Fetti studiò con Lodovico Cigoli. Nel 1614 si trasferì a Mantova come pittore di corte dei Gonzaga su richiesta del ducaFerdinando. Qui creò le sue opere più note, per le quali è infatti conosciuto come il "Mantovano".
Nella sua bottega mantovana lavoravano sia il padre Pietro che la sorella Lucrina, suora e pittrice. A Mantova si trovano le sue opere principali, tele a olio e affreschi. Molte le opere eseguite per le chiese della città, tra queste risaltano l'Apoteosi della Redenzione che affresca la volta dell'abside della Cattedrale di San Pietro (Duomo) e alcuni dipinti per la chiesa di Sant'Orsola, i Martiri, Viani che offre a Margherita Gonzaga la chiesa di Sant'Orsola e la Moltiplicazione dei pani e dei pesci conservati ora nel Palazzo Ducale di Mantova.
Fetti fu un naturalista tra i più originali del Seicento, che nella ruvidezza del tratto si rifece al Caravaggio e al Rubens. A Mantova egli cercò pure di imitare Giulio Romano. Divenne celebre per la serie di alto livello delle parabole evangeliche, tra le quali si annovera quella dei Ciechi, del Buon Samaritano, e del Figliol Prodigo.
La pennellata ha un che di pastoso e grasso; il colorito è talvolta ricco, con eccessivi contrasti luministici.
Nel 1622 si trasferì a Venezia dove morì, dopo breve malattia, il 16 aprile 1623. Nel suo breve periodo veneziano abbandonò la pittura monumentale dedicando maggiore attenzione a episodi di vita popolare.
Nel 1996 Mantova dedica all'artista una mostra delle opere eseguite alla corte dei Gonzaga, arricchita con altre provenienti da varie parti del mondo esposte a Palazzo Te dal 15 settembre al 15 dicembre. Nell'introduzione al Catalogo il curatore Eduard A. Safarik illustra tra l'altro il metodo per la lettura e la visione impiegati di fronte alle opere: nella presente mostra «abbiamo tentato di tracciare diversi fili conduttori, attraverso l'opera e la vita di un pittore, che dovrebbero permettere allo spettatore di orientarsi meglio in questa vita per immagini».[1]