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genere di animali della famiglia Iguanodontidae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Iguanodon (il cui nome significa "denti di iguana") è un genere estinto di dinosauro ornitopode iguanodontide vissuto nel Cretaceo inferiore, circa 126-125 milioni di anni fa (Barremiano-Aptiano)[2], in Belgio, Spagna e forse anche in altre località dell'Europa. Nel corso degli anni trascorsi dalla sua scoperta sono state descritte molte specie di Iguanodon, risalenti dalla fine del Giurassico ai primi del Cretaceo in Asia, Europa e Nord America, tuttavia le successive ricerche compiute nel primo decennio del XXI secolo suggeriscono che ci sia solo una singola specie certa: I. bernissartensis.[2] L'Iguanodon era un dinosauro erbivoro di grandi dimensioni e molto robusto. Le caratteristiche distintive di questo animale includono il grande artiglio-pollice sulle mani, probabilmente utilizzato per difendersi dai predatori, e in combinazione con le lunghe dita prensili per cercare il cibo.
Iguanodon | |
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Scheletro di I. bernissartensis, al Museo di scienze naturali di Bruxelles | |
Stato di conservazione | |
Fossile | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Superordine | Dinosauria |
Ordine | † Ornithischia |
Sottordine | † Ornithopoda |
Infraordine | † Euornithopoda |
Famiglia | † Iguanodontidae |
Genere | † Iguanodon Mantell, 1825 |
Nomenclatura binomiale | |
† Iguanodon bernissartensis Boulenger, 1881 | |
Sinonimi | |
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Specie | |
Il genere fu istituito nel 1825 dal geologo inglese Gideon Mantell, sulla base di esemplari fossili che oggi sono assegnati a Therosaurus e Mantellodon. L'Iguanodon fu uno dei primissimi dinosauri ad essere stati scoperti ed è stato il secondo tipo di dinosauro ad essere stato denominato formalmente sulla base di esemplari fossili, subito dopo il Megalosaurus. Inoltre, insieme a Megalosaurus e Hylaeosaurus, è stato uno dei tre generi originariamente utilizzati per definire Dinosauria. Il genere Iguanodon appartiene al gruppo degli iguanodontia, insieme agli hadrosauri. La tassonomia di questo genere continua ad essere un argomento di studio, in quanto nonostante le numerose specie nominate, molte di essi sembrano non appartenere al genere, o appartengono ad animali simili.
La comprensione scientifica dell'Iguanodon si è evoluta nel corso del tempo, grazie a nuove informazioni ricavate da nuovi fossili. I numerosi esemplari di questo genere, tra cui scheletri quasi completi ritrovati in due siti ben noti, hanno permesso ai ricercatori di formulare ipotesi per quanto riguarda molti aspetti della vita animale, tra cui l'alimentazione, il movimento, e il comportamento sociale. Essendo uno dei primi dinosauri scientificamente ben noti, l'Iguanodon occupa un posto piccolo ma notevole nella percezione del pubblico sui dinosauri, e le sue rappresentazioni artistiche sono cambiate significativamente in risposta alle nuove interpretazioni dei suoi resti.
L'Iguanodon era un dinosauro erbivoro di grandi dimensioni e molto robusto, in grado di spostarsi sia in posizione bipede che quadrupede.[3] Si stima che la specie tipo, I. bernissartensis, potesse raggiungere in media un peso di circa 3,08 tonnellate (3,4 tonnellate corte),[4] per una lunghezza complessiva di circa 10 metri (33 piedi) da adulto, con alcuni esemplari che potrebbero aver raggiunto addirittura i 13 metri (43 piedi).[5] Questi animali avevano un cranio grande, alti ma stretti teschi, che terminavano in un becco sdentato probabilmente ricoperto di cheratina, mentre i denti, simili a quelli di un'iguana, si trovavano nel retro della bocca.[3]
Le braccia dell' I. bernissartensis erano molto lunghe (fino al 75% della lunghezza delle gambe), robuste,[5] e dotate di mani piuttosto inflessibili costruite in modo che le tre dita centrali potessero supportare il peso del corpo.[3] Il pollice era costituito da un'unica falange-artiglio conico che sporgeva dalle tre dita principali. Nelle prime ricostruzioni dell'animale, questo artiglio conico era stato erroneamente posizionato sul naso dell'animale. Tuttavia, fossili successivi rivelarono la vera natura dell'artiglio-pollice,[6] sebbene la sua esatta funzione sia ancora un mistero. Una delle ipotesi più accreditate ne vedrebbe un uso difensivo, o per la ricerca del cibo. Il mignolo dell'animale era allungato e posizionato alla sulla destra, e forse veniva utilizzato per manipolare oggetti. La formula falangea è 2-3-3-2-4, il che significa che il dito più interno ha due ossa, il successivo ne ha tre, ecc.[7] Le zampe posteriori erano potenti, ma non adatte ad una corsa sostenuta, e ogni piede possedeva tre dita. La spina dorsale e la coda erano irrobustite e sostenute da tendini ossificati, che ne irrigidivano la struttura, rendendo la coda un ottimo bilanciere durante i movimenti.[3]
