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lingua artificiale nei romanzi fantasy di J. R. R. Tolkien Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il quenya (AFI: /ˈkwɛnja/;[1] in tengwar ) è una lingua artificiale di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J. R. R. Tolkien. Denominato qenya fino alla seconda metà degli anni quaranta,[2] venne sviluppato ininterrottamente a partire dal 1912 fino alla morte del suo creatore.
Quenya | |
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Creato da | J. R. R. Tolkien dal 1912/1913 al 1973 |
Contesto | Mondo immaginario di Arda (popoli noldor, vanyar, valar e dunedain) |
Altre informazioni | |
Scrittura | Tengwar, sarati, alfabeto latino |
Tipo | SVO (ordine non obbligatorio), agglutinante, flessiva |
Tassonomia | |
Filogenesi | Lingue artificiali Lingue artistiche Linguaggi di Arda Elfico primitivo Eldarin comune Quenya |
Statuto ufficiale | |
Regolato da | nessuna regolazione ufficiale |
Codici di classificazione | |
ISO 639-3 | qya (EN)
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Linguist List | qya (EN)
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Glottolog | quen1234 (EN)
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Estratto in lingua | |
Il Padre nostro | |
Traslitterazione Átaremma i ëa han ëa· na aire Esselya Aranielya na tuluva na care Indómelya cemende tambe Erumande: ámen anta síra ilaurëa massamma· ar ámen apsene úcaremmar sív' emme apsenet tien i úcarer emmen. Álame tulya úsahtienna mal áme etelehta ulcullo: násie: | |
Parlato dalle razze elfiche dei noldor e dei vanyar, che raggiunsero Valinor e poi migrarono verso la Terra di Mezzo, il quenya è un idioma fittizio ma grammaticalmente e storicamente realistico. Originario di Aman, sarebbe poi stato sviluppato dagli eldar sulla base di una lingua precedente, denominata eldarin comune, mantenendo ancora tutte le caratteristiche principali del primo linguaggio elfico.[3]
Quest'idioma, come gli altri linguaggi ideati da Tolkien, è il risultato di processi linguistici "graduali" comuni a tutte le lingue elfiche, con le quali infatti condivide buona parte del lessico, della grammatica e della fonologia.[4] Fuori da Aman questa lingua, nonostante la sua "fama" di lingua letteraria,[5] venne presto soppiantata dal sindarin, rimanendo in uso solo presso i più colti o come lingua scritta.[6]
Essendo stata creata puramente per scopi artistici, questa lingua non ha tuttora regolazioni ufficiali, nonostante ci siano molte fonti e siti considerati autorevoli dagli esperti e dagli appassionati della lingua. Tuttavia buona parte del lavoro svolto da Tolkien è inedito.
Da un punto di vista grammaticale la lingua ha un complesso sistema flessivo, ispirato principalmente al finlandese,[7] e un gran numero di affissi e prefissi. Da un punto di vista fonetico, invece, la lingua è molto simile al latino e alle lingue romanze, in particolare lo spagnolo e l'italiano.[8]
«[Quenya was] the language as he wanted it, the language of his heart»
«[Il quenya era] il linguaggio che egli voleva, il linguaggio del suo cuore»
Il quenya deve la sua origine ad altri tre linguaggi: nel 1905, il giovane Tolkien (già impegnato nello studio del latino e dell'anglosassone) sentì due sue cugine (Mary e Marjorie Incledon) parlare in un linguaggio alquanto bizzarro, che usava solo nomi di animali e di numeri per formare parole di senso compiuto; intrigato e divertito da questa scoperta, iniziò a parlarlo anche lui.[9] Tempo dopo, gli stessi che avevano ideato il primo linguaggio, insieme ad alcuni amici e compagni di scuola del giovane Tolkien, ne crearono un altro, probabilmente spinti dall'idea di creare una lingua segreta, comprensibile solo per loro. Tale linguaggio, denominato nevbosh, era formato da vocaboli inglesi, latini o francesi storpiati o invertiti. Tuttavia, col passare del tempo l'inversione e la storpiatura non bastarono più ai creatori del nevbosh, che iniziarono a inventare nuovi termini (per esempio lint, ovvero "veloce", rintracciabile anche in lingue successive tra cui nel quenya linta). Questa nuova versione quasi interamente ideata da Tolkien prese il nome di naffarin,[10] e dai pochi testi rinvenuti pare assai più simile alle future lingue elfiche rispetto al nevbosh, molto più grezzo e informale.[11][12] Un primo embrione di quenya venne sviluppato dall'autore intorno al 1910-1911, ma il nome qenya (ancora scritto senza la u) apparve solo intorno al 1915. Tolkien a quei tempi studiava al liceo di Exeter, dove dimostrò un buon talento per le lingue e una spiccata capacità creativa. In poco tempo prese familiarità con diverse lingue antiche e moderne: il norreno, lo spagnolo, l'italiano, l'inglese antico, il gotico, il latino e il greco (sia antico sia moderno). Le lingue nordiche in particolare lo portarono in poco tempo a prendere spunto per il suo legendarium dalla mitologia nordica; è da sottolineare specialmente l'enorme importanza di opere come l'Edda in poesia o l'Edda in prosa di Snorri Sturluson o delle opere in lingua anglosassone che furono particolarmente d'ispirazione per Tolkien. Nel 1914 egli si trovò a studiare un frammento del poema Cristo di Cynewulf, scritto in anglosassone, che può essere considerato di enorme importanza per una buona parte del legendarium tolkieniano.[13]
«Éala éarendel engla beorhtast,
ofer middangeard monnum sended.»
«Salve Earendel, il più brillante degli angeli,
inviato agli uomini sulla terra di mezzo»
Questa frase si ritrova con molte similitudini anche ne Le due torri, nel quale è fatta pronunciare a Frodo dentro la tana di Shelob:
«Aiya Eärendil Elenion Ancalima!»
«Salve Eärendil, più brillante delle stelle»
Le somiglianze semantiche dei due testi sono palesi, tuttavia è da sottolineare anche la somiglianza fonetica tra il termine quenya aiya ed il termine anglosassone éala (entrambi con il significato di "salve") e tra i nomi Eärendil ed Earendel.
In un periodo più tardo Tolkien conobbe anche il finlandese, una scoperta per lui molto importante. Infatti, anni dopo, scrisse proprio a questo proposito:
«It was like discovering a complete wine-cellar filled with bottles of an amazing wine of a kind and flavour never tasted before. It quite intoxicated me.»
«È stato come scoprire un'enorme enoteca riempita con bottiglie di un vino straordinario di tipo e sapore mai assaggiato prima. Ne fui decisamente preso.»
Tale lingua portò Tolkien ad entrare sempre più in contatto con testi nordici come il Kalevala, la cui influenza è riscontrabile per esempio nei racconti riguardanti Túrin Turambar o nel manoscritto incompiuto La storia di Kullervo.[14]
Anche l'italiano, sebbene in misura minore, ebbe un forte impatto sullo scrittore.[15]
Tolkien concepì il quenya ancora prima di creare Arda ed i suoi popoli, imitando i meccanismi delle lingue naturali. Fece seguire a tale lingua un proprio corso storico, diversificandosi in numerosi dialetti. L'autore ideò anche altre lingue (sebbene non altrettanto sviluppate) che erano imparentate con il quenya ma ben distinte da esso, per via della separazione delle diverse popolazioni elfiche durante le Ere di Arda.
«I find the construction and the interrelation of the languages an aesthetic pleasure in itself, quite apart from The Lord of the Rings, of which it was/is in fact independent.»
