famiglia nobiliare italiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
I Gabrielli (anche conosciuti come Gabrielli di Gubbio) sono una famiglia feudale originaria di Gubbio (Umbria), considerata una delle più antiche d'Italia.
d'azzurro, a tre bisanti d'argento crociati in rosso, al crescente montante d'argento in cuore, colla bordura dentata (inchiavata) d'argento e di rosso
Alcuni genealogisti fanno risalire le loro origini all'epoca romana, sostenendo che i Gabrielli discendano e traggano il nome da sant'Eudossia Gabriella, nipote dell'ImperatoreCaracalla. Ciò tuttavia non è supportato da alcuna prova, e i primi documenti storici che menzionano la famiglia sono del X secolo, quando Cante Gabrielli ottenne da papa Stefano VII alcuni castelli nell'Italia centrale, tra i quali quello di Luceoli, che fu ribattezzato Cantiano (da Cante).
La famiglia accrebbe nei secoli il suo potere e prestigio, e molti suoi membri si distinsero nei campi della politica, della sfera militare, della diplomazia, della scienza, dell'arte, della religione:
Gabriello Gabrielli (?-1384), figlio di Necciolo, fratello di Francesco, fu Vescovo e Signore di Gubbio dal 1381 al 1384. Fu Vicario generale per la diocesi di Roma e Signore di Cantiano, dove si spense pieno di giorni e di buone opere[1], ricordato dai suoi sostenitori come padre della patria eugubina[2].
Francesco Gabrielli (?-1400), figlio di Necciolo, fratello di Gabriello, fu governatore di Gubbio, podestà di Pergola e Siena, senatore di Roma, Signore di Cantiano. Ebbe da papa Bonifacio IX la nomina a senatore dell'Urbe e la condotta di 100 lance, confermate poi al figlio Giovanni che si stabilì definitivamente a Roma, dando origine al ramo romano.
Francesco Gabrielli, conte di Baccaresca, servì come generale delle truppe italiane durante la guerra del Portogallo e cadde nella battaglia di Alcazarquivir nel 1578.
Bartolomeo Gabrielli, conte di Baccaresca (1566 - 1633), di Gubbio, prestò servizio come Capitano Generale del Contado Venassino.
Ippolito Gabrielli, della "nobilissima città d'Eugubbio", abiurò l’”idolatra papistica religione” e abbracciò il Protestantesimo in Basilea, per entrare poi al servizio della casa d’Orange e stabilirsi ad Arnhem, in Olanda, dove morì dopo il 1653[7]. Gli fu dedicato un libretto di Carmina Gratulatoria (1652), in latino, greco, italiano, francese e tedesco, connesso al suo insegnamento nell'Academia Basileense (Università di Basilea), uno dei più antichi centri di propagazione della Riforma[8].
Pompeo Gabrielli (1780-1861) dei principi di Prossedi, militare e politico, fu il primo laico a entrare nel governo pontificio in qualità di Ministro delle Armi, ricoprendo tale carica dal gennaio al marzo 1848.
tra i quali il principale fu quello di Roma, proveniente direttamente da Gubbio con Francesco di Necciolo e suo figlio Giovanni e presente ininterrottamente nell'Urbe fin dalla fine del XIV secolo; questo ramo ebbe tra i suoi membri diversi cardinali di cui uno che fu Segretario di Stato. Molti membri furono senatori di Roma ed ebbero molte cariche civili e militari concesse dalla Sede Apostolica. Essendo dunque casata benemerita dello Stato Pontificio ottenne dal Papa prima il titolo di marchese, poi il titolo di Principe di Prossedi. Due membri di questo ramo sposarono due principesse appartenenti alla famiglia Bonaparte. Questo ramo è perpetuato nei di Carpegna-Falconieri-Gabrielli, essendone i primogeniti in linea maschile ed avendo rinunciato nel 1741 al proprio cognome e titolo per divenire conti sovrani di Carpegna;
un altro ancora, stabilitosi anch'esso a Fano, quello dei Gabrielli di Montevecchio, porta i titoli di duca e conte; nel 1746 questo ramo ereditò nome, titolo, stemma e patrimonio della casa Martinozzi di Fano, da cui un secolo prima era uscita Laura, duchessa di Modena (1655-1662), poi reggente il Ducato (1662-1674), e madre di Maria Beatrice, regina d'Inghilterra dal 1685 al 1688; e nel 1804 lo stesso ramo ereditò dalla casa Benedetti di Spoleto i titoli di duca di Ferentillo e conte di San Michele (di Bagnorea);[12] nel 1847, a seguito della vendita di alcuni territori, quest'ultimo titolo comitale, con breve di papa Pio IX in data 1° ottobre, passò a Louis Désiré de Montholon-Sémonville, unitamente a quello di principe di Umbriano e di Precetto;[13]
il ramo che si stabilì nel Regno delle Due Sicilie e proveniente da quello romano porta i titoli di conte Gabrielli e barone di Quercita;
un ultimo ramo, infine, si stabilì in epoca medievale in laguna, dove talvolta sono indicati col cognome di Gabriel o Cabriel: a Venezia risultano aggregati al patriziato almeno dal 1297 e rimasero in Maggior Consiglio per mezzo millennio, fino alla caduta della Repubblica. Nel 1506 questo ramo ereditò dai Mauruzi da Tolentino la contea di Aviano, avendo i fratelli Cristoforo e Silvestro sposato le sorelle Vittoria e Bortola da Tolentino, figlie di Lancillotto di Cristoforo di Niccolò da Tolentino, celebre condottiero rinascimentale[14]. Un ramo collaterale si portò a Capodistria, dove diede alla città vari vescovi.
Tutti i rami portano il titolo di patrizio di Gubbio.
Copia della Lettera Scrita dal' Ilustrissimo, & Eccellentissimo Signor' Ipolito Gabrielli al' Ilustrissimo, & Eccellentissimo Signore Filippo Cesarini, suo intrinsichissimo amico e fratello del Signor' Duca Cesarini per le sue giuste Cause, che lo mossero à separarsi per sempre dalli Amici, Parenti, Patria, è Italia tutta.. Stampato in Arnhem, presso Giovanni Giacomo, 1653.
Carmina gratulatoria illustrissimo & generosissimo Dn. Dn. Hippolyto Gabriellio Senogalliâ-Italo, cùm in illustri & perantiqua Academia Basileensi, magno piorum applausu, Ecclesiae Reformatae Catholicae nomen daret: [...] ab Amicis, Anno Christi M. DC. LIII die 4 Decembre. Basileae, Typis Joan.Jacobi Genathi.
Pietro Cesarei, San Michele di Bagnorea – 27 ottobre, in L'Araldo. Giornale militare politico scientifico letterario, Anno II, n.205, Napoli, 5 dicembre 1889, p.prima. URL consultato il 15 agosto 2024.
Emmanuele Antonio Cigogna. Delle iscrizioni veneziane raccolte ed illustrate da Emmanuele Antonio Cigogna cittadino veneto.. Presso Giuseppe Picotti stampatore, Venezia, 1830.