collezioni d'arte della famiglia Gonzaga di Mantova Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Le collezioni Gonzaga o la Celeste Galeria sono storicamente le cospicue raccolte di opere d'arte commissionate e appartenute alla dinastia dei Gonzaga, un tempo esposte in Palazzo Ducale, in Palazzo Te, in Palazzo San Sebastiano e in altri edifici di Mantova e dintorni.
Attualmente le opere d'arte appartenute ai Gonzaga sono disperse nei musei (e collezioni private) di tutto il mondo. Questa diaspora fu evocata dalla mostra Gonzaga. La Celeste Galeria. Il Museo dei Duchi di Mantova che dal 2 settembre 2002 al 12 gennaio 2003 riportò nei palazzi Te e Ducale una selezione di novanta degli oltre duemila dipinti appartenuti ai Gonzaga (oltre a bronzi, armi, gioie, disegni, ecc.).
Insieme alle opere pittoriche i signori di Mantova portarono nei palazzi ducali il meglio in materia di oreficeria, pietre preziose e mirabilia. Tra queste il Cammeo Gonzaga che dal 12 ottobre 2008 all'11 gennaio 2009 fu il pezzo più pregiato della mostra organizzata nell'Orangerie in Palazzo Te, Il Cammeo Gonzaga - Arti preziose alla corte di Mantova, che idealmente proseguiva l'esposizione della "Celeste Galeria".
Fu nel XV secolo che si formarono le più importanti collezioni d'arte ad opera dei Principi del Rinascimento. Tra le maggiori figuravano le raccolte dei Papi, dei Medici e dei Gonzaga. Inizialmente erano indirizzate verso le testimonianze del mondo classico, e quindi sculture, bronzi, monete e medaglie di epoca greca e romana. Ma i Principi, divenuti mecenati, cominciarono a commissionare opere agli artisti contemporanei.
Ispirazione dei Gonzaga furono le Wunderkammer dei Principi di Baviera. A tale modello in particolare guardò Isabella d'Este creando un proprio studiolo personale che acquisì notorietà internazionale. Le collezioni gonzaghesche divennero esse stesse esempio per le corti europee, anche per la proverbiale intuizione dimostrata dai Gonzaga nella scelta delle opere dei contemporanei. Altresì il collezionismo d'arte divenne strumento di rappresentazione e di comunicazione nel sottile gioco diplomatico al quale doveva necessariamente applicarsi il piccolo stato mantovano. Il massimo splendore si ebbe durante il governo dei duchi Vincenzo I Gonzaga e Ferdinando (figlio di Vincenzo I). Per volontà di quest'ultimo le opere d'arte furono inventariate, per l'epoca un inventario predisposto con criteri all'avanguardia, la cui utilità si rivelò ancora maggiore perché stava per avere inizio la diaspora delle opere custodite nei palazzi di Mantova.
La decadenza della casata gonzaghesca portò alla dispersione delle collezioni. Una prima mutilazione fu inferta da Vincenzo II che aveva iniziato dal 1625 lunghe trattative con Carlo I Stuart, re d'Inghilterra.[1] Quest'ultimo, utilizzando la mediazione di un noto mercante d'arte di Venezia, il fiammingo Daniel Nijs (1572-1647)[2], nel 1627, infine, riuscì a prezzi relativamente bassi per la qualità delle opere interessate (anche se fu la più costosa acquisizione di opere d'arte della Casa Reale inglese, ben 30.000 sterline dell'epoca) a farsi recapitare a Londra gran parte delle collezioni Gonzaga. Paradossalmente questo evento si rivelò provvidenziale in quanto consentì la salvaguardia delle opere ormai "inglesi", sottratte alla razzia e ai danneggiamenti che subirono le collezioni d'arte ancora presenti a Mantova nel 1630, quando la città fu occupata dai Lanzichenecchi che diedero corso al Sacco di Mantova, tragico episodio della guerra di successione di Mantova e del Monferrato. Proveniente dalle Collezioni Gonzaga è anche l'ippopotamo tassidermizzato portato al museo di Storia Naturale dell'Università di Pavia nel 1783 (dove tuttora è custodito) che, forse, in origine reggeva il corpo mummificato di Passerino Bonacolsi[3].
Concilio degli Dei, olio su tela, 204×379cm, Praga, Galleria del Castello
Enea si prepara a condurre i Troiani sopravvissuti in esilio, 1602-1603,olio su tela, 146×227cm, Fontainebleau, Musée National du Chateau (in deposito al Louvre)