«Io trovo la creazione dei linguaggi e la relazione tra di essi un piacere estetico in sé, a prescindere dal Signore degli Anelli che era ed è tuttora una creazione indipendente da questi.»
Tolkien non smise mai, fino alla morte, di modificare e sviluppare il quenya (al contrario di quanto successe al sindarin, che, dopo alcune revisioni fondamentali, venne "abbandonato" quasi totalmente). Sia la grammatica sia il vocabolario furono sottoposti per decenni a continue modifiche, a volte radicali, che rendono molto diversi tra loro il quenya originario da quello maturo.[17] Anche il nome del linguaggio subì alcuni cambiamenti: al momento della sua creazione era chiamato qenya eldarissa o semplicemente qenya, nome che rimase fino agli anni venti, quando venne modificato in favore della forma più breve e sonora quenya.[8]
«Actually it might be said [Quenya] to be composed on a Latin basis with two other (main) ingredients that happen to give me 'phonaesthetic' pleasure: Finnish and Greek.»
«Effettivamente si potrebbe dire che [il quenya] è composto su una base latina con altri due ingredienti (principali) che mi donano piacere 'eufonico': il finlandese ed il greco.»
Il quenya è la lingua ideata da Tolkien più completa e ricca di vocaboli. L'autore si basò principalmente sulle seguenti lingue: il finlandese, il latino, il greco antico, l'italiano e lo spagnolo.
«The ingredients in quenya are various, but worked out into a self-consistent character not precisely like any language that I know. Finnish, which I came across when I had first begun to construct a 'mythology' was a dominant influence, but that has been much reduced [now in late quenya]. It survives in some features: such as the absence of any consonant combinations initially, the absence of the voiced stops b, d, g (except in mb, nd, ng, ld, rd, which are favoured) and the fondness for the ending -inen, -ainen, -oinen, also in some points of grammar, such as the inflexional endings -sse (rest at or in), -nna (movement to, towards), and -llo (movement from); the personal possessives are also expressed by suffixes; there is no gender.»
«Gli ingredienti del quenya sono molti, ma elaborati in una lingua propria non precisamente uguale a nessun altro linguaggio che io conosca. Mi sono imbattuto nel finlandese quando avevo cominciato a costruire una "mitologia", era un'influenza pressante, ma che è stata ridotta di molto (ora nel tardo quenya). Sopravvive in alcune caratteristiche: come l'assenza di gruppi consonantici iniziali, l'assenza delle occlusive b, d, g (eccetto che in mb, nd, ng, ld, rd che formano gruppi propri) e la passione per il finale in -inen, -ainen, -oinen, ed anche in alcune caratteristiche grammaticali, come la flessione in -sse (restare fermi in), -nna (movimento a, verso), e -llo (movimento da), anche i pronomi personali possessivi sono espressi da suffissi; non ha genere.»
Il lessico del quenya proviene in buona parte dal finlandese[7] e dal greco.[21]
«Mára mesta an ni véla tye ento, ya rato nea»
«Addio fino a quando non ti rivedrò, e spero che sia presto»
Tolkien utilizzò la sua lingua, ed in parte il suo legendarium, anche per altri scopi "fuori da Arda". Un chiaro esempio di questo fenomeno sono Le lettere di Babbo Natale, una serie di lettere che l'autore di anno in anno spediva ai figli fingendosi Babbo Natale e raccontando le sue avventure al Polo Nord insieme ai suoi aiutanti. In due casi (le lettere del 1929 e del 1937) Tolkien scrisse alcune frasi in una lingua che può essere facilmente ricondotta al qenya primordiale, definito "quenya artico/qenya" (arctic quenya/qenya). Tali frasi, raccontava Tolkien, erano usate dagli Elfi di Babbo Natale (Red Elven) e dall'Orso polare (Polar Bear), personaggi ricorrenti nelle lettere. Tolkien non intendeva pubblicare queste lettere né era intenzionato a farle pubblicare dalla sua famiglia.[27]
Inoltre in questi scritti si possono ritrovare abbastanza spesso scorci di scrittura elfica (tengwar) o dell'"alfabeto dei Goblin" (cirth), nonché il nome Ilbereth, probabile "progenitore" fiabesco di Elbereth, personaggio del Silmarillion.[28][29]
La prima lingua che gli Elfi parlarono, subito dopo il loro risveglio sulle sponde del Lago Cuiviénen,[30] nel 1050 degli Anni degli Alberi fu l'elfico primitivo, che intorno al 1105 si evolse nell'eldarin comune (da cui poi nacquero anche il telerin parlato dai Teleri e il sindarin). Da questa lingua, praticamente immutato,[31] nacque il quenya, che col tempo si evolse in alcuni dialetti reciprocamente comprensibili: il noldorin quenya parlato dai Ñoldor (ossia Ngoldor, oppure Noldor secondo una forma tarda ma più usata) e il vanyarin quenya parlato dai Vanyar.[32]
Il quenya in breve tempo acquisì importanza, divenendo una delle lingue più importanti di Arda (soprattutto dal punto di vista letterario), nonché la prima ad essere messa per iscritto.[33] L'invenzione dei primi caratteri elfici è attribuita a Rúmil, inventore delle sarati, poi perfezionate da Fëanor con le tengwar.
I Noldor che si rifugiarono nella Terra di Mezzo, in seguito all'oscuramento di Valinor, parlavano quenya anche con gli altri elfi. Tuttavia, quando Elu Thingol del Doriath, re dei Sindar (Elfi della stirpe dei Teleri che rimasero nel Beleriand anziché raggiungere Valinor) venne a conoscenza del Fratricidio da loro commesso nei confronti dei Teleri nel 1495 degli Anni degli Alberi, proibì l'uso del quenya in tutto il suo regno:[34]
«Mai più alle mie orecchie risuoni la lingua di coloro che in Alqualondë hanno sterminato i miei consanguinei! Né sia più pubblicamente parlata nel mio regno, finché io sieda su questo trono. Tutti i Sindar devono essere informati del mio ordine di non usare la favella dei Noldor né di rispondere a chi con essa si rivolga loro. E chiunque vi faccia ricorso, sarà considerato fratricida e traditore impenitente.»
