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composto chimico organico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'etere dietilico, altrimenti noto come etere etilico, dietiletere o etossietano è il più comune degli eteri alifatici (formula , spesso abbreviata ). A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore, molto mobile, dall'odore caratteristico, detto etereo per antonomasia. È un composto estremamente volatile () e infiammabile, nocivo, ottimo solvente di grassi. È completamente miscibile con etere di petrolio, benzene e idrocarburi in genere e gli altri solventi eterei THF e diossano, con alcool, acetone, acetato di etile, acetonitrile, piridina, con i solventi clorurati cloroformio e diclorometano; pertanto, e in quanto praticamente inerte alle basi anche forti (e resistente pure agli acidi diluiti) e per la sua scarsa reattività in genere, viene comunemente utilizzato come solvente di uso generale in chimica organica e organometallica. È praticamente immiscibile con formammide, glicol e glicerina[2].
Etere dietilico | |
---|---|
Nome IUPAC | |
etossietano | |
Nomi alternativi | |
etere etere etilico dietiletere 3-ossapentano etere in frigo | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C4H10O |
Massa molecolare (u) | 74,12 |
Aspetto | liquido incolore |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 200-467-2 |
PubChem | 3283 |
DrugBank | DBDB13598 |
SMILES | CCOCC |
Proprietà chimico-fisiche | |
Densità (g/cm3, in c.s.) | 0,71 |
Solubilità in acqua | 69 g/l (20 °C) |
Temperatura di fusione | −116 °C (157 K) |
Temperatura di ebollizione | 34 °C (307 K) (1013 hPa) |
Indicazioni di sicurezza | |
Punto di fiamma | −40 °C (233 K) |
Limiti di esplosione | 1,7 - 36 Vol% |
Temperatura di autoignizione | 170 °C (443 K) |
Simboli di rischio chimico | |
pericolo | |
Frasi H | 224 - 302 - 336 - EUH019 - EUH066 |
Consigli P | 210 - 240 - 403+235 [1] |
In laboratorio chimico, dove di solito è chiamato semplicemente «etere»,[3] è usato comunemente per via della sua modesta polarità (; ) e scarsa miscibilità con l'acqua (), cose che lo rendono particolarmente adatto per sciogliere sostanze organiche poco polari o apolari. Inoltre, la sua elevata volatilità ne facilita di molto la rimozione.
L'etere viene preparato per riscaldamento dell'alcol etilico con acido solforico (per questo, in vecchi trattati di chimica organica veniva anche chiamato etere solforico).[4] L'acido solforico funge da agente disidratante, oltre che come acido, condensando due molecole di alcol in una di etere etilico, la temperatura deve essere controllata attentamente e mantenuta fra 130 °C e 150 °C, perché a temperatura più alta l'alcool subisce disidratazione, producendo etilene gassoso. A questo punto l'etere grezzo, viene dapprima mescolato con idrossido di calcio per rimuovere i contaminanti acidi, quindi con cloruro di calcio per rimuovere l'alcol che non ha reagito e l'acqua, e infine distillato di nuovo. Sebbene contenga ancora tracce d'acqua, questo etere così preparato è adatto per molti usi, compreso quello chirurgico. Le successive ridistillazioni sono condotte in presenza di anidride fosforica o sodio metallico, e forniscono un prodotto finale a purezza elevata.
L'etere dietilico, come gli altri eteri alifatici resiste bene agli agenti riducenti anche forti e discretamente agli ossidanti. Essendo impiegato come estraente di CrO5[5] in un noto saggio (Barresville) di riconoscimento dei cromati (e bicromati) con H2O2 in ambiente acquoso acido,[6] l'etere evidentemente sopporta l'azione ossidante del cromo esavalente, almeno a breve termine.
