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diocesi della Chiesa cattolica in Italia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La diocesi di Lamezia Terme (in latino: Dioecesis Neocastrensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Catanzaro-Squillace appartenente alla regione ecclesiastica Calabria. Nel 2021 contava 130.000 battezzati su 135.000 abitanti. È retta dal vescovo Serafino Parisi.
Diocesi di Lamezia Terme Dioecesis Neocastrensis Chiesa latina | |||
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Suffraganea dell' | arcidiocesi di Catanzaro-Squillace | ||
Regione ecclesiastica | Calabria | ||
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Vescovo | Serafino Parisi | ||
Vicario generale | Tommaso Buccafurni | ||
Vescovi emeriti | Vincenzo Rimedio, Luigi Antonio Cantafora | ||
Presbiteri | 106, di cui 77 secolari e 29 regolari 1.226 battezzati per presbitero | ||
Religiosi | 34 uomini, 106 donne | ||
Diaconi | 18 permanenti | ||
Abitanti | 135.000 | ||
Battezzati | 130.000 (96,3% del totale) | ||
Stato | Italia | ||
Superficie | 830 km² | ||
Parrocchie | 63 (8 vicariati) | ||
Erezione | IX secolo | ||
Rito | romano | ||
Cattedrale | Santi Pietro e Paolo | ||
Santi patroni | Santi Pietro e Paolo | ||
Indirizzo | Via Lissania 2, 88046 Lamezia Terme [Catanzaro], Italia | ||
Sito web | www.diocesidilameziaterme.it | ||
Dati dall'Annuario pontificio 2022 (ch · gc) | |||
Chiesa cattolica in Italia | |||
La diocesi comprende 25 comuni in provincia di Catanzaro: Amato, Conflenti, Cortale, Curinga, Decollatura, Falerna, Feroleto Antico, Gizzeria, Jacurso, Lamezia Terme, Maida, Marcellinara, Martirano, Martirano Lombardo, Miglierina, Motta Santa Lucia, Nocera Terinese, Pianopoli, Platania, San Mango d'Aquino, San Pietro a Maida, San Pietro Apostolo, Serrastretta, Soveria Mannelli, Tiriolo.
Sede vescovile è la città di Lamezia Terme, dove si trova la cattedrale dei Santi Pietro e Paolo. In diocesi sorgono anche l'ex cattedrale della diocesi di Martirano, nell'omonimo paese, dedicata a Santa Maria Assunta, e la basilica santuario di Maria Santissima della Quercia di Visora a Conflenti[1].
Il territorio si estende per 830 km² ed è suddiviso in 63 parrocchie, raggruppate in 8 vicariati: Santi Pietro e Paolo, San Giovanni Calabria, San Pancrazio, Pianopoli, Maida, Nocera Terinese, Soveria Mannelli e Tiriolo.[2]
Non è facile ricostruire la storia della dioecesis Neocastrensis (diocesi di Nicastro)[3] prima del XVII secolo, soprattutto perché l'archivio diocesano fu completamente distrutto, assieme alla cattedrale, in occasione del terremoto del 1638[4], ed incerta è pure l'origine della diocesi.
Benché i primi vescovi, documentati storicamente, risalgano solo alla seconda metà dell'XI secolo, la diocesi sembra essere più antica. Infatti è attestata per la prima volta nella Notitia Episcopatuum del patriarcato di Costantinopoli attribuita all'imperatore Leone VI e databile all'inizio X secolo.[5] L'assenza di Nicastro nelle Notitiae precedenti e l'ultimo posto occupato, nella Notitia di Leone VI, fra le suffraganee dell'arcidiocesi di Reggio sono indizi di una sua recente istituzione[6]; lo storico Francesco Russo infatti ne fa risalire l'origine alla fine del IX secolo.[7]
Lo stesso Russo[8] ipotizza che Nicastro, diocesi di rito greco fondata dai Bizantini, sia erede di un'antica diocesi di rito latino, la Turritana ecclesia menzionata nell'epistolario di papa Gregorio Magno, ed identificabile con la statio ad Turres, localizzata tra Nicastro e Maida, esistente prima della fondazione di Nicastro e distrutta prima del IX secolo.[9] L'identificazione della Turritana ecclesia gregoriana con la località ad Turres del territorio lametino è invece esclusa da altri autori, tra cui Capialbi, Minasi e Taccone-Gallucci. A sostegno della sua tesi, Russo elenca una serie di vescovi turritani del VI e VII secolo, i medesimi però che tradizionalmente vengono attribuiti alla diocesi di Thurio.[10] Louis Duchesne invece sostiene l'ipotesi che sul territorio delle diocesi di Nicastro e Amantea esisteva la diocesi di Tempsa, anch'essa menzionata ai tempi di Gregorio Magno, i cui vescovi fuggirono in seguito alle incursioni longobarde o Arabe; quando il territorio venne riconquistato dai Bizantini, furono costituite le due suddette diocesi, che risulterebbero dunque eredi dell'antica Tempsa.[11]
Secondo la Chronica Trium Tabernarum, sulla cui attendibilità storica tuttavia sussistono molti dubbi[12], primo vescovo noto di Nicastro, ed anche l'ultimo di rito greco, sarebbe stato Andrea, alla cui morte successe Riccardo, primo vescovo di rito latino, imposto dai Normanni.[13] Questi primi due vescovi risalirebbero alla seconda metà dell'XI secolo, e precederebbero Enrico, vescovo sulla cui storicità non esistono dubbi, documentato in diversi diplomi dal 1094 al 1123.[14] Proprio all'epoca del vescovo Enrico, Amburga d'Altavilla, figlia di Drogone e sorella di Riccardo di Salerno, rifabbricò l'antica cattedrale di Nicastro, dedicata ai santi Pietro e Paolo. Una nuova ricostruzione della cattedrale avverrà, ad opera del vescovo Giovan Tommaso Perrone, dopo il terremoto del 1638.
