giornalista e scrittore italiano (1948-2022) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Mario Sconcerti (1948 – 2022), giornalista e scrittore italiano.
Citazioni in ordine temporale.
La Juventus è una macchina straordinaria che ogni giorno fa salire a bordo quindici milioni di suoi tifosi.[1]
Credo che sia peggiore lo scandalo delle scommesse perché Calciopoli era molto focalizzato sulla Juventus. C'era anche il coinvolgimento di altre squadre ma era molto incentrato sulla Juve. Qui c'entra tutto il calcio, nemmeno solo il calcio italiano, e anche il calcio giovanile.[2]
[Su Gaetano Scirea] Feci da cronista i mondiali dell'82, ti chiedevi se fosse vero. Una persona incredibilmente squisita, era sempre un signore sia dentro il campo dove doveva anche intervenire duramente che fuori.[3]
Io credo che sia giusto che i giocatori della Juventus dell'epoca si difendano strenuamente, loro non sono mai stati tirati in ballo dato che a processo andarono la società e il medico sociale. L'abuso di farmaci, unica accusa rimasta in ballo ma fermata dalla prescrizione, non è doping. È una cosa che probabilmente facevano tutti all'epoca, stiamo parlando di integratori e cose del genere non ritenute dopanti. La cosa strana fu che come medico la Juventus di allora aveva Agricola, uno psichiatra, che somministrò degli psicofarmaci. Anche in questo caso, però, il doping non c'entra nulla.[4]
[Nel 2012] Calciopoli ha fatto emergere nuove intercettazioni che hanno messo in seria difficoltà l'Inter. Non dimentichiamoci che i nerazzurri stanno utilizzando la prescrizione per evitare il deferimento con argomentazioni parecchio pesanti. Va ricordato che due colpevoli non fanno un innocente, se sia Juve che Inter sono riconosciute colpevoli non è che uno diventa automaticamente innocente. Quando Moggi e Facchetti telefonavano a Bergamo cosa volevano? Quando Facchetti telefonava a Bergamo e aveva certe risposte, l'avversario non era la Juve ma un altro danneggiato. Moratti deve stare attento a ciò che dice, lui faceva pedinare e intercettare l'arbitro De Santis. Se vuole non parlare del 2006 fa bene, perché i danneggiati non erano né la Juventus né l'Inter all'epoca. Quindi è meglio stare in silenzio.[5]
Edoardo Agnelli vende all'Italia una squadra di calcio, un mezzo di locomozione sentimentale che passa dappertutto e porta dovunque. [...] Ma sa che vincere non deve essere un caso, una somma di circostanze sentimentali. Vincere con gli Agnelli al tavolo deve significare essere bravi, molto bravi. Significa selezionare. Ne fa un tormento industriale. E sbaracca il vecchio mondo delle polisportive. Cerca una squadra come cercherebbe un'idea di carrozzeria. La cerca in tutto il mondo. [...] Edoardo porta la squadra allo scudetto nel '26 poi nei famosi cinque anni dal '30 al '35. Edoardo muore il 14 luglio di quello stesso anno, il '35, che ha consacrato la sua squadra come la migliore d’Italia, forse del mondo. Muore in modo avventuroso, così come aveva voluto vivere [...] Fu una morte che suscitò scalpore, grande commozione, la gente rimase colpita. Come Edoardo aveva intuito, il calcio aveva la forza di rendere subito molto più famosi rispetto all'industria. La sua Juventus aveva cambiato il calcio e dettato le regole del futuro. Ancora oggi sono le stesse. Impossibile coniugare vittorie e bilanci. Il grande calcio in Italia altro non può esser che l'eccesso di un grande finanziatore. A cui però andrà il riconoscimento popolare. In sostanza i più bravi riescono a pagarsi il favore della gente, scambiano i soldi con i sentimenti. Edoardo non diventò mai presidente della Fiat. Nell'azienda non ebbe solo il padre a frenarlo, ma anche la crescita di un grande manager come Vittorio Valletta. Ma è rimasto nella storia per la sua intuizione sulla Juve e il suo modo di gestire il calcio. Cancellando il calcio dei piccoli scudetti e costruendo la Grande Juventus dette inizio a quel circolo virtuoso per cui vincere porta gente e la gente aiuta a portare le vittorie. La Juventus padrona dei cuori nasce allora e non è mai più tornata indietro. Questa è vera modernità.[6]
La Juve ha i migliori d'Europa, temo che Cristiano Ronaldo a Torino farebbe o il tornante o la riserva.[7]
La società è fondamentale, e la Juventus è un modello praticamente unico nel mondo. Non solo per anzianità di servizio dei proprietari, ma anche come modello: non è guidata dalla proprietà, ma da un membro della famiglia della proprietà [...]. Dal punto di vista del valore societario siamo venti-trent'anni avanti nel caso della Juve: non è una casualità che gli altri grandi club rivali della Juve abbiano la proprietà straniera [...]. A Torino c'è una dinastia di regnanti, che ha dimostrato di essere al di sopra di qualsiasi critica [...].[8]
