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Per palazzi di Napoli si intendono prevalentemente quelle strutture sorte in un arco di tempo che parte dal periodo medievale, sino ad arrivare ai giorni odierni. Essi sono molte centinaia e costituiscono un patrimonio ricchissimo di storia artistica, architettonica e civile formatosi nell'arco di almeno otto secoli.
La storia dei palazzi di Napoli non può prescindere da quella del suo centro antico, caratterizzato da un fitto tessuto urbano e quindi da piccole strade e piazze che si intrecciano tra loro. L'architettura dei decumani infatti sarà il motivo determinante che farà sì che i palazzi edificati in loco non godano di quelle ampie vedute e sontuose facciate che hanno segnato, in città come Firenze, Venezia e Roma, il passaggio completo al rinascimento architettonico. Questo fattore darà tuttavia attenzione e risalto ad altre caratteristiche tipiche, spesso uniche, degli edifici partenopei: ovvero alle scenografiche scalinate dei cortili interni (si veda per esempio i palazzi Trabucco, Spagnolo, Sanfelice eccetera) ed ai grandiosi portali d'ingresso (si veda per esempio quelli dei palazzi Carafa della Spina, Carafa di Maddaloni, di Sangro o Filomarino).[1]
Nonostante il fatto che anche nei secoli successivi al periodo medievale si sia continuato ad edificare nella sola zona antica, ponendo gli edifici uno di fianco all'altro, vi saranno comunque casi in cui i palazzi insistono autonomamente nello spazio; ciò si verificherà solo quando la zona antistante la facciata è caratterizzata da slarghi, come nel caso del palazzo Orsini di Gravina, o nel palazzo Sanseverino o nel palazzo Penne.[1]
I più rappresentativi palazzi medievali di Napoli, appartenevano ad enti importanti come la Zecca del Regno o il Vescovado. Nel XIV secolo ebbero origine i primissimi palazzi destinati alla nobiltà che entrò gradualmente a far parte della struttura socio-economica della città.
Nel Quattrocento, questo tipo di strutture vissero uno dei loro migliori periodi, grazie ad un decollo economico; infatti, in questo lasso di tempo e fino al primo trentennio del XVI secolo, i progetti vennero commissionati a noti architetti. Successivamente, con Pedro Álvarez de Toledo si attuarono nuove espansioni che partorirono nuove concezioni circa i criteri sull'edilizia civile: come ad esempio le case palazziate caratterizzate da un edificio a schiera ed avente una piccola chiostrina, aspetti riproposti soprattutto nel corso del XVII secolo.
Nel periodo dei viceré si ebbe la fioritura più cospicua di palazzi nobiliari in città,[1] grazie alla nascita dell'odierna via Toledo che attirò l'attenzione di molti nobili stranieri nell'accaparramento di uno spazio lungo la nuova arteria cittadina. Oggi infatti la stessa è considerata una delle più ricche di palazzi nobiliari ed importanti strade di Napoli. Il progetto di don Pedro de Toledo non si limitò solo ad attirare in città l'aristocrazia esterna, ma bensì ebbe anche l'intuito di espandere lo sviluppo urbano al di fuori della cinta muraria antica, verso la collina di Pizzofalcone, Chiaia, Montesanto e via Costantinopoli.
Nel XVII secolo, numerosi palazzi preesistenti subirono graduali rifacimenti che propose il nuovo stile emergente, ovvero il barocco. L'edificazione del palazzo reale sarà un fattore di particolare rilevanza nell'urbanistica napoletana. Per l'occasione fu infatti chiamato un notevole architetto di gusto rinascimentale che comprendesse l'importanza scenica di cui un edificio doveva disporre, uno dei pochi a godere del privilegio di poter essere ammirato da lontano e che darà così vita al "largo di Palazzo" (attuale piazza del Plebiscito). Fu chiamato per i lavori Domenico Fontana.
Con l'avvento del regno borbonico si ha un nuovo concepimento dello spazio urbano, più attento alla natura; diventano pertanto indispensabili nelle grandi edificazioni gli spazi verdi. Napoli vive dunque anni di fioritura sociale, economica e culturale; si apre agli stranieri, essendo anche l'ultima tappa del Grand Tour, e matura una coscienza illuminista che la porterà di lì a breve ad essere la terza capitale europea dopo Londra e Parigi.[1] In questo contesto sorgono nell'arco di venti anni (1730-1750) tre imponenti e gigantesche architetture: la reggia di Capodimonte, la reggia di Portici ed il Real Albergo dei Poveri.
Il XVIII secolo è caratterizzato anche dal lavoro in città di Luigi Vanvitelli che ebbe modo di sfruttare l'unico palazzo che al tempo aveva la fortuna di sorgere isolato con due strade che gli scorrevano di fianco: palazzo Doria d'Angri. In quest'occasione, rispetto ai secoli passati, verrà dunque concepita la facciata in relazione allo spazio esterno. Accanto al Vanvitelli vi furono inoltre altri importanti architetti che diedero consistenza al barocco napoletano: Ferdinando Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro, Ferdinando Fuga, Nicola Tagliacozzi Canale e altri ancora.
Con la scoperta degli scavi archeologici di Pompei, nacque il neoclassicismo. La stagione neoclassica napoletana fu felice, essendo la città stessa il centro in cui si determinò tale corrente. A differenza di altre città europee, come Edimburgo, Londra o San Pietroburgo, che videro le nuove costruzioni neoclassiche integrarsi perfettamente nel vecchio tessuto urbano, a Napoli si presenta una condizione di "eccezionalità", distaccando i nuovi edifici da quelli preesistenti e mettendoli in una posizione di "privilegio urbano" e di isolamento rispetto alle aree circostanti.[1] Oltre a grandi progetti come la basilica di San Francesco di Paola o il rifacimento della facciata del teatro San Carlo, come anche quello dell’orto botanico, nascono anche numerose ville in stile neoclassico: villa Pignatelli, Villa Rosebery, villa Doria d'Angri, villa Floridiana, villa Lucia ed altre ancora.
Durante la fine del XIX secolo e gli inizi del XX molti palazzi vennero rimaneggiati e/o ricostruiti per lo più in stile eclettico. Domina in questo periodo la fase del cosiddetto risanamento di Napoli.
Dopo la maniera dell'eclettismo si affermò la nuova concezione architettonica novecentesca, in cui presero corpo gli edifici progettati dai razionalisti e dai monumentalisti; negli anni trenta, si assistette a costruzioni di tipo organiche. Infine, negli anni settanta, con il superamento del Movimento Moderno, in città si affermò l'architettura brutalista.
Di seguito, un'ampia lista dei palazzi di interesse storico e artistico della città di Napoli classificati in base al secolo di edificazione. Va comunque precisato, infine, che dati i numerosi terremoti che hanno colpito la città nel corso della sua storia, nonché i bombardamenti alleati subiti durante la seconda guerra mondiale, diversi edifici appaiono in uno stile architettonico completamente diverso, o frammentato, rispetto al periodo al quale appartengono.
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