L'etere dietilico è una debole base di Brønsted (ma un po' migliore degli eteri aromatici) e come tale reagisce facilmente con acidi molto forti protonandosi all'ossigeno, dando sali di ossonio isolabili, qui dietilossonio:
(fluorosolfato di dietilossonio)
Similmente, come base di Lewis, reagisce con acidi di Lewis dando addotti:
(a freddo)
Da esso si ottengono sali di trialchilossonio per trattamento con agenti alchilanti, con i quali si comporta da nuclefilo; con il triflato di etile, ad esempio:
(trifluorometansolfonato, o triflato, di trietilossonio, )
L'etere è meno polare del suo analogo ciclico tetraidrofurano ([7]) che ha invece completa miscibilità con l'acqua. L'etere dietilico, come tutti gli eteri, è un accettore di legami a idrogeno, ma non un donatore e quindi nel liquido puro non ci sono legami idrogeno; questo si riflette nel punto di ebollizione basso come nell'alcano corrispondente, il n-pentano (36 °C); essendo accettore può però ricevere legami idrogeno e ciò aumenta la capacità di solubilizzare sostanze donatrici rispetto ai solventi idrocarburici e ai clorurati. Nel THF, altro solvente etereo, però ciclico, i residui alchilici legati all'ossigeno giacciono necessariamente da una sola parte della molecola permettendo, sull'altra parte, un facile accesso delle molecole d'acqua per formare legami idrogeno; nell'etere dietilico invece, data la libera rotazione attorno ai legami sigma, l'accesso alle molecole d'acqua è, in parte, statisticamente impedito. Questa diversa accessibilità all'ossigeno etereo nell'etere dietilico e nel THF e la polarità un po' maggiore del THF è in accordo col fatto che quest'ultimo è solubile in acqua in ogni rapporto, mentre l'etere è solo parzialmente solubile. L'idrofilia dell'etere dietilico è un alquanto inferiore a quella dell'1-butanolo (l'alcool analogo e suo isomero, ma anche un donatore di legami idrogeno), pari a circa .
L'etere dietilico, oltre ad essere un importante solvente di uso generale in chimica organica, trova anche impiego nella produzione di materie plastiche come l'acetato di cellulosa.[8] In passato è stato sfruttato per le sue capacità anestetiche. A causa del suo elevato numero di cetano che è la cifra di merito per i carburanti di motori Diesel, come il numero di ottano lo è per quelli a benzina, l'etere dietilico viene impiegato anche come fluido di avvio nei motori Diesel a gasolio (in bombolette spray da spruzzare nel condotto di aspirazione prima dell'avvio) per i climi freddi.
Dato il suo elevato numero di cetano, pari a 85 - 96, è usato anche come carburante, in combinazione con distillati del petrolio, nei motori a benzina e diesel.[9] Il fluido di avviamento contenente l'etere viene venduto e utilizzato in paesi con climi freddi, per aiutare l'avviamento del motore a freddo a temperature inferiori allo zero. Per lo stesso motivo viene utilizzato come componente di miscele di carburante in motori con accensione a compressione, insieme all'etanolo, allo scopo di migliorare efficienza del motore e la qualità degli scarichi.[10][11]
Il dietil etere è un solvente aprotico, ma accettore di legami idrogeno. Ha solubilità limitata in acqua (6,05 g / 100 ml a 25 °C).[12] Questo, unito alla sua elevata volatilità, lo rende ideale per l'uso come solvente poco polare nell'estrazione liquido-liquido. In miscele con soluzioni acquose, lo strato etereo si trova sopra a quello acquoso poiché ha una densità inferiore rispetto all'acqua. È un solvente comune per preparare i reattivi di Grignard e per condurne le relative reazioni, nonché per altre reazioni che coinvolgono reagenti organometallici, es. il butillitio. Per queste reazioni un solvente anche migliore, se si eccettua il vantaggio della maggiore volatilità dell'etere, è il tetraidrofurano, o anche il diossano (meno volatile ancora). Il