Loading AI tools
regione geografica italiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Cilento è un'area territoriale della provincia di Salerno, nella Campania meridionale. Si tratta di un massiccio montuoso dell'Appennino Lucano che unitamente al Vallo di Diano, agli Alburni, al gruppo montuoso Eremita-Marzano e all'area meridionale della piana del fiume Sele (il territorio a sud rispetto al suddetto corso d'acqua)[1] in epoca romana era parte della Lucania; a decorrere dal Medioevo e fino all'Unità d'Italia appartenne al Principato Citeriore, definito anche "Lucania occidentale"[2][3] ma facente capo a Salerno.
Cilento | |
---|---|
Località di Pruno, divisa tra i paesi di Laurino, Valle dell'Angelo, Piaggine, Rofrano e ubicata nel centro geografico del Cilento. | |
Continente | Europa |
Stati | Italia |
Catena principale | Appennino Lucano |
Cima più elevata | Monte Cervati (1 899 m s.l.m.) |
I confini dell'area geografica sono delimitati dalla piana del Sele a nord, i monti Alburni e il Vallo di Diano ad est e la Basilicata a sud, comprendendo un territorio perlopiù montuoso con vette fino a 1899 m (come il monte Cervati) oltre che una costiera di circa 130 km. Il Cilento a sua volta può venire diviso fra Alto Cilento e Basso Cilento, i quali sono rispettivamente posti a nord e a sud rispetto ai monti Cervati e Gelbison e al corso del fiume Alento[4].
In epoca antica il territorio cilentano era individuato tra i paesi ai piedi del Monte della Stella (1131 m); questa zona è indicata come "Cilento antico" ed è parzialmente compresa nel parco nazionale. Il nome Cilento, dal latino "cis-Alentum", ossia "al di qua del fiume Alento", compare già nel 994 d.C. e fu dato dai Longobardi ai Benedettini, che vi eressero chiese e monasteri, divenuti poi centri abitati[5].
Del Cilento si impadronì il principe longobardo Guaimario IV, spodestato poi dal normanno Roberto il Guiscardo nel 1076. Sorse così la baronia del Cilento che, al principio del XII secolo, passò alla famiglia dei Sanseverino (principi di Salerno), che tennero il Cilento fino al 1552[6]. Fu molto forte la presenza dei Bizantini, che vennero a patti con i Longobardi prima e i Normanni poi per la fondazione di centri monastici italo-greci lungo tutto il territorio; ciò poiché il Cilento era posto al confine tra i regni longobardi e i domini bizantini[7].
La morfologia del territorio, caratterizzata quasi esclusivamente da montagne e passaggi impervi, rese il Cilento teatro principale della guerra del vespro tra angioini e aragonesi nel XIII secolo, divenendone frontiera. Dal XV secolo in poi, fino al XVII, vi furono numerosi conflitti con i pirati ottomani. Divenne una regione munita di un numero piuttosto elevato di castelli, fortezze, torri e cinte murarie.[8]
A partire dalla fine del 1800 attrasse l'area dell'ex baronia di Novi (Vallo della Lucania e confinanti) a est del fiume[9]. Per ragioni geografiche si è voluto estendere il Cilento a buona parte dell'area meridionale montana di Salerno fino ai confini con la Basilicata[4], ad esclusione del vallo di Diano e degli Alburni con i quali però compone il parco nazionale omonimo. La creazione del parco ha spesso esteso nel gergo comune la definizione di "Cilento" anche su ulteriori aree esterne al massiccio montuoso originario, includendo appunto la catena degli Alburni, il Vallo di Diano, i monti Eremita - Marzano e il territorio più meridionale della piana del Sele (a sud del fiume) per via della presenza di Paestum, anch'essa inclusa nella zona protetta e compresa nel comune di Capaccio (la cui sede è invece posta nell'area montana cilentana).[10]
Il Cilento da millenni ha ispirato poeti e cantori. Molti dei miti greci e romani sono stati ambientati sulle sue coste. Il mito più famoso è quello dell'isola delle sirene, nell'Odissea e nell'Eneide. Quelle creature malefiche che, secondo Omero, irradiavano un canto che faceva impazzire i marinai di passaggio, portandoli a schiantarsi con le imbarcazioni sugli scogli. L'isoletta che ispirò il Cantore dell'antichità probabilmente è quella di fronte a Punta Licosa, a sud nei pressi di Castellabate. Di fronte al suo mare Ulisse si fece legare all'albero di maestra per ascoltare quell'ingannevole canto. Un altro mito importante è quello di Palinuro, il nocchiero di Enea. Durante il viaggio verso le coste del Lazio cadde in mare insieme al timone. Si aggrappò al relitto e per tre giorni ingaggiò un'estenuante lotta contro le onde infuriate. Ma quando stava finalmente per mettersi in salvo sulla riva, fu barbaramente ucciso dagli abitanti di quei luoghi: da allora quel promontorio prese il nome di Capo Palinuro. Altro mito è quello di Giasone e gli Argonauti che, una volta fuggiti dalla Colchide, per ingraziarsi la dea Era si fermarono presso il suo santuario alla foce del fiume Sele (l'attuale Santuario di Hera Argiva, nella piana pestana).
