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I rapporti fra 'ndrangheta e politica tratta della collaborazione fra uomini della criminalità organizzata calabrese e uomini eletti dai cittadini, nei posti di pubblica responsabilità, al fine di trarre reciproci illeciti vantaggi. Almeno dagli anni 1970, si sono verificate inchieste in relazione a minacce, rapporti con massoni, rapporti con servizi segreti, omicidi, scioglimento di comuni per infiltrazioni mafiosa e arresti di politici e ndranghetisti, stretti in un complesso politico mafioso.
Questa lista è suscettibile di variazioni e potrebbe essere incompleta o non aggiornata.
La collusione tra 'ndrangheta e politica è molto forte e inizia negli anni ottanta con la votazione di politici collusi con le 'ndrine. Sono ormai fatti noti i collegamenti in passato con la destra eversiva, anche se questo non significa uno schieramento politico dell'organizzazione criminale. Ha appoggiato anche la DC, il PSI, il PRI, il PSDI e il PLI ed ebbe rapporti contemporaneamente con diversi partiti: oltre che coi partiti di governo, infatti, vi sono state molteplici sovrapposizioni anche tra ambienti 'ndranghetisti e forze politiche di opposizione, come il PCI[1] ed il MSI[2]. La 'ndrangheta non è né di destra né di sinistra proprio per la sua organizzazione non gerarchica dove alcune 'ndrine possono decidere di appoggiare in un certo momento uno schieramento politico e altre nello stesso tempo l'opposto schieramento, a seconda del ritorno economico[3].
«La 'ndrangheta ha avuto una crescita progressiva e ininterrotta a partire dalla fine degli anni Settanta, a seguito dell'intervento pubblico dello Stato per la realizzazione delle grandi opere nel Mezzogiorno. In quegli anni gli imprenditori del nord vennero in Calabria per avviare grandi progetti infrastrutturali, come il raddoppio ferroviario e l'autostrada, e alcuni di loro usarono i boss della zona come interlocutori privilegiati e con loro si spartirono ciò che avevano guadagnato dai loro investimenti. Gli affiliati delle 'ndrine da guardiani dei campi divennero guardiani dei cantieri: è così che la mafia si è arricchita diventando il mostro che è oggi. Questa politica scellerata dello Stato italiano non ha creato nessun posto di lavoro ma solo scheletri di enormi opere pubbliche e un potere mafioso incontrastato”.»
Negli anni ottanta avvengono una serie di omicidi verso esponenti del PCI e della DC. L'11 giugno 1980, fu assassinato Giuseppe Valarioti, segretario della Sezione del PCI di Rosarno. Aveva solo 30 anni. Si trattò del primo omicidio politico della 'ndrangheta.[5] Dieci giorni dopo, il 21 giugno 1980 fu assassinato Giovanni Losardo, militante comunista, già Sindaco di Cetraro e - al momento dell'assassinio - Assessore alla pubblica istruzione, Segretario capo presso la Procura della repubblica del Tribunale di Paola.
Nel 1983 poi, a Limbadi avvenne un caso eclatante. La presenza mafiosa in politica era così vasta, che le elezioni vennero vinte dal latitante Francesco Mancuso.[6]
Infine nel 1989, fu assassinato Lodovico Ligato, ex parlamentare DC ed ex presidente delle Ferrovie dello Stato. Con la legge del 1º maggio 1991 n. 164 (Legge contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali)[7] che permette lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose in Calabria vengono sciolti lo stesso anno il comune di Lamezia Terme e di Melito di Porto Salvo. Entrambi verranno sciolti nuovamente, il primo nel 2002, il secondo nel 1996. Nel '92 viene sciolto il comune di Rosarno[8]. Nel 1995 venne sciolto anche un comune del nord Italia: Bardonecchia[9][10]. Nonostante la proposta del prefetto Frattasi, il Governo invece nel 2009 sceglie di non sciogliere il consiglio del comune di Fondi.
Dal 2000 al 2004 sono avvenuti 325 atti intimidatori verso amministratori locali della Calabria. Nel 2001 a Rosarno la 'ndrangheta minaccia lo storico sindaco antimafia Giuseppe Lavorato con una sventagliata di colpi di kalashnikov[11] contro la sede del Comune e contro la finestra del suo ufficio. Più volte minacciato di morte dalle cosche della 'ndrangheta, il Sindaco Lavorato portò Rosarno a essere uno dei primi Comuni d'Italia (dopo quello di Gioiosa Jonica, con il sindaco Francesco Modafferi, nel 1977) a costituirsi parte civile in un processo antimafia (ottenendo risarcimento dei danni patrimoniali, morali e di immagine causati dai mafiosi)[12].
Il 26 marzo del 2003 a Maurizio Carbonera, sindaco di Buccinasco, comune del milanese ad alta densità mafiosa, viene incendiata l'auto e il 27 marzo 2005 gli viene spedita una busta con un proiettile da mitragliatore. Il 16 ottobre 2005, alle primarie dell'Unione viene assassinato a Locri, Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria. Il 15 agosto 2007 avviene il caso più eclatante degli ultimi anni in fatto di 'ndrangheta che ha avuto grande risonanza nazionale e mediatica come la strage di Duisburg.
