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film del 1972 diretto da Federico Fellini Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Roma è un film del 1972, diretto da Federico Fellini, presentato fuori concorso al 25º Festival di Cannes.[1]
Roma | |
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Titoli di testa del film | |
Lingua originale | italiano |
Paese di produzione | Italia, Francia |
Anno | 1972 |
Durata | 128 min (vers. dell'anteprima) 119 min (vers. internazionale) |
Rapporto | 1,85:1 |
Genere | commedia, biografico |
Regia | Federico Fellini |
Soggetto | Federico Fellini, Bernardino Zapponi |
Sceneggiatura | Federico Fellini, Bernardino Zapponi |
Produttore | Turi Vasile |
Casa di produzione | Ultra Film, Les Productions Artistes Associés |
Distribuzione in italiano | Ital Noleggio Cinematografico |
Fotografia | Giuseppe Rotunno |
Montaggio | Ruggero Mastroianni |
Effetti speciali | Adriano Pischiutta |
Musiche | Nino Rota |
Scenografia | Danilo Donati, Renzo Gronchi |
Costumi | Danilo Donati, Renzo Gronchi |
Trucco | Rino Carboni |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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Il film è diviso in episodi e presenta Roma vista da Fellini attraverso i suoi ricordi d'infanzia legati allo studio scolastico della storia, i ricordi del suo impatto reale con la città nel 1939, quando vi si stabilì per fare il giornalista, e la sua percezione della Roma contemporanea.[2]
La troupe del film, che stava girando una scena in piazza Navona a Roma, fu coinvolta per qualche ora nelle indagini sull'omicidio di un albergatore avvenuto nella vicina via del Pellegrino.[3]
Federico Fellini raccontò di aver incontrato in strada a Parigi Luis Buñuel che gli chiese con aria di rimprovero perché non gli avesse fatto interpretare il ruolo di un cardinale nel film.[4]
Il film si compone di nove episodi, slegati l'uno dall'altro:
Il film doveva cogliere la quintessenza di Roma, non come un vero e proprio documentario ma come un documentario-simbolo; le prime due idee da cui nacque il film furono: le nuvole su Roma, riprese da un elicottero, che cambiano colore, si accumulano, si rompono, si sfilacciano; il «ponentino», seguito dalla sua origine e ripreso nel suo effetto sulla gente per le strade, i caffè, le gonne, i letti di Roma. Nel giro di poche settimane, Fellini abbandonò le due proposte iniziali e decise di condurre il film su tre binari paralleli: Roma antica (il mito e le suggestioni dei libri di scuola), Roma "vecchia" (i ricordi autobiografici di una Roma anteguerra), Roma "contemporanea" (testimonianze del presente, filtrate ovviamente dalla fantasia visionaria del regista).[6]
In un'intervista rilasciata durante la lavorazione, il regista dichiarò:
«In un pomeriggio di ottobre del 1938 arrivai alla stazione, salii su una carrozzella e andai in Via Albalonga, rione San Giovanni. La prima cosa che mi capitò, scendendo dalla carrozzella davanti al numero 13 in cerca dell’affittacamere, fu di prendere uno sputo in testa da tre ragazzini che non si sono neppure ritirati dalla finestra. Fu la scoperta del romano, l’antico suddito papalino che vive in una città improbabile cresciutagli attorno a tradimento, uno che non si fida di dire la verità perché “non si sa mai”, pauroso per timori atavici, un uomo dalle prospettive molto ravvicinate, attorniato da storia e monumenti ma rapportato soltanto alle consuetudini quotidiane e alla tribù familiare: mamma, sorelle, nonni, nipoti, zia.[7][8]»
Come quasi sempre accadeva nella lavorazione dei film di Fellini, la sceneggiatura originale prevedeva molte altre idee che non furono sviluppate: un discorso sugli antichi romani, ma visto attraverso un film che si sta realizzando in una Cinecittà appena inaugurata, alla presenza di gerarchi compiaciuti; una riflessione sull'impenetrabilità dei palazzi del potere, attraverso una sequenza sull'architettura della Roma umbertina, in particolare sul Palazzo di Giustizia di piazza Cavour; una sequenza sul Tevere e sulla sua storia nei secoli; l'episodio Roma-Lazio su una partita di calcio con un tifoso che perde una scommessa e deve immergersi nella fontana di piazzale degli Eroi; Il camposanto, episodio che doveva essere girato al cimitero del Verano; una Chiacchierata prefinale che doveva concludere il film.[5]
