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specie di pianta della famiglia Asteraceae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il doronico di Colonna (nome scientifico Doronicum columnae Ten., 1811) è una specie di pianta angiosperma dicotiledone della famiglia delle Asteraceae.[1][2]
Il nome generico (Doronicum) potrebbe derivare da un termine dell'Arabia: Doronigi o Doronidge.[3] L'epiteto specifico (columnae) è in onore di F. Colonna (1567 -1650) un incisore napoletano, autore dell'opera ”Phytobasanos” nella quale per la prima volta viene usata la tecnica dell'incisione su rame per la stampa di piante e fiori.[4]
Il binomio scientifico attualmente accettato (Doronicum columnae) è stato proposto dal botanico italiano di origine abruzzese Michele Tenore (1780 – 1861) nella pubblicazione ”Flora Napolitana, Tomo 2 pag. 229” del 1811.[5]
Habitus. Le piante di questa specie sono erbacee perenni provviste, soprattutto nelle parti alte e sul bordo delle foglie, di peli pluricellulari semplici ma ghiandolari. La determinazione esatta della forma e lunghezza dei peli è molto importante per definire la specie nell'ambito del genere. Purtroppo alcuni peli sono distinguibili solamente con un buon microscopio a 20-50 ingrandimenti. La tavola a fianco indica il tipo di peli presenti sul bordo delle foglie e sulla superficie delle brattee dell'involucro del doronico di Colonna.[4] L'altezza di queste piante varia da 2 a 4 dm (massimo 60 cm). La forma biologica è geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi, dei fusti sotterranei dai quali, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei.[6][7][8][9][10][11]
Radici. Le radici sono secondarie da rizoma. Il rizoma è legnoso, sottile (fusiforme), scuro e glabro.
Fusto.
Foglie. Le foglie sono intere con bordo largamente dentellato e provviste di peli sia sulla superficie che ai bordi (vedere tabella con disegno dei peli). Si distinguono due tipi di foglie:
Infiorescenza. L'infiorescenza è formata da grandi capolini solitari color giallo-oro che normalmente sovrastano l'apparato fogliare. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro a forma di disco composto da più brattee lineari disposte in più serie (2-3) spiralate, che fanno da protezione al ricettacolo basale (che in questo caso è nudo – senza pagliette) sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: quelli esterni ligulati (di colore giallo chiaro e venati di bruno) e quelli interni tubulosi (di colore giallo accentuato). Diametro del capolino: 4 – 6 cm. Dimensione delle squame: larghezza 1,5 mm; lunghezza 12 – 13 mm.
Fiori. I fiori sono tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi). Sono inoltre ermafroditi, più precisamente i fiori del raggio (quelli ligulati e zigomorfi) sono femminili; mentre quelli del disco centrale (tubulosi e actinomorfi) sono bisessuali.
Frutti. I frutti sono degli acheni con pappo. Gli acheni hanno delle forme oblunghe con dei solchi o nervi longitudinali (da 5 a 10). Sono inoltre provvisti di pappo persistente i cui peli (da 40 a 50) sono disposti in serie multiple. Il pappo è formato da soli peli senza coroncina se il frutto è generato dai fiori centrali (tubulosi), altrimenti sono senza (o quasi) pappo se il frutto è generato dai fiori periferici.
Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Orofita – Sud Est Europeo / Caucasico.
Distribuzione: il doronico di Colonna è distribuito più o meno su tutto il territorio italiano; non è granché presente nelle Alpi occidentali e nelle isole; è più comune negli Appennini e un po' meno nel Alpi. Nel resto delle Alpi si trova solamente in Austria (Länder del Tirolo Settentrionale, Tirolo Orientale, Salisburgo e Carinzia). Sugli altri rilievi europei è presente sui Monti Balcani e Carpazi.[15]
Habitat: l'habitat tipico per questa specie sono gli ambienti ombrosi e umidi come i sottoboschi o le forre su terreno pietroso o rupestre; ma anche ripari sotto rocce, ghiaioni, scivolamenti del terreno, ruderi, lande, popolamenti a Lavandula, megafrobieti, popolamenti a felci, ontaneti e boscaglie di pini montani. Il substrato preferito è calcareo con pH basico, alti valori nutrizionali del terreno che deve essere umido.
Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare da 500 fino a 2.000 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: montano e subalpino.
Dal punto di vista fitosociologico alpino Doronicum columnae appartiene alla seguente comunità vegetale:[15]
Per l'areale completo italiano Doronicum columnae appartiene alla seguente comunità vegetale:[16]
Descrizione. L'alleanza Linario-Festucion dimorphae è relativa alle comunità dei ghiaioni mobili, calcarei, diffuse dalle Alpi Apuane al Pollino. L’alleanza, caratterizzate dalla netta dominanza delle emicriptofite e con un buon contingente di camefite, è endemica nell’Appennino calcareo.[17]
Specie presenti nell'associazione: Festuca dimorpha, Cerastium tomentosum, Galium magellense, Isatis apennina, Robertia taraxacoides, Heracleum sphondylium, Drypis spinosa, Rumex scutatus, Saxifraga aizoides, Carduus chrysacanthus, Scorzoneroides montana, Lamium garganicum, Euphorbia cyparissias, Cymbalaria pallida e Doronicum columnae.
Altre alleanze e associazioni per questa specie sono:[16]
La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sud America, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23.000 specie distribuite su 1.535 generi[18], oppure 22.750 specie e 1.530 generi secondo altre fonti[19] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1.679 generi)[20]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie.[1][9][10]
Il genere Doronicum non è molto numeroso, comprende 29 specie, distribuite quasi unicamente nell'emisfero boreale (Vecchio Mondo), delle quali 8 sono proprie della flora italiana. Il genere appartiene alla sottofamiglia delle Asteroideae e, da un punto di vista filogenetico, si trova in posizione "basale" rispetto all'intera sottofamiglia.[10]
All'interno del genere D. columnae appartiene alla sezione Eudoronicum caratterizzata dall'avere i frutti acheni esterni calvi (senza pappo) e le foglie radicali dentellate.[3]
Ulteriori caratteri distintivi per questa specie sono:[11]
Il numero cromosomico della specie è: 2n = 30 e 60.[11]
La specie di questa voce, in altri testi, può essere chiamato con nomi diversi. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[2]
In generale tutti i “doronici” montani d'alta quota sono di difficile determinazione; questo vale per le seguenti specie: Doronicum austriacum, Doronicum grandiflorum, Doronicum glaciale e Doronicum clusii (per le varie differenze morfologiche consultare le rispettive voci).
Michele Tenore nella sua ”Flora Napolitana, tomo 2 pag. 230”[5] del 1811 descrive dettagliatamente le differenze di tre “doronici”: Doronicum pardalianches L., Doronicum austriacum Jacq. e il Doronicum scorpioides Auct. Fl. Ital. (ora chiamato Doronicum grandiflorum Lam.). In particolare, dopo aver constatato un carattere comune (fusto semplice unifloro) a queste tre specie, spiega che D. pardalianches si distingue perché quasi affatto glabro e perché le foglie sono profondamente dentate e la radici sono fibrose oltre che nodose; D. scorpioides si distingue in quanto le foglie radicali sono cordate (e non ovate) e le radici sono nodose e serpeggianti (e non carnose); D. austriacum differisce infine per la sua elevata statura.
La radice è acre e amara e, secondo la medicina popolare, potrebbe essere usata come emmenagoga per regolare il flusso mestruale (al pari del Doronicum pardalianches)[5].
Come per altre specie anche per queste piante l'unico interesse è quello orticolo. Questo grazie ad alcune caratteristiche come i fiori grandi, la vivacità dei colori e la lunga fioritura oltre ad una certa resistenza ai climi freddi. Sono adatte unicamente al giardino rocciosi e alpino in quanto allo stato libero, raramente scendono sotto i limiti di altitudine superiore del bosco di faggio o di castagno.
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