[Nel 2022, sulla controversia sul numero di campionati italiani vinti dalla Juventus F.C.] Non discuto le colpe della Juve, quelle mi sembrano comunque dimostrate e accettate dalla stessa Juve. Ma è anche l'ora di ricordarsi che quelle colpe sono state pagate con due scudetti, la Serie B, con vasta penalizzazione e il disfacimento della squadra con danno economico non inferiore ai 500 milioni. Una punizione senza precedenti nella giustizia sportiva, e ora interamente scontata. Quindi prima di tutto rispetto. C'è stata colpa e c'è stata pena, finito. Se ora la Juve continua a chiedere spiegazioni è assolutamente nel suo diritto, ed è dovere dei tribunali dargliele. [...] Resta il fatto che lo scudetto è stato assegnato a una squadra che era arrivata terza. Ho sempre capito e condiviso il perché della punizione data alla Juve. Continuo a non capire il perché del premio dato all'Inter: quale è stato il suo merito? Se qualcuno ogni tanto non l'accetta resta ancora oggi comprensibile.[9]
Devo sottolineare che Haaland ha questa faccia un po' da sindrome down, cioè non ha una faccia normalissima.[10]
Citazioni in ordine temporale.
Nel calcio gli slogan diventano ideologie, basta siano verosimili per essere creduti.[11]
La Juve è l'unica squadra nazionale, esattamente come la FIAT è stata l'unica industria nazionale.[12]
[Nel 2012, sulla controversia sul numero di campionati italiani vinti dalla Juventus F.C.] Niente di male mettersi la terza stella se però se ne ha completo diritto. Se cioè si sono vinti a tutti gli effetti, trenta scudetti. Non cambia lo spirito rispetto a quando se ne sono vinti dieci o venti. Il punto è: la Juventus ha vinto trenta scudetti? La risposta è no. È vero che la Juve ha vinto trenta scudetti, ma è anche vero che per sleatà sportiva e illecito strutturale, due le sono stati tolti con sentenza definitiva emessa da tutti i gradi della giustizia sportiva. Quindi la Juve ne ha certamente vinti trenta, ma ne può esibire pubblicamente 28. I due che mancano non potranno mai essere riconosciuti. È come non li avesse vinti, tanto che uno è stato assegnato a un'altra squadra.[13]
[Sul campionato di Serie A 2011-2012] Inutile giocare con la retorica, questo non è uno scudetto qualsiasi. Primo perché la Juventus non era favorita, era anzi sconosciuta a questi livelli. Secondo perché la Juve non vince adesso, ma si riappropria di un posto che è sempre stato suo negli ultimi 90 anni. [...] Va preso questo successo come un successo dell'intero calcio italiano. La mancanza della Juve ha indebolito tutti. Al sesto anno fuori da Calciopoli, il nostro calcio è arrivato esausto, non competitivo. La Juve era il riferimento. La sua assenza ha deciso una vacanza da tutti i doveri, compresi quelli di bilancio e dell'investimento. Senza la Juve tutti hanno potuto far finta di essere grandi. Ora finalmente si torna a giocare. Non esiste mediazione. Questa è l'arte del calcio, inutile confonderla con il commercio. La Juve adesso annuncia che il calcio italiano si ricompone, torna automaticamente vero. Da domani chi vuole vincere dovrà tornare a investire senza camuffamenti.[14]
[...] Claudio Ranieri, che nessuno ha mai ignorato, ma pochi hanno amato per quello che era diventato, un formidabile maestro di calcio normale.[15]
[...] alla fine vince sempre la Juve [...] perché da novant'anni ha la stessa proprietà, la stessa famiglia alla guida, quindi una grande esperienza e un portafoglio in grado di sopportare i tempi. La continuità migliora tutti e non lascia alibi ai giocatori. Sei in mezzo al meglio e te lo devi meritare. Questo spiega perché quasi qualunque giocatore, anche il più eccentrico, diventi alla Juve qualcosa di diverso, improvvisamente placato e saggio. Perché oltre la Juve non c'è niente, se non te ne accorgi non sei da Juve. [...] Non ha una città alle spalle, una piazza che chieda continuamente spiegazioni. Ha il sentimento algido di una grande azienda, si può far solo quello che serve, senza dare spiegazioni al popolo. [...] La Juve è sempre presente, ma lontana, nessuno arriva a toccarla. [...] La Juve, in sostanza, è l'unica società più forte della propria gente.[16]
Nelle reazioni di rimbalzo, la morte di Astori ha soprattutto restituito un'anima unica alla città che per dividersi era quasi diventata cattiva con se stessa. [...] Astori è riuscito in questa pazza alchimia, dare a un'intera città una voce sola, per ricominciare. Non è un problema immane per il calcio, lo è per Firenze, una città del mondo che non sa più collocarsi, aspetta gli altri per vivere. Astori le ha detto che esiste comunque. Una fantasia dolorosa di cui lui sarà senz'altro orgoglioso, dovunque sia adesso.[17]
