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chiesa della diocesi di Roma il cui nome viene legato a un Cardinale al momento della sua creazione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
I titoli cardinalizi sono chiese della diocesi di Roma o delle sedi suburbicarie il cui nome è assegnato ad ognuno dei cardinali della Chiesa cattolica.
Il titulus indicava originariamente la tabella (di marmo, legno, metallo o pergamena) che, posta accanto alla porta di un edificio, riportava il nome del proprietario. Questo perché le prime adunanze dei cristiani si attuavano all'interno di edifici privati (domus ecclesiae). I tituli privati comprendevano, oltre alla sala cultuale e ai locali annessi per usi liturgici, anche l'abitazione privata.
Successivamente nacquero i tituli di proprietà della comunità, che conservavano il nome del fondatore o del donatore della casa.
I tituli, come le odierne parrocchie, erano soggetti alla giurisdizione della Chiesa. Capo della comunità ecclesiale era il presbitero coadiuvato da ministri a lui sottoposti.
I vari tituli, anche se identici dal punto di vista funzionale e della finalità, a causa della loro diversa origine e datazione, non si possono considerare come un gruppo omogeneo. Di tutti questi luoghi di riunione possediamo due diversi elenchi, desunti dalle sottoscrizioni dei vari presbiteri nel corso dei due sinodi svoltisi a Roma nel 499 e nel 595.
Confrontando questi due elenchi, in certi casi si nota come il titulus, che nel primo sinodo portava il nome del fondatore o del donatore, nel secondo porta la dedica all'omonimo santo. Probabilmente ciò è dovuto al crescente interesse per il culto dei martiri. Quelli più antichi si trovano generalmente in zone periferiche o popolari della città, mentre quelli nuovi creati dopo l'editto costantiniano del 313 ebbero tutti posizioni più centrali.
Secondo il Liber Pontificalis, originariamente i titoli erano 25, come il numero dei presbiteri istituiti da papa Cleto per coadiuvarlo nella cura delle anime dell'Urbe; sette erano invece le diaconie, dal numero di dipartimenti (regiones) in cui la città era stata divisa per la cura dei poveri, ciascuno affidato ad un diacono[1].
La lista dei 25 titoli originari è la seguente[2]:
Questa è la lista delle sette diaconie originarie[2]:
Il titolo viene attribuito dal papa all'atto della nomina di un cardinale e, a differenza del particolare incarico ecclesiale, è vitalizio.
Tutti i tituli sono relativi alla diocesi di Roma e alle sue sedi suburbicarie, a simboleggiare l'appartenenza al clero romano e l'unità del Collegio dei cardinali come strumento di supporto all'attività pastorale del vescovo di Roma.
La corrispondenza tra tituli e ordini cardinalizi è la seguente: una sede suburbicaria è attribuita ad un cardinale vescovo, un titolo ad un cardinale presbitero, una diaconìa ad un cardinale diacono.
In alcuni casi le diaconie e i titoli sono elevati, rispettivamente, pro hac vice a titolo presbiterale o vescovile: questo avviene per poter annoverare il suo titolare fra i cardinali presbiteri (ad esempio qualora il cardinale titolare sia eletto vescovo di una diocesi o se dopo dieci anni di diaconato il cardinale chiede di essere promosso al titolo presbiterale) senza che debba rinunciare ad un titolo tradizionalmente legato al proprio ordine di appartenenza o luogo d'origine.
Le chiese titolari sono contrassegnate, generalmente sulla facciata, da un doppio stemma: a sinistra quello del Papa regnante, a destra quello del cardinale titolare medesimo.
Il titolo della sede suburbicaria di Ostia spetta di diritto al cardinale decano, che lo affianca a quello già a lui precedentemente assegnato.
I tituli sono 253, suddivisi in sedi suburbicarie, titoli e diaconie.
Papa Paolo VI, con il motu proprio Ad purpuratorum Patrum Collegium, pubblicato l'11 febbraio 1965, stabilì che i patriarchi di rito orientale assunti nel Sacro collegio dei cardinali non appartengono al clero di Roma e, pertanto, non può essere assegnato loro alcun titolo o diaconia. I patriarchi cardinali appartengono all'ordine di cardinali vescovi e, nella gerarchia, si situano immediatamente dopo di loro. Mantengono la loro sede patriarcale e non viene assegnata loro alcuna sede suburbicaria.[3]
Al momento della pubblicazione del motu proprio il cardinale Ignace Gabriel I Tappouni, patriarca di Antiochia dei Siri, che era stato creato cardinale presbitero da papa Pio XI nel concistoro del 16 dicembre 1935, rinunciò al titolo dei Santi XII Apostoli e si inserì nell'elenco dei patriarchi cardinali. Il cardinale Grégoire-Pierre Agagianian, che si era dimesso da patriarca di Cilicia degli Armeni il 25 agosto 1962, mantenne invece il titolo presbiterale di San Bartolomeo all'Isola che aveva ricevuto il 18 febbraio 1946, e in seguito, il 22 ottobre 1970, divenne cardinale vescovo del titolo della sede suburbicaria di Albano. Tutti gli altri cardinali patriarchi che sono entrati nel Collegio cardinalizio dal 1965 in poi non sono stati assegnatari di alcun titolo romano.
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