I Sindar, comunque, furono lenti ad apprendere la lingua dei Noldor, mentre questi ultimi in quello stesso periodo avevano già acquisito piena padronanza del sindarin (conosciuto anche come La favella del Beleriand).[35] A metà della Prima Era il quenya fu abbandonato anche nel Beleriand a favore del sindarin, anche dagli stessi Noldor, che cominciarono ad usarla solo come lingua sapienziale. Chiunque parlasse quenya al di fuori di un ambito nobile (ad esempio in casa di Turgon) o in ambito letterario (dove era preferita, come lingua scritta, al sindarin) non veniva visto di buon occhio dai Sindar di quelle regioni.[36][37] Nel periodo di massimo splendore di Númenor, il potere dei Dunedain (uomini abitanti di Númenor) crebbe e le loro conoscenze (in tutti i campi del sapere) si andarono ampliando grazie all'amicizia con gli Eldar. Dapprima l'adûnaico e il sindarin erano le uniche lingue parlate e conosciute, ma in seguito, con l'avvento dei primi commerci, colonizzazioni e scambi culturali, tra i grandi signori e tra i Re di Númenor si diffuse anche la favella degli Eldar, fortificando l'antica alleanza tra i due popoli.[38][39] Tuttavia, con l'avvento del ventesimo sovrano di Númenor Ar-Adûnakhôr nel 2899 della Seconda Era, ci fu la definitiva, o quasi, emancipazione di Númenor dagli elfi, tanto che il re proclamò il suo nome per la prima volta in adûnaico e non in quenya come era da tradizione.[40] Nel 3102 Ar-Gimilzôr, divenuto ventitreesimo re di Númenor, bandì il quenya dal suo regno, tuttavia poi suo figlio Ar-Inziladûn salito al trono nel 3177, preoccupato per i cattivi rapporti con gli Eldar rese nulla l'abolizione e prese, secondo l'antica usanza, nome in quenya Tar-Palantír. Tuttavia, alla sua morte nel 3255, Ar-Pharazôn, nipote del re, prese, senza diritto, il trono di Númenor, sposando Míriel, figlia di Tar-Palantír, contro il suo volere e, ingannato da Sauron che si era finto suo prigioniero, dichiarò guerra ai Valar, sancendo la definitiva caduta di Númenor, che venne abissata nel mare da Eru per l'oltraggio e, da lì in poi, chiamata Mar-nu-Falmar "l'isola sotto i flutti" e Atalantë "la caduta".[41]
Il quenya usato nella Terra di Mezzo, durante la Terza Era (il periodo corrispondente alle storie narrate ne Il Signore degli Anelli), era divenuto una lingua rituale e conosciuta soprattutto da studiosi e personalità importanti (qualcosa di analogo al latino nel Medioevo).[42] Veniva insomma usato come linguaggio formale e per la scrittura, ma il linguaggio colloquiale era il sindarin.[43] Tuttavia, i Ñoldor ricordavano ancora il quenya e lo consideravano la loro vera lingua madre, come testimoniato dalla reazione di compiacimento degli elfi quando Frodo li saluta con l'espressione Elen síla lúmenn'omentielvo ("Una stella brilla sull'ora del nostro incontro").[44]
Dal quenya, come già accennato, si diramarono due dialetti: il[vanyarin quenya parlato dai Vanyar e il noldorin (o noldorin quenya, o “quenya esule”) parlato dai Noldor che lasciarono Aman in esilio durante la Prima Era diretti verso la Terra di Mezzo e il Beleriand. Tuttavia questi due dialetti avevano poche differenze nella grammatica e nella forma e solo alcune nella fonologia[6] tanto che Tolkien considerava i due dialetti ed il quenya lingue praticamente identiche.[45]
«Ai! laurëai lantar lassí súrinen,
yéni únótimai ve rámar aldaron!»
«Ai! laurië lantar lassi súrinen,
yéni únótimë ve rámar aldaron!»
In corsivo ci sono le principali differenze.
Il vanyarin o quendya nacque dall'unione del quenya parlato in Aman e il valarin dei Valar e degli Ainur parlato anche fuori da Eä. Il dialetto nato dalle due favelle aveva differenze prevalentemente fonetiche, infatti l'antico fonema þ si trasformò presto in s[47][48] e nacquero i suoni lb (non consentito in quenya) al posto di lv, ndy al posto di ny, hw al posto di f,[49][50] z al posto di r[51] e raramente w al posto di v.[52] Oltre poche altre "inflessioni dialettali" all'interno della declinazione di alcuni nomi[53] le uniche altre vere differenze erano nel vocabolario, in parte ereditato dal valarin e caratterizzato da alcune tendenze verso il sindarin.[54] Ad ogni modo, del valarin esistono ben poche informazioni ed è considerato un dialetto solamente in base ai pochi nomi prevalentemente propri presenti nel legendarium tolkieniano.
Il dialetto noldorin aveva ancora meno differenze dell'altro, infatti oltre a rari allungamenti tonici,[55] caduta di vocali[56] o ancor più rari cambi consonantici,[57] non aveva altre differenze tanto da essere considerato da alcuni non tanto un vero e proprio dialetto quanto piuttosto una "parlata" con minime differenze soprattutto in campo fonetico. Secondo alcuni anche il telerin comune sarebbe da intendersi come un dialetto del Quenya, tuttavia la diffusione e la "nascita" di queste lingue sono quasi parallele e nonostante, soprattutto in seguito allo stabilimento in Aman da parte dei Teleri (1150 ca. P.E.), le due lingue diventarono mutuamente intelligibili, questo fu un fenomeno tardo che mutò entrambe le lingue favorendone la scomparsa a favore del sindarin, del nandorin e del doriathrin sviluppatisi partendo dalla stessa lingua dei Teleri.
Tolkien era un filologo che conosceva i meccanismi di funzionamento di numerose lingue antiche e moderne; non stupisce quindi che fosse in grado di idearne di nuove. Tuttavia egli (contrariamente a quanto si potrebbe comunemente pensare) non inventò le sue lingue per rendere più realistici i propri racconti, anzi il meccanismo era esattamente inverso: erano le sue creazioni linguistiche a dargli continuamente nuovi spunti per le sue storie. Creare lingue era quello che Tolkien considerava il suo "vizio segreto",[11] e per rendere il tutto maggiormente realistico, l'autore creò inizialmente delle "radici comuni" da cui fece poi derivare tutti i vari vocaboli di ogni lingua parlata in Arda.[4]
«Nobody believes me when I say that my long book is an attempt to create a world in which a form of language agreeable to my personal aesthetic might seem real. But it is true.»
«Nessuno mi crede quando dico che il mio lungo libro è un tentativo di creare un mondo in cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale. Ma è vero.»
Tolkien, come dichiarato dal figlio Christopher Tolkien durante un'intervista, non inventò nuovi termini in maniera arbitrale ma li concepì partendo dalle radici, e con l'aggiunta di suffissi e prefissi e con varie mutazioni regolari minuziose anche per quanto riguarda possibili "interventi esterni" diedero vita quasi "naturalmente" ai vocaboli delle sue lingue. Seguendo questo principio è facile capire come le varie lingue (specie quelle elfiche come il quenya o il sindarin) siano necessariamente imparentate tra di loro. Per capire al meglio questo processo, ecco una serie di comparazioni in cinque (o sei) lingue elfiche (quenya, sindarin,[58] telerin,[59] doriathrin,[60] ilkorin[61] ed Elfico primitivo)[62][63] più altre sei lingue: l'ovestron (la lingua comune),[64] il khuzdul (la lingua segreta dei nani),[65] il linguaggio nero (la lingua di Mordor, ideata da Sauron),[66] il valarin (la lingua dei Valar),[67] il rohirric (la lingua di Rohan)[68] e l'adûnaico (la lingua di Númenor).[69] A differenza della maggior parte delle lingue elfiche, di queste ultime lingue, fatta eccezione per l'Adûnaico, si conoscono solo poche parole ritrovate nei vari manoscritti di Tolkien, quindi non si può sapere quanto Tolkien ne avesse ulteriormente ampliato la grammatica ed il lessico.[70]
Ecco l'Ave Maria in sindarin e in quenya, da notare le marcate somiglianze tra le due lingue.
«Ai Meri, meleth-Phant,
Hîr ah-Le;
daethannen im bessath phain
a daethannen iaf e-Huvech - Iesus.
Aer Meri, Eru-Odhril,
hero ammen raegdain
sí a ned lú e-gurthem.
Tanc»
«Aia María quanta Eruanno
i Héru as Elye·
aistana Elye imíca nísi:
ar aistana i Yáve Mónalyo Yésus:
Aire María Eruo Ontaril
á hyame rámen úcarindor
sí ar lúmesse ya firuvamme:
násie:»
Nella tabella qui sotto vengono presi ad esempio alcuni vocaboli con la loro provenienza e la loro forma nella maggior parte delle lingue create da Tolkien.
