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psicoanalista, psicologo e medico italiano (1921-1985) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Franco Fornari (Rivergaro, 18 aprile 1921 – Milano, 20 maggio 1985) è stato uno psicoanalista e psicologo italiano.[1]
Nasce a Niviano, frazione del comune di Rivergaro (circa 20 chilometri a sud di Piacenza).[2]
Si laurea in Medicina e chirurgia e si specializza in Neuropsichiatria alla Statale di Milano. Si interessa di psicoanalisi e sotto la guida di Cesare Musatti (di cui fu il primo allievo analista[1]) diventa analista membro della Società Psicoanalitica Italiana e della Società Psicoanalitica Internazionale. Sposa la collega Bianca Fornari.[3][4]
Negli anni sessanta si occupa di polemologia e fonda prima il "Gruppo anti-H" e poi l'Istituto italiano di Polemologia (ISTIP).[5]
Dal 1962 è docente universitario di Psicologia dell'età evolutiva alla Scuola di specializzazione in Psichiatria e Psicologia dell'Università di Milano, ottiene nel 1968 l'incarico di Psicologia dinamica, prima cattedra di psicoanalisi in Italia, presso la facoltà di Sociologia di Trento, università che, come affermerà, sceglie anche perché "stimolato dal trovarsi con giovani che volevano impegnarsi nel sociale", in quanto la docenza traeva per lui significato dal "centrare l'insegnamento in una motivazione etica" nel 1972, diventerà infine direttore dell'Istituto di Psicologia della Statale di Milano.[5]
Dal 1973 al 1978 è presidente della Società Psicoanalitica Italiana[6] e direttore della Rivista di psicoanalisi. Qui fonda l'istituto di analisi dei codici affettivi "Minotauro". Muore per infarto il 20 maggio 1985. A lui è intitolata la Biblioteca del Centro Milanese di Psicoanalisi "Cesare Musatti", di cui fu socio attivo e presidente, sita in via Corridoni 38 a Milano.
Cesare Musatti, in una intervista al "Corriere della Sera" lo ricordava così:[1]
Il suo insegnamento e le sue ricerche hanno mutato la storia della psicologia in Italia, rompendo la tradizionale separazione che ha caratterizzato in Italia il rapporto fra psicologia e psicoanalisi, fra sperimentazione e clinica. Allievo di Cesare Musatti, presidente della "Società psicoanalitica italiana", Franco Fornari esordì introducendo in Italia il pensiero e le idee di Melanie Klein. I suoi primi scritti approfondiscono la dimensione psicotica originaria dell'uomo sia in riferimento allo sviluppo psichico (La vita affettiva originaria del bambino, 1963), sia riguardo al trattamento della schizofrenia e della depressione, la dinamica dei gruppi e la conflittualità sociale (Nuovi orientamenti nella psicoanalisi, 1966).
La convinzione kleniana di Fornari raggiunge il suo apice nelle esemplari ricerche sulla guerra (Psicoanalisi della guerra atomica, 1964; Psicoanalisi della guerra, 1966; Dissacrazione della guerra, 1969; Psicoanalisi della situazione atomica, 1970): la guerra originerebbe dalla proiezione all'esterno di un pericolo interno e dalla negazione e alienazione della morte in un'entità esterna persecutrice, che occorre distruggere per poter sopravvivere.
Il successivo indirizzo di ricerca ebbe come tema la sessualità in relazione ai processi di simbolizzazione affettiva. In Genitalità e cultura (1975) Fornari riconsidera il concetto di perversione, ponendo la cultura come antitetica non alla sessualità, come aveva sostenuto Freud, ma alla pregenitalità, che si costituirebbe sulla base di un difetto di simbolizzazione di natura infantile e sul primato degli impulsi distruttivi nel comportamento.
Fornari rivisita inoltre le teorie psicoanalitiche in termini cognitivi, gettando le basi di una vera e propria antropologia psicoanalitica, utilizzabile anche da non psicoanalisti. La teoria dei codici affettivi «coinema» (gr.: κοινός, Koinòs cioè comune) la cui unità minima di significazione affettiva, il coinema, unisce gli affetti ai codici linguistici presiedendo alle varie forme di comunicazione, è proposta da Fornari come strumento e procedura metodologica, che consentirebbe di applicare la psicoanalisi a una vasta gamma di fenomeni culturali (parole, immagini, comportamenti).[7]
Franco Fornari si occupò in modo specifico degli aspetti psicoanalitici della guerra. Secondo il suo pensiero la guerra è una elaborazione paranoide o proiettiva del lutto (Fornari 1975). Gli stati svolgono un ruolo inconscio di tipo materno nei confronti dei propri cittadini. La guerra e la violenza nascono e si sviluppano dal nostro bisogno di amore: dal nostro desiderio di preservare e difendere l'oggetto sacro al quale siamo affettivamente attaccati, in particolare la madre e la fusione con essa. Per gli adulti, le nazioni sono oggetti sacri che generano la guerra. Il sacrificio è l'essenza della guerra: esso si traduce nella disponibilità degli esseri umani a morire per la patria offrendo ad essa i loro corpi. Fornari chiamò la guerra "la realizzazione spettacolare di una situazione umana generale in cui la morte assume un valore assoluto" nella certezza che le idee per cui moriamo sono vere e per questo la "morte diventa un processo dimostrativo".
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