[Epistola a Solone] Se ti allontanerai da Atene a me pare che molto comodamente potresti sistemarti a Mileto, che è vostra colonia; qui nulla ti sarà grave. Se ti sdegnerai perché anche noi Milesii siamo governati da un tiranno – e tu odii ogni specie di tiranno – potrai però egualmente godere di vivere con noi che ti siamo amici. Ti scrisse anche Biante invitandoti a Priene; se ti è più grato vivere nella città di Priene, anche noi abiteremo presso di te.[9]
[Epistola a Ferecide] So che tu primo dei Ioni stai per rendere di pubblica ragione presso i Greci i tuoi trattati intorno alle cose divine. Forse è un criterio giusto partecipare al pubblico un'indagine anzi che affidare la cosa a chiunque per nessun vantaggio. Se ti è gradito, vorrei discutere teco di quel che scrivi e, se me ne preghi, verrò da te in Siro. Non saremmo certo uomini di senno né io né Solone ateniese, se noi che abbiamo navigato verso Creta per amore di ricerca e in Egitto per incontrarci con i sacerdoti e gli astrologi ora non ci dirigessimo anche da te. Verrà certamente anche Solone, se tu glielo raccomanderai. Tu certo per amore dei tuoi luoghi di rado vieni nella Ionia, né ti possiede desiderio di uomini stranieri; tu attendi, io spero, all'unica opera dello scrivere soltanto. Noi che nulla scriviamo giriamo l'Ellade e l'Asia.[10]
[Citazione errata] Attribuita a molti autori greci, tra cui lo stesso Talete. Stando a quanto narrano Platone nel Protagora, Marco Tullio Cicerone nel De oratore, Senofonte nei Detti memorabili di Socrate, Pausania e Plutarco, un giorno i sette savi si sarebbero riuniti a Delfi e avrebbero scritto a lettere d'oro questo motto nel tempio di Apollo. Tuttavia, stando a quanto riporta Giuseppe Fumagalli, sembrerebbe che il reale significato della frase fosse stato frainteso. Tale frase infatti faceva parte di due versi che indicavano le norme etiche da rispettare nel tempio di Apollo. Questo verso, in particolare, invitava semplicemente i visitatori a chiarirsi bene le idee sulla domanda da porre all'oracolo, prima di interrogarlo. Tuttavia già nel IV secolo a.C. i versi non erano più interpretati in tal modo. Vedi anche qui.
Mai molte parole mostrano prudente opinione: una sola saggezza tu cerca, un solo bene scegli; così degli uomini loquaci le lingue ciarliere farai tacere.[14]
Diogene Laerzio cita questo brano precisando che si tratta di una canzone, cantata durante i conviti, che Lobone Argivo attribuisce a Talete.
[Sull'eclissi solare del 28 maggio 585 a.C.] ... di giorno si fece notte. Questa mutazione di giorno... Talete di Mileto l'aveva predetta... (Erodoto)
Ecco, questo piccolo tumulo che vedi è del saggissimo Talete, la cui gloria altissima si leva nel cielo. (epitaffio[15])
Gira, rigira, da Talete in poi la filosofia pesta l'acqua nel mortaio. (Gesualdo Bufalino)
Giunto sul fiume Halys, Creso proseguì. Secondo me, fece passare l'esercito sui ponti lì esistenti, mentre secondo la voce corrente fra gli Elleni sarebbe stato Talete di Mileto a farlo passare. Si dice che Creso fosse molto imbarazzato per il passaggio dell'esercito oltre il fiume, perché allora non vi sarebbero stati ponti. Talete, che si trovava nell'accampamento, avrebbe fatto in modo che il fiume, che scorreva alla sinistra dell'esercito, scorresse anche alla sua destra, ricorrendo a un espediente. Da un punto a nord del campo avrebbe fatto scavare un profondo canale a semicerchio, in modo che il fiume, deviato in parte dall'antico letto, raggiungesse alle spalle le truppe accampate e poi, oltrepassato il campo, sfociasse nel corso antico, cosicché, diviso, il fiume, avrebbe avuto due bracci entrambi guadabili. (Erodoto)
Il filosofo non tiene affatto conto di tutto ciò che vale poco o niente e guida il suo volo dappertutto, come dice Pindaro: «Sondando gli abissi della terra, e misurandone le superfici, seguendo il cammino degli astri nelle profondità del cieli e, di ciascuna realtà, scrutando la natura nel suo dettaglio e nel suo insieme senza mai lasciarsi irretire da ciò che è immediatamente vicino» «Che vuoi dire con questo, Socrate?» «Voglio dir questo. Un giorno Talete osservava gli astri, Teodoro, e con lo sguardo rivolto al cielo finì per cadere in un pozzo; una sua giovane serva della Tracia, intelligente e graziosa, lo prese in giro dicendogli che con tutta la sua scienza su quel che accade nei cieli, non sapeva neppure vedere quel che aveva davanti ai piediLa morale di questa storia può valere per tutti coloro che passano la vita a filosofare, ed effettivamente un uomo simile non conosce né vicini né lontani, non sa cosa fanno gli altri uomini o altri esseri viventi. Ma