Dopo le esperienze de I clowns e del Block-notes di un regista, Fellini voleva nuovamente orientarsi verso un cinema non-narrativo, dal quale si sentiva protetto e, in un certo senso, deresponsabilizzato. Cominciò a vagare per Roma consultando archivi, intervistando studiosi ed esperti, parlando con la gente comune per strada. Senza avere ancora un'idea definitiva, diede il via alle riprese il 2 novembre 1970 e continuò ad accumulare materiale girato in momenti diversi, con molte interruzioni, per circa un anno.[6]
Il produttore del film avrebbe dovuto essere Alberto Grimaldi, che aveva da poco prodotto, fra gli altri, Fellini Satyricon con un buon successo commerciale. D'accordo sull'idea di fondo, dopo aver visto alcune scene di assaggio, il produttore abbandonò il progetto, spaventato dai costi e dai dubbi sulla consistenza dell'anticipo versato dai distributori americani. Fellini quindi si rivolse a Elio Scardamaglia, già produttore de I clowns,[9] ma anche questi si ritirò in un secondo momento. Alla fine il film fu realizzato con Turi Vasile, ma a causa del coinvolgimento della sua Ultra Film in uno scandalo finanziario, le riprese andarono avanti a singhiozzo per molti mesi.[5]
Nonostante i buoni propositi di contenimento delle spese, Fellini fece ricostruire nel teatro 5 di Cinecittà lo stabile di via Albalonga,[10] la trattoria del 1938 con i tavoli sul marciapiede e circa 500 metri di Raccordo Anulare con quattro corsie, più larghe di quelle vere. Riuscì tuttavia a risparmiare sugli attori, utilizzando volti poco noti o presi dalla strada, o ricorrendo ad amicizie personali, come l'impiegata Anna Maria Pescatori (l'imponente prostituta della via Appia che poi finì sul manifesto del film) o Guglielmo Guasta, veterano umorista del Travaso (il papa nella sfilata ecclesiastica).[6] Il giornalista John Francis Lane e lo scrittore Gore Vidal interpretano se stessi, come pure Anna Magnani, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi. Sordi, Mastroianni e la Magnani furono i soli attori noti voluti da Fellini, perché rappresentativi di una certa idea di Roma. Gli interventi di Mastroianni e Sordi furono in seguito eliminati, mentre per la Magnani questo film rappresenta la sua ultima apparizione cinematografica. In origine, l'attrice avrebbe dovuto dare al cameo un significato polemico, affermando con disapprovazione che il regista non aveva capito niente di Roma e che un film su Roma era irrealizzabile, ma alla fine Fellini decise di farla diventare più icasticamente il simbolo di una città misteriosa che non si fa svelare.[5]
La prima proiezione avvenne al cinema Barberini di Roma il 18 marzo 1972; l'incasso fu modesto rispetto all'attesa (832 milioni di lire) e anche la critica rimase delusa da un film che non corrispondeva alla Roma reale, ma era l'ennesimo film su Fellini stesso.[11][12][13] Il 14 maggio dello stesso anno, Roma venne presentato fuori concorso al Festival di Cannes, con una risposta tiepida che però nel tempo, presso molti artisti, critici e intellettuali[14] si trasformò in un'approvazione entusiasta.[15]
La versione italiana del film si avvalse del contributo di alcuni doppiatori per i personaggi interpretati da attori non italiani. Corrado Gaipa, Franco Latini, Mario Feliciani, Cinzia Abbenante, Toni Ucci e Silvio Spaccesi prestarono le voci agli italiani Mimmo Poli, Dante Cleri, Nino Terzo, Renato Giovannoli, Francesco Magno, Fiona Florence, Romolo De Biasi e Libero Frissi.[16]
Il doppiaggio venne eseguito dalla C.V.D. presso gli studi della Fono Roma sotto la direzione di Mario Maldesi.[16]
La colonna sonora del film, composta da Nino Rota e diretta da Carlo Savina, venne originariamente commercializzata solo negli Stati Uniti su un 33 giri United Artists (UA-LA052-F), in cui il nome di Savina venne erroneamente cambiato in Savino e col sottotitolo The Fall of Roman Empire 1931–1972.
Per la presentazione sul mercato estero Fellini, in collaborazione con il produttore del film e con Bernardino Zapponi, decise di alleggerire il film riducendolo a circa 115 minuti. I tagli, decisi in autonomia e senza interventi da parte della censura cinematografica che aveva già dato il nulla osta al film, con un divieto ai minori di 14 anni, riguardarono alcune sezioni della pellicola, mentre altre vennero lasciate indenni.
Le sezioni del film con modifiche sono le seguenti:
Numerose le presenze non accreditate nel film, tra comparse e caratteristi. I più noti sono Francesco Di Giacomo,[17][18][19] Anna Magnani e gli sconosciuti all'epoca: Eleonora Giorgi e Renato Zero.
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