Pincio di Ancona
parco pubblico della città di Ancona sul colle Santo Stefano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il Pincio di Ancona è un parco pubblico di limitata estensione, ma di grande importanza storica, dato che è il più antico della città[1], essendo sorto dopo la presa di Roma del 1870. Popolarmente è chiamato a volte Pincetto[2]. Il nome ricorda il famoso Pincio romano, nel quale Mazzini, durante il periodo della Repubblica Romana, decise di porre le statue degli Italiani più celebri e che dunque simboleggia il ruolo di Roma come capitale. Dall'anno 1870, come ad Ancona, anche in altre città italiane sorgono parchi pubblici che richiamano nel nome il Pincio romano, per celebrare la riunione di Roma all'Italia.
Pincio di Ancona | |
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Veduta dal Pincio verso ovest e il porto, al tramonto. | |
Ubicazione | |
Stato | Italia |
Località | Ancona |
Indirizzo | Via Vittorio Veneto / Via Circonvallazione, Rione Stefano e Rione di Borgo Rodi |
Caratteristiche | |
Superficie | 1 ettaro |
Inaugurazione | post 1870 |
Gestore | Comune di Ancona |
Apertura | Tutti i giorni |
Ingressi | Via Vittorio Veneto, Via Circonvallazione |
Mappa di localizzazione | |
Per rievocare il suo omonimo romano, il Pincio di Ancona ne segue le caratteristiche principali: è ricco di sempreverdi, ha un impianto geometrico dei sentieri ed ha un belvedere da cui si gode di un'ampia vista sulla città[3].
Il parco si estende per circa un ettaro ed è caratterizzato da notevole dislivello, di circa 13 m, tra la quota di via Circonvallazione (96 s.l.m.) e quella su via Vittorio Veneto (83.00 s.l.m.)[4].
Confina ad ovest con le mura della fortificazione napoleonica della Lunetta di Santo Stefano, costruita nel 1799 come avamposto delle mura cittadine e che fu uno dei luoghi di combattimento durante l'assedio del 1849.
Dal belvedere la vista spazia sul mare, sia verso est, ossia verso il Passetto, sia verso ovest, ossia verso il porto, permettendo di percepire la morfologia del promontorio su cui sorge la città. Guardando verso nord, il mare appare tra il colle Guasco e monte Cappuccini e tra quest'ultimo e monte Cardeto. Inoltre, si possono osservare i colli su cui sorgono i rioni storici, il Parco del Cardeto e molti dei principali monumenti di Ancona.
La vegetazione è dominata da pini d'Aleppo, ornielli e alberi di Giuda.
Il Pincio, dopo la sua costituzione nella seconda metà dell'Ottocento, è rimasto inalterato per circa un secolo. Comprendeva una terrazza panoramica e diversi viali che si dipartivano a raggiera da un piazzale centrale, raggiungendo un sentiero perimetrale. I percorsi erano illuminati con decorativi lampioni a gas illuminante. L'ingresso, segnato da una cancellata monumentale, si trovava all'inizio di via Rodi e da qui un ripido viottolo conduceva al centro cittadino, nei pressi dell'attuale via San Martino[2].
Intorno alla metà degli anni sessanta del Novecento, il parco subì varie vicende che ne hanno alterato e avvilito l'aspetto: la sua area fu divisa in due da una profonda trincea, su cui si fece passare via XXV Aprile; l'allargamento di via Circonvallazione ne ha ristretto la superficie; i vialetti che si dipartono dal piazzale centrale, a causa di questi interventi, furono troncati e finiscono ora a fondo cieco contro la recinzione. Inoltre, la monumentale cancellata d'ingresso fu smontata e posizionata nell'ingresso secondario del cimitero di Tavernelle[2]; i lampioni in ghisa, risalenti al periodo dell'illuminazione a gas, vennero rimossi; le balaustre architettoniche della terrazza panoramica ottocentesca furono demolite.
Nel 1965, invece, il parco si è arricchito di un nuovo monumento e di un conseguente ulteriore significato: in quell'anno fu infatti inaugurato il Monumento ai caduti della Resistenza.
All'interno del Pincio è collocato il Monumento ai caduti della Resistenza, con il complesso scultoreo di Pericle Fazzini, inaugurato il 17 ottobre 1965. Dall'ingresso al Pincio di via Vittorio Veneto, una scalinata conduce verso il monumento; a fianco degli scalini, sedici lastre in ferro brunito rievocano con le loro iscrizioni i fatti salienti della Resistenza nell'anconitano.
La scalinata e le adiacenze sono state progettate dall'architetto Paola Salmoni e dal paesaggista Gilberto Orioli. Il cancello d'ingresso, del 1964, è opera artistica in ferro battuto di Giò Fiorenzi, che lo ha chiamato Vele al Vento[5]; composto da rottami di ferro artisticamente composti, simboleggia la tragedia distruttiva della guerra e la sanguinosa lotta per la libertà compiuta con la Resistenza; i rottami diventano però vele al vento, che spingono l'Italia verso la libertà.
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