L'idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito! Che significato ha questo folle mito?
Il mito dell'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla. Non occorre tenerne conto, come di una guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo che non ha cambiato nulla sulla faccia della terra, benché trecentomila negri vi abbiano trovato la morte fra torture indicibili.
E anche in questa guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo, cambierà qualcosa se si ripeterà innumerevoli volte nell'eterno ritorno?
Si, qualcosa cambierà: diventerà un blocco che svetta e perdura, e la sua stupidità non avrà rimedio.
Se la Rivoluzione francese dovesse ripetersi all'infinito, la storiografia francese sarebbe meno orgogliosa di Robespierre. Dal momento, però, che parla di qualcosa che non ritorna, gli anni di sangue si sono trasformati in semplici parole, in teorie, in discussioni, sono diventati più leggeri delle piume, non incutono paura.
C'è un'enorme differenza tra un Robespierre che si è presentato una volta nella storia e un Robespierre che torna eternamente a tagliare la testa ai francesi.
Diciamo quindi che l'idea di eterno ritorno indica una prospettiva nella quale le cose appaiono in maniera diversa da come noi le conosciamo: appaiono prive della circostanza attenuante della loro fugacità. Questa circostanza attenuante ci impedisce infatti di pronunciare qualsiasi verdetto. Si può condannare ciò che è effimero? La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia: anche la ghigliottina.
Or non è molto, mi sono sorpreso a provare una sensazione incredibile: stavo sfogliando un libro su Hitler e mi sono commosso alla vista di alcune sue fotografie; mi ricordavano la mia infanzia; io l'ho vissuta durante la guerra; parecchi miei familiari hanno trovato la morte nei campi di concentramento hitleriani; ma che cos'era la loro morte nei campi di concentramento davanti alla fotografia di Hitler che mi ricordava un periodo scomparso della mia vita, un periodo che non sarebbe più tornato?
Questa riconciliazione con Hitler tradisce la profonda perversione morale che appartiene a un mondo fondato essenzialmente sull'inesistenza del ritorno, perché in un mondo simile tutto è già perdonato e quindi tutto è cinicamente permesso.
Citazioni
- Subito all'inizio della Genesi è scritto che dio creò l'uomo per affidargli il dominio sugli uccelli, i pesci e gli animali. Naturalmente la Genesi è stata redatta da un uomo e non da un cavallo. Non esiste alcuna certezza che dio abbia affidato davvero all'uomo il dominio sulle altre creature. È invece più probabile che l'uomo si sia inventato dio per santificare il dominio che egli ha usurpato sulla mucca e sul cavallo. Sì, il diritto di uccidere un cervo od una mucca è l'unica cosa sulla quale l'intera umanità sia fraternamente concorde, anche nel corso delle guerre più sanguinose. Questo diritto ci appare evidente perché in cima alla gerarchia troviamo noi stessi. Ma basterebbe che nel gioco entrasse una terza persona, ad esempio un visitatore da un altro pianeta, il cui Dio gli abbia detto: "Regnerai sulle creature di tutte le altre stelle!", e tutta l'evidenza della Genesi diventerebbe di colpo problematica. Un uomo attaccato a un carro da un marziano, o magari fatto arrosto da un abitante della Via Lattea, si ricorderà forse della cotoletta di vitello che era solito tagliare nel suo piatto e chiederà scusa (in ritardo!) alla mucca.
- La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia: anche la ghigliottina.
- Ciò che distingue una persona che ha studiato da un'autodidatta non è la quantità di conoscenza, ma il grado di vitalità e di coscienza di sé. (p. 26)
- Desiderava fare qualcosa che non lasciasse possibilità di ritorno. Desiderava distruggere brutalmente tutto il passato dei suoi ultimi sette anni. Era la vertigine. L'ottenebrante, irresistibile desiderio di cadere. La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa. Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.[6]
- Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l'amore) dall'altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza.
- Soltanto il caso può apparirci come un messaggio. Ciò che avviene per necessità, ciò che è atteso, che si ripete ogni giorno, tutto ciò è muto. Soltanto il caso ci parla.
- Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l'uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione.
- L'amore significa rinunciare alla forza.