L'Iguanodon possedeva, come dice il nome, dei denti molto simili a quelli delle moderne iguane, ma ovviamente di dimensioni nettamente maggiori. Tuttavia, a differenza degli hadrosauridi, in cui ad ogni dente perso se ne andava subito a sostituire un altro in un ciclo continuo, l'Iguanodon aveva un solo dente sostitutivo alla volta per ognuno di essi. La mascella superiore possedeva fino a 29 denti per lato, la mascella inferiore ne contava 25 per lato, mentre la premascella sopra e sotto era occupata dal robusto becco sdentato; i numeri tra inferiore e superiore differiscono poiché i denti della mascella inferiore sono più ampi di quelli superiori.[8] Poiché le file dei denti sono profondamente inserite dall'esterno delle ganasce, e per altri dettagli anatomici, si ritiene che, come per molti altri ornitischi, l'Iguanodon possedesse una struttura simile alle guance, per mantenere il cibo in bocca durante la masticazione.[9][10]
L'Iguanodon dà il nome al clado Iguanodontia, un gruppo molto popoloso di ornitopodi con molte specie conosciute dal Giurassico medio al Cretaceo superiore. A parte Iguanodon, i membri più noti di questo clado includono Dryosaurus, Camptosaurus, Ouranosaurus e gli Hadrosauri. In fonti più antiche, gli Iguanodontidae venivano mostrati come una famiglia a sé stante.[11][12] Inizialmente questa famiglia veniva usata come una sorta di refugium peccatorum, per tutti gli ornitopodi che non erano né hypsilophodontidi ne hadrosauridi. In pratica, gli animali come Callovosaurus, Camptosaurus, Craspedodon, Kangnasaurus, Mochlodon, Muttaburrasaurus, Ouranosaurus e Probactrosaurus furono generalmente assegnati a questa famiglia, in attesa di una più certa classificazione.[12]
Con l'avvento dell'analisi cladistica, Iguanodontidae, come tradizionalmente interpretato, ha dimostrato di essere parafiletica, e che questi animali si sono rilevati essere posti in punti diversi rispetto a hadrosauridi su un cladogramma, anziché in un singolo clado distinto.[3][8] In sostanza, il concetto moderno di Iguanodontidae attualmente include solo Iguanodon. Gruppi come Iguanodontoidea sono ancora utilizzati come cladi non classificate nella letteratura scientifica, anche se molti iguanodontidi tradizionali sono ora inclusi nella superfamiglia degli hadrosauroidea. Iguanodon si trova tra Camptosaurus e Ouranosaurus nei cladogrammi, ed è probabilmente discendente da un animale simile ad un Camptosaurus.[3] A un certo punto, il paleontologo Jack Horner ha suggerito, basandosi principalmente sulle caratteristiche del cranio, che gli hadrosauridi in realtà formassero due gruppi, uno con Iguanodon e gli hadrosaurini dalla testa piatta, e l'altra con Ouranosaurus e i lambeosaurini provvisti di cresta,[13] ma la sua ipotesi è stata respinta.[3][8]
Il seguente cladogramma segue gli studi condotti da Andrew McDonald (2012):[14]
Iguanodontia |
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Essendo uno dei primi generi di dinosauro ad essere stato nominato, sono state assegnate molte nuove specie al genere Iguanodon. Nonostante non sia mai diventato un refugium peccatorum, come successo a Megalosaurus, la storia tassonomica dell'Iguanodon è piuttosto complicata, e la sua tassonomia è sotto continue revisioni.[15][16][17][18] Sebbene Gregory Paul volesse identificare la specie I. bernissartensis solo con il famoso campione di Bernissart, alcuni esperti di ornitopodi come Norman e McDonald sono in disaccordo con l'identificazione di Paul, mantenendo comunque cautela nell'identificazione della specie da esemplari provenienti da Francia e Spagna.[16][19][20]
L' I. anglicus era l'originale specie tipo, ma l'olotipo di questa specie si basava su un singolo dente e i suoi resti erano troppo frammentari per essere classificati con sicurezza. Nel marzo del 2000, la Commissione Internazionale per la Nomenclatura Zoologica ha cambiato la specie tipo con la meglio nota specie I. bernissartensis, eleggendo a nuovo olotipo del genere il campione IRSNB 1534. L'originale dente di Iguanodon è oggi conservato al Te Papa Tongarewa, il museo nazionale della Nuova Zelanda a Wellington, anche se non è esposto al pubblico. Il fossile è arrivato in Nuova Zelanda in seguito al trasferimento del figlio di Gideon Mantell, Walter nelle isole; dopo la morte del maggiore dei Mantell, i fossili sono passati a Walter.[21]
Solo due specie assegnate ad Iguanodon sono ancora considerate valide:[3][16]
Attualmente (2017) solo una specie di Iguanodon è considerata dubbia:
I generi Iguanosaurus (Ritgen, 1828)[59], Hikanodon (Keferstein, 1834)[60][61] e Therosaurus (Fitzinger, 1840)[62] sono semplicemente sinonimi oggettivi, ossia altri nomi con cui viene indicata la specie I. anglicus.
