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Rally Dakar

rally di automobilismo e motociclismo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Rally Dakar
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Il Rally Dakar è uno dei rally raid di automobilismo e motociclismo più famosi al mondo: fino al 2007 prevedeva come traguardo finale la capitale del Senegal, nell'Africa occidentale.

Disambiguazione – Se stai cercando il rally del WRC, vedi Rally dell'Arabia Saudita.
Dati rapidi Altri nomi, Sport ...
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Il percorso della Lisbona-Dakar 2006

Ideato nel 1978 da Thierry Sabine, è noto anche come le Dakar o Parigi-Dakar (in francese Paris-Dakar) in quanto originariamente la gara prendeva il via nella capitale francese, dapprima al Trocadéro e poi ai piedi della torre Eiffel.

Il percorso attraversava la Francia e, in seguito, si espanse su altri paesi europei, per raggiungere via mare l'Africa e, attraverso numerose tappe in alcuni dei Paesi africani che attraversavano il deserto del Sahara, giungeva a Dakar. Dopo l'annullamento dell'edizione 2008 a causa di potenziali attentati terroristici[1], la corsa si è trasferita dapprima in Sudamerica dove rimase per 11 edizioni, per spostarsi poi, dal 2020, in Arabia Saudita, mantenendo comunque la denominazione Dakar.

Alla gara partecipano autovetture, motociclette, camion, quad, Side by Side e prototipi. I mezzi che intraprendono questa gara così impegnativa gara sono dotati di GPS (bussola satellitare dalla fine degli anni Novanta) e vengono preparati e rinforzati a livello meccanico per resistere alle sollecitazioni del terreno, ma anche per non soffrire troppo, vista la lunghezza delle singole tappe.

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Storia

Riepilogo
Prospettiva

La gara fu ideata nel 1976 da Thierry Sabine il quale, dopo essersi smarrito nel deserto durante un'altra competizione, la Abidjan-Nizza, decise di creare un rally raid estremo che percorresse la direzione inversa.

Nel 1979 la corsa da lui ideata debuttò sotto la denominazione di Oasis (nome dello sponsor ufficiale), salvo poi prendere il nome di Parigi-Dakar dopo un paio di anni. Le prime edizioni furono caratterizzate da un'organizzazione molto semplice ed estrema: ai concorrenti veniva garantita un'assistenza minima tra una tappa e l'altra e, mancando le grandi case automobilistiche e motociclistiche, non ancora troppo informate sulla competizione, il grosso dei partecipanti era costituito da semplici appassionati e piloti privati. Nelle prime due edizioni della gara, per volere di Sabine, fu stilata una unica classifica che comprendeva ogni tipo di veicolo, sia moto, sia auto e camion.

L'edizione del 1982 è ancora oggi ricordata soprattutto per la costosissima missione internazionale di ricerca e salvataggio di Mark Thatcher, figlio dell'allora Primo Ministro britannico Margaret, smarritosi nel Sahara mentre partecipava alla competizione con la sua Peugeot 504. Sua madre intervenne personalmente e, alla fine, il 14 gennaio 1982 un Hercules C-130 dell'aviazione militare algerina lo ritrovò[2]. La notizia ebbe immediata e vastissima eco sui mass media di tutto il mondo e questo permise alla Dakar di assurgere agli onori delle cronache.

Per fronteggiare la crisi che la gara stava vivendo, con una riduzione del numero di iscritti, nel 1992 si decise di dare vita alla Parigi-Città del Capo, con il traguardo finale fissato proprio a Città del Capo, in Sudafrica: la gara attraversò moltissimi Paesi dell'Africa nord-occidentale oltre ad altre nazioni dell'Africa centrale e meridionale.

Oltre al suo indiscusso fascino, questa competizione è tristemente famosa per la sua pericolosità: molti piloti, infatti, hanno perso la vita nel tentativo di compiere questa impresa, come ad esempio il campione toscano Fabrizio Meoni, vincitore per la categoria Moto su KTM delle edizioni 2001 e 2002, deceduto tre anni dopo l'ultimo successo durante una tappa in Mauritania. Anche la popolazione locale è stata coinvolta talvolta in incidenti mortali, mentre il fondatore della corsa, Thierry Sabine, è rimasto vittima, assieme ad altre quattro persone, di un incidente: il francese perse la vita nello schianto del suo elicottero durante l'edizione del 1986, mentre sorvolava la prova speciale in corso alla ricerca dei piloti dispersi, in una terribile tempesta di sabbia.

L'organizzazione

Thierry Sabine aveva dato vita alla TSO (Thierry Sabine Organization). Dopo la sua morte l'organizzazione del rally raid fu assunta dal padre Gilbert, dentista di professione.[3] Di seguito l'elenco dettagliato delle persone che si sono succedute alla guida della corsa.[4]

Il trasferimento in Sudamerica

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Dakar 2009

L'edizione del 2008 fu annullata dall'organizzazione stessa, a Lisbona, a poche ore dalla partenza. Il Ministero degli Esteri bloccò la gara per una situazione di pericolo per i cittadini europei, in particolare per i francesi, creatasi in Mauritania, dove quattro turisti furono uccisi il 24 dicembre. Non potendo garantire la sicurezza ai partecipanti della gara il Ministero francese chiese di annullare la competizione, che avrebbe attraversato la Mauritania.