che cosa sia un uomo, in che cosa per sua natura deve distinguersi dagli altri esseri nella attività o nella passività che gli è propria, ecco, di questo il filosofo si occupa a questa ricerca consacra le sue pene. Immagino che tu mi segua, Teodoro, o mi sbaglio?» «Ti seguo e quel che dici è la verità» «È questo dunque, mio buon amico, nei rapporti privati il nostro filosofo; ed è così anche nella vita pubblica, come ti dicevo all'inizio. Quando nei tribunali o altrove bisogna che, contro la sua volontà, tratti di cose che sono davanti a lui, sotto i suoi occhi, finisce non soltanto per far ridere la donne di Tracia, ma cade effettivamente nei pozzi, non esce dalle difficoltà della vita per mancanza di esperienza e la sua terribile goffaggine gli fa fare la figura dello stupido. Infatti, se è costretto a subire le cattiverie della gente, non sa lanciare a nessuno degli insulti perché non sa nulla dei mali di ciascuno: non se ne è mai occupato. Messo così in difficoltà, appare ridicolo. Di fronte agli elogi, all'arroganza di cui altri si gloriano, non fa affatto finta di ridere, ma ride davvero, e in modo così aperto da essere scambiato per uno stupido.» (Platone)
Io preferisco accogliere la contraddittorietà come documentazione di un personaggio inafferrabile. Viene in mente, come parallelo, Socrate, che ha goduto di una letteratura documentaria vastissima, ma incertissima, e del cui pensiero quasi nulla si può dire, della cui persona assai poco, se non lo si accetta come contraddittorio. Entrambi certo furono dei sapienti, ma il fascino della loro persona fu così prepotente che quanto nascondevano nelle loro parole, la loro conoscenza – quello cioè che stava loro più a cuore – saltò via, si perdette, rimase inavvertito, sopraffatto dalla magia della loro presenza. (Giorgio Colli)
La persona per merito della quale in Grecia la lampada della scienza si accende ed agitata vampeggia è Talete Milesio; a lui siamo debitori del trasporto in Europa dei germi delle scienze esatte e dei primi tentativi di coltivarle. (Gino Loria)
Per Talete la mente del mondo è il dio e il tutto è animato e pieno di demoni; e la potenza divina, penetrando l'umido elementare, lo muove (Aezio)
Tale fu Talete, fra i Sette Sapienti, portento nell'astronomia. (Timone di Fliunte)
Talete di Mileto fu senza dubbio il più importante tra quei sette uomini famosi per la loro sapienza – e infatti tra i Greci fu il primo scopritore della geometria, l'osservatore sicurissimo della natura, lo studioso dottissimo delle stelle: con poche linee scoprì cose grandissime, la durata delle stagioni, il soffiare dei venti, il cammino delle stelle, il prodigioso risuonare del tuono, il corso obliquo delle costellazioni, l'annuale ritorno del sole; fu lui a scoprire il crescere della luna che nasce, il diminuire di quella che cala e gli ostacoli di quella che s'inabissa (Apuleio)
Talete sembra essere il primo a studiare gli astri. (Eraclito)
Dei primi filosofi, i più hanno pensato che vi siano solo principi materiali delle cose. Ciò da cui le cosa hanno il loro essere e da cui si originano e in cui corrompendosi si risolvono – poiché la sostanza permane pur mutando negli accidenti – dicono sia l'elemento primordiale e, essa sostanza, il principio delle cose; per questo pensano che niente si generi o perisca in assoluto, dato che tale sostanza permane in eterno... Ci dev'essere infatti una qualche sostanza, una o più d'una, da cui si generi il resto pur restando essa immutata. Quanto poi al numero e alla forma di tale principio non hanno tutti la stessa opinione: Talete, l'iniziatore di questa filosofia, dice per parte sua che esso è l'acqua (e per questo sostiene che la terra poggia sull'acqua) e tale opinione gli viene forse dall'aver osservato che il nutrimento di tutte le cose è umido e che perfino il caldo si genera dall'acqua e vive di essa (ma ciò onde tutte le cose si originano è il loro principio); da questo era stato indotto a tale opinione e anche dal fatto che ogni germe ha una natura umida; e anche l'acqua è il principio della natura di ciò che è umido. Vi sono poi alcuni che credono che i primi antichissimi teologi, vissuti molto prima del nostro tempo, abbiano avuto la stessa opinione sulla sostanza primordiale perché chiamavano Oceano e Teti i padri della generazione e perché dicevano che gli dei giurano per l'acqua, che quei poeti chiamavano Stige. Si onora sempre ciò che è più antico e niente è più onorato del giuramento. Non è poi sicuro che quest'opinione sulla sostanza primordiale delle cose sia talmente antica, ma si dice tuttavia, che questo fosse il pensiero di Talete sulla causa prima.