La storia della scoperta dei primi fossili di Iguanodon è stata a lungo accompagnata da una popolare leggenda. La storia racconta che la moglie di Gideon Mantell, Mary Ann, scoprì i primi denti[63] di Iguanodon negli strati della foresta di Tilgate a Whiteman Green, Cuckfield, Sussex, in Inghilterra, nel 1822, mentre il marito era in visita da un paziente. Tuttavia, non v'è alcuna prova che Mantell portò la moglie con lui a visitare i pazienti. Inoltre, lo stesso Mantell dichiarò di aver trovato lui stesso i denti nel 1851.[64] Tuttavia, non tutti sono d'accordo sulla falsità di questa storia.[65] Dai suoi diari, si è a conoscenza che Mantell acquistò tempo prima delle grandi ossa fossili dalla cava di Whiteman Green, nel 1820. Poiché i fossili contenevano anche dei denti di teropode, inizialmente Mantell interpretò queste ossa, cercando di combinarle in uno scheletro parziale, come appartenenti ad un coccodrillo gigante. Nel 1821, Mantell menzionò il ritrovamento di alcuni denti erbivori e cominciò a considerare la possibilità che negli stessi strati potesse trovarsi anche un grande rettile erbivoro. Tuttavia, nella sua pubblicazione dei fossili del 1822 al South Downs, Mantell non si azzardò ad ipotizzare un collegamento tra i denti e il suo scheletro incompleto, presumendo che i reperti da lui presentati appartenessero a due animali giganti, uno carnivoro ( "un animale della tribù delle lucertole di enorme stazza"), e uno erbivoro. Nel mese di maggio 1822, Mantell mostrò i denti erbivori alla Royal Society di Londra ma i membri, tra i quali William Buckland, li identificarono come appartenenti ad un pesce, o a degli incisivi di un rinoceronte di uno strato terziario. Il 23 giugno 1823, anche Charles Lyell mostrò alcuni denti simili a Georges Cuvier, durante una serata a Parigi, ma il famoso naturalista francese ancora una volta li identificò come gli incisivi di un rinoceronte. Sebbene il giorno dopo Cuvier ritratto le sue affermazioni, Lyell riportò solo il licenziamento di Mantell, che divenne piuttosto diffidente in merito alla questione. Nel 1824, Buckland descrisse Megalosaurus e fu in quella occasione che venne invitato a visitare la collezione di Mantell. Vedendo le ossa, il 6 marzo, convenne che si trattava di alcuni sauri giganti (anche se ancora negava che si trattasse di un erbivoro). Incoraggiato, Mantell inviò nuovamente alcuni denti a Cuvier, che rispose il 22 giugno 1824, stabilendo che i denti appartenessero ad un rettile gigante, molto probabilmente erbivoro. In una nuova edizione di quell'anno del suo Recherches sur les Ossemens Fossiles, Cuvier ammise il suo precedente errore, che portò ad un'accettazione immediata di Mantell, e il suo nuovo sauro, negli ambienti scientifici. Mantell cercò di corroborare ulteriormente la sua teoria, trovando un moderno parallelo ai rettili esistenti.[66] Nel settembre 1824, Mantell visitò il Royal College of Surgeons, ma non riuscì subito a trovare degli analoghi moderni comparabili ai suoi denti. Tuttavia, l'assistente curatore Samuel Stutchbury riconobbe una certa somiglianza con i denti delle moderne iguane che aveva preparato da poco, anche se i denti di Mantell erano venti volte più a lunghi.[66]
In riconoscimento alla somiglianza dei denti a quelli delle iguane, Mantell decise di chiamare il suo nuovo animale Iguanodon, che significa appunto "dente di iguana", dall'unione della parola iguana e la parola greca ὀδών/odon, odontos ovvero "dente".[5] Sulla base della scala isometrica, stimò che la sua creatura avrebbe potuto raggiungere i 18 metri (59 piedi) di lunghezza, molto più dei 12 metri (39 piedi) di Megalosaurus.[67] Il nome iniziale proposto da Mantell era Iguanasaurus, ossia "lucertola iguana", ma il suo amico William Daniel Conybeare suggerì che quel nome era più applicabile ad un'iguana moderna, e che un nome migliore sarebbe stato Iguanoides (ossia "simile ad un'iguana") o appunto Iguanodon.[42][66] Mantell non diede alcun nome specifico alla sua creatura per formare una vera e propria nomenclatura binomiale, ma un nome scientifico fu fornito nel 1829 da Friedrich Holl, che ribattezzò l'animale I. anglicum, successivamente modificato in I. anglicus.[29]
Nel dicembre del 1824 Mantell inviò una lettera sulla scoperta alla locale Società Filosofica Portsmouth, alcune settimane dopo aver risolto il nome dell'animale. La lettera fu letta dai membri della Società in una riunione dell 17 dicembre, di cui un rapporto è stato pubblicato nel Hampshire Telegraph, che annunciò la scoperta e il nome di Iguanadon.[68] Mantell pubblicò formalmente i suoi risultati il 10 febbraio 1825, quando presentò un documento sui resti alla Royal Society di Londra.[64][67]
Un esemplare più completo di un animale simile fu scoperto in una cava a Maidstone, Kent, nel 1834 (negli strati più bassi della Formazione Lower Greensand), che in seguito Mantell acquistò. Il nuovo esemplare venne identificato come un Iguanodon sulla base della forma dei suoi denti distintivi. La lastra di Maidstone fu utilizzata per la prima ricostruzione scheletrica e artistica dell'Iguanodon, ma a causa della sua incompletezza, Mantell commise qualche errore, il più famoso dei quali fu il posizionamento di quello che egli credeva un corno nasale, sul muso dell'animale, dando all'Iguanodon l'aspetto di una grossa lucertola elefantina con un corno sul naso.[69] La scoperta di esemplari meglio conservati negli anni successivi hanno rivelato che il corno era in realtà un pollice-artiglio modificato. Ancora racchiuso nella roccia, lo scheletro del Maidstone è attualmente in mostra al Museo di Storia Naturale di Londra. Il comune di Maidstone commemorò questo ritrovamento con l'aggiunta di un Iguanodon rampante come supporto per il loro stemma, nel 1949.[70] Questo esemplare fu battezzato inizialmente come una seconda specie diversa da I. anglicus, ossia I. mantelli, una specie nominata nel 1832 da Christian Erich Hermann von Meyer, ma che in realtà proviene da una formazione diversa rispetto all'originale materiale di I. mantelli/I. anglicus.[42] Il campione di Maidstone, noto anche come "Mantel-piece" di Gideon Mantell, e formalmente etichettati NHMUK 3741[71] venne escluso dal genere Iguanodon, e prima classificato come cf. Mantellisaurus atherfieldensis da McDonald (2012);[72] poi come cf. Mantellisaurus atherfieldensis da Norman (2012)[71]; per poi divenire formalmente l'olotipo della specie Mantellodon carpenteri, da Paul (2012).