Già durante la dominazione bizantina, nel territorio lametino esistevano diversi monasteri basiliani di rito greco, tra cui quelli di San Costantino, dei Santi Quaranta Martiri e di Sant'Eufemia, attestati da un catalogo bizantino della prima metà dell'XI secolo.[15] Dopo l'arrivo dei Normanni alcuni di questi monasteri adottarono il rito latino diventando di pertinenza dei benedettini; tra questi il monastero di San'Eufemia, che fu rifondato dall'abate benedettino Robert de Grantmesnil (1062), diventando il vero polo di latinizzazione del territorio. Altra importante abbazia prima basiliana e poi benedettina fu quella di Santa Maria del Carrà. Durante la dominazione sveva, nel territorio diocesano si installarono i francescani e i domenicani; i primi fondarono un monastero a Nicastro nella prima metà del XIII secolo; con gli Svevi iniziò anche il declino, lento ma inesorabile, dei monasteri basiliani.[16]
Con la fine del potere degli Svevi, la diocesi conobbe un periodo di instabilità e di tensioni. Infatti, come riflesso della lotta fra papato e impero o fra potere civile o religioso, nel 1278 il vescovo Roberto fu deposto da Niccolò III perché ritenuto simoniaco, mentre il suo successore Tancredi fu scomunicato nel 1285 da Onorio IV per avere incoronato re di Sicilia Giacomo II d'Aragona e poi deposto nel 1290, continuando tuttavia a mantenere la sua sede fino alla morte.
Nel Cinquecento la diocesi ebbe il privilegio di essere governata da due futuri pontefici: Marcello Cervini (1539-1540), divenuto papa Marcello II; e Giovanni Antonio Facchinetti (1560-1575), eletto papa col nome di Innocenzo IX. Quest'ultimo fu uno dei protagonisti al concilio di Trento e, ritornato in diocesi, fondò il seminario vescovile, istituì diverse confraternite laicali e chiamò in diocesi i conventuali, i carmelitani e gli agostiniani.
Tra Cinquecento e Seicento, la diocesi fu coinvolta in un'aspra e annosa lotta contro il potere civile per la tutela e la salvaguardia dei beni della mensa vescovile e dei privilegi acquisiti. Il terremoto del 1638, che, oltre alle migliaia di vittime, distrusse quasi completamente il patrimonio edilizio della diocesi, le numerose abbazie, le residenze dei vescovi e dei baroni, pose drasticamente fine alla disputa. La ricostruzione fu lunga e impegnò le energie di tutti; il giovane vescovo Giovan Tommaso Perrone (1639-1677) pagò a sue spese la ricostruzione della cattedrale e concesse i vasti terreni della mensa episcopale per accogliere gli sfollati.