E alcuni affermano che l'anima è mescolata proprio nell'universo, per cui – forse – anche Talete ritenne che tutte le cose sono piene di dei.
E sembra che anche Talete – secondo quanto tramandato – abbia supposto che l'anima sia qualcosa di motore, se davvero egli disse che il magnete possiede anima, dato che muove il ferro.
Siccome, povero com'era, gli rinfacciavano l'inutilità della filosofia, avendo previsto in base a calcoli astronomici un'abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno, pur disponendo di poco denaro, si accaparrò tutti i frantoi di Mileto e di Chio per una cifra irrisoria, dal momento che non ve n'era alcuna richiesta; quando giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgentemente tutti i frantoi disponibili, egli li affittò al prezzo che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e dimostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, ma tuttavia non si preoccupano di questo.
Dicono pure che, incitandolo la madre a prendere moglie, abbia risposto: «Non è ancora tempo»; insistendo ancora, quando egli aveva oltrepassato la giovinezza: «Non è più tempo».
Era solito dire che in nulla la morte differisce dalla vita. «E tu allora perché non muori?» gli si diceva; la sua risposta era: «Perché non vi è differenza».
V'è anche un nostro epigramma a lui dedicato [...]. Eccolo: Il saggio Talete rapisti dallo stadio, o Elio Zeus, mentre ad un ginnico agone assisteva. Ti lodo per averlo condotto vicino; ché il vecchio ormai più non poteva vedere dalla terra gli astri.
Il più antico fisico è nello stesso tempo uno dei così detti sette sapienti, anzi l'ultimo ed il più grande di essi: Thales di Miletos. Ma più che come uno scienziato o filosofo nel senso odierno della parola, Thales ci apparisce come un abile commerciante, che nei suoi viaggi e nelle sue intraprese, molte volte fortunate, aveva acquistato una messe di nuove cognizioni, specialmente presso i popoli di grande antica civiltà, appena allora apertisi ai greci, e che, giovandosi di queste, aveva acquistato grande riputazione presso i suoi compatriotti. In tal modo esso veniva anche richiesto di consigli negli affari politici e pratici della propria patria: ed era anche stimato ed onorato nelle altre città dell'Asia.
Che Thales fosse un uomo essenzialmente pratico risulta da tutte le testimonianze antiche che lo riguardano, e come tale anche bene gli si addice di essere classificato fra i sette sapienti, uomini che ottennero questo titolo per le loro pratiche benemerenze nella vita pubblica. La storiella della sua previsione di una annata eccezionalmente buona nella raccolta delle olive, e del conseguente accaparramento di numerosi frantoi per concludere un buon affare, caratterizza alla perfezione l'uomo; ed altri racconti pure ci confermano in questa opinione.
Le idee astronomiche e cosmogoniche di Thales sono assai primitive. La terra non è altro che un disco piatto che galleggia sull'acqua, mentre sopra di essa si eleva la volta celeste, dove si muovono il sole, la luna e le stelle. Anche sotto questo rapporto può dirsi che le sue idee non siano altro che quelle che negli antichi imperi erano rimaste allo stadio di scienza popolare.
1 2 3 4 5 6 Citato in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, I, 35; 1842, p. 19.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Citato in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, I, 36; 2009, pp. 14-15.
↑ Secondo Diogene Laerzio è proprio Talete l'autore del motto «Conosci te stesso», tuttavia tale attribuzione è controversa, vedi sotto.
↑ Citato in Demetrio Falereo, Apoftegmi dei Sette Sapienti, traduzione di Gabriele Massa, in Proverbi, sentenze e massime di saggezza in Grecia e a Roma, p. 7.
↑ Citato in Come funziona la filosofia, a cura di Marcus Weeks, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2020, p. 16. ISBN 9788858025598
↑ Citato in Demetrio Falereo, Apoftegmi dei Sette Sapienti, traduzione di Gabriele Massa, in Proverbi, sentenze e massime di saggezza in Grecia e a Roma, p. 8.
↑ Citato in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, I, 35; 2009, p. 14: «Delle canzoni che erano cantate nei conviti Lobone gli attribuisce questa».
↑ Citato in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, I, 39; 2009, p. 15.
Aa. Vv., Proverbi, sentenze e massime di saggezza in Grecia e a Roma, a cura di Emanuele Lelli, traduzioni, introduzioni e note di Emanuele Lelli et al., con la collaborazione dei ragazzi del Liceo Tasso di Roma, Bompiani, Firenze-Milano, 2021. ISBN 978-88-587-9503-3