Allo stesso tempo, si stava creando della tensione tra Mantell e Richard Owen, un ambizioso scienziato e uno dei migliori collegamenti di finanziamento e della società nei turbolenti mondi della legge di riforma politica britannica e la scienza. Owen, che era un fervente creazionista, si oppose duramente alle prime versioni della scienza evoluzionistica ("transmutationismo") allora messa costantemente in discussione e che avrebbe usato i futuri ritrovamenti di dinosauri come arma in questo conflitto. Con il documento che descriveva Dinosauria, Owen ha ridimensionato i dinosauri dalle lunghezze di oltre 61 metri (200 piedi), determinando che non erano semplicemente lucertole giganti, e deducendo che trattasse di avanzati mammiferi, le cui insolite caratteristiche le erano state conferite loro da Dio; secondo la comprensione del tempo, che non avrebbero potuto essere "trasmutato" dai rettili ai mammiferi, come le creature.[73][74]
Nel 1849, pochi anni prima della sua morte nel 1852, Mantell si rese conto che gli iguanodonti non erano pesanti lucertole pachidermiche,[75] come Owen stava propagandando, ma capì che questi animali avevano arti anteriori sottili; tuttavia, la sua morte gli impedì di partecipare alla creazione delle sculture dei dinosauri di Crystal Palace, facendo in modo che la visione di Owen dei dinosauri fosse ampiamente esposta al pubblico per decenni.[73] Con Benjamin Waterhouse Hawkins, che aveva ormai costruito quasi due dozzine sculture a grandezza naturale di vari animali preistorici, in cemento scolpito in una struttura d'acciaio e mattoni; i due modelli di Iguanodon (basati sull'esemplare di Mantellodon), vennero creati vicini uno in piedi e uno sdraiato sulla pancia. Prima che la scultura dell'Iguanodon in piedi fosse stata completata, essa contenne un banchetto per venti al suo interno.[76][77][78]
Il più grande ritrovamento di fossili di Iguanodon mai avvenuto si è verificato il 28 febbraio 1878, in una miniera di carbone a Bernissart in Belgio, ad una profondità di 322 metri (1.056 piedi),[6] quando due minatori, Jules Créteur e Alphonse Blanchard, colpirono accidentalmente uno scheletro che inizialmente scambiarono per del legno pietrificato. Con l'incoraggiamento di Alphonse Briart, supervisore delle miniere della vicina Morlanwelz, il 15 maggio 1878 Louis de Pauw iniziò ad estrarre gli scheletri e nel 1882 Louis Dollo ne ricostruirono il primo. La cava restituì almeno 38 individui di Iguanodon,[3] la maggior parte dei quali erano adulti.[79] Nel 1882, il campione olotipo di I. bernissartensis è diventato uno dei primi scheletri di dinosauro mai montati per essere messo in mostra nei musei. Lo scheletro è stato montato in una cappella del Palazzo di Carlo di Lorena utilizzando una serie di funi regolabili collegati ad un ponteggio in modo da ricreare una posa realistica.[71] L'esemplare, insieme a molti altri, fu esposto al pubblico in un cortile interno del palazzo nel luglio 1883. Nel 1891, i fossili sono stati spostati nel Royal Belgian Institute of Natural Sciences, dove sono tuttora in mostra; nove degli scheletri sono ancora montati ed esposti al pubblico, mentre più di diciannove esemplari sono ancora nel seminterrato del museo.[6] La mostra rende un suggestivo spettacolo del Royal Belgian Institute of Natural Sciences, a Bruxelles. Una replica di questi scheletri è in mostra al Oxford University Museum of Natural History e al Sedgwick Museum of Earth Sciences a Cambridge. La maggior parte dei resti sono stati deferiti ad una nuova specie, I. bernissartensis,[80] che rimane un animale più grande e molto più robusta degli esemplari inglesi, ma un esemplare è stata rinviato alla nebulosa, il gracile I. mantelli (oggi Dollodon bampingi). Gli scheletri sono stati alcuni dei primi scheletri completi di dinosauro. Insieme ai vari resti di Iguanodon sono stati ritrovati anche resti di piante, pesci e alcuni rettili,[6] tra cui il crocodyliforme Bernissartia.[81]
A quell'epoca la scienza della conservazione dei resti fossili era agli albori, e le nuove tecniche dovettero improvvisare avendo a che fare con quello che venne chiamata la "malattia della pirite". La pirite cristallina presente nelle ossa si era ossidata nel solfato di ferro[non chiaro], che accompagnata da un aumento di volume causava lo sgretolamento dei resti fossili. Difatti, quando nel terreno le ossa erano isolate dall'umida argilla anossica che gli impediva la reazione, ma una volta rimosso ed esposte all'aria aperta, la naturale conversione chimica cominciava a verificarsi. Per limitare questo effetto, De Pauw ricopriva i fossili appena estratti dalla miniera con argilla bagnata e una sigillatura con carta e gesso rinforzato da anelli di ferro, formando in totale circa seicento blocchi trasportabili con un peso combinato di centotrenta tonnellate. A Bruxelles, dopo aver aperto l'imballatura, le ossa venivano impregnate con della gelatina bollente mescolata con olio di chiodi di garofano come conservante. Rimossa la maggior parte della pirite visibile, l'osso veniva poi indurito con della colla animale, ricoprendo il tutto con un ultimo strato di carta stagnola. Il danno veniva invece riparato con la cartapesta.