diclorometano è un altro comune solvente organico di uso generale (salvo per reagenti organometallici, come anche per tutti i solventi alogenati) con punto d'ebollizione appena superiore (39,6 °C), più denso () dell'acqua e poco più polare (); tuttavia, è meno adatto per le estrazioni con fasi acquose (nelle quali lo strato diclorometanico è invece in basso) perché non di rado si ottengono emulsioni non facili da separare, per cui a volte si preferisce ad esso il cloroformio. Come tanti altri solventi, l'etere dietilico viene anche usato nella produzione di sostanze illecite.[13]
Il primo utilizzo viene normalmente associato con l'Etherdome di Boston nel Massachusetts. Il medico di origine americana Crawford Williamson Long fu il primo chirurgo a utilizzare l'etere dietilico per un'anestesia generale il giorno 30 marzo 1842, senza però pubblicare i risultati dei suoi studi. L'uso dell'etere dietilico come anestetico divenne noto con l'anestesia compiuta da William Green Morton per un'operazione eseguita da John Collins Warren il 16 ottobre 1846.[14][15] I medici britannici erano a conoscenza delle proprietà anestetiche dell'etere già nel 1840, dove era ampiamente prescritto in combinazione con l'oppio.[16]
A partire dal 1900 l'etere sostituisce completamente il cloroformio nelle anestesie perché ha un indice terapeutico più favorevole.[17] Attualmente l'etere dietilico non viene più utilizzato come anestetico poiché sono state scoperte sostanze alternative maggiormente sicure, che, al contrario dell'etere, non sono infiammabili e non presentano effetti irritanti sui pazienti. In particolare sia per queste ragioni, sia per la sua volatilità e il suo basso punto di infiammabilità, l'etere dietilico viene considerato uno dei principali fattori di rischio nei laboratori.
Gli effetti anestetici dell'etere dietilico hanno reso questa sostanza popolare anche come droga voluttuaria.
L'etere dietilico venne messo in commercio fin dal tardo XVII secolo come "medicinale" per donne. Sebbene non fosse considerato appropriato che le donne fossero dedite all'alcol, potevano invece fare ricorso all'uso di potenti "medicine" lasciando agli uomini le bevande alcoliche. Fra questi "medicinali" si annoverano ad esempio le cosiddette «gocce di Hoffman» (in inglese Hoffmann's drops), composte da 3 parti di etanolo e 1 parte di etere dietilico.
Preso direttamente l'etere dietilico dà bruciore a livello della bocca e del cavo orale e risulta particolarmente sgradevole, tuttavia il consumo orale è possibile quando esso viene miscelato con alcol. L'assunzione di etere è possibile anche tramite inalazione. Quest'ultimo metodo permette di assumere quantità di prodotto più concentrate.
L'etere dietilico è incluso nella lista delle sostanze utilizzabili come precursori per la sintesi di droghe da parte della Convenzione delle Nazioni Unite Contro il Traffico Illecito di Narcotici e Sostanze Psicotrope (ing. United Nations Convention Against Illicit Traffic in Narcotic Drugs and Psychotropic Substances).
Lo scrittore Hunter Stockton Thompson descrisse con ironia gli effetti dell'abuso di etere nel suo romanzo Paura e disgusto a Las Vegas. Nel libro, i bizzarri protagonisti sostengono che l'etere «ti fa comportare come l'ubriacone del villaggio di un romanzo irlandese: perdita totale di ogni elementare capacità motoria, vista offuscata, niente equilibrio, lingua intorpidita. La mente si rifugia nell'orrore incapace di comunicare con la colonna vertebrale, il che è interessante perché ti permette di osservarti mentre ti comporti in quel modo spaventoso ma non puoi farci niente». L'etere rappresenta una sorta di icona nel campo psicotropo tant'è che, oltre a numerosi scrittori tra cui Guy de Maupassant, una folta schiera di musicisti ne ha descritto gli effetti squassanti[senza fonte].