L'uomo arcaico ha trovato ospitalità nella zona da almeno mezzo milione di anni. Tracce della sua presenza sono evidenti dal Paleolitico medio al Neolitico, fino alle età dei metalli. I primi uomini vissero nelle grotte costiere del Cilento a Camerota, dove si sono scoperti i resti di ominidi inizialmente classificati come una nuova specie, Homo camaerotensis. A Palinuro, dove si sono rinvenuti materiali dell'industria della pietra. Nelle grotte di Castelcivita, a San Giovanni a Piro e a San Marco di Castellabate, dove si sono ritrovati reperti paleolitici. A Capaccio e a Paestum, nella piana del Sele, dove sono emersi corredi funerari di età neolitica della locale civiltà del Gaudo. La scoperta di manufatti e utensili provenienti dal vicino Tavoliere pugliese o dalle isole Lipari, inoltre, ci dicono che già allora il Cilento fu crocevia di scambi: percorsi di crinale nell'interno lo mettevano in contatto con le altre civiltà appenniniche (vie della transumanza e traffici, luoghi di culto e di mercato); mentre il mare lo avvicinava alle civiltà nuragiche, a quelle egee e mediterranee.[11]
Precedentemente alla conquista romana, il territorio cilentano era abitato dalle popolazioni enotrie prima e da quelle lucane poi. Centro abitato lucano piuttosto importante fu quello di Roscigno, di cui è stato indagato archeologicamente il monte Pruno il quale ha restituito tracce di un'aristocrazia principesca e di notevoli traffici e commerci con le popolazioni italiche (e non) circostanti. Ulteriori insediamenti lucani sono stati indagati presso Roccagloriosa e Caselle in Pittari[11].
Poi tra il VII e il VI secolo a.C. arrivarono i Greci. I Sibariti, discendenti degli Achei, fondarono Posidonia: divenuta in epoca romana Paestum[12]. Nello stesso periodo per mano dei Focesi, provenienti dall'Asia Minore, sorse Elea (poi divenuta la Velia romana): il fiorente centro cilentano ospitò poi la Scuola eleatica di filosofia, l'artefice è Senofane nel VI secolo a.C., e quella medica da cui trasse origine l'importante scuola medica salernitana, madre della moderna medicina occidentale. Mentre a Paestum si continuò a battere moneta, diritto tramandato dagli Achei (esperti in quest'arte), anche in epoca romana. Ulteriore colonia minore fu quella di Pyxous.[11]
A seguito della conquista romana il Cilento rientrò nella regione della Lucania, in virtù della presenza delle genti italiche di tale etnia.[11]
A ragione della morfologia della regione cilentana, perlopiù montuosa e frastagliata, nel medioevo avvenne la costruzione di decine di castelli sui monti e a controllo delle valli, mentre i borghi si cinsero di mura fortificate.
Non si conosce in che misura il territorio fu colpito dalla guerra greco-gotica, dopo la caduta dell'impero romano d'Occidente. Nel VI secolo, successivamente al conflitto, nel vicino vallo di Diano le riforme dell'imperatore bizantino Giustiniano portarono alla creazione del battistero di San Giovanni in Fonte e della chiesa di San Nicola de Donnis presso Padula; nel Cilento invece la cittadina di Policastro fu munita della cattedrale di Santa Maria Assunta[13].
All'invasione longobarda susseguì l'annessione del Cilento al ducato di Benevento, ma successivamente rientrò nel Principato di Salerno. Durante il regno longobardo il Cilento fu diviso fra i gastaldati di Lucania e Cilento, quest'ultimo riguardante l'area orbitante attorno al monte Stella (il cui nome successivamente appunto si sarebbe esteso al resto del territorio). I gastaldati a loro volta erano muniti di contee, di cui sono note quelle di Capaccio, Magliano, Laurino e Camella[14].
