scrittrice olandese Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Esther Hillesum detta Etty (1914 – 1943), scrittrice olandese.
[...] mi sembra una curiosa sopravvalutazione di se stessi, quella di ritenersi troppo preziosi per condividere con gli altri un "destino di massa".[1]
Domenica 9 marzo [1941] Avanti, allora! È un momento penoso, quasi insormontabile; devo affidare il mio animo represso a uno stupido foglio di carta a righe.[2]
Citazioni
A volte è come se io fossi già passata attraverso lo stadio dell'"Io" e del "Tu".
Ascoltarsi dentro. Non lasciarsi più guidare da quello che si avvicina da fuori, ma da quello che s'innalza dentro.
Bisogna anche accettare i momenti "non creativi"; più li si accetta onestamente, più essi passano in fretta. Si deve avere il coraggio di fermarsi, di essere talvolta vuoti e scoraggiati.
Bisogna combatterle come le pulci, le tante piccole preoccupazioni per il futuro che divorano le nostre migliori forze creative.
Bisogna essere sempre più parchi di parole insignificanti per trovare quelle parole di cui si ha bisogno. Il silenzio deve alimentare nuove possibilità di espressione.
Bisogna rinunciare a tutto per poter fare in un giorno le migliaia di piccole cose che vanno fatte per gli altri, senza smarrirsi.
Credo che ogni "peccato" contro l'amore per gli altri si vendichi, nella persona stessa come nel mondo circostante.
Credo che sia soprattutto la paura di sprecarsi a sottrarre alle persone le loro forze migliori.
Devo avere il coraggio di vivere la vita con la "carica di significato" che essa pretende, senza per questo considerarmi pesante, o sentimentale, o innaturale.
Di tanto in tanto ci gettiamo vicendevolmente dei frammenti su noi stessi, ma non credo che ci capiamo.
Dio non è responsabile verso di noi, siamo noi a esserlo verso di lui.
Dobbiamo avere il coraggio di abbandonare tutto, ogni norma e appiglio convenzionale, dobbiamo osare il gran salto nel cosmo, e allora, allora sì che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori.
Dovrò ancora imparare questa lezione e sarà la lezione più difficile, mio Dio: prendere su di me il dolore che m'imponi tu e non quello che mi sono scelta io.
E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio. (11 luglio 1942, p.163)
E se vogliamo perdonare agli altri, dobbiamo prima perdonare a noi stessi i nostri difetti [...] Il che significa anzitutto saperli generosamente accettare.
Essere fedeli a tutto ciò che si è cominciato spontaneamente, a volte fin troppo spontaneamente.
Fiorire e dar frutti in qualunque terreno si sia piantati – non potrebbe essere questa l'idea?
Il processo di reciproco avvicinamento è parallelo a quello della reciproca liberazione.
Io so, ora, che vita e morte sono significativamente legate fra loro.
L'età dell'anima è diversa da quella registrata all'anagrafe. Credo che l'anima abbia una determinata età fin dalla nascita, e che questa età non cambi più.
L'unica sicurezza su come tu ti debba comportare ti può venire dalle sorgenti che zampillano nel profondo di te stessa.
L'unica vera unità è quella che contiene tutte le contraddizioni e i movimenti irrazionali: altrimenti finisce per essere di nuovo un legame spasmodico che fa violenza alla vita.
La vera spoliazione ce la infliggiamo noi.
La vita si svolge interiormente e lo scenario esteriore ha sempre meno importanza.
Lasciar completamente libera una persona che si ama, lasciarla del tutto libera di fare la sua vita, è la cosa più difficile che ci sia.
Le peggiori sofferenze dell'uomo sono quelle che egli teme.
Ma bisogna conoscere le ragioni della lotta che si conduce e cominciare a riformare se stessi, e ricominciare ogni giorno.
Molti di coloro che oggi s'indignano per certe ingiustizie, a ben guardare s'indignano solo perché quelle ingiustizie toccano proprio a loro: quindi non è un'indignazione veramente radicata e profonda.
Non c'è ancora abbastanza spazio in me stessa per far posto alle molte contraddizioni, mie e di questa vita.
Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi.
Non devo volere le cose, devo lasciare che le cose si compiano in me.
Non sono mai le circostanze esteriori, è sempre il sentimento interiore – depressione, insicurezza, o altro – che dà a queste circostanze un'apparenza triste o minacciosa.
Non voglio essere niente di così speciale, voglio solo cercare di essere quella che in me chiede di svilupparsi pienamente.
Ogni volta vorresti rifare il mondo, invece di goderlo com'è. È un atteggiamento alquanto dispotico.
Ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri.
Pensare è una bella, una superba occupazione quando studi, ma non puoi "pensarti fuori" da uno stato d'animo penoso. Allora devi fare altro, farti passiva e ascoltare, riprender contatto con un frammento d'eternità.
Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè se la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell'aria. Restano solo delle disposizioni fastidiose che interferiscono nella vita di tutti i giorni, ma nessuna umiliazione e oppressione angosciose.
Quando abbiamo dell'avversione per gli altri le ragioni dobbiamo cercarle nel disgusto che sentiamo per noi stessi: ama il prossimo tuo come te stesso.
Quando dico che ascolto dentro, in realtà è Dio che ascolta dentro di me.
Quando s'investono tutte le proprie energie nel desiderio della persona amata, in fondo le si fa torto: perché allora non rimangono più forze per essere veramente con lei.
Quello che otteniamo spontaneamente da noi stessi ha basi più solide e durature di quello che realizziamo per forza.
Se si prega per qualcuno, gli si manda un po' della propria forza.
Se si vuole influire moralmente sugli altri, bisogna cominciare a prender sul serio la propria morale.
Se tu affermi di credere in Dio devi anche essere coerente, devi abbandonarti completamente e devi avere fiducia. E non devi neppure preoccuparti per l'indomani.
Se tutto questo dolore [la persecuzione nazista degli ebrei] non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile.
Si diventa più forti se si impara a conoscere e ad accettare le proprie forze e le proprie insufficienze.
Si è a casa dovunque su questa terra, se si porta tutto in noi stessi.
Ti prometto che tutta la mia vita sarà un tendere verso quella bella armonia, e anche verso quell'umiltà e vero amore di cui sento la capacità di me stessa, nei momenti migliori.
Tutte le volte che mi mostrai pronta ad accettarle, le prove si cambiarono in bellezza.
Un uomo [forse non può] determinare il proprio destino dall'interno. Quel che invece un uomo ha in mano è il proprio orientamento interiore verso il destino.
Una persona dev'essere semplice anche nella sua tristezza, altrimenti la sua è soltanto isteria.
Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo.
Una volta che si comincia a camminare con Dio, si continua semplicemente a camminare e la vita diventa un'unica, lunga passeggiata.
Vivere pienamente, verso l'esterno come verso l'interno, non sacrificare nulla della realtà esterna a beneficio di quella interna, e viceversa: considera tutto ciò come un bel compito per te stessa.