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pittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lorenzo De Caro (Napoli, 29 maggio 1719 – Napoli, 2 dicembre 1777) è stato un pittore italiano.
La figura di Lorenzo De Caro, le cui molteplici opere spiccano per qualità nell'ambito del Settecento napoletano e sul quale lusinghieri sono i giudizi di studiosi e critici d'arte, meriterebbe un approfondito studio monografico; ma ha costituito fattore ostativo la totale assenza di elementi certi sulla sua vita.
De Caro risulta un pittore di origine napoletana, attivo dal 1740 al 1761; il suo nome era noto poiché si leggeva talvolta in calce alle sue opere.
Una prima ricerca, pubblicata in Napoli nobilissima,[1], ha consentito di individuare i dati anagrafici essenziali; successivamente sono emersi ulteriori elementi biografici, per cui oggi la vita e le opere di tale artista sono state compendiate in un'ulteriore monografia.
Lorenzo Domenico De Caro nasce a Napoli, il 29 maggio 1719, da Pietro Paolo Aniello Carmine e da Anna Maria Cosi, abitanti alla strada di Chiaia; è battezzato il 1º giugno dello stesso anno, nella Parrocchia di Sant’Anna di Palazzo.
Lorenzo sposa a Napoli, il 28 febbraio 1743, all'età di 24 anni, la ventiduenne Anna Mariana Bozza, da cui nascono dieci figli e muore il 2 dicembre 1777 a Napoli, all'età di 58 anni.
Da un censimento eseguito dalla locale parrocchia nel 1757, egli aveva la bottega di pittore al vicolo della Porta Piccola del Rosario, che dalla strada di Chiaia, a man sinistra, conduce sino alla Calata di San Mattia – zona dei Quartieri spagnoli: qui egli abitava con moglie e i tre figli, Pietro, Fortunata e Domenico, rispettivamente di 10, 4 e 2 anni, essendo man mano deceduti gli altri quattro: Giuseppe, Anna Maria Fortunata, Giuseppe Antonio e Felice Giuseppa Vincenza; non erano ancora venuti alla luce Grazia, Rachele e Pasqua.
La localizzazione dell'abitazione di Lorenzo De Caro è comprovata da documenti inediti, rinvenuti presso l'Archivio Storico del Banco di Napoli che custodisce gli atti contabili degli antichi Banchi pubblici napoletani. Tra i documenti del Banco San Giacomo risultano annotati i pagamenti eseguiti dal pittore negli anni 1768 e 1769, in favore del padrone di casa il Principe di Cannito, per l'affitto di due camere, basso per uso di bottega, mezzanino e cantina della casa di detto Principe, sita alla strada che va a Sant'Anna di Palazzo. I documenti del Banco San Giacomo ci fanno anche sapere quale fosse il canone annuo che in quegli anni Lorenzo pagava al Principe: 31 ducati.
Nell'abitazione, la famiglia di Lorenzo ha dimorato parecchi anni, anche dopo la morte del capofamiglia; infatti, in occasione di un successivo censimento del 1804 i locali di proprietà del Principe di Cannito risultavano occupati dalla famiglia del figlio Domenico, nato nel 1755, anche lui pittore.
Tela del Compianto
Tela della Decollazione di Sant'Alessandro Martire (1760)
Tela di “Addolorata”;
Lorenzo De Caro ha eseguito in residenze pubbliche e private di Napoli decorazioni varie: Palazzo dei Governatori della Chiesa di Sant'Anna dei Lombardi alla strada dei Guantai (1741), Casa De Stasio-Maiello sita dietro la Nunziatura Apostolica (1745), Casa De Simone-Coppola alla via Rosario di Palazzo (1748), Casa Comes-Cordosa a Montecalvario (1748), Casa del Marchese de Sterlich alla strada Nardones (1749), Casa di Michele Aveta sul Ponte di Chiaia (1757), Casa di Pietro Bozzoli alla contrada della Concordia al vicolo delle Colonne (1759).
Si può affermare che il pittore Lorenzo De Caro era napoletano, come napoletani erano i suoi avi e che egli è praticamente vissuto sempre a Napoli, dove ha svolto con continuità l'attività professionale iniziata in giovanissima età: le uniche sue parentesi fuori le mura si riferiscono ai presumibili necessari sopralluoghi eseguiti in Provincia di Frosinone, a San Germano (oggi Cassino), per i dipinti commissionatigli per la locale Cattedrale nel 1740 e per la Chiesa di Santa Maria dell'Olivella in Sant'Elia Fiumerapido, nonché a Bracigliano (provincia di Salerno), dove si recò per eseguire l'affresco del Calvario su di una parete del chiostro del Convento di San Francesco.
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