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Prospettiva
Eraldo Monzeglio
calciatore e allenatore di calcio italiano (1906-1981) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Eraldo Monzeglio (Vignale Monferrato, 5 giugno 1906 – Torino, 3 novembre 1981[1]) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo difensore. È stato campione del mondo con la nazionale italiana nel 1934 e nel 1938.
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Biografia
Riepilogo
Prospettiva
Oltre che per l'attivistà sportiva, salì alle cronache per lo stretto legame che instaurò con la famiglia Mussolini[1]: nel corso del periodo interbellico divenne grande amico dei figli di Benito, Vittorio e Bruno, e quindi insegnante privato di tennis a villa Torlonia per lo stesso dittatore[1][2][3]. Tale rapporto non s'interruppe neanche a conflitto inoltrato, tanto che dopo il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 Monzeglio seguì i Mussolini nell'esperienza della Repubblica di Salò, vivendo nella villa Feltrinelli di Gargnano da «parente stretto» quale factotum per donna Rachele[1][2].
Un legame, quello con la famiglia Mussolini, che è rimasto oggetto di dibattito tra gli storici nel corso dei decenni[2] – «molti hanno visto pochissimo di quel periodo e hanno raccontato tanto, lui che ha seguito tutto nei minimi dettagli praticamente non raccontò niente sino alla morte», ebbe a dire in proposito Silvio Bertoldi[2] –, in primis perché viene data per certa la natura di Monzeglio quale omosessuale non dichiarato, un orientamento sempre dissimulato dal calciatore stante il machismo imperante nell'epoca fascista[4]. Partì volontario per la campagna di Russia, ma proprio il fallimento fascista sul fronte orientale fece maturare in Monzeglio uno spirito critico verso il regime[5][6]: pur restando fedele alla famiglia Mussolini[5], e senza mai rinnegare la sua adesione al fascismo[6], al contempo negli anni conclusivi della guerra si adoperò a fianco della Resistenza per favorire la fuga di ebrei verso la Svizzera oppure, attraverso i suoi buoni uffici presso il duce, salvare la vita a partigiani e altri oppositori politici[5] – contribuì a evitare la condanna a morte al collega Giuseppe Peruchetti, divenuto partigiano[5], mentre non andò a buon fine un suo tentativo per liberare Galeazzo Ciano, arrestato dopo il voto del 25 luglio 1943[3].
In ragione di queste azioni, nell'immediato dopoguerra, quando riteneva di essere un obiettivo delle rappresaglie partigiane, Monzeglio ebbe invece salva la vita e, grazie all'intervento del Comitato di Liberazione Nazionale, poté tornare nel mondo del calcio intraprendendo la carriera di allenatore[3]; acclarata la sua estraneità in ruoli attivi nell'ultima fase del fascismo, poté addirittura allenare nell'allora Stalingrado d'Italia, Sesto San Giovanni, dove non andò incontro a problemi di sorta circa la sua precedente confidenza con Mussolini[1].
Morì a Torino nel 1981, all'età di 75 anni, per via complicazioni legate al diabete e a una metastasi ossea[1]. Venne sepolto nel cimitero di Casale Monferrato, vicino alla tomba del collega Umberto Caligaris[7].
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Caratteristiche tecniche
Fu un elegante terzino, che si seppe adattare nel modulo WM che si era imposto agli inizi degli anni 30.
Carriera
Riepilogo
Prospettiva
Giocatore
Club

Monzeglio esordì nella Divisione Nazionale, l'allora massima serie del campionato italiano, con la maglia del Casale nel 1924, in una gara contro l'Inter in cui si fece notare dagli osservatori[1].
Nel 1926 passò per motivi di bilancio[1] al Bologna (9 stagioni, 252 incontri – di cui 64 prima dell'introduzione del girone unico nazionale – e 4 gol in campionato, più 10 presenze nella Coppa dell'Europa Centrale) e nel 1935 alla Roma, dove chiuse la carriera nel 1939.
Nazionale
Giocò 35 partite in nazionale, laureandosi campione del mondo nel 1934 (giocando 4 partite su 5) e nel 1938 (torneo in cui giocò solo la gara di esordio). Riportò inoltre le vittorie del 1930 e del 1935 e un secondo posto nel 1932 nella Coppa Internazionale.
Disputò infine 6 gare con la nazionale B, con la quale debuttò il 7 aprile 1929 nella vittoria in trasferta contro la Grecia per 4-1[8].
Allenatore
Nel 1941-1942 fu assunto come direttore tecnico della Roma (che avrebbe vinto quell'anno il suo primo scudetto), per poi partire per la campagna di Russia. Dopo la seconda guerra mondiale allenò varie squadre; iniziò con il Como, che portò all'ottavo posto in Serie B, per poi passare alla Pro Sesto, sempre tra i cadetti, che per due anni concluse al settimo posto.
Nel 1949-50 andò al Napoli, che guidò fino al 1955-56, diventandone l'allenatore che è rimasto per più tempo e consecutivamente alla guida della squadra partenopea, primato che tuttora resiste. Dal 1958-59 al 1961-62 fu tecnico della Sampdoria, nel 1962 tornò al Napoli, affiancando Bruno Pesaola in qualità di direttore tecnico[9]; quindi nel 1963-64 subentrò a Paulo Amaral sulla panchina della Juventus. Infine nel 1966 e nel 1973 allenò il Chiasso, con un breve intermezzo nel Lecco.
Statistiche
Cronologia presenze e reti in nazionale
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Palmarès
Giocatore
Club
Competizioni nazionali
- Bologna: 1928-1929
Competizioni internazionali
Nazionale
Individuale
- Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano
- 2013 (riconoscimento alla memoria)
Allenatore
Club
- Napoli: 1949-1950
Individuale
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Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
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