Italiano | Quenya | Sindarin | Telerin | Doriathrin e ilkorin | Elfico primitivo | Radice primitiva | Adûnaic e lingue umaniche | Khuzdul (e neo-khuzdul) | Linguaggio nero (e neo-linguaggio nero) | Valarin |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
albero[71] | alda, ornë | galadh, orn[72] | galla | orn,[73] gald | ornê, galadâ | ORN-, (O)RÔ(N)-, GAL(AD)- | ? | zurm | ? | ? |
andare[74] | lelya- | (en)glenna-, bad-[75] | delia- | ? | led-, del(e)- | (E)LED-, DELE- | ? | ganag | ukh- | ? |
anello[76] | corma | corf | ? | ? | kormâ | COR-MÂ | ? | ? | nazg[77] | (a)naškad[78] |
cavallo[79] | rocco | roch | rocca | (o)roc | roko/rokko/rokkô | ROC- | karab[80] | kharub | rûk[81] | næchærra, nahar |
dire[82] | quet- | ped- | pet- | *cwid-/pid- | kwe(t)- | KWE(T)-(→PET) | bêth[83] | aglâb[84] | ghashn-, pukhl- | ? |
donna[85] | nis, inya | bess | din | -il,[86] ganu[87] | ndis, dîs, nis | N(D)IS-, 3AN- | kali, anî | zhin, zhinûn[88] | sharlob[89], gru (nei dialetti del sud) | ? |
elfo[90] | elda, quende | edhel, eledh | ello, pende | eld | kwende, eldâ (e der. elenâ, eledâ) | ELD-/ELED-/ELEN- derivate da EL "stella", QWEN- | nimir[91] | khatuzh | golug[92] | ? |
farfalla[93] | vilvarin (agg. in vilwarind-), wilwarin (agg. in wilwarind-) | gwilwileth | vilverin | gwilwering[94] | *wilwarindê | WIL- "volare" | ? | ? | ? | ? |
fuoco[95] | nàr, nàre | naur | nar | nar[96] | nár, (a)nar | NAR- | ? | urs, urus | ghâsh | rušur, uruš |
melodia, canto[97] | lindë, linda | lind | lindai | lind[98] | lindâ[99] | (G)LIN(D)-, (S)LIN(D)- | ? | kumath | ? | ? |
nero[100] | mor, morë | myr | mori | ungor, dunn | mor(i), dunnâ | MOR-, DUN(N)- | dulgî, dâur | dush, narg/narag, aznân/azanân | mor, bag, burz(um) | ? |
pugno[101] | quár | paur | pár | ? | kwâra | KWAR- | ? | mazr | ? | ? |
re, signore, nobile[102] | aran, arata, turcil | aran, arphen | aran, arpen, aráta, aráto | tôr, tára, (t)aig | târo, kalrô | (T)ARA- (Nobile) | ?[103] | melhekh, bund,[104] uz, zabad/zubd, uzbad,[105] | ran,[92] goth, durbag[106] | ? |
popolo, folla | lië, sanga | gwaith | lie | ? | rimbê, stangâ | LI(Ê)-, STAG- | nos[107] | ?[108] | hai,[109] brun | ? |
uomo,[110] sposo[111] | atan, ner, engwa,[112] firë,[113] hil, weo | adan, fair,[114] benn, dîr | ? | *nir,[115] benn, ber | dêr[116], wegô, khil[117], berô, besnô | ATA-, (N)DER-, WEG- "valente, virile", BES- "sposo"[118] | narû[119] | 'akh/'akhûn, -ûn, | shar(a)[120] | ? |
La parola quenya (Inizialmente qenya) o altrimenti quendya (nel dialetto vanyarin) è un aggettivo formato dalla radice KWEN- da cui ad esempio anche Quendi ovvero "Elfi". Il significato è quindi affine: "elfico, quendico". Tuttavia lo stesso termine è anche associato alla radice KWET- "parlare". Infatti entrambe le radici provengono dalla radice KWE- da cui KWEN- e KWET erano derivate. Secondo Tolkien i più dotti tra gli Elfi ritenevano che Quendi significasse "coloro che parlano con voci" e secondo Pengolodh quenya significa propriamente "linguaggio, idioma". Comunque entrambe queste ipotesi "interne" al legendarium tolkieniano sono facilmente spiegabili col fatto che nessun'altra lingua elfica utilizzi l'aggettivo "quen(d)ya" per designare una qualunque "lingua elfica". Infatti almeno in teoria il nome completo della lingua sarebbe quen(d)ya lambë, ovvero "Lingua elfica". Tuttavia successivamente il vocabolo quenya venne usato esclusivamente come nome proprio e non più come l'aggettivo derivato da Quendi (elfi). Tuttavia i Noldor non scordarono mai l'etimologia della parola, continuando a vedere la favella elfica come la più nobile tra le lingue e l'unica recante nel suo stesso nome anche il nome della loro razza.
Nel corso della storia interna contenuta nel legendarium tolkieniano, la lingua ebbe molti altri nomi: parmalambë o parmaquesta ("lingua letteraria", intesa più che altro nella sua accezione scritta), tarquesta ("alto idioma", intesa invece come lingua parlata) o noldorin ("l'alta lingua dei Noldor") o ancora "alta lingua dell'Occidente", "alto elfico", "lingua dei Noldor" (Noldorin), "lingua di Valinor" o "valinoreano" ("il linguaggio degli Elfi di Valinor" essendo la lingua originaria di Valinor), "eressëano" o "avalloniano" (poiché molti tra i Noldor dimoravano a Tol Eressëa di Avallónë).[121] Per antonomasia la lingua era chiamata anche eldarin ("favella degli Eldar") o "alto eldarin".[30] Per i Teleri la lingua era goldórin o goldolambë, associando il termine con i Noldor (la traduzione letteraria dovrebbe essere "noldoico" e "noldo-lingua"). L'elfo Gildor si riferisce al quenya come "l'antica lingua".[44] La favella fu ancora denominata "alta lingua dell'Occidente" o "(alto) eldarin" o ancora "alto elfico antico". Dai Númenoreani venne chiamata nimriyê ("lingua nimriana", dal termine dúnedain nimîr con il quale venivano designati gli elfi).[122][123] Ne Il Signore degli Anelli Frodo gli si riferisce chiamandola "l'antica lingua degli Elfi al di là del Mare"[44] e "il linguaggio dei canti elfici".
Infine vi furono le designazioni esterne al corpus mitologico di Arda che Tolkien adoperò per riferirsi alla lingua: "alto elfico" e "latino elfico" (elven latin). La motivazione per questo secondo epiteto è che con il tempo l'utilizzo della favella elfica si faceva sempre più simile a quello del latino nell'Europa medievale, passando da lingua "franca" a lingua di culto e sapienza.[124]
Come già detto, il quenya è attualmente privo di organismi ufficiali di tutela, studio e diffusione nonostante numerose fonti possano essere considerate più che autorevoli. Il problema principale nello studio della lingua è che della miriade di testi scritti da Tolkien soltanto una minima parte è stata pubblicata; questo ha portato ad un lavoro di ricostruzione, da parte degli studiosi, di grammatica e lessico che, nonostante ciò, rimangono tuttora incompleti pur essendo la lingua più che efficace e adatta alla comunicazione.[70] Molti, tra gli studiosi della lingua, hanno nel 1988 partecipato alla fondazione della cosiddetta E.L.F. (Elvish Linguistic Fellowship), un'organizzazione internazionale volta allo studio, alla tutela e alla diffusione dei linguaggi inventati da Tolkien.[125] Al suo fondatore Jorge Quiñónez si sono aggiunti successivamente anche Carl F. Hostetter, attuale direttore nonché autore dell'autorevole rivista Vinyar Tengwar,[126] Christopher Gilson autore della rivista Parma Eldalamberon[127] e Patrick H. Wynne autore insieme ad Hostetter di un giornale on-line conosciuto come Tengwestië.[128] Su internet il sito Ardalambion, edito da Helge Fauskanger, che è stato tradotto in numerose lingue tra cui anche l'italiano.[129]
Altri noti studiosi sono Edouard Kloczko autore di Lingue elfiche: Enciclopedia illustrata della Terra di Mezzo e di Lingue degli Hobbit, dei Nani e degli Orchi. Enciclopedia illustrata della Terra di Mezzo e Tom Shippey autore di La via per la terra di mezzo e J.R.R Tolkien autore del secolo.[130][131]
La fonologia del quenya, come già detto, è basata quasi totalmente su quella latina, italiana, spagnola e greca, nonché finlandese.
