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Pincio

colle di Roma Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Il Pincio (dal latino mons Pincius) è un colle di Roma, alto 61 m s.l.m., che si trova a nord del Quirinale, affacciato ad ovest sul Campo Marzio e cinto dalle Mura aureliane a nord e ad est. Pur essendo compreso entro le Mura Aureliane, non compare nell'elenco tradizionale dei sette colli di Roma.

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La salita da piazza del Popolo al Pincio
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Veduta verso ovest, con la cupola di San Pietro
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Veduta verso sud, con il Vittoriano o Altare della Patria

Sulla sua sommità sorge il più antico giardino pubblico di Roma, anch'esso detto "Pincio", progettato da Giuseppe Valadier tra il 1810 e il 1818[1]. Dalla sua terrazza panoramica, affacciata sulla sottostante piazza del Popolo, si gode uno dei più celebri panorami della capitale[2]: la vista spazia verso sud-ovest sul rione Prati, sulla Cupola di San Pietro, su Monte Mario e sul Gianicolo, verso sud sul Vittoriano, sul Campidoglio e, in lontananza, sugli edifici dell'Eur.

In alcune città italiane sorgono parchi panoramici che portano anch'essi il nome di Pincio, per ricordare quello di Roma; si veda la sezione Dal Pincio di Roma a quelli delle altre città italiane.

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Descrizione

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L'antico Mons Pincius

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Vista di San Pietro dalla terrazza del Pincio (foto risalente alla seconda metà del XIX secolo)
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L'area nord del Campo Marzio e le vigne del Pincio nella pianta del Nolli (1748)

Il Pincio, detto anche colle Pinciano, si trovava al di fuori dei confini originari di Roma antica e non fa parte dei canonici sette colli.

Nel medio e tardo periodo repubblicano molte famiglie importanti vi possedevano dimore e giardini (horti): tra i personaggi noti, vi avevano proprietà Scipione Emiliano e forse Pompeo. Sicura invece la presenza di possedimenti di Lucullo, gli Horti Lucullani (dove in seguito venne uccisa Messalina, la moglie di Claudio),[3] costruiti grazie al bottino realizzato con la vittoria su Mitridate nel 63 a.C. Vi si trovavano anche gli Horti Sallustiani (in origine proprietà dello storico Sallustio e in età imperiale unificati agli Horti Lucullani in un'unica proprietà detta in Pincis), gli Horti Pompeiani e gli Horti Aciliorum (degli Acilii). Per la presenza di queste dimore, il colle era noto nell'antichità come il Collis Hortulorum (letteralmente "il colle dei giardini"). Il nome attuale viene da una delle famiglie che l'occupò nel IV secolo, i Pincii:[4] la loro villa, con quella degli Anicii e degli Acilii, occupava la parte settentrionale della collina e un resto delle sostruzioni di queste residenze è il cosiddetto Muro Torto.

In età augustea, appartenne alla regio VII Via Lata, che subì un'intensa urbanizzazione: qui Agrippa fece edificare il Campus Agrippae (dedicato nel 7 a.C.), una villa e la sua tomba, mentre sua sorella Polla fece edificare la Porticus Vipsania. In prossimità di piazza Santi Apostoli si trovava la caserma della I coorte dei vigiles e poco lontano era il mercato della carne suina, il Forum Suarium. Alle pendici del colle c'era la tomba dei Domizi, in cui vennero sepolte le ceneri di Nerone.[5] La fascia della regio VII lungo la via Lata nel corso del II secolo d.C. si trasformò in una zona intensamente edificata con abitazioni. Scavi occasionali in più punti hanno rinvenuto i resti di grandi edifici in mattoni a più piani (insulae), con porticati a pilastri lungo la strada, sulla quale si aprivano le botteghe. Tra questi edifici si doveva trovare il Catabulum, una sorta di sede delle "Poste Centrali", nei pressi della chiesa di San Marcello.

Anche nel III secolo l'attività edilizia fu intensa. Sotto Gordiano III abbiamo notizia dell'erezione di un portico lungo mille piedi (pari a circa 3 chilometri) alle pendici del Quirinale, anche se la mancanza di resti ha fatto mettere in dubbio la veridicità della fonte; qui inoltre Aureliano, a partire dal 273, innalzò il grande tempio del Sole, tra via del Corso e piazza di San Silvestro. Era circondato da portici e sotto uno di questi aveva sede la distribuzione gratuita di vino (vino fiscalia). Sempre in quest'epoca, il colle fu compreso nella cinta delle Mura aureliane. Nei Cataloghi regionari si ricorda nella regio VII anche un portico di Costantino, forse una parte del complesso delle vicine terme di Costantino, magari facente parte del distrutto recinto.