Il dietil etere viene metabolizzato dal citocromo P450.[18]
L'etere dietilico inibisce l'alcool deidrogenasi e rallenta il metabolismo dell'etanolo.[19] Inibisce anche il metabolismo di altri farmaci che sfruttano il metabolismo ossidativo. Ad esempio, il diazepam richiede ossidazione epatica, mentre il suo metabolita oxazepam no.[20]
L'etere dietilico è estremamente infiammabile. I vapori di questa sostanza sono più densi dell'aria e tendono ad accumularsi se il locale non è adeguatamente aerato: anche una semplice scarica elettrostatica può incendiare i vapori di etere. Tali vapori inoltre prendono fuoco in maniera esplosiva, pertanto l'uso dell'etere dietilico dovrebbe avvenire preferibilmente solo sotto una cappa aspirante.
L'etere dietilico è anche suscettibile alla formazione di perossidi organici. I perossidi dell'etere sono sostanze alto bollenti ed esplosive in forma secca, perciò si raccomanda di non distillare mai l'etere dietilico fino a concentrarlo completamente, in quanto il rischio di causare un'esplosione aumenta notevolmente. La formazione di perossidi di etere ne rende la sua conservazione in bottiglia molto pericolosa, perché essi tendono a sublimare attorno al bordo interno del tappo e attorno al collo della bottiglia; se in quel caso la bottiglia venisse aperta, i perossidi reagirebbero in maniera esplosiva alla frizione del tappo, causando una detonazione che provocherebbe "per simpatia" l'esplosione della bottiglia.
Per evitare questo, L'etere dietilico viene solitamente addizionato con BHT - 2,6-bis(1,1-dimetiletil)-4-metilfenolo, che riduce la formazione di perossidi, inoltre le bottiglie più vecchie di tre mesi dovrebbero essere periodicamente sottoposte ad analisi per rilevare la presenza di perossidi. Un filo di ferro, che rilascia ioni Fe(III) catalizzando la decomposizione dei perossidi, viene talvolta aggiunto alle bottiglie di etere dietilico, così da preservare il solvente. Tuttavia gli ioni Fe(III) sono contemporaneamente in grado di aumentare la formazione di perossidi. Lo stoccaggio dell'etere con idrossido di sodio (NaOH) porta invece alla precipitazione della sostanza intermedia etere idroperossido.
I perossidi di etere possono essere fortunatamente rilevati e monitorati; sia testando una piccola quantità di etere con una soluzione di Ioduro di Potassio e Acido Acetico,sia immergendo nell'etere una strisciolina di carta d'amido precedentemente intrisa con una soluzione di Ioduro di Potassio. Il test è positivo quando in entrambi i metodi si verifica un cambiamento di colore:
Nel caso si usi il metodo con la soluzione di Ioduro e acido acetico si potrà notare una formazione di un precipitato giallognolo o marrone,oppure; nel caso della strisciolina di carta d'amido,essa si tingerà di un blu scuro.
L'alchimista Raimondo Lullo viene solitamente citato come scopritore di questo composto nel 1275,[21] sebbene non ci siano indizi dell'epoca che possano confermare questa attribuzione. La prima sintesi ebbe luogo nel 1540 a opera di Valerio Cordo, che chiamò la sostanza «olio dolce di vetriolo» (oleum dulci vitrioli) poiché essa era stata originariamente ottenuta tramite distillazione di una miscela di etanolo e acido solforico (quest'ultimo noto come vetriolo all'epoca); tutt'oggi non è raro sentirlo chiamare «etere solforico». Lo stesso Valerius Cordus individuò alcune delle proprietà medicinali dell'etere dietilico, ma fu Paracelso a scoprirne, nello stesso periodo, il potere analgesico. Il nome di «etere» venne in seguito attribuito alla sostanza nel 1730 da parte di August Siegmund Frobenius.
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