Interessante fenomeno fu quello del monachesimo bizantino: poiché tale territorio divenne confine fra longobardi e bizantini di Lucania, moltissimi italo-greci provenienti dai domini dell'impero romano d'oriente migrarono nel Cilento, con la fondazione di centri monastici e chiese (a causa dei conflitti, delle tasse elevate e di scontri religiosi)[15].
Nella seconda metà dell'XI secolo una parte del Cilento subì l'occupazione del normanno Guglielmo d'Altavilla, da cui la creazione della Contea di Principato. Durante la conquista del ducato longobardo da parte del fratello di lui, Roberto il Guiscardo, diverse battaglie si svolsero nell'area, tra cui a San Severino e a San Nicandro (negli Alburni). A seguito del conflitto il Cilento rientrò nel Ducato di Puglia e Calabria e quindi nel nuovo esteso regno meridionale normanno[16].
Nella prima metà del XIII secolo, durante il regno di Federico II di Svevia, gran parte dei baroni locali si ribellarono all'imperatore, evento che culminò nella congiura di Capaccio e la sconfitta e morte di gran parte di questi. Tale evento segnò profondamente l'imperatore e gli eventi che seguirono nel regno[17].
Il conflitto tra svevi e papato portò successivamente alla vittoria angioina, i quali restituirono gran parte dei feudi ai baroni precedentemente destituiti da Federico II. Durante la guerra del vespro fra angioini e aragonesi, verso la fine del XIII secolo, la catena montuosa del Cilento ne divenne frontiera del conflitto ed avvennero molte delle principali battaglie, fra cui quelle di Castellabate, Agropoli e Roccagloriosa[18].
Nel XV secolo, durante il regno aragonese, nuovamente molti baroni insorsero, facendosi coinvolgere nella congiura dei baroni.
Dal XV fino al XVII le coste cilentane furono teatro di scontri, razzie e rapimenti con i pirati ottomani; conseguentemente il litorale si munì di una lunga serie di torri d'avvistamento e difesa[19].
Il Cilento, gli Alburni, il vallo di Diano, i monti Eremita-Marzano e la piana del Sele meridionale, in virtù della loro precedente appartenenza al Principato di Salerno, furono inquadrati nel territorio del Principato Citra (e quindi nell'orbita salernitana) separandosi definitivamente dalla Lucania storica[20].
Il filo della storia cilentana si dipana fino ai giorni nostri cucendo avvenimenti grandi e piccoli. Legando vicende romane (Cesare Ottaviano Augusto ne fece una provincia per allevare gli animali e coltivare alimenti destinati alle mense romane), a fatti medievali importanti (il Principato longobardo a Salerno, l'avvento dei monaci Basiliani e Benedettini, la nascita della Baronia con i Sanseverino, la loro rivolta a Capaccio nel 1246 contro Federico II), fino ai primi "moti del Cilento" del 1828, con l'insurrezione contro Francesco I di Borbone e i suoi ministri, seguiti vent'anni dopo da nuovi moti antiborbonici, quindi all'adesione all'unità d'Italia cui rapidamente seguirono gli anni del brigantaggio postunitario.
Tracce, ricordi, monumenti, culture, sentieri legati a questa ricca storia sono salvaguardati grazie al Parco Nazionale del Cilento. Dal giugno 1997, il Cilento è inserito nella rete delle Riserve della biosfera del Mab-UNESCO (dove Mab sta per "Man and biosphere"): su tutto il pianeta (in oltre 80 Stati) si contano circa 350 di queste particolari aree protette, che servono per tutelare le biodiversità e promuovere lo sviluppo compatibile con la natura e la cultura.
Nel 1998 fu inserito nel Patrimonio mondiale dell'umanità UNESCO con i siti archeologici di Paestum, Velia, il Vallo di Diano e la certosa di Padula.
Con Chefchaouen in Marocco, Soria in Spagna, Koroni in Grecia il Cilento e uno dei luoghi della dieta mediterranea, iscritta come patrimonio culturale immateriale dell'umanità nel novembre 2010.
Nel 2010 il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è stato inserito nella rete europea dei geoparchi.
La zona è limitata a nord dalla piana del Sele, a sud dalla Basilicata, a ovest dal mar Tirreno mentre ad est dalla catena dei monti Alburni e dal Vallo di Diano. Se ne fa derivare il nome da cis Alentum ("al di qua dell'Alento"), anche se il fiume non ne segna più il confine.
