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Il conclave del 1740 venne convocato a seguito della morte del papa Clemente XII e si concluse con l'elezione del papa Benedetto XIV.
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Papa Benedetto XIV | |||
Durata | Dal 19 febbraio al 17 agosto 1740 | ||
Luogo | Palazzo Apostolico, Roma | ||
Partecipanti | 54 (14 assenti) | ||
Decano | Pietro Ottoboni | ||
Vice Decano | Tommaso Ruffo | ||
Camerlengo | Annibale Albani | ||
Protodiacono | Carlo Maria Marini | ||
Segretario del conclave | Giuseppe Livizzani Mulazzani | ||
Veto | Del re Filippo V di Spagna contro il cardinale Pier Marcellino Corradini | ||
Eletto | Benedetto XIV (Prospero Lambertini) | ||
Papa Clemente XII morì il 6 febbraio 1740 alle 9,30 del mattino, lucido fino alla fine nonostante fosse cieco dal 1732 e quasi sempre costretto a letto. In conseguenza di ciò le redini del governo erano state affidate al cardinale Neri Maria Corsini, che non sempre fu all'altezza del compito, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con le potenze europee.[1] Il conclave che si aprì dopo la morte di Clemente XII fu il più lungo e tormentato del XVIII secolo, durando ben sei mesi. In totale parteciparono 54 cardinali su 68, di cui 4 morirono durante la sede vacante.
Il 18 febbraio 1740 si aprì il conclave, preceduto dalla Messa di Santo Spirito celebrata dal Decano del Sacro Collegio, il cardinale Pietro Ottoboni. Al momento dell'apertura delle sedute di voto erano presenti 32 cardinali, che aumentarono a 51 alla fine del conclave. Durante le votazioni il gruppo dei cardinali francesi si alleò, per la prima volta, con quelli austriaci, mentre il blocco spagnolo attirò i cardinali di Napoli e della Toscana. Da qui la completa rimescolanza delle carte, con continui candidati proposti e bruciati. I porporati fedeli ai Borbone proposero il nome di Pompeo Aldrovandi, ma egli non riuscì a ottenere quei pochissimi voti che gli mancavano all'elezione. Il gruppo degli "zelanti" era guidato dai cardinali Tommaso Ruffo e Vincenzo Petra.
Il cardinale napoletano Niccolò del Giudice era, insieme a Sigismund von Kollonitz, il rappresentante degli interessi della corte imperiale. La Francia era rappresentata dal cardinal Pierre Guérin de Tencin, il quale, insieme al duca di Saint Agnan, ambasciatore del re di Francia, si tenne costantemente in contatto con il cardinale André-Hercule de Fleury, rimasto a Versailles, per tutta la durata del conclave. Nei primi giorni la candidatura che stava ricevendo più consensi era proprio quella del decano Pietro Ottoboni, che più volte arrivò vicino all'elezione. La sua morte repentina, avvenuta il 29 febbraio, pose fine alle speranze di avere un papa in tempi brevi e costrinse i suoi sostenitori a trovare un altro candidato. Il rappresentante della corona spagnola e della Napoli borbonica, il cardinale Troiano Acquaviva d'Aragona, si rifiutò di sostenere le intenzioni dei francesi e degli spagnoli e votò di propria iniziativa. Corsini propose uno dopo l'altro i suoi candidati, i cardinali Spinola, Porcia e Ruffo, nomi che non ottennero mai cospicui consensi. Ruffo era peraltro fortemente avversato dai francesi, che invece sostenevano Bartolomeo Massei, il quale era stato nunzio presso Luigi XV. Corsini propose allora il nome di Marcellino Corio, governatore di Roma, ma il mancato supporto del cardinale d'Aragona fece scemare anche questa candidatura.[2]
Il 5 marzo giunse l'arcivescovo di Bologna Prospero Lambertini. L'8 arrivarono Kollonitz, Mosca e Lanfredini. Il 23 entrò in conclave il francese Armand I de Rohan-Soubise, mentre il 27 giunse il suo connazionale Henri-Osvald de La Tour d'Auvergne. Il 18 aprile arrivò il cardinale Philipp Ludwig von Sinzendorf. Il 13 marzo era intanto morto il cardinale Giovanni Battista Altieri. La forte ostilità tra i cardinali Tencin e d'Aragona, rispettivi leader della fazione francese e spagnola, non contribuì a risolvere la situazione di stallo che si andava creando: marzo ed aprile erano trascorsi senza una valida candidatura alternativa. Alla fine di maggio erano in conclave 55 cardinali, di cui 44 italiani: 37 voti erano necessari per l'elezione, ma il cardinale Serafino Cenci morì il 24 giugno, mentre i cardinali Altieri e di Porcia lasciarono il conclave per motivi di salute, morendo poi nelle settimane successive.