- La gente di solito si rifugia nel futuro per sfuggire alle proprie sofferenze. Traccia una linea immaginaria sulla traiettoria del tempo, al di là della quale le sue sofferenze di oggi cessano di esistere.
- La grandezza di un uomo risiede per noi nel fatto che egli porta il suo destino come Atlante portava sulle spalle la volta celeste.
- La nostra vita quotidiana è bombardata da coincidenze o, per meglio dire, da incontri fortuiti tra le persone e gli avvenimenti chiamati coincidenze.[...]. L'uomo, spinto dal senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita.
- Le domande veramente serie sono solo quelle che possono essere formulate da un bambino. Sono domande per le quali non esiste risposta.
- Nelle stanze da bagno moderne, le tazze del gabinetto si alzano dal pavimento come bianchi fiori di ninfea. L'architetto fa di tutto affinché il corpo dimentichi la sua miseria e l'uomo non sappia ciò che avviene dei rifiuti delle sue interiora quando scroscia su di essi l'acqua liberata dal serbatoio. (parte quarta, L'anima e il corpo, cap. 18; p. 74)
- Non c'è nulla di più pesante della compassione. Nemmeno il nostro proprio dolore è così pesante come un dolore che si prova con un altro, verso un altro, al posto di un altro, moltiplicato dall'immaginazione, prolungato in centinaia di echi.
- Non certo la necessità, bensì il caso è pieno di magia. Se l'amore deve essere indimenticabile, fin dal primo istante devono posarsi su di esso le coincidenze, come uccelli sulle spalle di Francesco d'Assisi.
- Allora, si accorse di colpo di non essere infelice. La presenza fisica di Sabina era molto meno importante di quanto immaginasse. Importante era l'impronta dorata, l'impronta magica che lei aveva lasciato nella sua vita e della quale nessuno poteva privarlo.
- Non si può mai sapere che cosa si deve volere perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future. [...]. Non esiste alcun modo di stabilire quale decisione sia la migliore, perché non esiste alcun termine di paragone. L'uomo vive ogni cosa subito, per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza avere mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima prova è già la vita stessa? Per questo la vita somiglia sempre ad uno schizzo. Ma nemmeno "schizzo" è la parola giusta, perché uno schizzo è sempre un abbozzo di qualcosa, la preparazione di un quadro, mentre lo schizzo che è la nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro.
- Qualsiasi studente nell'ora di fisica può provare con esperimenti l'esattezza di un'ipotesi scientifica. L'uomo, invece, vivendo una sola vita, non ha alcuna possibilità di verificare un'ipotesi mediante un esperimento, e perciò non saprà mai se avesse dovuto o no dare ascolto al proprio sentimento.
- Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi: in altri termini, desidera lo sguardo di un pubblico. [...] La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti [...] C'è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata [...] E c'è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori. Ad esempio Franz.
- Tutti noi consideriamo impensabile che l'amore della nostra vita possa essere qualcosa di leggero, qualcosa che non ha peso; riteniamo che il nostro amore sia qualcosa che doveva necessariamente essere, che senza di esso la nostra vita non sarebbe stata la nostra vita.
- Un medico, diversamente da un politico o da un attore, viene giudicato soltanto dal suo paziente e dai suoi più prossimi colleghi, cioè a porte chiuse, da uomo a uomo.
- La scoperta di essere del tutto impotente fu come una mazzata ma allo stesso tempo lo calmò. Nessuno lo obbligava a prendere una decisione. Non era costretto a guardare il muro della casa di fronte e domandarsi se voleva o non voleva vivere con lei. Tereza aveva deciso tutto da sola.
- Aveva dietro le spalle sette anni di vita passati con Tereza e adesso si rendeva conto che quegli anni erano più belli nel ricordo che non quando li aveva vissuti. L'amore tra lui e Tereza era stato bellissimo ma anche faticoso: aveva dovuto sempre nascondere qualcosa, mascherare, fingere, riparare, tirarle su il morale, consolarla, dimostrarle ininterrottamente il proprio amore, subire le accuse della sua gelosia, del suo dolore, dei suoi sogni, sentirsi colpevole, giustificarsi e scusarsi. Ora la fatica era scomparsa e rimaneva solo la bellezza.