Il quenya possiede cinque vocali: a, e, i, o e u. Queste possono essere sia brevi (nella loro forma base) sia lunghe. Nella forma allungata prendono l'accento (á, é, í, ó, ú), tuttavia sono considerate lunghe anche se in forma breve ma seguite da un gruppo consonantico. Tolkien ha basato la loro pronuncia interamente su quella spagnola.[132] Per chiarire la pronuncia, altrimenti difficile a locutori inglesi, Tolkien spesso aggiunge una dieresi su alcune vocali (ë ed ä) a fine parola o all'interno di dittonghi. Il quenya possiede vari dittonghi: ai, au, oi, ui, eu, ei ed iu.[133]
Il quenya possiede 13 o 14 consonanti più la b e la d ritrovabili solo in correlazione rispettivamente con m ed l e con n, r ed l. Le consonanti si avvicinano più delle vocali ad una pronuncia anglicizzante. A differenza della fonologia italiana, la c e la g in quenya sono esclusivamente dure.[133]
Vi sono vari gruppi consonantici "prediletti" (nd, rd, ld, mb, ng, qu, x, ht, hw, hl, hr, hy, ry, ny, ly e ty), mentre altri sono possibili (hty, lc, lm, lp, lqu, lt, lv, lw, mn, mp, my, nc, ngw, nqu, nt, nty, nw, ps, pt, rc, rm, rn, rqu, rt, rty, rs, rw, sc, squ, st, sty, sw, ts, tw) ma, a differenza dei primi, si separano nella divisione in sillabe.[133] Altri gruppi che occasionalmente si formano nella flessione nominale o verbale mutano regolarmente.
Sono possibili solo alcune consonanti doppie: cc, ll, m, nn, pp, rr, ss, tt. A fine parola invece si possono trovare solo le consonanti t, r, l, n ed s.[133]
L'accento può essere acuto o grave. Il primo, chiamato accento maggiore, si ha nei monosillabi, nei bisillabi (sulla prima sillaba) e nei trisillabi (sulla penultima se lunga, sulla terzultima se la penultima è breve, altrimenti sempre sulla terzultima lunga). Il secondo, chiamato accento minore, si ritrova spesso sulla sillaba precedente l'accento maggiore, altrimenti cade solo sulle parole con più di due sillabe, aventi le ultime due sillabe brevi (in questo caso l'accento cadrà sull'ultima).[134][135]
Tolkien basa la morfologia del quenya su quella finnica, traendo spunto soprattutto dalla sua struttura agglutinante.
In quenya l'articolo determinativo è rappresentato dalla particella i, ed è indeclinabile. Se l'articolo precede un nome iniziante per i viene aggiunta una n all'articolo per questioni di eufonia. Se l'articolo precede un nome al duale assume il significato di "entrambi". Un nome non accompagnato dall'articolo può assumere valore indeterminato.[136]
Esempi: i taurer "le foreste"; in indis "la moglie"; i ciryat "entrambe le navi"; parma "un libro".
Può anche assumere valore relativo (vedi paragrafo: La proposizione relativa)
In quenya i sostantivi si declinano in dieci casi e in quattro numeri.[137]
I casi sono:
Mentre i numeri:[147]
Gli aggettivi in quenya terminano per la maggior parte in -a o in -ë. Si concordano con il sostantivo a cui si riferiscono. Al plurale gli aggettivi terminanti in -a terminano in -ë e gli aggettivi terminanti in -ë terminano in -i.[148]
Per i multipli di dieci fino a novanta si aggiunge il suffisso -cainen. Per i multipli di cento da 200 a 900 si aggiunge il suffisso -tuxa.
I numeri ordinali si formano generalmente aggiungendo -ëa, tuttavia i primi tre e il decimo sono irregolari:
Gli avverbi si formano generalmente aggiungendo -vë all'aggettivo corrispondente, gli aggettivi terminanti in -ë elidono quest'ultima e aggiungono -ivë, quelli terminanti in -n, cambiano la -n in m e aggiungono -bë.[149]
I pronomi vennero rivisti spesso da Tolkien che li rese per questo involontariamente un problema per gli studi successivi. Tuttavia è ben chiaro che si ritrovino molto più spesso come enclitici che come particelle isolate.
I pronomi personali sono stati ritrovati sia in forma enclitica sia no, tuttavia come già sottolineato la forma enclitica era la forma che Tolkien più prediligeva nonostante esistesse solamente per il soggetto e l'oggetto che Tolkien "attaccava" al verbo. Tolkien distingue una forma breve, una forma media e una forma estesa.[150][151]
Persona | Forma breve | Forma media | Forma estesa |
---|---|---|---|
1° sing. | -n | -në | -nyë |
2° sing. | -t | / | -ccë |
2° sing. (form.) | -l | -lë | -lyë |
3° sing | -s | -ro (masch. ),-rë (femm. ) | -ryë |
1° duale | / | / | -mmë |
1° plur. incl. | / | / | -lvë |
1° plur. escl. | / | / | -lmë |
2° plur. | -l | -lë | -lyë |
3° plur. | -t | / | -ntë |
Anche i pronomi possessivi sono espressi in forma enclitica:[152][153]
Possessivo | Traduzione |
---|---|
-nya | mio |
-cca | tuo |
-lya | tuo (form.) |
-rya | suo/sua |
-mma | di noi due |
-lva | nostro (incl.) |
-lma | nostro (escl.) |
-lya | vostro |
-nta | loro |
Tolkien creò per la sua lingua varie altre classi pronominali, tuttavia meno attestate e frequenti.[133][154][155][156][157]
I verbi in quenya si distinguono in due classi: i verbi radicali, terminanti in consonante, e i verbi derivati, terminanti in -a o -u. Il quenya distingueva vari tempi (presente, aoristo, passato, perfetto e futuro) e vari modi (indicativo, infinito, participio, imperativo e gerundio).[158]
Verbi radicali | Verbi derivati | |||||||
Radice | hir- | mat- | cava- | hauta- | móta- | palu- | allu- | |
Significato | trovare | mangiare | scavare | fermare | lavorare | diffondersi | lavare | |
Presente | híra | máta | cávëa | hautëa | mótëa | pálua | allua | |
Aoristo | hirë | matë | cava | hauta | móta | palo | allo | |
Passato | hirnë | mantë | cavanë/
cávë |
hautanë | mótane | palunë/
pallë |
allunë | |
Perfetto | ihirië | amátië | acávië | ahautië | omótië | apálië | allië | |
Futuro | hiruva | matuva | cavuva | hautuva | mótuva- | palúva | allúva |
Il quenya ha vari verbi irregolari e impersonali.[161][162][163]
L'infinito in quenya si forma aggiungendo -a alla radice verbale, i verbi terminanti in -u elidono quest'ultima e aggiungono -o, i verbi radicali aggiungono invece una -ë. L'infinito serve a specificare o a completare il significato del verbo reggente.[164]
Esistono altre due forme particolari di infinito: l'infinito esteso (introdotto da un pronome personale enclitico oggetto) e l'infinito passivo, utilizzato per esprimere l'infinito in frasi passive, quest'ultimo si formava aggiungendo a- al verbo.[164]
Il participio presente si forma aggiungendo -ala o -la (ai verbi derivati) e allungando la vocale "centrale" della parola. Da al verbo valore di sostantivo o di aggettivo o può essere utilizzato come verbo di una subordinata.[165]
Il participio passato ha valore di aggettivo, dando ai verbi transitivi valore di participio passivo. Si forma aggiungendo -ina, -na (nei verbi radicali in r, m ed n) e -da nei verbi radicali in -l. Insieme al verbo essere crea la forma passiva.[166]
Il gerundio in quenya ha il valore che in italiano ha l'infinito sostantivato. Si forma aggiungendo al verbo -ië. Il gerundio può declinarsi in genitivo, dativo e strumentale.[167]
L'imperativo si formava anticamente aggiungendo la desinenza -a, tuttavia in seguito si affermò la forma introdotta dalla particella á. L'imperativo negativo si forma con áva.[168]
La forma negativa di un verbo si forma in vari modi: con il verbo um- "non essere" (che è anche la negazione del verbo essere) quando la frase non contiene il complemento oggetto. Altrimenti si utilizza la particella lá.[169] Il verbo essere si esprime in due modi: con ná (per connettere due nomi o per formare il predicato nominale)[170] o con ëa (esistere, trovarsi, stare, sentirsi). Entrambi i verbi sono irregolari.[171]
Coniugazione di ná:
Coniugazione di ëa:
La forma passiva in quenya è espressa dal verbo ná "essere" più il participio passato del verbo principale. Il complemento d'agente o causa efficiente è invece espresso dallo strumentale.