Nel 2009 la gara si spostò in Sudamerica, tra Argentina e Cile, con partenza da Buenos Aires, giro di boa a Valparaíso e ritorno; a vincere, per la prima volta nella storia della gara, un sudafricano, il pilota ufficiale Giniel de Villiers.

In quello stesso 2009 la Mitsubishi Motors decise di ritirarsi, per decisione della Casa madre dai rally raid.

L'edizione 2010 (1-16 gennaio) si corse in uno scenario quasi identico a quello dell'anno precedente: delle quattordici tappe previste sette si svilupparono in territorio argentino e sette su quello cileno con partenza e arrivo a Buenos Aires e giro di boa ad Antofagasta in Cile. I vincitori della corsa furono gli spagnoli Carlos Sainz e Lucas Cruz nella categoria auto, il francese Cyril Despres nella categoria moto, l'equipaggio russo Čagin, Savostin e Nikolaev su Kamaz nella categoria camion e l'argentino Marcos Patronelli (dietro di lui il fratello Alejandro, che vincerà l'anno dopo) nella categoria quad.

A partire dall'edizione 2012 si decide di lasciare Buenos Aires per la partenza e la gara non si svilupperà più su un percorso ad anello, bensì su un tracciato da costa a costa del Sud America[6].

Dal 2017 debutta una nuova categoria, quella degli SSV, i sidebyside.

Man mano che la gara si correva in Sud America i diversi Paesi coinvolti persero un po' di interesse e soprattutto ridussero i finanziamenti: per questa ragione nel 2019 l'ultima edizione in Sud America si corse in una unica nazionae, il Perù.

Il trasferimento in Arabia Saudita

Dal 2020 la gara si corre in Arabia Saudita e due anni dopo la categoria dei SidebySide si è suddivisa dapprima fra T3 e T4 mentre in seguito i T3 sono stati rinominati dalla FIA Light Prototypes e in seguito la categoria ha preso il nome di Challenger.

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Albo d'oro

Moto, auto e camion

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Quad, SxS e Prototipi leggeri

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Piloti con più vittorie

Voce principale: Statistiche del Rally Dakar.
Piloti
Costruttori
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Vittorie di tappa

È il pilota di auto e moto Stéphane Peterhansel il dakariano che ha vinto il maggior numero di tappe, 82 a tutta la Rally Dakar 2022.[9][10][11]

Camion
Ulteriori informazioni Pilota, Tappe ...
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Incidenti mortali in gara

Ad oggi sono 32 i piloti di qualunque mezzo a cui la Dakar è stata fatale.[13]

  • 1979: Francia (bandiera) Patrick Dodin (moto)
  • 1982: Paesi Bassi (bandiera) Bert Oosterhuis (moto)
  • 1983: Francia (bandiera) Jean-Noël Pineau (moto)
  • 1986: Italia (bandiera) Giampaolo Marinoni (moto), Giappone (bandiera) Jasuo Kaneko (moto)
  • 1988: Francia (bandiera) Jean-Claude Huger (moto), Francia (bandiera) Patrick Canado (auto), Paesi Bassi (bandiera) Kees van Loevezijn (camion)
  • 1991: Francia (bandiera) François Picquot (auto), Francia (bandiera) France Charles Cabannes (camion), Francia (bandiera) Laurent Le Bourgeois (auto), Francia (bandiera) Jean-Marie Sounillac (auto)
  • 1992: Francia (bandiera) Gilles Lalay (moto)
  • 1994: Belgio (bandiera) Michel Sansen (moto)
  • 1996: Francia (bandiera) Laurent Gueguen (camion)
  • 1997: Francia (bandiera) Jean-Pierre Leduc (moto)
  • 2002: Belgio (bandiera) Daniel Vergnes (auto)
  • 2003: Francia (bandiera) Bruno Cauvy (auto)
  • 2005: Spagna (bandiera) José Manuel Pérez (moto), Italia (bandiera) Fabrizio Meoni (moto)
  • 2006: Australia (bandiera) Andy Caldecott (moto)
  • 2007: Sudafrica (bandiera) Elmer Symons (moto), Francia (bandiera) Eric Aubijoux (moto)
  • 2009: Francia (bandiera) Pascal Terry (moto)
  • 2012: Argentina (bandiera) Jorge Andrés Martínez Boero (moto)
  • 2013: Francia (bandiera) Thomas Bourgin (moto)
  • 2014: Belgio (bandiera) Eric Palante (moto)
  • 2015: Polonia (bandiera) Michal Hernik (moto)
  • 2020: Portogallo (bandiera) Paulo Gonçalves (moto)[14], Paesi Bassi (bandiera) Edwin Straver (moto)
  • 2021: Francia (bandiera) Pierre Cherpin (moto)[15]
  • 2024: Spagna (bandiera) Carles Falcon (moto)[16]
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Galleria d'immagini

Note

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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