- Per Sabina vivere nella verità, non mentire né a se stessi né agli altri, è possibile soltanto a condizione di vivere senza pubblico. Nell'istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di ciò che facciamo ha più verità. Avere un pubblico, pensare a un pubblico, significa vivere nella menzogna. Sabina disprezza la letteratura nella quale gli autori rivelano ogni piega intima di se stessi e dei loro amici. L'uomo che perde la propria intimità perde tutto, pensa tra sé Sabina. E l'uomo che se ne sbarazza di sua spontanea volontà è un mostro. Per questo Sabina non soffre per nulla di dover tenere nascosto il proprio amore. Al contrario, solo in quel modo può "vivere nella verità".
- Per Sabina fu come se Franz avesse forzato la porta della sua intimità. [...] Contro la sua volontà sarebbe diventata la rivale di una donna che non la interessava affatto. [...] Tutti avrebbero osservato, da vicino o da lontano, e lei sarebbe stata obbligata a recitare davanti a tutti, invece di essere Sabina avrebbe dovuto recitare la parte di Sabina e pensare a come recitare quella parte. L'amore reso pubblico sarebbe aumentato di peso e sarebbe diventato un fardello. Solo a pensarci, Sabina si curvava sotto quel fardello.
- "L'amore è lotta" disse Marie-Claude, sempre sorridendo. "Lotterò a lungo. Fino alla fine".
- Un dramma umano si può sempre esprimere con la metafora della pesantezza. Diciamo, ad esempio, che ci è caduto un fardello sulle spalle. Sopportiamo o non sopportiamo questo fardello, sprofondiamo sotto il suo peso, lottiamo con esso, perdiamo o vinciamo. Ma che cos'era successo in realtà a Sabina? Niente. Aveva lasciato un uomo perché voleva lasciarlo. Lui l'aveva forse perseguitata? Aveva cercato di vendicarsi? No. Il suo non era un dramma della pesantezza, ma della leggerezza. Sulle spalle di sabina non era caduto un fardello, ma l'insostenibile leggerezza dell'essere.
- Sabina aveva attorno a sé il vuoto. E se quel vuoto fosse stato la meta di tutti i suoi tradimenti? Fino ad allora, naturalmente, non se ne era resa conto e ciò era comprensibile: la meta che l'uomo persegue è sempre velata. La ragazza che desidera il matrimonio desidera qualcosa di cui non sa nulla. Il giovane che brama la gloria non ha alcuna idea di cosa sia questa gloria. Ciò che dà un senso al nostro comportamento è sempre qualcosa che ci è totalmente sconosciuto. Anche Sabina non sa quale sia la meta che sta dietro il suo desiderio di tradire. L'insostenibile leggerezza dell'essere, è questa la meta?
- Come si è indifesi di fronte alle adulazioni! Tomas non poteva impedirsi di prendere sul serio quello che gli diceva l'uomo del ministero. Ma non era soltanto vanità. Era soprattutto inesperienza. Quando sedete di fronte a qualcuno che si mostra amabile, deferente, cortese, è molto difficile tenere sempre a mente che nulla di ciò che dice è vero, che nulla è sincero. Diffidare (continuamente e sistematicamente, senza vacillare nemmeno per un attimo) richiede uno sforzo enorme e anche un suo allenamento...
- Ciò che l'io ha di unico si cela appunto in ciò che l'uomo ha di inimmaginabile. Noi possiamo immaginarci solo ciò che nelle persone è uguale, ciò che è comune. L'io individuale è ciò che si differenzia dal generale, quindi ciò che non si può indovinare o calcolare in precedenza, ciò che nell'altro si deve svelare, scoprire, conquistare.
- Il terrore è uno shock, un istante di totale accecamento. Il terrore è privo di una qualsiasi traccia di bellezza. Noi non vediamo che la luce violenta dell'avvenimento sconosciuto che ci aspettiamo. La tristezza presuppone invece che si sappia. Tomas e Tereza sapevano quello che li aspettava. La luce del terrore si era velata e il mondo era visto in una luminosità azzurrina e tenera che rendeva le cose più belle di quanto non fossero prima.
- Basta innamorarsi follemente e sentire il brontolio del proprio intestino, perché l'unità di corpo e anima, questa lirica illusione dell'età della scienza, svanisca di colpo.