[82] Tuttavia questo trattamento aveva l'effetto indesiderato della tenuta in umidità e estendeva il periodo di danno. Nel 1932, il direttore del museo Victor van Straelen decise che i campioni dovevano essere completamente restaurati di nuovo per salvaguardare la loro conservazione. Dal dicembre 1935 all'agosto 1936 il personale presso il museo di Bruxelles trattava il problema con una combinazione di alcol, arsenico e 390 chilogrammi di gommalacca. Questa combinazione era stata progettata per penetrare nei fossili (con l'alcol), prevenire lo sviluppo di muffe (con l'arsenico) e indurire (con la gommalacca) contemporaneamente. I fossili sono entrati un terzo round di conservazione a partire dal 2003 fino al maggio 2007, quando la gomma lacca, la colla animale e la gelatina sono stati rimossi e impregnati di acetato di polivinile e cianoacrilato e resine epossidiche.[83] I trattamenti moderni a questo problema tipicamente coinvolgono sia il monitorare l'umidità dell'ambiente in cui il fossile viene collocato, o, per i campioni più freschi, viene creato un rivestimento speciale di polietilenglicole che viene poi riscaldato in una pompa a vuoto, in modo che l'umidità venga immediatamente rimossa e viene infiltrato del polietilene glicole nelle porosità dell'osso per sigillare e rinforzare il fossile.[6]
Gli esemplari di Dollo dimostrarono che l'idea che gli Iguanodon fossero gigantesche lucertole elefantine, come proposto da Owen, era errata. Infatti per ricostruire i suoi scheletri, Dollo si ispirò alla postura dei moderni casuari e wallaby, correggendo il corno nasale delle vecchie ricostruzioni e posizionandolo correttamente come pollice dell'animale.[84][85] La ricostruzione non fu facile e oggi essa risulta obsoleta ed errata, ma fu un lavoro lungo e difficile poiché prima di allora nessuno aveva mai montato uno scheletro completo di dinosauro. Uno dei problemi più grandi di queste ricostruzioni fu la postura della coda. Quest'organo era molto rigido in vita e indurito da tendini ossificate. Infatti, per ottenere una postura e forma della coda come quella dei moderni wallaby e canguri, la coda si sarebbe spezzata. Oggi sappiamo infatti che la colonna vertebrale e la coda dell'animale erano rigide e tenute parallele al suolo, mentre gli arti dell'animale sorreggevano il corpo.[6]
Gli scavi alla cava si fermarono nel 1881, anche se la cava non aveva esaurito i suoi fossili, come dimostrato dalle recenti operazioni di perforazione.[86] Durante la prima guerra mondiale, quando la città fu occupata dalle forze tedesche, cominciarono i preparativi per riaprire la miniera per alla paleontologia, e Otto Jaekel fu mandato da Berlino a sorvegliare l'operato. Gli alleati riconquistarono Bernissart proprio quando stava per essere scoperto il primo strato fossilifero. Ulteriori tentativi di riaprire la miniera sono stati ostacolati da problemi finanziari e sono stati fermati del tutto nel 1921, quando la miniera si allagò.[6]
Le ricerche sull'Iguanodon diminuirono durante la prima parte del XX secolo a causa delle guerre mondiali e alla Grande depressione che avvolse tutta l'Europa. Nel 1925, fu nominata una seconda ma speculativa specie, I. atherfieldensis, nominata da RW Hooley, sulla base di un esemplare scoperto ad Atherfield Point sull'Isola di Wight.[30]
Diversi fossili di iguanodonti furono assegnati al genere Iguanodon negli anni, come gli esemplari segnalati in Africa sulla base di denti dalla Tunisia[87] e in altre parti del Sahara[88], ma la descrizione di Lurdusaurus e Ouranosaurus ha messo in dubbio i presunti esemplari africani di Iguanodon. Il genere è stata registrato anche in Mongolia in base alla descrizione della presunta specie I. orientalis,[46] e in Nord America basato sulla specie I. ottingeri, dallo Utah.[58] Un'altra specie dal Nord America, stavolta dal Sud Dakota, una volta assegnata ad Iguanodon come I. lakotaensis[40], è stata riclassificata come un genere a sé stante, Dakotadon lakotaensis.[16]
L'Iguanodon non fu parte del lavoro iniziale nel rinascimento dei dinosauri, avviato con la descrizione di Deinonychus nel 1969, ma non venne trascurato per molto tempo. Gli studi di David B. Weishampel sui meccanismi dell'alimentazione degli Ornitopodi fornirono una migliore comprensione di come essi si nutrivano,[89] e i lavori di David B. Norman sui numerosi aspetti subiti dal genere resero l'Iguanodon nuovamente popolare tra i dinosauri.[3][6][52][90] Inoltre, un ulteriore ritrovamento di numerosi scheletri di Iguanodon, a Nehden, Renania Settentrionale-Vestfalia, in Germania, hanno fornito le prove per ipotizzare una possibile vita sociale di questi animali, in quanto questi esemplari sembrano essere morti insieme durante un evento catastrofico, come un'alluvione. Da questo ritrovamento sono stati ritrovati almeno 15 individui, lunghi dai 2 agli 8 metri (6,6 agli 26,2 piedi) anche se alcuni di essi dalla corporatura più gracile sono stati classificati come Mantellisaurus e/o Dollodon (denominato I. atherfieldensis all'epoca in quanto si credeva un'altra specie di Iguanodon).[16][79]