Il calcio femminile ha un Dio diverso, non minore, è un altro Dio. La cosa da ottenere è far diventare sempre più femminile il calcio femminile, che ha la circolarità come base, il gesto tecnico, il coraggio, la sincerità delle donne, la loro generosità.[18]
[Le scuse per le dichiarazioni su Håland] Mi sono svegliato con il telefono pieno di messaggi contro. Quando ho capito perché, ho capito anche che avevo sbagliato. Involontariamente, perché stavo celebrando Haaland, ma l'espressione era infelice. Se tanta gente si è sentita offesa, è evidente che l'errore c'è. Non era mia intenzione, mi spiace. È la conferma che anche quando hai tanti anni di parole alle spalle, non si finisce mai di trovare quelle giuste per dire quello che davvero si vuole.[19]
È stato molto diverso dal primo questo secondo scudetto di Conte. Intanto molti più punti di distacco, l'anno scorso [...] ci fu un sorpasso quasi alla fine. Ora si festeggia addirittura con tre partite di anticipo. Poi una maggior sicurezza: la Juve è stata sempre in testa dalla prima giornata ed ha subito avuto distacchi importanti. [...] È stato in sintesi uno dei campionati più tranquilli della storia del calcio. Questo perché il Milan è scomparso subito, ha saputo rimontare poi su molte squadre, ma non su Juventus e Napoli. Quasi subito è scomparsa la Roma. L'Inter si è fermata [...] quando era arrivata a un punto dalla Juve. [...] Capita che una grande squadra sbagli stagione, decisamente strano è che a sbagliare campionato siano state entrambi le squadre milanesi. La Juve ha sfruttato in sostanza la grande autostrada che hanno finito per prepararle le avversarie. Questo nonostante sia stata anche una stagione di sconfitte [...] e [...] nessuno dei suoi giocatori sia riuscito ad arrivare in doppia cifra nei gol dopo le 34 partite che le hanno in pratica dato lo scudetto.
Credo che il giocatore più importante della Juve sia stato questa volta Arturo Vidal. È un centrocampista diverso perché completo. Sa difendere e attaccare, sa dribblare e tirare in porta. Un giocatore di assoluto valore europeo che da noi è stato forse sottovalutato per la presenza al suo fianco di un fuoriclasse come Pirlo.
Da un punto di vista strettamente tecnico credo sia stato per Conte un campionato più difficile. Perché era il secondo consecutivo da vincere e perché ci sono stati molti infortuni che hanno cambiato spesso se non l'assetto di gioco, i giocatori che lo portavano avanti. Chiellini ha saltato un terzo di stagione e Chiellini è uno dei Top Player della Juve. [...] Anche Caceres, prima riserva della difesa [...], è stato spesso fermato. [...] Lo stesso Giovinco ha avuto spesso problemi, nel girone di ritorno è uscito praticamente dai titolari. Ha segnato poco nonostante Conte a lungo abbia insistito su di lui. Non è mai entrato Pepe, giocatore importante capace di attaccare e coprire tutta la fascia. Hanno reso meno del previsto Giaccherini, poco utilizzato nonostante Prandelli lo abbia sempre voluto in Nazionale, e Isla [...]. Non ha quasi mai giocato De Ceglie. Moltissime volte in sostanza la Juve ha giocato con poche riserve e spesso nemmeno le più affidabili. L'ha aiutata molto la crescita costante di Pogba, ormai di livello assoluto, ma almeno a centrocampo ha avuto la fortuna di poter resistere con quattro giocatori per tre ruoli [...]. Tranne Pogba, non ci sono state sorprese. Barzagli si è confermato il miglior difensore italiano [...]. È cresciuto ancora Bonucci, i suoi errori sono diventati rari, mentre è migliorata la sua precisione nel ricominciare l'azione. Ha dato una buona mano Padoin.
Sono [...] mancati quasi tutti gli attaccanti. [...] Matri e Quagliarella hanno fatto il loro compito, ma sono stati messi uno contro l'altro finendo per giocare pochi spezzoni di partita per volta. [...] Qualcosa in più ha dato Giovinco [...]. La sua velocità, la rapidità di dribbling ed esecuzione lo rende spesso un giocatore importante se non decisivo. Ma scompare in campo internazionale dove il calcio diventa subito molto più fisico. Nessuno di questi tre attaccanti ha dimostrato di avere la stoffa e la resistenza per essere un titolare fisso. L'unico è stato Vucinic, con i suoi tempi e le sue piccole magagne fisiche [...]. Vucinic è un fuoriclasse pigro. Avrebbe l'estro e il senso del gioco di Van Persie. Gli manca lo stesso senso del gol. [...] Questo fa di questa splendida Juve una squadra facilmente migliorabile.
