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specie di pianta della famiglia Asteraceae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il farfaraccio maggiore (nome scientifico Petasites hybridus (L.) Gaertn. & al., 1801) è una specie di pianta angiosperma dicotiledone della famiglia delle Asteraceae (sottofamiglia Asteroideae).[1]
Il nome generico (Petasites) deriva da petàsos, un cappello a grandi falde usato dai viaggiatori del passato, e si riferisce alle grandi foglie di queste piante.[2][3]. L'epiteto specifico (hybridus = ibrido) probabilmente fa riferimento ad una possibile origine ibrida di questa specie. Mentre il nome comune (maggiore) sta ad indicare che questa specie è quella che raggiunge le dimensioni maggiori in altezza.
Il binomio scientifico attualmente accettato (Petasites hybridus) è stato proposto da Carl von Linné (Rashult, 23 maggio 1707 – Uppsala, 10 gennaio 1778), biologo e scrittore svedese, da Joseph Gaertner (Calw, 12 marzo 1732 – Tubinga, 14 luglio 1791), botanico tedesco, e da altri botanici (Dr Bernhard Meyer (24 agosto 1767 – 1º gennaio 1836) e Johannes Scherbius (1769-1813) ) nella pubblicazione "Oekonomisch-Technische Flora der Wetterau" (Oekon. Fl. Wetterau 3(1): 184 ) del 1801.[4]
Habitus. Sono piante perenni che possono raggiungere anche i 120 cm di altezza durante la fruttificazione (dimensioni minime 15 cm) e presentano un forte dimorfismo tra le foglie cauline e quelle radicali. La forma biologica della specie è geofita rizomatosa (G rhiz); ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei (riproduzione vegetativa); altrimenti queste piante si possono riprodurre anche a mezzo seme.[5][6][7][8][9][10]
Radici. Le radici in genere sono secondarie da rizoma.
Fusto.
Foglie. Le foglie sono di due tipi: basali e caulinari e sono picciolate.
Infiorescenza. Le sinflorescenze sono formate da diversi capolini sub-sessili. La struttura delle sinflorescenze, tutte terminai, è una via dimezzo tra una forma corimbosa e una a pannocchia. La struttura dei capolini (l'infiorescenza vera e propria) è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro campanulato (o sub-cilindrico) composto da diverse (da 12 a 15) brattee lineari e non tutte uguali, disposte in modo embricato in un'unica serie (a volte anche in 2 - 3 serie) che fanno da protezione al ricettacolo nudo (senza pagliette), piano o leggermente convesso, ma alveolato, sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: i fiori femminili, quelli esterni ligulati (assenti in questa specie), e i fiori ermafroditi quelli centrali tubulosi. Gli involucri hanno un colore bruno-rossiccio. Le brattee sulla superficie hanno da 1 a 5 nervi, mentre il bordo è scarioso. I capolini sono i più grandi del genere.
Queste piante sono fondamentalmente dioiche in quanto le infiorescenze (rispetto alla composizione dei capolini) possono essere di due tipi[2][11]:
Fiori. I fiori sono tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi).
Frutti. I frutti sono degli acheni con pappo. La forma dell'achenio è sub-cilindrica con superficie solcata (5 – 10 coste) e glabra. All'apice è presente un pappo biancastro formato da diversi peli lunghi (da 60 a 100), molli e denticolati. Lunghezza del pappo: 10 mm.
Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama tramite farfalle diurne e notturne).
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi (gli acheni) cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria). In questo tipo di piante avviene anche un altro tipo di dispersione: zoocoria. Infatti gli uncini delle brattee dell'involucro (se presenti) si agganciano ai peli degli animali di passaggio disperdendo così anche su lunghe distanze i semi della pianta. Inoltre per merito del pappo il vento può trasportare i semi anche a distanza di alcuni chilometri (disseminazione anemocora).
Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Eurasiatico.
Distribuzione: questa pianta è comune in tutto il territorio escluse le isole. Sui rilievi europei si trova nelle seguenti zone: Massiccio Centrale, Massiccio del Giura, Vosgi, Foresta Nera, Carpazi e Monti Balcani. Fuori dall'Europa si trova in Asia settentrionale e occidentale. Si trova anche in Anatolia, Transcaucasia e Iran. Vive anche in America del nord, ma anche questa specie come altre probabilmente è stata introdotta accidentalmente dall'Europa nel periodo coloniale e quindi si è naturalizzata facilmente in quanto pianta invasiva.
Habitat: l'habitat tipico di questa specie sono i luoghi umidi, le sponde e i bordi dei ruscelli, e in generale le zone fresche e ombrose ma anche ghiaiose e petrose. Il substrato preferito è sia calcareo che siliceo con pH neutro, alti valori nutrizionali del terreno che deve essere un po' umido (pianta nitrofila).