Il massiccio montuoso del Cilento è diviso in due aree dal corso del fiume Alento e dai monti Cervati e Gelbison, che delimitano le due parti di quest'area dell'Appennino. Nell'Alto Cilento, a nord, i corsi d'acqua principali corrispondono allo stesso Alento e al fiume Calore Lucano. Nel Basso Cilento, a sud, vi sono il Mingardo e il Bussento. I monti più rappresentativi per le due aree coincidono con il monte Stella per l'Alto Cilento e il monte Bulgheria per il Basso Cilento.
Il Cilento è caratterizzato da tre diversi gruppi montuosi: quelli ubicati nell'Alto Cilento, i monti del Basso Cilento e le alture poste nel centro a divisione fra i due suddetti gruppi. A nord, nell'Alto Cilento, spicca in particolar modo a nord-ovest il Monte Stella (1.131 m) con le sue diramazioni, isolato rispetto agli altri monti dell'area e attorno cui sorgono diversi centri abitati. A ovest rispetto quest'ultimo vi è la dorsale montuosa data dai monti Vesole (1.210 m), Chianiello (1.319 m) e Faito (1.160 m), che divide la valle dell'Alento dalla valle del fiume Calore; quest'ultima, assieme a quella del Fasanella, separa il massiccio del Cilento da quello dei monti Alburni.
Nell'area centrale del Cilento vi è una lunga diramazione montuosa da est a ovest, dall'Appennino fino alla costa, la quale divide il Cilento dal Vallo di Diano e dove sono ubicate le vette più elevate, tra cui il Cervati (1.899 m), il Motola (1.743 m) e il Gelbison (1.705 m) a est, oltre alla Tempa di Cuccaro Vetere (1.136 m), il Monte Cavallara (843 m) e il Monte dei Monaci (779 m) a ovest.
A sud, nel Basso Cilento, spicca a sud-ovest il Monte Bulgheria (1.225 m), isolato similmente al monte Stella e attorno al quale sorgono numerosi centri abitati. Il confine tra Cilento e Basilicata è qui delimitato da ulteriori cime, come il Monte Olivella (1.026 m), il Serralunga (1.426 m) e il monte Cocuzzo (1.387 m).
La costiera del Cilento, alta e frastagliata, si estende per circa 130 km, dal comune di Agropoli a quello di Sapri, comprendendo sia località del golfo di Salerno e del golfo di Policastro. Località costiere particolarmente note sono inoltre quelle che rientrano nei comuni di Castellabate, Acciaroli, Ascea, Pisciotta per quanto riguarda l'Alto Cilento, mentre invece vi sono Palinuro, Camerota, Centola e San Giovanni a Piro per il Basso Cilento.
Nell'elenco sono compresi unicamente le alture del massiccio montuoso del Cilento, con l'esclusione quindi dei monti facenti parte degli Alburni, del Vallo di Diano e del gruppo Eremita - Marzano.
Nome del monte | Altimetria (m s.l.m.) |
Comuni compresi |
---|---|---|
Monte Cervati | 1.899 | Piaggine, Sanza |
Monte Motola | 1.743 | Sacco |
Monte Faiatella | 1.710 | Piaggine |
Monte Gelbison | 1.705 | Novi Velia |
Monte Scuro | 1.611 | Futani |
Monte Faggitella | 1.606 | Sacco, Piaggine |
Monte Pietra dell'Erba | 1.566 | Montano Antilia |
Monte Vivo | 1.538 | Sacco |
Monte Raia del Pedale | 1.521 | Rofrano |
Tuzzi di Monte Piano | 1.515 | Campora, Cannalonga |
Monte Falascoso | 1.494 | Campora, Cannalonga |
Monte Serralunga | 1.480 | Torraca |
Monte Pugile | 1.465 | Sacco |
Monte Centaurino | 1.433 | Rofrano |
Monte Raialunga | 1.417 | Piaggine |
Monte Lepre | 1.414 | Ceraso, Futani, Montano Antilia |
Monte Caravello | 1.402 | Laurino |
Monte Cerasulo | 1.400 | Piaggine |
Monte Cariusi | 1.399 | Sanza |
Monte Arsano | 1.393 | Sanza |
Monte Rotondo | 1.388 | Laurino, Rofrano, Piaggine |