Il primo giardino pubblico di Roma

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Il Meridiano di Roma ed il busto di Angelo Secchi alla Casina Valadier
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L'Idrocronometro di padre Embrìaco

Dalla tarda antichità alla fine del XVIII secolo, come si vede dalla Nuova Topografia di Roma del Nolli, il colle Pincio rimase praticamente disabitato, occupato dalla grande vigna con casale degli Agostiniani di Santa Maria del Popolo, dai giardini e dalla vigna di Villa Medici, e dai giardini del convento dei Minimi - francesi, come li chiama il Nolli, o Paolotti, come li chiamava il popolo - della Trinità dei Monti.

Se Giuseppe Valadier aveva proposto a Pio VI già dal 1794 un progetto di sistemazione di Piazza del Popolo[6], l'idea di fare dell'intero colle Pinciano un giardino pubblico, nacque durante il periodo dell'occupazione francese di Roma, durata dal 2 febbraio 1808 all'11 maggio 1814. Il progetto, sostenuto dallo stesso imperatore Napoleone, era destinato a dare spazio e respiro al popolo romano che da secoli viveva ammassato sulle rive del Tevere[7]

La breve occupazione francese si lasciò dietro molti progetti e solo alcune attività avviate, ma il progetto di Piazza del Popolo e del giardino del Pincio era tra queste; anche gli uomini che avevano in mano lo sviluppo urbanistico e monumentale della città restavano gli stessi, primi fra tutti Canova e Valadier. Tra il 1810 e il 1818 Il Valadier elaborò il progetto del giardino del Pincio[1] e nel giugno 1816 fu approvato il suo progetto di piazza del Popolo, elaborato in collaborazione con Louis-Martin Berthault[8]. In otto anni fu costruita l'attuale piazza e il vasto giardino sul colle. Da allora il Pincio, primo giardino pubblico di Roma, è forse la più cara ai romani tra le passeggiate storiche cittadine.

Valadier unì il Pincio a piazza del Popolo e a Porta Flaminia in un unicum neoclassico, superando la pendenza tra il livello della piazza e il sommo del colle con il delicato disegno di due tornanti che salgono dal lato orientale della piazza, convergendo a metà della collina verso la vasta terrazza panoramica dedicata a Napoleone, con un viale in falsopiano (in origine chiamato viale del Pincio e dal 1945 viale Gabriele d'Annunzio) che sfiora i bassorilievi, la fontana, e poi i tre alti nicchioni fino alla terrazza panoramica. Valadier ideò pure la notevole quinta botanica, formata da palme e altre essenze sempreverdi, che guardano al di sopra delle rampe da piazza del Popolo fino a un incredibile panorama della Roma rinascimentale e vaticana. L'elemento urbano della piazza fu così mirabilmente collegato dall'architetto, mediante rampe e terrazze, a quello paesistico dei giardini del Pincio. Valadier pose inoltre sul Pincio la sua residenza privata, la Casina Valadier, anche se morì prima di potervi alloggiare, e l'edificio diventò subito caffetteria pubblica e punto di contemplazione sulla città, come è ancora oggi.

La passeggiata del Pincio collega piazza del Popolo, Villa Medici e gli spalti del Muro Torto; si può poi continuare verso il viale della Magnolie, percorrendo il cavalcavia sopra al viale del Muro Torto, che dal 1908 lo collega a Villa Borghese. Alla passeggiata si può accedere anche dal viale di Villa Medici, che la collega alla Chiesa e alla scalinata di Trinità dei Monti.[9]

I busti del Pincio

Lo stesso argomento in dettaglio: Busti del Pincio.

Per i viali del Pincio sono presenti numerosi busti di italiani celebri, secondo un progetto concepito durante la Repubblica Romana: il 28 maggio 1849 il triumvirato stanziò infatti un fondo di 10.000 lire all'uopo. Questa decisione fu dettata da un ideale, legato alla stessa nascita della Repubblica Romana: sostenere l'Unità d'Italia e favorire la presa di coscienza della sua identità. Con la collocazione dei busti degli italiani celebri, cioè di coloro che ne rappresentano l'identità storica e culturale, idealmente Roma assurgeva al ruolo di capitale d'Italia. Prima della fine della repubblica erano stati già scolpiti cinquantadue busti, che finirono tuttavia nei magazzini comunali, a causa della restaurazione del potere pontificio[10].

Nel 1851, per decisione di papa Pio IX, furono collocati i busti già scolpiti lungo i viali del giardino, escludendo però quelli ritraenti personaggi contrari al potere temporale della Chiesa, a cui si cambiò denominazione; ad esempio, Niccolò Machiavelli divenne Archimede e Girolamo Savonarola fu trasformato in Guido d'Arezzo[10].