Distribuzione altitudinale: sui rilievi alpini queste piante si possono trovare fino a 1.650 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare e montano.
Dal punto di vista fitosociologico alpino la specie di questa scheda appartiene alla seguente comunità vegetale:[15]
Per l'areale completo italiano Petasites hybridus appartiene alla seguente comunità vegetale:[16]
Descrizione. L'alleanza Petasition officinalis è relativa alle comunità con prevalenza di specie perenni in orli forestali mesofili o meso-igrofili che si sviluppano in habitat ricchi di nutrienti dei climi temperati ed umido del mediterraneo. La comunità è povera di specie perenni a foglia larga. Distribuzione: l'alleanza è ampiamente distribuita sia in Europa che in Italia.[17]
Specie presenti nell'associazione: Cirsium erisithales, Elymus caninus, Orobanche flava, Petasites hybridus, Petasites kablikianus, Valeriana sambucifolia, Telekia speciosa, Aconitum napellus, Aconitum variegatum, Aruncus dioicus, Athyrium filix-foemina, Cardamine amara, Carduus personata, Chrysosplenium alternifolium, Conocephalum conicum, Crepis paludosa, Knautia maxima, Lamiastrum montanum, Milium effusum, Oxalis acetosella, Pellia epiphylla, Petasites albus, Primula elatior, Ranunculus lanuginosus, Saxifraga rotundifolia, Senecio ovatus, Stellaria nemorum, Veronica urticifolia, Vicia sylvatica, Chaerophyllum hirsutum, Festuca gigantea, Geranium phaeum, Impatiens noli-tangere e Stachys sylvatica.
La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sud America, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23.000 specie distribuite su 1.535 generi[18], oppure 22.750 specie e 1.530 generi secondo altre fonti[19] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1.679 generi)[20]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie; la sottofamiglia Asteroideae è una di queste e rappresenta l'evoluzione più recente di tutta la famiglia.[1][8][9]
Il genere di questa voce appartiene alla sottotribù Tussilagininae della tribù Senecioneae (una delle 21 tribù della sottofamiglia Asteroideae). La sottotribù descritta in tempi moderni da Bremer (1994), dopo le analisi di tipo filogenetico sul DNA del plastidio (Pelser et al., 2007) è risultata parafiletica con le sottotribù Othonninae e Brachyglottidinae annidiate al suo interno. Attualmente con questa nuova circoscrizione la sottotribù Tussilagininae s.s. risulta suddivisa in quattro subcladi.[9]
Il genere di questa voce appartiene a un subclade abbastanza ben supportato comprendente i generi Endocellion, Homogyne, Petasites e Tussilago. Questi generi prediligono climi temperato/boreali in areali prevalentemente settentrionali e con una distribuzione eurasiatica con un unico rappresentante nel Nord America, vale a dire il polimorfo Petasites frigidus.[9]
All'interno del genere le specie di questa voce fanno parte della sezione delle EUPETASITES. sezione caratterizzata dall'avere infiorescenze con numerosi capolini spesso organizzati in un racemo allungato (a fine fioritura); con le corolle dei fiori radiali troncate (o lievemente ligulate); con foglie-brattee caulinari sempre lanceolate-acuminate indipendentemente dalla posizione che possono avere lungo il fusto (basale o apicale).[2]
La specie Petasites hybridus è individuata dai seguenti caratteri:[10]
Il numero cromosomico della specie è 2n = 60.[10]
Per questa specie sono riconosciute le seguenti entità intraspecifiche:
Sono elencati alcuni sinonimi per questa entità:
Le uniche quattro specie (relative al territorio italiano) del genere Petasites possono essere confuse tra di loro, specialmente a fioritura finita quando le piante presentano solamente le foglie radicali. Si distinguono per i seguenti caratteri:
Inoltre il "farfaraccio maggiore" può essere confuso con la specie di un altro genere Adenostyles alliariae (Gounan) Kerner – Cavolaccio alpino, in quanto entrambe le specie convivono negli stessi ambienti, questo però se si tratta di individui ridotti alle sole foglie. Si possono distinguere comunque in quanto la lamina dell'Adenostyles è più triangolare e le nervature sono disposte in modo alterno (mentre quelle delle foglie del “farfaraccio” sono opposte e più simmetriche).
Viene sconsigliato l'uso edule in quanto questa pianta contiene alcuni alcaloidi epatotossici (alcaloidi pirrolizidinici)[21].
Raramente queste piante vengono usate nel giardinaggio in quanto sono abbastanza invasive e occupano vaste aree.
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