L'ottativo si utilizza per esprimere un desiderio realizzabile, una speranza o un augurio. Si forma con la particella nai e il verbo al futuro.[173]
Il condizionale in quenya può essere espresso da varie particelle: írë "quando" quando l'evento è sicuro, mai o ai quando è possibile ma non certo e nai o cé per esprimere dubbio o probabilità.[173]
Si distingue in anteriore, posteriore e contemporanea:
Si esprime in quenya con sa "che" utilizzabile anche nel discorso indiretto.[174]
La proposizione relativa può essere espressa o con la particella ya "che, quale ecc." o con l'articolo semplice (es. I Eru i "il Signore Che").[175]
Il quenya è scritto dagli Elfi principalmente con le tengwar di Fëanor e in epoca anteriore con le sarati di Rúmil, mentre nel corpus degli scritti di Tolkien è per lo più usato l'alfabeto latino riadattato al sistema fonologico delle lingue elfiche.
«Gli ingredienti del quenya sono molti, ma elaborati in una lingua propria non precisamente uguale a nessun altro linguaggio che io conosca.»
Il quenya, essendo una lingua artificiale, non dovrebbe far parte di nessun gruppo linguistico, tuttavia i metodi con i quali Tolkien creò volutamente le sue lingue sembrano aver creato un grande insieme di lingue tra di loro effettivamente imparentate sia per quanto concerne la "storia interna" sia per quella "esterna". Quindi i linguaggi di Arda e più precisamente le lingue elfiche sono generalmente considerate parte di un "piccolo" gruppo linguistico a sua volta compreso nel gruppo delle lingue artistiche e delle lingue artificiali. Inoltre, nonostante Tolkien abbia preso "spunto" da molte altre lingue per creare la fonologia, il lessico ed in parte la grammatica delle sue lingue, il quenya non sembra avere affinità tali da essere inclusa in alcun altro gruppo linguistico realmente esistente.[7] Generalmente il quenya viene classificato come una lingua flessiva e agglutinante (caratteristiche prese principalmente dal finlandese) con un ordine tipologico relativamente libero ma preferibilmente SVO (caratteristica che condivide con le lingue neo-latine).
Sopra due tavole che espongono i valori fonetici delle lettere fëanoriane, valori usati in Quenya. Infatti le altre lingue elfiche differiscono, oltre che per la grammatica (che tuttavia contiene poche differenze tra una lingua e l'altra), anche per i suoni associati ad alcune lettere. Inoltre, come si può osservare, le tavole contengono anche qualche nota sulla scrittura e su alcuni valori.
Tolkien, nel corso della sua vita scrisse decine di opere nelle sue lingue, a volte addirittura adoperando le tengwar, tuttavia di queste opere solo poche sono tuttora pubblicate mentre le altre sono tuttora inesaminate o archiviate in attesa della pubblicazione.[4]
Namárië (in quenya "Addio"), comunemente noto come Lamento di Galadriel.[176][177]
«Ai! laurië lantar lassi súrinen,
yéni únótimë ve rámar aldaron!
Yéni ve lintë yuldar avánier
mi oromardi lissë-miruvóreva
Andúnë pella, Vardo tellumar
nu luini yassen tintilar i eleni
ómaryo airetári-lírinen.
Sí man i yulma nin enquantuva?
An sí Tintallë Varda Oiolossëo
ve fanyar máryat Elentári ortanë
ar ilyë tier undulávë lumbulë
ar sindanóriello caita mornië
i falmalinnar imbë met,
ar hísië untúpa Calaciryo míri oialë.
Sí vanwa ná, Rómello vanwa, Valimar!
Namárië! Nai hiruvalyë Valimar!
Nai elyë hiruva! Namárië!»
«Ah! come oro cadono le foglie al vento,
lunghi anni innumerevoli come le ali degli alberi!
I lunghi anni sono passati come rapidi sorsi
del dolce idromele in alti saloni
oltre l'Occidente, sotto le azzurre volte di Varda
ove le stelle tremolano
alla voce del suo canto, voce sacra di regina.
Chi riempirà ora per me la coppa?
Per ora la Vampa, Varda, la Regina delle stelle
dal Monte Semprebianco levò le mani come nuvole
ed ogni sentiero è immerso nella profonda oscurità;
e fuori dalla grigia campagna l'ombra si distende
sulle onde spumeggianti poste fra di noi,
e la bruma ricopre i gioielli di Calacirya per sempre.
Ed ora perso, perso per chi è in Oriente è Valimar!
Addio! Forse un giorno troverai Valimar!
Pure tu forse un giorno lo troverai! Addio!»
Il poema Markirya, noto così dal titolo della sua versione iniziale (in qenya Oilima Markirya ovvero "L'ultima arca"),[178] è in assoluto il testo più lungo in lingua quenya da Tolkien.[179]
«Man cenuva fána[180] cirya
métima hrestallo círa,
i fairi nécë
ringa súmaryassë
ve maiwi yaimië?
Man tiruva fána cirya,
wilwarin wilwa,
ëar-celumessen
rámainen elvië
ëar falastala,
winga hlápula
rámar sisílala,
cálë fifírula?
Man hlaruva rávëa súrë
ve tauri lillassië,
ninqui carcar yarra
isilmë ilcalassë,
isilmë pícalassë,
isilmë lantalassë
ve loicolícuma;
raumo nurrua,
undumë rúma?
Man cenuva lumbor ahosta
Menel acúna
ruxal'ambonnar,
ëar amortala,
undumë hácala,
enwina lúmë
elenillor pella
talta-taltala
atalantië mindonnar?
Man tiruva rácina cirya
ondolissë mornë
nu fanyarë rúcina,
anar púrëa tihta
axor ilcalannar
métim' auressë?
Man cenuva métim' andúnë?»