Zoff era un friulano introverso, comandava quasi con i gesti, scuotendo la testa. È stato uno degli ultimi portieri «normali», dopo di lui il ruolo si è trasformato in una strada per super uomini, dieci chili e dieci centimetri in più.
[Su Tarcisio Burgnich] [...] per me il più forte difensore che ci sia stato. Sbagliò davvero un solo stacco di testa, nella finale mondiale del 1970, ma stava marcando Pelè.
[Su Paolo Maldini] [...] il difensore più completo, tecnica da fantasista e senso del gioco.
Benetti era un giocatore duro, completo. Uno strano tipo di cattivo. Non era scorretto, prendeva e dava, solo che il suo temperamento gli permetteva di dare molto più che prendere.
[Su Valentino Mazzola] Il padre di Sandro era la vera differenza del Grande Torino. Faceva tutto, segnava, correva, comandava.
Tardelli è più ricordato per l'urlo che per il gioco. Eppure è stato fondamentale per l'Italia e la Juve. Era lui il primo mattone di tutto. Una volta, a Barcellona, nel mitico 1982, siamo finiti tutti e due in prima pagina per una lite chiusasi a un soffio dalla rissa. Meglio così, credo che ne avrei prese.
[Su Gigi Riva] Quando lo vedeva partire, Burgnich diceva che gli sembrava di sentire il rumore di un popolo che migrava. Fortissimo e appena squilibrato nella corsa e nell'acrobazia. Questo gli dava un anticipo quasi incomprensibile sugli avversari, ma lo ha portato anche a infortuni gravi. Era chiuso e indipendente, fumava anche davanti all'allenatore. A me giovane cronista metteva una forte soggezione.
[Su Roberto Baggio] Gli infortuni gravi lo hanno sempre fatto vivere col dolore ai ginocchi. I suoi allenatori scambiavano il male per pigrizia e poche volte lo hanno amato. Questo ha portato all'assurdo di un fuoriclasse passato da una squadra all'altra.
«O la Juve o l'Italia»
Guerin Sportivo nº 20, 14-20 maggio 2002, pp. 16-20.
Il mare non ha la forza dell'inverno e non ancora la fissità dell'estate. La barca sbanda, ma si fa tenere. Ci arriva in faccia lo scirocco umido e caldo di tutta la terra che ha passato dal Sahara fino a questa darsena ordinata, ormai impaziente di una nuova stagione. L'odore di maggio per Viareggio è l'odore di un'abbondanza che si annuncia. Le strade, le case, le pinete sembrano gonfiarsi nell'attesa della gente.
[...] noi fiorentini detestiamo inconsciamente quelli di Viareggio perché d'estate da decenni portano a letto le nostre mogli. È possibile. Viareggio per noi laggiù della città umida e calda è sempre stata la porta della carne. Da ragazzi si partiva vestiti e si buttava al vento la giacca, il golf, la camicia, via via che ci si avvicinava al mare. Viareggio era il confine dei corpi, del possibile. Nelle sue notti, sulle sue spiagge, fra i suoi profumi di pino, si bruciavano educazioni sentimentali che indirizzavano la vita di generazioni e generazioni.
Il calcio è una malattia che ha bisogno di slogan. Se trovi lo slogan, hai l'impressione di aver risolto il problema.
Doni sta forse costruendo un modo nuovo di essere fantasista. Più defilato verso l'esterno del campo, ma ancora nel cuore del gioco. Sempre molto morbido, ma anche un po' incontrista. Un fantasista che non tira indietro il piede.
Arrivare al limite, senza superarlo. Dove quel limite sta per remora, piccola vergogna. Era una delle modalità di scrittura di Mario Sconcerti, quasi una sua regola non scritta. Sconcerti si portava sulla soglia dell'imbarazzo e si fermava lì, mettendosi a giocare con l'effetto prodotto dalla sua prosa. Provocatorio nella misura in cui ciò che scriveva determinava un dibattito. Era un fuoriclasse nel girare intorno ai fatti narrati, come uno squalo senza denti, per poi toccarli con la coda. Senza cattiveria, ma spaventando per il solo motivo di essersi portato sull'argomento con la consueta precisione, sicurezza, essenzialità. (Alessandro Bonan)
↑ Da Storia delle idee del calcio. Uomini, schemi e imprese di un'avventura infinita, 2009; citato in Angelo Carotenuto, 1935. L'altra Juve dei 5 scudetti: cosa si scrisse, carotenuto.blogautore.repubblica.it, 26 aprile 2016.