- L'amore non si manifesta col desiderio di fare l'amore (desiderio che si applica a una quantità infinita di donne) ma col desiderio di dormire insieme (desiderio che si applica ad un'unica donna).
- Lui le ordinò ancora diverse volte (con comico insuccesso): «Si spogli!», ma non gli restò che cedere a un compromesso; secondo le regole del gioco al quale lei l'aveva già obbligato l'ultima volta («tu mi fai e io ti faccio»), lei gli tolse i pantaloni e lui la gonna, poi lei gli tolse la camicia e lui la camicetta, fino a che non furono di fronte nudi. Lui posò la mano sul suo sesso umido e poi fece scivolare le dita più in là, verso l'orifizio anale che era la parte del corpo di una donna che lui amava di più. Quello di lei era particolarmente rilevato, ed evocava l'immagine di un lungo tubo digerente che terminava lì con una leggera protuberanza. Palpò quel cerchio sodo e sano, il più bello fra tutti gli anelli, che il linguaggio della medicina chiama sfintere, e all'improvviso sentì le dita di lei sul medesimo punto del suo posteriore.
- Nelle lingue derivate dal latino la parola compassione significa: non possiamo guardare con indifferenze le sofferenze altrui; oppure: partecipiamo al dolore di chi soffre. È per questo che la parola compassione generalmente ispira diffidenza: designa un sentimento ritenuto mediocre, di second'ordine, che non ha molto a che vedere con l'amore.
Nelle lingue che formano la parola compassione non dalla radice sofferenza (passio) bensi dal sostantivo "sentimento", la parola viene usata con significato quasi identico. Avere compassione (co-sentimento) significa vivere insieme a qualcuno la sua disgrazia, ma anche provare insieme a lui qualsiasi altro sentimento: gioia, angoscia, felicità, dolore.
Nella gerarchia dei sentimenti è il sentimento supremo. (p. 10)
- Tereza sa che il momento in cui nasce l'amore si presenta così: la donna non resiste alla voce che chiama all'aperto la sua anima spaventata; l'uomo non resiste alla donna la cui anima presta orecchio alla sua voce.
- La mia superba indifferenza è un mantello che mi permette di muovermi davanti a te con assoluta libertà ed assoluta impudicizia.
- Tereza continua ad accarezzare la testa di Karenin che riposa tranquillamente sul suo grembo. Dentro di sé fa più o meno questo ragionamento: Non c'è alcun merito a comportarsi bene verso il prossimo! Tereza è costretta a essere corretta nei confronti degli altri contadini perché altrimenti non potrebbe vivere nel villaggio. E persino nei confronti di Tomas deve comportarsi con amore perché ha bisogno di Tomas. Non potremo mai stabilire con certezza fino a che punto i nostri rapporti con gli altri sono il risultato dei nostri sentimenti, del nostro amore, del nostro non-amore, della nostra bontà o del nostro rancore e fino a che punto sono condizionati dal rapporto di forze tra gli individui. La vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell'uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri.
- Nessun essere umano può portare a un altro il dono dell'idillio. L'unico a poterlo fare è l'animale perché lui non è stato cacciato dal Paradiso.
- Tomas allora non si rendeva conto che le metafore sono una cosa pericolosa. Con le metafore è meglio non scherzare. Da una sola metafora può nascere l'amore.
- E si disse che la questione fondamentale non era: Sapevano o non sapevano?, bensì: Si è innocenti solo per il fatto che non si sa? Un imbecille seduto sul trono è sollevato da ogni responsabilità solo per il fatto che è un imbecille?