In applicazione del concordato tra il Regno delle Due Sicilie e la Santa Sede, con la bolla De utiliori del 27 giugno 1818, alla diocesi di Nicastro venne annesso il territorio della soppressa diocesi di Martirano. Prima dell'annessione di Martirano, la diocesi di Nicastro comprendeva i seguenti comuni: Nicastro, Sambiase, Gizzeria (con il villaggio di Sant'Eufemia), Platania, Maida, San Pietro a Maida, Curinga, Cortale, Jacurso, Tiriolo, Marcellinara, Miglierina, Amato, Feroleto Antico, Feroleto Piano (dal 1872 Pianopoli[17]), Serrastretta, San Pietro Apostolo e la frazione di Montesoro.[18]
Nel XIX secolo il clero nicastrese partecipò attivamente alla vita politica. Già durante il periodo napoleonico, il clero aveva aderito in massa alla rivoluzione napoletana del 1799. Nel 1821, dopo l'emanazione della bolla Ecclesiam a Jesu con la quale papa Pio VII condannava la Carboneria, ben cinquanta sacerdoti della Diocesi di Nicastro (su un totale di 316) dichiararono la loro iscrizione alla Carboneria. Furono tutti "assoluti"[19] Numerosi religiosi parteciparono attivamente ai moti risorgimentali; si ricordano, fra i tanti, Ferdinando Bianchi, Raffaele Piccoli e Pietro Ardito. Il vescovo Barberi fu uno dei pochi presuli a non essere mandati al confino dal governo italiano, dopo l'annessione del 1860. La maggior parte del clero partecipò al plebiscito d'annessione e, nonostante il non expedit, prese parte alle varie elezioni politiche, che si tennero dal 1860 in poi.[20]
I vescovi dell'Ottocento si impegnarono soprattutto nella rifondazione e nella rivalutazione del seminario diocesano, a cui il vescovo Giovanni Regine, nel 1907, dedicò una speciale lettera pastorale; lo stesso prelato collaborò attivamente alla fondazione del seminario regionale di Catanzaro (1910-1912).
Nella seconda metà del Novecento sono intervenute alcune modifiche territoriali, per adattare, secondo il criterio della provincialità civile, i territori delle diocesi con quelli delle province:
Nel 1968 il vescovo Renato Luisi decise di dare le dimissioni per svolgere attività missionaria in Brasile. Il suo successore, Ferdinando Palatucci, riorganizzò l'archivio e potenziò la biblioteca diocesana. Si deve infine al vescovo Vincenzo Rimedio (1982-2004) la fondazione del museo diocesano d'arte sacra.
Il 30 settembre 1986 con il decreto Cum procedere della Congregazione per i vescovi la diocesi ha assunto il nome italiano attuale, pur continuando a mantenere, per rispetto alla sua storia, il nome latino Neocastrensis - Nicastro.
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
La diocesi nel 2021 su una popolazione di 135.000 persone contava 130.000 battezzati, corrispondenti al 96,3% del totale.
anno | popolazione | presbiteri | diaconi | religiosi | parrocchie | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
battezzati | totale | % | numero | secolari | regolari | battezzati per presbitero | uomini | donne | |||
1950 | 117.500 | 117.500 | 100,0 | 73 | 62 | 11 | 1.609 | 8 | 60 | 56 | |
1970 | 148.000 | 148.500 | 99,7 | 94 | 68 | 26 | 1.574 | 34 | 125 | 69 | |
1980 | 135.400 | 136.600 | 99,1 | 82 | 56 | 26 | 1.651 | 31 | 102 | 60 | |
1990 | 129.840 | 130.596 | 99,4 | 76 | 52 | 24 | 1.708 | 3 | 27 | 118 | 56 |
1999 | 136.000 | 138.000 | 98,6 | 61 | 53 | 8 | 2.229 | 10 | 32 | 112 | 58 |
2000 | 139.000 | 139.600 | 99,6 | 64 | 54 | 10 | 2.171 | 19 | 10 | 100 | 58 |
2001 | 139.200 | 139.700 | 99,6 | 67 | 57 | 10 | 2.077 | 19 | 10 | 100 | 58 |
2002 | 139.300 | 139.750 | 99,7 | 70 | 60 | 10 | 1.990 | 21 | 10 | 100 | 60 |
2003 | 139.500 | 140.000 | 99,6 | 67 | 59 | 8 | 2.082 | 22 | 8 | 100 | 59 |
2004 | 139.400 | 140.000 | 99,6 | 69 | 61 | 8 | 2.020 | 22 | 8 | 100 | 60 |
2013 | 140.000 | 142.000 | 98,6 | 90 | 70 | 20 | 1.555 | 19 | 23 | 139 | 62 |
2016 | 130.000 | 134.355 | 96,8 | 100 | 71 | 29 | 1.300 | 16 | 32 | 116 | 63 |
2019 | 129.000 | 134.246 | 96,1 | 95 | 66 | 29 | 1.357 | 18 | 33 | 106 | 63 |
2021 | 130.000 | 135.000 | 96,3 | 106 | 77 | 29 | 1.226 | 18 | 34 | 106 | 63 |
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