Tra il 2007 e il 2008 vengono arrestati i sindaci e i vicesindaci di Seminara[13], Rosarno e Gioia Tauro[14]. Sempre in quest'ultimo anno è stato sciolto anche il comune di Amantea[15].
Il 23 febbraio 2010 in un'inchiesta su una rete di riciclaggio di denaro attuata dai vertici di Telecom Sparkle e Fastweb, sarebbe coinvolto anche il senatore del Popolo delle libertà Nicola Di Girolamo, eletto a Stoccarda, in Germania con schede elettorali false degli Arena[16][17].
Nel 2010 in Calabria sono stati rilevati ben 87 casi di intimidazioni verso amministratori locali, di cui 25 nella provincia di Cosenza, 22 nella provincia di Reggio Calabria e 21 nella provincia di Catanzaro, le restanti nelle province di Vibo Valentia e Crotone[18].
Il 30 novembre 2011 si conclude un filone dell'operazione Crimine-Infinito, in cui viene arrestato il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli insieme a un avvocato, un medico, appartenenti alle forze dell'ordine e presunti membri dei Valle-Lampada[19][20].
Il 10 ottobre 2012 viene arrestato, a Milano, insieme ad altre 19 persone, l'assessore regionale della Lombardia Domenico Zambetti[21] del Pdl per voto di scambio politico-mafioso (ha comprato, a 50 € a voto, 4000 voti dalla 'ndrangheta per un totale di 200.000 €), concorso esterno in associazione di tipo mafioso e corruzione. L'assessore era in rapporti con Giuseppe D'Agostino (già arrestato anni prima per le operazioni sull'ortomercato)[22] delle famiglie Morabito-Bruzzaniti-Palamara e con il gestore di negozi Costantino Eugenio dei Mancuso[21][23]. Tra la merce di scambio del patto politico-mafioso, i due criminali Eugenio Costantino e Alessandro Gugliotta chiedevano a Domenico Zambetti appalti per l'Expo 2015 a Milano e Rho per la 'ndrina Oliverio di Belvedere Spinello (KR). Eugenio Costantino, spiega anche come organizzava cene per campagne elettorali per l'assessore regionale Zambetti, che sono costate ai contribuenti più di quattro milioni di euro[24].
Il 15 luglio 2016 si conclude a Reggio Calabria l'operazione Mammasantissima del Ros dei Carabinieri che porta all'arresto di 3 persone: Alberto Sarra ex consigliere regionale della Calabria, Giorgio De Stefano avvocato e Francesco Chirico, anch'esso avvocato; inoltre è indagato anche il già arrestato Paolo Romeo ex deputato del Psdi e viene presentata la richiesta d'arresto del senatore di Grandi autonomie e libertà Antonio Caridi. L'operazione fa emergere contatti con esponenti della massoneria[25][26].
Enzo Ciconte inoltre, insieme al professore Antonio Nicaso che all'ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione affermano che nel 1869 il comune di Reggio Calabria proprio a causa della criminalità organizzata fu sciolto per decreto regio[27][28][29].
I fatti di Reggio Calabria
Il caso Moro
Il 10 novembre 1992 l'allora Procuratore capo di Palmi Agostino Cordova dispose il rinvio a giudizio di 132 imputati con le accuse di narcotraffico, traffico di armi e voto di scambio: tra gli inquisiti, esponenti dei clan Pesce e Pisano di Rosarno, l'ex Gran Maestro della P2 Licio Gelli[40][41][42], l'ex assessore regionale socialista Giovanni Palamara, l'ex presidente del Consiglio regionale Antonino Zito e Mario Battaglini, già vicepresidente socialista della Provincia di Reggio Calabria[43][44], mentre fu stralciata la posizione dei parlamentari socialisti Sandro Principe e Sisino Zito poiché l'autorizzazione a procedere fu sempre negata dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica[45][46]. Nel 1995 il processo si concluse con una pioggia di assoluzioni[47].
Il 12 dicembre 1992, a Reggio Calabria, si scopre che 96 persone sono prestanome delle proprietà ritenute delle cosche della 'ndrangheta calabrese[48][49]. Indagati i Mammoliti di Oppido Mamertina, i Pesce di Rosarno che hanno filiali criminali in Canada e in Australia, i Commisso di Siderno, i Versace di Polistena, i Foccari di Locri, gli Aquino di Marina di Gioiosa Ionica e gli Spanò di Giffone.
Il 5 maggio del 1995, con decreto del Governo, viene sciolto in provincia di Torino, il Consiglio comunale di Bardonecchia per presunte infiltrazioni mafiose, primo caso al Nord Italia, e viene arrestato Rocco Lo Presti, storico boss mafioso di Bardonecchia e della Val di Susa[9][10].
Il 20 luglio 1995 a Palmi, il pentito Giuseppe Albanese rivela che la 'ndrangheta proteggeva un gruppo eversivo rosso, Unione Comunisti Combattenti, che avrebbe commesso anche un attentato e una rapina, grazie alla mediazione di Giacomo Mancini, il quale in cambio assicurava alle tre cosche amiche, i Mancuso di Limbadi, i Pesce di Rosarno e gli Iamonte di Melito Porto Salvo, favori per l'assegnazione di appalti relativi alla costruzione della superstrada jonica da Rosarno a Gioiosa e aggiustamenti nei processi[50][51].
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