- La domanda può essere formulata anche in questo modo: è meglio gridare e accelerare così la propria fine? Oppure tacere e guadagnarsi un'agonia più lenta? Ma esiste poi una risposta a queste domande? (p. 182)
- I personaggi non nascono da un corpo materno come gli esseri umani, bensì da una situazione, da una frase, da una metafora, contenente come in un guscio una possibilità umana fondamentale che l'autore pensa nessuno abbia mai scoperto o sulla quale ritiene nessuno abbia mai detto qualcosa di essenziale. (p. 180)
- E se la maternità è l'incarnazione del Sacrificio, allora il destino di figlia è la Colpa che non si potrà mai espiare? (p. 21)
- Quando parla il cuore non sta bene che la ragione trovi da obiettare. Nel regno del kitsch impera la dittatura del cuore. I sentimenti suscitati dal kitsch devono essere, ovviamente, tali da poter essere condivisi da una grande quantità di persone. Per questo il kitsch non può dipendere da una situazione insolita, ma è collegato alle immagini fondamentali che le persone hanno inculcate nelle memoria: la figlia ingrata, il padre abbandonato, i bambini che corrono sul prato, la patria tradita, il ricordo del primo amore. Il kitsch fa spuntare, una dietro l'altra, due lacrime di commozione. La prima lacrima dice: Come sono belli i bambini che corrono sul prato! La seconda lacrima dice: Com'è bello essere commossi insieme a tutta l'umanità alla vista dei bambini che corrono sul prato. [...] Il vero antagonista del kitsch totalitario è l'uomo che pone delle domande. Una domanda è come un coltello che squarcia la tela di un fondale dipinto per permetterci di dare un'occhiata a ciò che si nasconde dietro.
- Civetteria: è una promessa di coito non garantita.
- Chi tende continuamente "verso l'alto" deve aspettarsi prima o poi d'essere colto dalla vertigine. Che cos'è la vertigine? Paura di cadere? Ma allora perché ci prende la vertigine anche su un belvedere fornito di una sicura ringhiera? La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura.
- Chi desidera abbandonare il posto dove vive non è felice.
- Già allora quelle parole avevano messo addosso a Tomas una strana malinconia. Si era infatti reso conto all'improvviso che era soltanto un caso se Tereza amava lui e non l'amico Z. E che, oltre al suo amore realizzato per Tomas, esisteva nel regno delle possibilità un numero infinito di amori non realizzati per altri uomini. Tutti noi consideriamo impensabile che l'amore della nostra vita possa essere qualcosa di leggero, qualcosa che non ha peso, riteniamo che il nostro amore sia qualcosa che doveva necessariamente essere, che senza di esso la nostra vita non sarebbe stata la nostra vita. Ci sembra che Beethoven, in persona, torvo e scapigliato, suoni al nostro grande amore il suo «Es Muss sein!». Tomas ripensava ora a quell'osservazione di Tereza sull'amico Z., e constatò che della storia d'amore della sua vita non risuonava nessun «Es Muss sein!», bensì un «Es könnte auch anders sein»: poteva benissimo essere altrimenti.
- La pesantezza, la necessità e il valore sono tre concetti intimamente legati tra loro: solo ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore. (p. 16)
- Sì, se si cerca l'infinito, basta chiudere gli occhi!
- Vivere nella verità.
- Gli occhi, come dice il proverbio, sono lo specchio dell'anima.
- Una domanda per la quale non esiste risposta è una barriera oltre la quale non è possibile andare. In altri termini: sono proprio le domande per le quali non esiste risposta che segnano i limiti delle possibilità umane e tracciano i confini dell'esistenza umana.
- Come vorrebbe imparare la leggerezza!
- È proprio questo confine superato (il confine oltre il quale finisce il mio io) che mi attrae.
- Come riconoscere l'istante in cui la sofferenza sarebbe stata inutile? Come stabilire l'istante in cui vivere non sarebbe più valso la pena?
- La tristezza era la forma e la felicità il contenuto.