Intanto i giorni passavano infruttuosamente, con diversi nomi proposti e bruciati in successione, come il curiale Domenico Riviera che raggiunse 17 voti all'inizio di giugno. Attorno al 15 un accordo tra Acquaviva e Lambertini produsse il nome di Giuseppe Firrao, ben accetto anche da Albani e Tencin, il che lo avrebbe portato al raggiungimento virtuale del quorum per l'elezione, ma la fazione imperiale vi si oppose strenuamente, facendo così cadere anche questa candidatura. Tencin propose quindi il nome di Pietro Marcellino Corradini, ma la sua età avanzata, 82 anni, non ne faceva un serio candidato. Si trattava in realtà di uno stratagemma di Tencin per indurre d'Aragona a utilizzare il suo veto spagnolo.
Il 1° di luglio un gruppo di 31 elettori, incluse entrambe le fazioni spagnola e francese, guidato da Corsini, si concentrò sul cardinale bolognese Pompeo Aldrovandi. Ma Albani, il Camerlengo, nemico personale di Corsini, formò un'altra fazione, con un pacchetto di 20 voti, per sostenere il cardinale Giacomo Lanfredini. I due schieramenti si combatterono strenuamente per quasi tutto il mese senza pervenire a niente di concreto e di fatto annullandosi a vicenda. Il cardinale Aldrovandi sembrava una valida alternativa e in breve le sue quotazioni salirono: l'11 agosto aveva raggiunto i 33 voti, ma non riuscì a guadagnare quell'unico voto che gli mancava per risultare eletto. Il 16 agosto Aldrovandi scrisse a Corsini, chiedendogli di astenersi dal considerare la sua candidatura ulteriormente.[3]
Quello stesso giorno il camerlengo Albani, constatato il concreto pericolo di una vittoria da parte di Corsini o Aldrovandi, si vide con Del Giudice, avanzando il nome di Lambertini, famoso canonista e letterato, ricevendone un responso positivo. Del Giudice si recò infatti da Rohan, ottenendo il suo assenso e il sostegno della sua fazione. Corsini fu consultato, ma rimase ostinatamente ostile a Lambertini. Tuttavia molti dei suoi alleati cominciavano a manifestare segni di cedimento e desideravano arrivare quanto prima all'elezione. Conscio della situazione e impossibilitato (o forse non determinato) a porre il veto a Lambertini, prese atto della nuova situazione e informò i suoi elettori.
Nel frattempo Lambertini era stato raggiunto da Albani, Del Giudice e Rohan, rimanendo attonito alla notizia delle loro intenzioni e pensando che i tre si fossero in realtà sbagliati e che fosse un altro bolognese, Aldrovandi, e non lui, il destinatario di così grave messaggio. Finalmente si convinse quando giunse il potente Tencin a esporgli le loro intenzioni. Giunsero quindi tutti gli altri cardinali, i quali entrarono nella cella di Lambertini baciandogli la mano. La mattina del 17 agosto fu eletto papa all'unanimità: 50 voti all'accessus, con Lambertini che diede il suo voto ad Aldrovandi. È riportato che Lambertini, constatando la grave situazione di stallo creatasi all'interno del Sacro Collegio, con quella giovialità che sarà poi proverbiale del suo pontificato, abbia esclamato: "Volete un santo? eleggete Gotti. Volete un politico? eleggete Aldobrandini. Volete un uomo onesto? eleggete me".[4] Scelse il nome di Benedetto XIV in omaggio al suo amico e patrocinatore Benedetto XIII e fu incoronato il 22 agosto.
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