«Chi vedrà una nave bianca
lasciare l'ultima sponda,
i pallidi fantasmi
nel suo freddo petto
simili al lamento dei gabbiani?
Chi si accorgerà di una nave bianca,
vaga come una farfalla,
fra le correnti marine
su ali come di stelle,
quando il mare si gonfia,
la spuma irrompe,
le ali scintillano,
la luce scema?
Chi udirà il fragore del vento
come il fogliame nei boschi;
le bianche rocce rimbombare
al bagliore della luna,
al calar della luna,
al cader della luna
la candela di un morto;
il romorìo della tempesta,
l'abisso che si muove?
Chi vedrà le nuvole radunarsi,
i cieli incurvarsi
sopra colli che si sgretolano,
il mare sollevarsi,
gli abissi spalancarsi,
l'antica oscurità
oltre le stelle
cadere
sopra torri crollate?
Chi si accorgerà di una nave spezzata
sulle scure rocce
sotto cieli squarciati,
un sole offuscato che luccica
su ossa scintillanti
nell'ultima mattina?
Chi vedrà l'ultima sera?»
Scritto nel 1940 in un quenya non ancora maturo, ancora chiamato qenya. Questo testo (cantato da Fíriel, figlia del Re di Gondor Ondoher) è uno dei rari esempi di scritti nel cosiddetto Tardo qenya o quenya quasi maturo.
«Ilu Ilúvatar en káre eldain a fírimoin
ar antaróta mannar Valion: númessier.
Toi aina, mána, meldielto - enga morion:
talantie. Melko Mardello lende: márie.
En kárielto eldain Isil, hildin Úr-anar.
Toi írimar. Ilyain antalto annar lestanen
Ilúvatáren. Ilu vanya, fanya, eari,
i-mar, ar ilqa ímen. Írima ye Númenor.
Nan úye sére indo-ninya símen, ullume;
ten sí ye tyelma, yéva tyel ar i narqelion,
íre ilqa yéva nótina, hostainiéva, yallume:
ananta úva táre fárea, ufárea!
Man táre antáva nin Ilúvatar, Ilúvatar,
enyáre tar i tyel, íre Anarinya qeluva?»
«Il Padre creò il Mondo per Elfi e Mortali
e lo diede nelle mani dei Signori. Essi stanno all'Occidente.
Essi sono santi, benedetti, e amati: salvo quello oscuro.
Egli è caduto. Melkor se ne è andato dalla Terra: ciò è bene.
Per gli Elfi essi crearono la Luna, ma per gli Uomini il Sole rosso;
che sono belli. A tutti essi diedero in giusta misura i doni
di Ilúvatar. Il Mondo è leggiadro, il cielo, i mari,
la terra, e tutto ciò che è in essi. Incantevole è Númenor.
Ma il mio cuore non riposerà qui per sempre,
perché qui è l'epilogo, e vi sarà una fine e l'Estinzione,
quando tutto è valutato, e tutto infine enumerato,
ma ancora non sarà sufficiente, non sufficiente.
Che mi darà il Padre, O Padre,
in quel giorno oltre la fine quando il mio Sole cadrà?»
Questa invece è la versione in quenya "maturo" tradotta da Helge Fauskanger.[181]
«Ilu Ilúvatar carnë Eldain ar Fírimain
ar antanéros mannar Valaron: ëantë Númessë.
Nantë ainë, mánë ar meldë - hequa morion:
alantiéro. Melkor Mardello lendë: nás mára.
Carnentë Eldain Isil, Hildoin Úr-anar,
i nar írimë. Ilyain antanentë lestanen i annar
Ilúvataro. Ilu ná vanya, fanya, ëari,
i cemen, ar ilya i ëa tessen. Írima ná Númenor.
Nan lá ëa sére indonyan sinomë tennoio,
an sinomë ëa tyelma, ar euva metta ar i narquelië,
írë ilya nauva nótina, ar ilya hostaina, i mettassë:
ananta úva tárë fárëa, úfárëa!
Mana tárë antuva nin Ilúvatar, Ilúvatar
enyárë i metta pella, írë Anarinya queluva?»
Tolkien tradusse anche alcune preghiere cattoliche, tra le quali l'Ave Maria, il Padre Nostro, il Sub tuum praesidium e l'apertura del Gloria in excelsis Deo, per la maggior parte scritte negli anni cinquanta.[182][183] Inoltre sono molti i frammenti in "qenya" e in "quenya" ritrovati tra i vari manoscritti di Tolkien che mostrano facilmente le grandi differenze tra i vari "stadi" evolutivi del quenya.[184]
Tolkien scrisse questi due pezzi nei primi anni cinquanta, usando una calligrafia che rimandava a quella anglo-sassone.[185]
«Aia María quanta Eruanno
i Héru as Elye·
Aistana Elye imíca nísi:
ar Aistana i Yáve Mónalyo Yésus:
Aire María Eruo Ontaril
á hyame rámen úcarindor
sí ar lúmesse ya firuvamme:
násie:»
«Ave Maria piena di grazia,
il Signore è con Te.
Tu sei Benedetta fra le donne
e Benedetto è il frutto del Tuo Seno Gesù.
Santa Maria Madre di Dio,
prega per noi peccatori
adesso e nell'ora della nostra morte.
Amen.»
«Átaremma i ëa han ëa·
na aire Esselya
Aranielya na tuluva
na care Indómelya cemende tambe Erumande:
ámen anta síra ilaurëa massamma·
ar ámen apsene úcaremmar
sív' emme apsenet tien i úcarer emmen.
Álame tulya úsahtienna
mal áme etelehta ulcullo:
násie:»
«Padre nostro, Che sei nei cieli,
sia santificato il Tuo Nome,
venga il Tuo Regno,
sia fatta la Tua Volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen»
Tolkien tradusse altre preghiere nei primi anni cinquanta. Furono in seguito ritrovate in forma di manoscritti e pubblicate tra il 2002 e il 2003 sulla rivista Vinyar Tengwar n. 43-44[186][187] frammenti del Sub tuum praesidium e del Gloria in excelsis Deo.
«Ortírielyanna rucimme, Aina Eruontari.
Alalye nattira arcandemmar sangiessemman,
ono alye eterúna me illume ilya raxellor, alcarin Vénde ar manaquenta.»
«Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.»
«Alcar mi tarmenel na Erun ar mi cemen Raine i hinin.
Alcar i Ataren ar i Yondon ar i Airefean.»
«Gloria a Dio nell'alto dei cieli, e pace al Suo popolo sulla terra.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.»
Con la morte di Tolkien i testi scritti dall'autore passarono in mano al figlio Christopher, che ebbe il compito di riordinarli al fine di una loro futura pubblicazione. Tuttavia, anche grazie alla trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson, molti linguisti (per il film, videogiochi o altro) si sono cimentati nell'impresa di ampliare le lingue rimaste incomplete, per agevolarne un eventuale utilizzo futuro.[188] Il risultato di questo lavoro è spesso definito "neo-quenya". Tuttavia va rilevato che una parte degli scritti di Tolkien è tuttora da esaminare, sicché a tutt'oggi vengono regolarmente pubblicate nuove informazioni sulle lingue e sul legendarium tolkieniano.[70]
Nella trilogia di Peter Jackson i dialoghi in "elfico" sono per lo più in sindarin ma non mancano alcune (sebbene poche) frasi in quenya.
La prima frase in quenya dei film è il saluto di Elrond poco prima della partenza della Compagnia dell'Anello:[189]
«Nai tiruvantel ar varyuvantel i Valar
tielyanna nu vilya»
«Possano i Valar assistervi e proteggervi
sulla vostra via sotto il cielo.»