I materiali fossili di Iguanodon sono stati utilizzati anche nella ricerca sul DNA dei dinosauri e le altre biomolecole. Nella ricerca di Graham Embery et al. le ossa dell'Iguanodon sono state elaborate per cercare dei residui di proteine. In questa ricerca, i resti identificabili di proteine tipiche delle ossa, come fosfoproteine e proteoglicani, sono stati ritrovati in una costola.[91]
Uno dei primi dettagli che conferì il suo stesso nome all'Iguanodon sono i suoi denti, simili a quelli del suddetto rettile erbivoro, sebbene gli studiosi non siano sempre stati d'accordo sulla sua alimentazione. Come notato Mantell, i resti fossili con cui lavorava erano diversi da qualsiasi altro rettile moderno, specialmente nella zona sdentata a posizionata nella sinfisi dove era presente il becco a forma di paletta, in cui trovò un miglior confronto con le mascelle del bradipo didattilo e dell'estinto bradipo Mylodon. Mantell suggerì anche che l'animale possedesse una lunga lingua prensile che usava per raccogliere il cibo,[92] come le giraffe. Tuttavia, resti più completi smentirono questa ipotesi, in quanto l'osso ioide, l'osso che sostiene la lingua, era molto robusto, il che implica che la lingua fosse muscolosa e non prensile, e veniva probabilmente utilizzata per spostare il cibo all'intorno della bocca durante la masticazione.[90] L'idea di una lingua simile a quella delle giraffe fu proposta anche da Dollo sulla base di una mandibola, che in seguito si dimostrerà rotta.[93]
Il cranio dell'Iguanodon era robusto e stretto, e strutturato in modo tale che da chiuso, le ossa in cui alloggiavano i denti della mascella si incontrassero con quelli della mandibola. In questo modo durante la masticazione le due superficii dei denti sfregandosi l'una contro l'altra avrebbero macinato perfettamente il cibo, in un equivalente della masticazione dei mammiferi.[89] I denti sostituendosi di continuo, permettevano all'animale di utilizzare questo meccanismo per tutta la vita, potendo macinare anche dure fibre vegetali.[94] Inoltre, l'estremità anteriori delle ganasce dell'animale erano prive di denti e ricoperti di nodi ossei, sia superiori sia inferiori,[3] fornendo un margine approssimativo che probabilmente era ricoperto e allungato con del materiale cheratinoso che formava il becco dell'animale, usato per tagliare e mordere ramoscelli e germogli.[6] La raccolta del cibo sarebbe stata aiutata anche dal suo mignolo flessibile, che avrebbero potuto essere utilizzato per manipolare oggetti, a differenza delle altre dita.[3]
Non si conosce esattamente di che cosa si nutrisse l'Iguanodon. Le dimensioni delle specie più grandi, come I. bernissartensis, avrebbero consentito loro un accesso al cibo da terra al fogliame degli alberi, dai 4 ai 5 metri (13-16 piedi) d'altezza.[5] Una dieta di equiseti, cycadi e conifere fu suggerita da David Norman,[6], anche se gli iguanodonti in generale erano in qualche modo legati all'evoluzione delle piante angiosperme durante il Cretaceo. Secondo tale ipotesi, la crescita delle angiosperme sarebbe stata indotta dall'alimentazione degli iguanodonti, poiché le gimnosperme sarebbero state rimosse dagli stessi, consentendo la proliferazione delle prime angiosperme.[95] Tuttavia manca la prova decisiva di tale ipotesi.[3][96] Qualunque sia stata la sua precisa dieta, grazie alle sue dimensioni e alla sua proliferazione, l'Iguanodon era probabilmente l'erbivoro dominante del suo ecosistema.[3] In Inghilterra, l'Iguanodon condivideva il suo habitat con il piccolo predatore Aristosuchus, i teropodi Eotyrannus, Baryonyx e Neovenator, gli ornitopodi Hypsilophodon e Valdosaurus, altri "iguanodontidi" come il Mantellisaurus, l'erbivoro corazzato Polacanthus e il sauropode Pelorosaurus.[97]
I primi resti fossili dell'Iguanodon erano alquanto frammentari, il che ha portato a molte speculazioni sulla postura e la locomozione dell'animale. Inizialmente, l'Iguanodon venne descritto come una grossa lucertola elefantina quadrupede con un corno nasale. Tuttavia, grazie al ritrovamento di esemplari più completi, Mantell osservò che gli arti anteriori erano molto più piccoli di quelli posteriori. Tuttavia, il suo rivale Owen continuava a credere che l'animale fosse solo una grande lucertola dal corpo tozzo e arti colonnari. Il compito di sovrintendere alla prima ricostruzione a grandezza naturale dei dinosauri fu inizialmente offerto a Mantell, che dovette rifiutare a causa delle sue cattive condizioni di salute, perciò la visione di Owen costituì la base su cui le sculture presero forma. La natura bipede dell'animale venne rivelata con la scoperta degli scheletri di Bernissart. Tuttavia, qui l'animale è stato rappresentato in una postura eretta, con la coda strisciante al terreno, che avrebbe agito come una terza gamba in una posizione tripode.[98]
