lévy, filosofo ebreo che ha respinto le accuse di antisemitismo rivolte a Freud.[91]
In risposta al libro di Onfray, Élisabeth Roudinesco pubblica nello stesso anno il libro Mais pourquoi tant de haine? in cui l'autrice spiega in che modo la maggior parte delle tesi sostenute da Onfray contro Freud siano del tutto infondate e la sua documentazione sia o non attendibile oppure soggetta ad arbitrarie forzature.[92]
Freud ha esercitato enorme influenza sulla cultura di massa e sulla cultura pop, ma anche sull'intera visione del mondo umana, in particolare su quella del XX secolo, paragonabile a pochi altri (come Karl Marx, Friedrich Nietzsche e Charles Darwin).[93] Nella cultura di massa è citato innumerevoli volte; Tra queste citazioni si ricordano:
Pazienti che compaiono negli studi di Freud, con gli pseudonimi usati e i relativi nomi reali:
Freud ha avuto molti colleghi divenuti famosi, denominati "Neo-Freudiani", che hanno diviso con lui l'interesse sulla teoria psicoanalitica. Molti sono entrati in collisione con lui per aver messo in dubbio argomenti relativi ai suoi dogmi psicoanalitici. Altri psicologi sono stati influenzati dal pensiero di Freud, pur non essendogli legati professionalmente. Fra tutti questi, si ricordano:
Freud ebbe influenza anche su Milton Erickson, che gli riconosceva il merito della scoperta dell'inconscio e del ruolo potenziale dell'ipnosi nella terapia, ma non ne condivideva molte idee teoriche.[97]
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