Monte Cocuzzo | 1.387 | Torraca |
Scanno del Tesoro | 1.348 | Piaggine |
Monte Chianiello | 1.319 | Monteforte Cilento, Magliano Vetere |
Monte Antilia | 1.316 | Montano Antilia |
La Montagnola | 1.296 | Sacco |
Monte Calvello | 1.271 | Campora, Laurino |
Monte Gerniero | 1.240 | Sanza, Rofrano |
Monte Bulgheria | 1.224 | San Giovanni a Piro, Camerota, Celle di Bulgheria, Roccagloriosa |
Monte Fadderuso | 1.217 | Sanza |
Monte lo Cugno | 1.216 | Sanza |
Monte Vesole | 1.210 | Roccadaspide, Trentinara |
Monte Serritore | 1.200 | Sanza |
Monte Forcella | 1.192 | Casaletto Spartano |
Monte Cornia | 1.182 | Cuccaro Vetere, Montano Antilia |
Monte Rotondo | 1.178 | Casaletto Spartano |
Monte Muzzo | 1.176 | Casaletto Spartano |
Monte Faito | 1.160 | Magliano Vetere |
Monte Fautunno | 1.152 | Caselle in Pittari |
Tempa di Cuccaro Vetere | 1.136 | Cuccaro Vetere |
Monte Stella | 1.131 | Perdifumo, Lustra, Omignano, Sessa Cilento, San Mauro Cilento, Laureana |
Il Cilento è caratterizzato dagli omonimi dialetti, perlopiù affini a quelli campani o lucani. Da segnalare è però la presenza di due peculiari varianti: il cilentano meridionale, affine al siciliano, e il galloitalico. L'origine della diffusione di tali dialetti risalirebbe al medioevo: nel caso del cilentano meridionale sarebbe dovuto alla presenza di bizantini di Sicilia (emigrati nei territori salernitani, allora longobardi); il galloitalico è da far risalire invece alla presenza longobarda e normanna prima e angioina poi.[21][22]
Numerose manifestazioni folcloristiche si tramandano da secoli nei centri del Parco. È il caso di Casaletto Spartano, dove il 1º maggio gruppi di giovanotti questuanti, vanno di casa in casa a chiedere legumi di ogni tipo. Vengono cotti separatamente e poi la sera nella piazza del paese sono preparati tutti insieme (13 tipi diversi) in una grande caldaia e conditi con olio e sale. I paesani ne prendono una porzione come augurio di prosperità e abbondanza dei raccolti.
Questo caratteristico piatto, con qualche variante, è consumato in tutto il Cilento e in particolare nel golfo di Policastro, dove si chiama "Cuccìa", dal greco "kykeon" miscuglio. Nel paese di Ispani (precisamente nella frazione di San Cristoforo) viene allestita ogni anno ad agosto la Sagra della Cuccìa, con una sfilata di costumi d'epoca e altre manifestazioni folkloristiche; al culmine della serata viene servito il tradizionale piatto.
Quest'ultimo è noto anche a Cicerale dove si chiama "cecciata", a Castel San Lorenzo e Stio noto come "cicci maritati", a Pellare, Moio, Vallo della Lucania. Mentre a Castellabate i cicci si cuociono nel giorno dei morti. Un cibo rituale analogo era la pansperma, ottenuta dalla mescola di tutti i semi, presente nella Grecia arcaica: ne ha parlato nel Timeo il grande Platone a proposito dell'azione divina della semenza universale. Tradizioni legate a questo piatto si riscontrano anche in altre parti d'Italia, in particolare in Sicilia dove, il giorno di Santa Lucia, c'era la tradizione di passare casa per casa per ricevere un po' di legumi da cuocere in un grande calderone e il piatto veniva servito ai più poveri.
Ricordiamo anche il territorio di Trentinara, noto anche come la terrazza del Cilento. Qui all'ombra del monte Vesule, ogni anno si svolge la tradizionale "Festa del Pane e delle tradizioni Contadine", particolare nell'allestimento e nei prodotti tipici locali, con danze e canti popolari avvolti da un'atmosfera d'altri tempi.