Durante il suo riesame sugli scheletri di Iguanodon, David Norman è stato in grado di dimostrare che questa posizione era improbabile, poiché la lunga coda era irrigidita da tendini ossificati,[90] pertanto per raggiungere una posizione eretta tripode, la coda dell'animale si sarebbe letteralmente spezzata.[6] Mettendo l'animale in una posizione orizzontale rende molti aspetti delle braccia e della cintura scapolare più comprensibile. Ad esempio, la mano è relativamente immobile, con le tre dita centrali raggruppate, recanti un'unghia simile ad uno zoccolo, e incapaci di estendersi troppo. Questo avrebbe permesso loro di sopportare il peso del corpo. Anche il polso era relativamente immobile, mentre le ossa delle braccia e delle spalle erano molto robuste. Queste caratteristiche suggeriscono tutte l'animale passasse la maggior parte del tempo sulle quattro zampe.[90]
Inoltre, sembra che animali come l'Iguanodon divenissero sempre più portati a diventare quadrupede man mano che invecchiavano e divenivano più pesanti; al contrario i giovani I. bernissartensis hanno braccia più corte rispetto agli adulti (60% della lunghezza degli arti posteriori contro il 70% negli adulti).[3] Quando l'animale camminava quadrupede, le mani degli animali erano tenuti in modo che i palmi delle mani fossero uno di fronte all'altro, come mostrato da alcune piste di impronte di iguanodonti e dall'anatomia delle braccia e delle mani.[99][100] Le tre dita del piede dell'Iguanodon erano relativamente lunghe, e quando cammina, sia la mano sia il piede sarebbero stati utilizzati in una locomozione digitigrada.[3] La velocità massima che un Iguanodon poteva raggiungere è stimata a 24 km/h (15 mph),[101] quando in posizione bipede, in quanto la forma degli arti anteriori non gli avrebbe consentito di galoppare a quattro zampe.[3]
Nei Wealden beds, sull'Isola di Wight, Inghilterra, sono state ritrovate delle grandi impronte a tre dita risalenti al Cretaceo inferiore, inizialmente di difficile interpretazione. Inizialmente alcuni autori li associarono ai dinosauri, e nel 1846, E. Tagert si spinse fino ad assegnarli a un ichnogenere a cui diede il nome di Iguanodon,[102] mentre nel 1854, Samuel Beckles osservò che somigliavano di più alle tracce di un uccello.[103] L'identità di questa pista di impronte fu notevolmente chiarita grazie alla scoperta del 1857 della zampa posteriore di un giovane Iguanodon, con i piedi distintamente tridattili, mostrando che tali dinosauri avrebbero potuto lasciare tali tracce.[104][105] Nonostante la mancanza di prove dirette, queste tracce sono spesso attribuite a Iguanodon.[6] Un'altra pista, sempre in Inghilterra, mostra ciò che potrebbe essere un Iguanodon che muove su quattro zampe, ma le impronte dei piedi sono povere, rendendo difficile un qualsiasi collegamento diretto.[90] Tracce assegnate all'ichnogenere Iguanodon sono note anche da altre località europee dove non sono state scoperte ossa fossili di Iguanodon, come a Spitsbergen e Svalbard, in Norvegia.[106][107]
L'artiglio-pollice dell'Iguanodon è una delle caratteristiche più note dell'animale. Originariamente, questa struttura era stata erroneamente posizionata sulla punta del muso come un corno nasale, da Mantell. Fortunatamente, gli esemplari più completi di Bernissart permisero a Dollo di posizionare correttamente la struttura sulla mano, rivelando la sua natura di pollice modificato.[98] Questa fu solo il primo esempio di un artiglio modificato mal interpretato nella paleontologia, infatti, sarebbe successa la stessa cosa nelle scoperte di Noasaurus, Baryonyx e Megaraptor, dove l'artiglio originariamente interpretato come un artiglio a falce tipico dei dromeosauridi, si sarebbe rivelato in realtà un artiglio della mano.[108][109]
L'ipotesi prevalente sull'utilizzo di questa struttura è che l'animale lo utilizzasse per difendersi dai predatori, come uno stiletto,[3][6] anche se potrebbe essere stato usato anche per rompere i semi e i frutti,[3] o nelle lotte intraspecifiche tra animali della stessa specie per questioni territoriali.[5] Un'ipotesi alquanto fantasiosa, proposta da un autore suggeriva che l'artiglio fosse collegato ad una ghiandola velenifera che sarebbe stata usata dall'animale per difendersi e iniettare veleno nel corpo dell'aggressore,[110] ma questa ipotesi non è stata presa sul serio poiché l'artiglio al suo interno non è cavo,[5] e non vi erano scanalature per far passare il veleno.[111]
Anche se a volte interpretata come il risultato di una singola catastrofe, oggi i fossili di Bernissart sono indicati interpretati come un insieme di eventi multipli. Secondo questa interpretazione, i corpi di questi individui si sarebbero ammassati a seguito di almeno tre ondate, e anche se più esemplari sono morti insieme allo stesso tempo (? 10-100 anni),[79] questo non vuol necessariamente dire che questi esemplari di Iguanodon stessero viaggiando insieme.[3]
Una prova contro l'ipotesi di un branco è che i resti di esemplari giovani sono molto rari in questo sito, a differenza dei casi di mortalità moderne nelle mandrie, in quanto sono spesso i giovani le maggiori vittime delle inondazioni periodiche le cui carcasse tendono ad accumularsi in laghi o in zone paludose.[79] Il ritrovamento di Nehden, tuttavia, mostra una mortalità più marcata negli esemplari adulti e anziani, in un mix con altre specie come Dollodon o Mantellisaurus insieme a Iguanodon, e la natura geografica confinata, registra una mortalità degli animali gregari che migrano attraverso i fiumi.[79]