A partire dal 1870, anno in cui Roma divenne capitale d'Italia, nuovi busti furono dedicati a coloro che erano stati eliminati da Pio IX e il numero personaggi ricordati dalle sculture aumentò progressivamente; alla fine degli anni 1960 erano 228 gli uomini e le donne rappresentati.[11][10]

Uno di questi busti ha una storia interessante: nel 1860 fu collocata al Pincio, vicino alla Casina Valadier, la "mira" dell'Osservatorio astronomico del Collegio Romano per la determinazione del meridiano di Roma, su richiesta del suo direttore, l'astronomo gesuita Angelo Secchi. Era, in origine, soltanto una tavoletta di legno a scacchi poi ricostruita in marmo e incastonata su una colonna con un foro che permetteva di illuminarla di notte. Nel 1878, alla morte di Secchi, il suo busto venne posto sulla colonna e circondato da un piccolo giardino.[12] Danneggiato nel 1960, fu ripristinato nel 2001 e fornisce ancora la mira.

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Monumenti e luoghi di interesse

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Obelisco Pinciano
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Monumento ai fratelli Cairoli, lungo viale della Trinità dei Monti.

Tra gli arredi del Pincio sono da citare:

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Serbatoio padiglione di Gioacchino Ersoch
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Edificio degli ascensori, foto del 1984.
  • Edificio degli ascensori: fu realizzato tra il 1925 ed il 1926 su progetto dell'architetto Galli. La zona inferiore è posta come un bastione al muraglione del Pincio, e la zona superiore è sita in viale dell'Orologio ed è in forma che ricorda il Cinquecento toscano. Due ascensori al suo interno permettevano di salire al Pincio dalla fermata del tram su viale del Muro Torto.[27][28]
  • Monumento ad Enrico Toti: è sito all'incrocio di viale dell'Orologio col viale Valadier e fu realizzato da Arturo Dazzi nel 1922, a seguito della vittoria al concorso indetto per la realizzazione. La statua è a volumi squadrati secondo la moda dell'epoca.[29]
  • Cibele: la statua risale al II secolo ed è posta su viale Valadier. Fu posta al Palazzo dei Conservatori dal quale venne asportata nel 1848.[30]
  • Statua di Esculapio: è posta sul viale Valadier. Risale all'ultimo quarantennio del IV secolo. Secondo un documento iconografico la statua è posta nel luogo già negli anni trenta del 1800.[31]
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Casina Valadier
  • Fontana del Mosè: è di forma circolare, posta in un'esedra arborea. È di gusto accademico della moda dell'epoca a Roma. È stata eretta da Ascanio Brazzà ed inaugurata nel 1868. All'interno della fontana vi è il gruppo di Mosè bambino posto nelle acque del Nilo dalla madre.[32]
  • Monumento a Raffaello Sanzio: è stato realizzato nel 1838 da Stocchi, posto in un'esedra immersa nel verde presso il belvedere. Il pittore è stato raffigurato in abiti da trovatore. La statua è in stile ottocentesco.[33]
  • Teatro San Carlino: è il teatro dei burattini di Roma. Presente sulla terrazza dal 1993, fu inaugurato in sede stabile nel 2004, con una struttura al chiuso realizzata interamente in legno. Vi vengono rappresentati spettacoli di burattini, attori e musica dal vivo. È una delle più importanti strutture per l'infanzia a Roma e in Italia.[Inserire fonte]
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Collegamenti

È raggiungibile dalle stazioni Flaminio e Spagna.

Dal Pincio di Roma a quelli delle altre città italiane

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Dall'anno 1870, data in cui Roma diviene capitale del Regno d'Italia, in alcune città italiane[34] sorgono parchi pubblici che richiamano nel nome il Pincio di Roma; oltre al nome, anche le caratteristiche principali prendono a modello il parco romano: panoramicità, abbondanza di sempreverdi, impianto geometrico dei sentieri e, quasi ovunque, una terrazza panoramica per ricordare quella celebre della capitale, alla quale a volte si accede, come a Roma, per mezzo di una scalinata monumentale. Spesso, come nel Pincio romano, questi parchi sono ricchi di opere d'arte.

La realizzazione di parchi chiamati Pincio nelle varie città italiane servì a festeggiare un evento lungamente atteso dai patrioti risorgimentali: la presa di Roma, che finalmente diventa capitale.

In alcune città, è una scalinata monumentale e non un parco ad aver ricevuto il nome di "Pincio", come a Bologna e a Rieti.

Nella tabella sottostante si ricordano in ordine alfabetico alcune città che ospitano un "Pincio":

Ulteriori informazioni città e data, immagine ...
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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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