- Non certo la necessità, bensì il caso è pieno di magia. Se l'amore deve essere indimenticabile, fin dal primo istante devono posarsi su di esso le coincidenze. (p. 24)
- Davanti c'era sempre un mondo perfettamente realistico e un po' più in là, come dietro alla tela strappata di uno scenario, si vedeva qualcos'altro, qualcosa di misterioso o di astratto. Tacque, poi aggiunse: "Davanti c'era la menzogna comprensibile, e dietro, l'incomprensibile verità". (p. 30)
- Era la verità: l'euforia generale era durata soltanto i primi sette giorni dell'occupazione. I rappresentanti della nazione ceca erano stati portati via dall'esercito russo come criminali, nessuno sapeva dove fossero, tutti tremavano per la loro vita, e l'odio verso i russi stordiva la gente come alcol. Era l'ebbra festa dell'odio. Le città ceche erano coperte da migliaia di manifesti dipinti a mano con scritte di scherno, epigrammi, poesie, caricature di Brežnev e del suo esercito del quale tutti ridevano come di un circo di analfabeti. Nessuna festa, però, può durare in eterno.[3]
- Chi pensa che i regimi comunisti dell'Europa Centrale siano esclusivamente opera di criminali, si lascia sfuggire una verità fondamentale: i regimi criminali non furono creati da criminali ma da entusiasti, convinti di aver scoperto l'unica strada per il paradiso. Essi difesero con coraggio quella strada, giustiziando per questo molte persone. In seguito, fu chiaro che il paradiso non esisteva e che gli entusiasti erano quindi degli assassini. Allora tutti cominciarono a inveire contro i comunisti: Siete responsabili delle sventure del paese (è impoverito e ridotto in rovina), della perdita della sua indipendenza (è caduto in mano alla Russia), degli assassinii giudiziari Coloro che venivano accusati rispondevano: Noi non sapevamo! Siamo stati ingannati Noi ci credevamo! Nel profondo del cuore siamo innocenti! La discussione si riduceva a questa domanda: Davvero loro non sapevano? Oppure facevano solo finta di non aver saputo nulla? Tomas seguiva la discussione (così come la seguivano tutti i dieci milioni di cechi) e si diceva che tra i comunisti c'era sicuramente chi non era del tutto all'oscuro (dovevano pur sempre aver sentito parlare degli orrori che erano stati commessi e che venivano ancora commessi nella Russia postrivoluzionaria). Ma era probabile che la maggior parte di loro non ne sapesse davvero nulla. E si disse che la questione fondamentale non era: Sapevamo o non sapevamo?, bensì: Si è innocenti solo per il fatto che non si sa? Un imbecille seduto sul trono è sollevato da ogni responsabilità solo per il fatto che è un imbecille? Ammettiamo pure che un procuratore ceco che all'inizio degli Anni Cinquanta chiedeva la pena di morte per un innocente sia stato ingannato dalla polizia segreta russa e dal proprio governo. Ma ora che sappiamo tutti che le accuse erano assurde e i giustiziati innocenti, com'è possibile che quello stesso procuratore difenda la purezza della propria anima e si batta il petto: La mai coscienza è senza macchia, io non sapevo, io ci credevo. La sua irrimediabile colpa non risiede proprio in quel 'Io non sapevo! Io ci credevo!'? Fu allora che a Tomas tornò in mente la storia di Edipo: Edipo non sapeva di dormire con la propria madre ma, quando capì ciò che era accaduto, non si sentì innocente. Non poté sopportare la vista delle sventure che aveva causato con la propria ignoranza, si cavò gli occhi e, cieco, partì da Tebe. Tomas sentiva le grida dei comunisti che difendevano la loro purezza interiore e diceva tra sé: Per colpa della vostra incoscienza la nostra terra ha perso, forse per secoli, la sua libertà e voi gridate che vi sentite innocenti? Come potete ancora guardarvi intorno? Come potete non provare raccapriccio? Siete o non siete capaci di vedere? Se aveste gli occhi, dovreste trafiggerveli e andarvene da Tebe!
- I personaggi del mio romanzo sono le mie proprie possibilità che non si sono realizzate. Per questo voglio bene a tutti allo stesso modo e tutti allo stesso modo mi spaventano: ciascuno di essi ha superato un confine che io ho solo aggirato. È proprio questo confine superato (il confine oltre il quale finisce il mio io) che mi attrae. Al di là di esso incomincia il mistero sul quale il romanzo si interroga.
- Sì, per la moglie soltanto il funerale del marito è il suo vero matrimonio; il compimento dell'itinerario della sua vita; la ricompensa per tutte le sofferenze.
- Ma un cinquantenne (lo sappiamo bene tutti!) si venderebbe l'anima per un pezzo di carne giovane.
- «Tra dieci giorni, se non hai niente in contrario, potremmo andare a Palermo» le disse. «Preferisco Ginevra» rispose lei. Stava in piedi davanti al cavalletto ed esaminava una tela iniziata. «Come puoi vivere senza conoscere Palermo?». (cap. Le parole fraintese)
- Un romanzo non è una confessione dell'autore, ma un'esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo è diventato.
- La storia è leggera al pari delle singole vite umane, insostenibilmente leggera, leggera come una piuma, come la polvere che turbina nell'aria, come qualcosa che domani non ci sarà più.