A differenza di altri presunti dinosauri gregari (soprattutto hadrosauri e ceratopsidi), non v'è alcuna prova che l'Iguanodon possedesse un qualche tipo di dimorfismo sessuale, in cui i due sessi differissero in qualcosa.[25] Un tempo, è stato suggerito che il I. bernissartensis e I. "mantelli", o I. atherfieldensis (Dollodon e Mantellisaurus, rispettivamente) rappresentassero rispettivamente il sesso maschile e femminile, con i più grandi e robusti esemplari identificati come maschi, mentre gli esemplari più gracili e leggeri sono stati interpretati come femmine.[112] Tuttavia, questa ipotesi non è supportata oggi.[6][15][90] Un'analisi del 2017 ha dimostrato che l'I. bernissartensis esibisce un gran livello di variazione individuali in entrambi gli arti (scapola, omero, pollice-artiglio, ileo, ischio, femore, tibia) e nella colonna vertebrale (asse, osso sacro, vertebre caudali). Inoltre, questa analisi ha rivelato che gli individui di I. bernissartensis possono essere generalmente classificati in due categorie, a seconda del caso in cui le vertebre caudali avessero un solco sul fondo, e se i loro artigli-pollice fossero più grandi o più piccoli.[25]
La prova di una frattura ossea all'anca è stata ritrovata in un esemplare di Iguanodon, che ha avuto un infortunio all'ischio. Altri due individui sono stati osservati con segni di artrosi come evidenziato dall'eccessiva ricrescita ossea nelle loro ossa delle anche, chiamate osteofiti.[113]
Sin dalla sua descrizione nel 1825, l'Iguanodon fu uno dei dinosauri più famosi e conosciuti nella cultura popolare di tutto il mondo. Due ricostruzioni a grandezza naturale di Mantellodon (all'epoca considerati Iguanodon) sono tuttora esposti al Crystal Palace di Londra, e fin dal 1852 hanno notevolmente contribuito alla popolarità dell'animale,[114] sebbene si basino sulle prime interpretazioni di Mantell, venendo ritratti come gigantesche lucertole quadrupedi con un corno sul muso, ma questo era fu solo il primo tentativo di ricostruire un animale preistorico. Nel 1910, Heinrich Harder ha ritratto un gruppo di Iguanodon nei suoi dipinti, inserite in libri scientifici tedeschi sugli animali estinti e preistorici noto come "Tiere der Urwelt", basandosi sugli esemplari di Bernissant.
Diversi film hanno caratterizzato l'Iguanodon. Nel film Disney Dinosauri (2000), il protagonista è un Iguanodon di nome Aladar, insieme ad altri tre iguanodonti che fanno da personaggi secondari; al Disney's Animal Kingdom vi è un'attrazione basata sul film in cui lo scopo è riportare l'Iguanodon nel presente. Le prime illustrazioni dell'Iguanodon sono, inoltre, state di ispirazione per la creazione di Godzilla insieme ad altri due dinosauri; gli altri due sono il Tyrannosaurus e lo Stegosaurus.[115] L'Iguanodon fa anche qualche cameo in alcuni film de Alla ricerca della Valle Incantata, così come in alcuni episodi dell'omonima serie televisiva. LIguanodon è uno dei dinosauri di sfondo nel film L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri (2009). L'Iguanodon compare anche nel franchise di Jurassic Park, fa la sua prima apparizione nel prologo del film Jurassic World - Il dominio (2022), è il suo ruolo maggiore, e si vede un esemplare nutrirsi di un'erba poco bassa, viene però interrotto da un Giganotosaurus, appena svegliato, il quale prova a riottenere il suo terreno d'erba con un piccolo ruggito, ma viene allontanato dal ruggito intimidatorio del Giganotosaurus. Nel film Jurassic World - Il dominio tuttavia ricopre il ruolo da comparsa comparendo solo in alcune piccole scene durante l'incendio scoppiato nel santuario Biosyn, il più delle volte al buio e non al centro della attenzione, rendendolo impossibile da notare al pubblico.
A parte le sue apparizioni nei film, l'Iguanodon è apparso anche in serie televisive e romanzi. Una delle sue apparizioni più recenti e accurate è nella serie di documentari della BBC Nel mondo dei Dinosauri (1999), e uno dei dinosauri principali nel romanzo di Sir Arthur Conan Doyle Il mondo perduto (1912), così come appare in un episodio del documentario della Discovery Channel Pianeta dei Dinosauri (dove viene erroneamente mostrato correre su tutte e quattro le zampe e vive nel Cretaceo superiore). Inoltre, è presente nel romanzo di Bob Bakker Raptor Red (1995), come una frequente preda degli Utahraptor. Una fascia principale di asteroidi, 1989 CB 3, è stata nominata 9941 Iguanodon in onore del genere.[116][117]
Essendo uno dei primissimi dinosauri descritti e conosciuti nella storia, l'Iguanodon è spesso usato come barometro per constatare la percezione del pubblico e le conoscenze scientifiche sui dinosauri. Difatti, la sua interpretazione e ricostruzioni sono passate attraverso tre fasi: nell'età vittoriana era visto come una gigantesca e flaccida lucertola quadrupede con un corno sul muso, per poi nel XX secolo rivelarsi come un animale bipede, ma ancora fondamentalmente rettile che strisciava con la coda al suolo, cambiando leggermente nel corso del 1960 fino ai giorni nostri, venendo rappresentato correttamente come un animale in grado di muoversi sia quadrupede sia bipede.[118]
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