Un altro esempio importante di ricchezza di tradizioni, questa volta religiose, sono i riti della settimana santa. Dopo aver addobbato di grano i sepolcri nelle chiese, il venerdì Santo nell'area del Monte Stella ovvero nel "Cilento Antico" si svolgono le processioni delle "congreghe" o "confraternite", che rappresentano lunghi percorsi di sofferenza: "Visita ai sepolcri" (subbúrchi in cilentano). Ogni paese ha la sua che è intitolata a seconda della devozione locale, ad esempio alla vergine Maria o a un santo come quella di Omignano, di Pollica, Agnone Cilento e di Perdifumo, intitolate a Maria SS. del Rosario. Quella di Agnone Cilento intitolata alla Madonna Santissima Del Carmelo. Tutte le confraternite laiche escono dal proprio paese già alle prime luci del giorno per andare a rendere omaggio alle chiese dei paesi vicini e solo in serata per le "funzioni religiose" ritorneranno nelle proprie. Indossano i classici sai e cappucci bianchi con una mantella corta che cambia colore a seconda dell'intitolazione, guidati dal priore e al ritmo dei colpi di un lungo bastone recitando un lungo salmo in latino, si inginocchiano a coppie di due davanti al sepolcro per ricevere le catene sulle spalle in segno di penitenza. Il momento più suggestivo è l'incontro di due confraternite all'uscita delle chiese con il tradizionale saluto dei priori delle croci. Finita la cerimonia sono accolti dai paesani con dolci e vino.
Un altro piatto tipico del Cilento e in particolare di Palinuro sono dei rotoli di pizza, spesso conosciuti come le Viviane, imbottiti con una base di pomodoro e mozzarelle e farciti a piacere. Il piatto tipico di Marina di Camerota, portato in televisione dal primo ristoratore di Marina, è la "ciambotta", detta anche, più anticamente, "Ciammardola".
Il gruppo montuoso del Cilento è a tavolieri, con allineamento principale verso l'Appennino, ma, per l'erosione esterna che l'ha inciso in più sensi, ha un'orografia complicata e confusa. È costituito da calcare del Cretaceo e da dolomia, perciò vi si verificano dei fenomeni carsici. Le vette più importanti sono il Monte Cervati (1899 m), il Monte Gelbison (o Monte Sacro) (1 705 m), il Monte Bulgheria (1 225 m), il Monte Stella (1 131 m); gli ultimi due, pur superati da altre cime, spiccano per il loro isolamento.
Il Cilento ha boschi di faggi, pioppi, lecci e abeti, è scarsamente popolato e impervio e i suoi centri maggiori si trovano a notevole altezza.
Tra i mammiferi sono presenti il molosso di Cestoni, il miniottero, il vespertilio maggiore, il vespertilio di Capaccini, il vespertilio di Blyth, l'istrice, il tasso, la faina, la donnola, lo scoiattolo, la lontra, la lepre appenninica, l'arvicola di savi, la volpe, la martora, l'arvicola rossastra, il topo selvatico, il topo dal collo giallo, il topo quercino, il gatto selvatico, il ghiro, il cinghiale, il cervo, il capriolo e il lupo grigio appenninico.
Tra l'avifauna sono diffusi i rapaci come l'aquila reale, il biancone, il falco pellegrino, il lanario, il corvo imperiale, il gufo reale, lo Strix aluco, l'astore, il falco pecchiaiolo, il Nibbio bruno e il Nibbio reale. Tra gli altri volatili, comuni sono il picchio nero, il picchio muratore, la tottavilla, il succiacapre, il calandro, l'averla piccola, la ghiandaia marina, la balia dal collare, e nei pressi dei corsi d'acqua il martin pescatore, il merlo acquaiolo, il corriere piccolo e il gabbiano corso.
Tra i rettili sono presenti il cervone, il biacco, la vipera e la natrice. Vi sono anche anfibi come la salamandrina dagli occhiali, la più comune salamandra, il tritone italiano, l'ululone dal ventre giallo, la rana appenninica, la rana agile e il rospo. La fauna marina è molto varia e complessa: come rettile vi è la Caretta caretta, e sono stati segnalati inoltre anche alcuni cetacei come il Tursiope, il Capodoglio comune e la Stenella Striata. Tra la fauna ittica vi è la trota fario, il cavedano, l'anguilla, il barbo, l'Alburnus albidus e il vairone.
Tra gli invertebrati vi sono la Rosalia alpina, Oxygastra curtisii e Osmoderma eremita.[23]
Dal 1991, in seguito all'istituzione del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, gran parte del territorio del Cilento è protetto. Rientrano nell'area protetta circa 181 000 ettari di territorio, 8 comunità montane e 80 comuni. La sede istituzionale dell'ente parco è situata nel centro più importante dell'area, Vallo della Lucania.
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.