In secondo luogo c'è l'incantesimo pronunciato da Saruman per ostacolare la compagnia dell'anello sul passo di Caradhras:
«Cuiva nwalca carnirassë!
Nai yarvaxëa rasselya taltuva ñotto-carinnar!»
«Svegliati, crudele cornorosso!
Possa il tuo corno tinto di sangue cadere sulle teste nemiche!»
La terza frase è detta da Gandalf davanti alle porte di Moria. Lo stregone dopo aver tentato di aprire il cancello con un incantesimo in sindarin prova nuovamente con il quenya, ottenendo lo stesso risultato. È molto interessante notare la somiglianza tra le frasi, nelle due lingue, che sebbene abbiano un significato leggermente diverso sono comunque molto utili per constatare la somiglianza anche tra il neo-quenya ed il neo-sindarin.
«Ando Eldarinwa a lasta quettanya, Fenda Casarinwa!»
«Cancello degli Elfi ascolta la mia parola, Soglia dei Nani!»
«Annon Edhellen edro hi ammen. Fennas Nogothrim lasto beth lammen.»
«Cancello degli Elfi apriti ora per me. Porta dei Nani ascolta la parola della mia lingua.»
L'ultima "parola" in quenya è pronunciata da Galadriel ad Aragorn alla partenza da Lothlórien, tra le varie parole in Sindarin si sente anche il famoso saluto Námarië! "Addio!".
Nel prologo del primo film appare anche l'incisione sulla lama di Narsil in tengwar:
«Narsil essenya, macil meletya, telchar carnéron navrotessë»
«Narsil è il mio nome, spada potente, Telchar mi fece a Nogrod»
Invece per il terzo film fu fatta anche l'incisione per Andúril, ovvero la spada forgiata dai frammenti di Narsil per Aragorn. Per coerenza con gli scritti di Tolkien, l'iscrizione questa volta è in cirth:
«Nányë Andúril i né Narsil i macil Elendilo.
Lercuvanten i móli Mordórëo. Isil»
«Sono Anduril che era Narsil, la spada di Elendil.
Lasciate che gli schiavi di Mordor fuggano da me. Luna»
Molti sono invece i testi quenya scritti per accompagnare le musiche de Il Signore degli Anelli (trilogia), poi però utilizzati solo in maniera frammentaria da Howard Shore.
«I alda helda, i ehtele lína.
Manna lelyalye Voromírë?
Cánalya hlarula la hirimmel.
Fuinë lanta Pelendoro nandesse
Sí massë i Anar?»
«L'albero è spoglio, anche la fontana.
Dove vai, tu, Boromir?
Noi sentiamo la tua chiamata ma non riusciamo a trovarti.
L'oscurità è scesa sopra la valla del Pelennor
Dov'è ora il sole?»
«A Olórin i yáresse
Mentaner i Númeherui tírien i Rómenóri
Maiaron i Oiosaila
Manan elye etevanne nórie i melanelye?»
«O, Olórin che nel tempo passato
I signori d'occidente ti han inviato a proteggere le terre d'oriente
Dei Maiar il più saggio
Perché ti allontani da un paese che hai amato?»
«Cenin i Herumor
Sámarya hanyenye
Oio mahta-mahtala cenien sanwenya
Ananta...
Pahta i ando!
Ela i cále!
Nenya sina corma úhátima
I haryanye»
«Io avverto l'oscuro signore
Comprendo la sua mente
Sempre brancolo per vedere i miei pensieri
ma ancora...
la porta è chiusa!
Ecco la luce!
Nenya è questo anello, infrangibile
che io possiedo.»
Nel film Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato di quenya c'è solo la preghiera di Radagast il bruno (personaggio nel libro, da cui è tratta la pellicola, solo nominato) nell'atto di liberare il riccio Sebastian dalla maledizione della Nera Ombra diffusasi poco prima nel Bosco Atro.
«Cementari celvameldë
Sí a hlarë ómaquettar
Lerya laman naiquentallo
Na coilerya envinyanta»
«Cementari amica degli esseri viventi
Ora ascolta le parole della (mia) voce
Libera la creatura dalla maledizione
Sia la sua vita rinnovata»
Ne Lo Hobbit - La desolazione di Smaug il materiale linguistico in sindarin supera di molto quello in quenya. In particolare solo l'incantesimo pronunciato da Gandalf a Dol Guldur nell'atto di rivelare le forze maligne lì annidate è in questa lingua.
«Cé ná ulco sís nurtaina...
I ettuluvas caninyë!
Cánin i sá tanuvaxe!»
«Nessun male può celarsi qui...
Io gli comando di venire fuori!
Io gli ordino di mostrarsi!»
Tra gli autori che, dopo la morte di Tolkien, si sono cimentati nell'impresa di ampliare il quenya o di utilizzarlo per scrivere nuovi testi, vanno ricordati David Salo, Carl F. Hostetter, Vicente Valasco, Ales Bican e Helge Fauskanger.[191] Qui, tra le molte composizioni e traduzioni composte dalla morte di Tolkien ai nostri giorni, se ne trovano alcune che fungano da esempio di come la lingua sia sopravvissuta al suo autore, mutando ma rimanendo sempre fedele a sé stessa.
«Et marinyallo mallenna
vantan hríveressë helka,
nu fanyarë fuinehiswa,
lumboinen Naira nurtaina.»
«Dalla mia dimora alla strada
cammino in un freddo giorno d'inverno,
sotto ombrosi cieli grigi,
il sole celato dalle nuvole.»
In questo testo lo scrittore ha deciso di mutare la grafia più comune del quenya, cambiando le c in k, nonostante Tolkien stesso avesse fatto la scelta opposta. La forma marinyallo, "alti saloni, dimora", non è da considerarsi sicura: essendo un vocabolo ricostruito, potrebbe anche essere mardinyallo o oromardi. Infine nurtaina è il participio passato del verbo nurta- "celare" (cfr. nurtalë, "occultamento").[192]
Altri esempi di opere tradotte in neo-quenya sono: il primo e il secondo capitolo della Genesi, l'Apocalisse, i primi cinque capitoli del Vangelo secondo Matteo, l'intero Valaquenta e altri testi tolkieniani e non, alcuni anche traslitterati in tengwar.[193][194]
«Neldë Cormar Eldaron Aranen nu i vilya,
Otso Heruin Naucoron ondeva mardentassen,
Nertë Firimë Nérin yar i Nuron martyar,
Minë i Morë Herun morna halmaryassë
Mornórëo Nóressë yassë i Fuini caitar.
Minë Corma turië të ilyë, Minë Corma hirië të,
Minë Corma hostië të ilyë ar mordossë nutië të.
Mornórëo Nóressë yassë i Fuini caitar.»
«Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.»
«I yessessë Eru ontanë Menel ar Cemen.
Cemen né cumna ar lusta, ar ëanë mornië or i undumë,
nan Eruo Súlë willë or i neni.
Ar equë Eru: "Eä cálë!" Ar ëanë cálë.
Eru cennë i cálë né mára, ar Eru ciltanë i cálë i morniello.
Ar Eru estanë i cálë Aurë, ar i mornië estanéro Lómë.
Ar ëanë sinyë, ar ëanë arin, i minya aurë.»
«In principio Dio creò i Cieli e la Terra
La Terra era vuota e deserta, e vi era la tenebra sopra l'abisso,
ma lo Spirito di Dio si librava sulle acque.
E Dio disse, "Sia la luce!" E la luce fu.
Dio vide che la luce era buona, e separò la luce dalle tenebre.
E Dio chiamò la luce Giorno, e la tenebra Notte.
E fu sera e fu mattina, primo giorno.»
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